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Estratto del documento

La trattativa tra le parti porta alla formazione progressiva del contratto: le parti non si scambiano atti puntuali, ma

raggiungono accordi sui singoli aspetti dell’operazione economica che è oggetto del contratto.

La legge, tuttavia, non prevede quando si può ritenere concluso un contratto; la giurisprudenza ha quindi stabilito che

un contratto non può ritenersi concluso quando manca l’accordo su un elemento essenziale del contratto, oppure se

tutti gli elementi oggetto di discussione non sono stati stabiliti dalle parti, attraverso garanzie. Un terzo criterio, che

rappresenta un’eccezione, stabilisce che, nonostante non sia stato raggiunto un accordo su tutti gli elementi, le parti

possono ritenersi soddisfatte e il contratto sarà concluso; l’aspetto non risolto nella trattativa potrà essere di nuovo

discusso dopo la conclusione del contratto, oppure potranno entrare in gioco le norme di regolamento dei contratti

tipici.

La trattativa può generare delle responsabilità: in questa fase, infatti, una delle parti potrebbe tenere una condotta che

causi un danno all’altra parte. In tal caso, cade nella responsabilità precontrattuale: l’art. 1336 prevede che anche

prima della stipulazione del contratto le parti debbano comportarsi secondo buona fede.

La responsabilità precontrattuale si può verificare nel caso del recesso ingiustificato dalla trattativa: durante la

trattativa, una delle parti confida nella conclusione del contratto, ma l’altra parte rompe la trattativa senza una giusta

causa.

Un altro caso è stabilito dall’art. 1338: se il contratto ha un vizio e una delle parti se ne accorge, senza però comunicarlo

alla controparte, oppure se è stata proprio una delle parti a causare un vizio del contratto tramite dolo, sorge

responsabilità precontrattuale per la delusione dell’affidamento della controparte.

Una terza situazione è il caso in cui il contratto è valido ma svantaggioso per una delle parti a causa di un dolo messo in

atto dalla controparte: in questa situazione, si avrà responsabilità precontrattuale.

Il risarcimento previsto a seguito della responsabilità precontrattuale dovrà rimborsare i Reliance Damages, ovvero i

danni da affidamento: si dovranno risarcire i danni subiti dalla controparte per aver confidato nella conclusione del

contratto oppure nella sua validità.

Questo interesse negativo sarà costituito dalle spese sostenute nella fase della trattativa e dalle occasioni trascurate a

causa dell’affidamento riposto nella valida conclusione del contratto.

Al contrario dei contratti a formazione progressiva, esistono anche contratti standard, predisposti da una delle parti e

sottoscritti dalla controparte senza alcuna modifica: è il caso dei contratti per i consumatori, oppure tra imprese. La

standardizzazione delle condizioni contrattuali prevede che il contratto sia predisposto unilateralmente e che venga

usato dal predisponente per regolare una serie uniforme di rapporti contrattuali.

Si tratta di un fenomeno conseguente alla nascita dell’economia di massa, che trascina anche la standardizzazione dei

contratti, utile per la riduzione dei costi transativi a carico degli imprenditori, che riguardano sia la conclusione del

contratto sia la gestione del rapporto contrattuale.

Il Codice Civile contiene anche una disciplina per questo tipo di contratti, senza identificare soggettivamente il

predisponente e l’aderente; in genere, il predisponente è un imprenditore e l’aderente è un consumatore, ma esistono

anche diverse fattispecie: la Pubblica Amministratore può essere il predisponente, mentre l’aderente potrebbe anche

essere un imprenditore di minori dimensioni rispetto al predisponente.

Il Codice, dunque, cerca di proteggere l’aderente nella conclusione del contratto, assicurandosi che sia realmente

consapevole del contenuto del contratto che va a concludere (art. 1341); il legislatore ritiene che questa sia una 50

Luca Biglieri

protezione adeguata. Le condizioni del contratto, dunque, sono valide se l’aderente le ha conosciute o avrebbe potuto

conoscerle utilizzando la propria ordinaria diligenza: le condizioni dovranno pertanto essere conoscibili, facilmente

reperibili e comprensibili da un aderente di media diligenza (in relazione ai caratteri grafici e al contenuto).

Il medesimo articolo prevede anche le clausole vessatorie, che vanno ad avvantaggiare il predisponente: si tratta di

clausole che prevedono una limitazione della responsabilità in determinati casi, una rinnovazione automatica del

contratto (spesso presenti nei contratti di assicurazione), una deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria (che

garantisce al predisponente la scelta del giudice competente in caso di controversie), eccetera.

I metodi di tutela dell’aderente, in questo ambito, comprendono anche la specifica approvazione scritta di tali clausole,

pena la loro invalidità: saranno quindi necessarie due firme, una che concluda il contratto e una per approvare le

clausole vessatorie.

Tuttavia, queste tutele nei confronti dell’aderente non sono sufficienti per due ragioni: quando l’aderente ha davanti le

condizioni del contratto che contengono anche le clausole vessatorie, è improbabile che legga tutto con attenzione, a

causa della grande quantità di tempo che servirebbe; una perdita di tempo, infatti, è considerata come una certa

perdita di risorse importanti. Inoltre, il vantaggio che ne potrebbe derivare è solamente eventuale: il contratto potrebbe

anche essere assolutamente vantaggioso. Le clausole contenute in contratti standard, poi, riguardano interessi

economici modesti, pertanto l’aderente potrebbe scegliere di non agire a tutela di tali interessi.

