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Il Contratto
Nelle fonti romane esistono più nozioni di contratto, la prima delle quali risale al giurista Labeone (I sec d.C.) che costituisce un caposaldo di moltissime istituzioni. Questa nozione è contenuta in un passo di Ulpiano.
Per Labeone il contratto è un negozio bilaterale (o plurilaterale) produttivo di obbligazioni corrispettive in conformità del volere delle parti. La nozione di Labeone è marcatamente consensualistica, poiché l'elemento del consenso espresso dalle parti è produttivo di obbligazione.
Per Labeone il contratto è un 'negozio bilaterale' (si fa riferimento al numero delle parti). Il termine 'contratto bilaterale' fa riferimento agli effetti del contratto, il sorgere di obbligazioni da entrambe le parti. Si tratta di obbligazioni corrispettive, quello che i Greci chiamano sinallagma.
Il contratto è unilaterale quando sorge un'obbligazione solo in capo ad una parte. Il contratto
è bilateraleimperfetto quando sorge sicuramente un'obbligazione in capo ad una parte, mentre in capo all'altra il sorgeredell'obbligazione è meramente eventuale (mandato). Per Labeone il contratto è sempre e solo bilaterale consensuale. Egli menziona la compravendita, lalocazione-conduzione, la società. Il giurista Sesto Pedio ha svolto un ruolo fondamentale nel generalizzazione del concetto diconsenso, stabilendo che non vi è contratto senza accordo delle parti (conventio). L'elemento del consenso, grazie a Sesto Pedio, sarà presente in ogni tipologia di contratto. Gaio, invece, fornisce una nozione di contratto particolarmente ampia, che prevede più tipologie di contratti. Egli afferma che il contratto è ogni atto lecito produttivo di un vincolo obbligatorio. Gaio distingue tra: contratti reali (obligationes in re): consenso + consegna della cosa (datio rei) ● contratti verbali (verbis) : consenso + pronuncia diparole certe e solenni
contratti letterali o per iscritto (litteris): consenso + documento scritto
contratti consensuali (consensu contractae): mero consenso
Gaio menziona fra i contratti anche figure in cui non si ha il sorgere di obbligazioni corrispettive come lastipulatio e il mutuo, in cui si ha il sorgere di una obbligazione solo in capo ad una parte (contrattounilaterale).
Un punto di convergenza tra Labeone e Gaio può essere individuato nel fatto che, entrambi, considerano i contratti consensuali come generatori di obbligazioni reciproche fra le parti. La bilateralità del contratto è dettagenetica nel caso in cui, perché venga integrata la fattispecie, è necessario che sorgano entrambe le obbligazioni. È detta, invece, funzionale, quando l'attuazione di un'obbligazione è subordinata a quella dell'altra.
Il contratto odierno è fortemente debitore della nozione di contratto di Labeone. L'art 1321 del
Il codice civile, difatti, afferma che il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. I contratti romani, secondo la communis opinio, sono caratterizzati da una tipicità forte, in quanto sono figure dotate di un nomen proprium e di una propria disciplina prefissata dall'ordinamento giuridico. La tipicità odierna, diversamente, viene definita come tipicità debole o in senso debole perché l'ordinamento giuridico conosce varie categorie di contratti preposti e regolati (artt. 1470 e ss.), con un loro nomen e una loro disciplina. A fianco a questi contratti, le parti, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, possono dar vita ad ulteriori figure, purché meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico (c.c art. 1322, secondo comma). Nel mondo romano, invece, le parti non possono dar vita a un contratto che non sia fra quelli già previsti.
I contratti romani erano regolati dall'ordinamento giuridico. In sostanza esistono figure tassativamente previste (una sorta di 'catalogo' dei contratti tipici), al di fuori delle quali non si può andare.
I romani hanno vissuto la tipicità contrattuale forte come un limite? La risposta è negativa per determinate ragioni.
La penetrazione nel mondo romano di contratti che i romani recepirono da altri popoli fu il primo fattore evolutivo della tipicità contrattuale.
Il pretore ha svolto un ruolo fondamentale per l'evoluzione del diritto romano e per l'adattamento di quest'ultimo alle nuove istanze che provenivano dal mondo del commercio. Roma nasce come una piccola città stato, ma diventa progressivamente un impero cosmopolita. Il modello dell'economia prima basato sull'agricoltura e la pastorizia diventa un modello di economia basato sul commercio. Entrando in contatto con altri popoli i Romani recepiscono da questi ultimi nuove forme di contratto.