Una seconda ragione consiste nel fatto che predisponenti simili propongono le stesse clausole vessatorie nei contratti

dello stesso genere: quindi, non avrebbe senso rifiutare un contratto per recarsi da un altro proponente, visto che si

troverebbero sempre le stesse clausole. L’eventuale eliminazione di alcune clausole, inoltre, viene pagata dall’aderente

attraverso un aumento del corrispettivo da lui preteso: un miglioramento del regime del rapporto giuridico si traduce in

un peggioramento del rapporto economico tra le parti.

Dagli anni ’70, i giuristi riflettono su un diverso tipo di tutela, ma questo dibattito non ha portato a una conclusione

concreta fino all’intervento dell’Unione Europea, con la direttiva 93/13, recepita in Italia nel 1996 con una Legge Novella

(una legge che modifica il Codice Civile). Tale legge viene poi collocata fuori dal codice, all’interno del Codice del

Consumo (D.L. 206/2005).

Questo decreto contiene una serie di disposizioni che riguardano i rapporti tra professionisti e consumatori

(professionista qui va a identificare chiunque concluda un contratto nell’esercizio di un’attività imprenditoriale o

professionale, mentre il consumatore è chi conclude un contratto fuori dalla propria attività professionale o

imprenditoriale) e si occupa di disciplinare il contratto per adesione tra queste due categorie.

Perché si applichino queste disposizioni, è necessario che il contratto sia stato unilateralmente predisposto da un

professionista e che sia stato accettato adesivamente e senza trattativa dal consumatore. Questa è una caratteristica

che questa norma ha in comune con il Codice, mentre una differenza sta nei soggetti che vanno a concludere il

contratto: si applica la norma solo in presenza di un professionista e di un consumatore; inoltre, questa disciplina si

applica anche se non si è in presenza di un contratto standard.

Il Codice del Consumo ha un approccio basato sul controllo sul contenuto del contratto: se tale contenuto è tale da

comportare un eccessivo squilibrio a favore del professionista, la parte del contratto che genera lo squilibrio viene

annullata. Mentre il Codice Civile italiano aveva un approccio formale, quindi, il Codice del Consumo assume un

approccio sostanziale, che non si interessa del grado di consapevolezza del consumatore, ma lo tutela a prescindere

(Disciplina sulle Clausole Abusive).

In base al Codice del Consumo, una clausola viene definita vessatoria, in modo generale (art. 33, comma 1), se,

malgrado la buona fede, determinano in modo significativo uno squilibrio a sfavore del consumatore per quanto

riguarda diritti e obblighi stabiliti dal contratto. Il Codice, quindi, va a stabilire che, per annullare la clausola, lo squilibrio

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Luca Biglieri

deve essere molto marcato (in generale, nelle trattative economiche, è normale un certo grado di squilibrio).

La buona fede è la discriminante che va a distinguere gli squilibri significativi da quelli non significativi e trascurabili.

È ancora più importante il secondo comma dell’art. 33: si definiscono vessatorie le clausole che hanno una serie di

caratteristiche (Grey List) sospette di vessatorietà e che si presumono vessatorie fino a prova contraria (la prova sarà

comunque a carico del professionista).

Una clausola che prevede limitazioni responsabilità si presuppone quindi vessatoria, come anche una clausola che

costringe il consumatore a pagare una penale manifestamente eccessiva in caso di inadempimento.

La presunzione di vessatorietà può essere vinta (art. 34) da parte del professionista dimostrando che la clausola non è

vessatoria: tale caratteristica non sarà centrata sull’equilibrio economico (corrispettivi troppo elevati, ad esempio, non

rendono vessatoria una clausola), ma sull’equilibrio normativo (un corrispettivo non segnalato chiaramente può rendere

vessatoria una clausola).

Inoltre, un professionista può provare che la clausola sia frutto di una trattativa, quindi sia stata negoziata con il

consumatore in modo individuale: il contratto non è più un contratto di adesione, quindi cade un’ipotesi fondamentale

per l’applicazione della norma.

Un professionista può anche dimostrare che la clausola riproduce una norma di legge o una noma di una convenzione

internazionale riconosciuta dalla UE: vale il principio di non contraddizione, la legge non può considerare vessatoria una

clausola che riproduce la legge stessa.

Nel caso in cui una clausola venga comunque riconosciuta vessatoria, resterà valido tutto il resto del contratto, mentre

la clausola verrà “amputata”.

Il legislatore italiano, quindi, ritiene sufficienti la conoscibilità delle condizioni generali di contratto e l’approvazione

delle clausole vessatorie. Il legislatore comunitario, invece, stabilisce che, anche se il consumatore accetta una clausola

che lo pregiudica, tale clausola andrà annullata. Si tratta di una protezione del consumatore contro la sua stessa volontà,

perché si tratta di una volontà debole, non supportata da un’adeguata riflessione.

Inoltre, l

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LucBigl di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Dellacasa Matteo.