A dare tutela ai contratti che non erano propri del diritto civile romano e che erano sorti nella prassi del commercio internazionale fu il pretore. Inizialmente questi contratti furono tutelati solo dal pretore (comodato o deposito) con lo strumento dell'actio in factum. Successivamente questi contratti furono sussunti nel diritto civile romano, diventando anch'essi dei contratti tipici e furono tutelati da actiones in ius conceptae di buona fede. La deformalizzazione della stipulazione fu un fattore evolutivo della tipicità contrattuale. La stipulazione è il contratto per eccellenza nel mondo romano. Si tratta di un contratto che richiede, oltre che il consenso dalle due parti, anche la pronuncia di parole solenni. Era necessario utilizzare parole previste dall'ordinamento giuridico (il verbo spondere, promettere) e se queste ultime non venivano pronunciate correttamente l'obbligazione non sorgeva. Si tratta di un contratto tipico per la forma. Nel corsodel tempo anche la stipulazione cominciò ad avere una deformalizzazione sempre maggiore. Se inizialmente il verbo spondere era l'unico verbo da utilizzare, con il tempo divenne possibile utilizzare anche altri verbi, (promittis? promitto; fidepromittis? fidepromitto; fideiubes? fideiubeo; facies? faciam) o addirittura altre lingue straniere poiché comprese dalle parti. Nel V secolo, con l'imperatore Leone, si arriva alla completa deformalizzazione della stipulazione, per cui essa era realizzabile usando qualsiasi tipo di parola (quibuscumque verbis). Su influenza greca, penetra inoltre la prassi di aggiungere alla stipulazione un documento scritto che avesse funzione probatoria e dimostrasse l'avvenuta stipulazione. La nascita di patti che generano obbligazioni fu un fattore evolutivo della tipicità contrattuale. I patti sono accordi informali che non danno mai vita ad un'obbligazione e non sono tutelati da azione. Tuttavia nel corso del tempo si.dà vita a patti tutelati da azioni (analogamente ai contratti) che producono il sorgere di un obligatio. Esistono i patti pretori, tutelati dal pretore e i patti legittimi, introdotti da costituzioni imperiali. Con i contratti innominati si ha un vero e proprio scardinamento della tipicità contrattuale romana. I contratti innominati sono contratti che, sulla base di un accordo a prestazioni corrispettive e qualora una delle due prestazioni fosse stata eseguita, vengono tutelati da azione per l'adempimento. Sotto il profilo degli effetti del contratto, la distinzione moderna tra contratti ad effetti obbligatori e ad effetti reali non trova corrispondenza nell'esperienza giuridica romana ove, in linea generale, il contratto è sprovvisto di effetti reali ed è considerato solo fonte di obbligazione. Oggi il contratto rientra fra i modi di trasferimento della proprietà previsti dal codice civile. Nel mondo romano, invece, per il trasferimento della proprietà,i prudentes ricorrono a negozi appositi (mancipatio, in iure cessio, traditio) che non vengono mai fatti rientrare nel contractus. Fu soltanto a partire dall'età postclassica che furono ammessi alcuni casi di contratti aventi effetti reali.
I CONTRATTI REALI
Si tratta di contratti che si perfezionano con la consegna di una cosa, il vincolo obbligatorio sorge al momento della datio rei. Esistono:
- il mutuo: contratto reale, unilaterale e a titolo gratuito, in base al quale un soggetto (mutuante) consegna (trasferisce la proprietà) ad un altro soggetto (mutuatario) una determinata quantità di beni fungibili (normalmente una somma di denaro). Con la datio rei il mutuante trasferisce la proprietà del bene al mutuatario, sorge in capo a quest'ultimo l'obbligo di restituire al mutuante altrettanti beni del medesimo genere e qualità (tantundem eiusdem generis et qualitatis). Il mutuatario è tenuto a restituire la stessa quantità di denaro.
Che ha ricevuto, a volte può essere stabilito che egli debba di meno ma mai di più, poiché il contratto è essenzialmente gratuito. Non è, infatti, possibile aggiungere ad esso un patto che preveda la corresponsione degli interessi.
Le banche, che non avevano finalità filantropiche, davano denaro a mutuo con l'intento di ottenere degli interessi. Per ottenere questi ultimi non si poteva usare l'azione del mutuo, quindi gli interessi erano dovuti in forza della stipulatio usurarum (usura, interesse). Si tratta di un tipo particolare di contratto, che si aggiungeva al mutuo, attraverso il quale si potevano pretendere gli interessi. Tali interessi erano inizialmente assai gravosi, a partire dalla legge delle XII tavole col fenus unciarum si prevedeva un dodicesimo (uncia) al mese con interessi che oscillavano dall'8 al 100%. Fu con il regime delle centesime usure, in tarda età repubblicana, che si fissò un tetto intorno al 12% annuo.
Il mutuo è un contratto di stretto diritto civile (stricti iuris), per cui l'azione a tutela del mutuo è la condictio certae rei o condictio certae pecuniae a seconda che il mutuo avesse ad oggetto un determinato ammontare di beni fungibili o se avesse ad oggetto una somma di denaro.
Nella prassi dei commerci, su influsso del mondo ellenico, si affermò il prestito marittimo (fenus nauticum o pecunia traiecticia). Si tratta di un prestito che veniva fatto da un finanziatore (creditor) ad un soggetto (generalmente un commerciante) che riceve del denaro per investirlo per il trasporto di merci per mare o per acquistare delle merci da trasportare in un momento successivo. Andare per mare può comportare dei rischi connessi all'affondamento della nave o ad un assalto da parte dei pirati, vi è dunque il rischio concreto che il denaro vada perduto. Vi è un principio che recita 'res perit domino', la cosa perisce in capo al proprietario.
o, il mutuante mantiene il diritto di proprietà sul bene oggetto del mutuo fino al completo pagamento del debito da parte del mutuatario. In caso di mancato pagamento, il mutuante ha il diritto di riprendersi il bene e vendere per recuperare il debito. Questo tipo di mutuo è chiamato "mutuo ipotecario" e viene utilizzato principalmente nel settore immobiliare.