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PIÙ TALI CHE PERMETTANO ANCHE A DUE VALUTATORI DIVERSI DI VALUTARE
ALLO STESSO MODO.
OBIETTIVO: descrizione di cosa un soggetto deve essere capace di fare alla fine del
percorso di apprendimento. L’obiettivo riguarda qualcosa che un bambino non sa
preventivamente. Come diceva Vygotskij infatti, la scuola deve andare oltre le conoscenze
sensoriali. La scuola deve dare una conoscenza scientifica su un determinato argomento.
PROGETTAZIONE
PROGETTO: la parola viene dal latino “PRO-IECTUM” e significa letteralmente
“GETTARE IN AVANTI”. Questo sta a significare che in classe è necessaria
un’anticipazione di ciò che poi si andrà a fare e fino a che punto si intende farlo.
UN PROGETTO È DUNQUE UN’ANTICIPAZIONE O PROIEZIONE CHE LA MENTE
COMPIE CIRCA AZIONI ED EVENTI CHE DOVRANNO ESSERE ATTUATI O
GOVERNATI PER PERSEGUIRE UNA DETERMINATA FINALITÀ/OBIETTIVO.
FINALITÀ vs OBIETTIVO
FINALITÀ: È un concetto più ampio che infatti può essere espresso in maniera generica;
può abbracciare l’interdisciplinarità.
OBIETTIVO: Deve essere ben messo a fuoco e commisurato al fattore tempo. Inoltre deve
essere raggiungibile a seconda della portata e ben raggiungibile (ci deve essere un senso
di autoefficacia). ATTIVITÀ PROGETTUALE:
Gran parte delle attività professionali richiedono un’attività progettuale.
In qualche modo l’attività progettuale è strettamente legata a quel rapporto fondamentale
tra azione e riflessività che caratterizza la mente umana. (John Dewey, 1910)
John Dewey già nel 1910 nel suo libro “COME PENSIAMO”, aveva già espresso il legame
tra azione e riflessività. La mente si avvale infatti di tutto quanto già acquisito per avere il
massimo di possibilità che una sequenza di eventi futuri si svolga secondo modalità
auspicabili.
La mente umana
1. Prima capisce il problema;
2. Lo rappresenta nella sua mente;
3. Fa un’ipotesi di soluzione;
4. La riporta sulla pratica;
5. La verifica.
(Se l’ipotesi non è ben formulata la riprogetta).
Questa idea di CIRCOLARITÀ non deriva da J. Dewey, da lui deriva soltanto l’idea della
riflessione mentale sui problemi e il suo trasferimento nella pratica. L’idea della
circolarità apparirà soltanto in seguito con altri filosofi.
PROJECT MANAGEMENT:
DEFINIZIONE “PROFESSIONALE” DI PROGETTO: Un’impresa complessa, unica e di
durata determinata rivolta al raggiungimento di un obiettivo predefinito mediante un
processo continuo di pianificazione e di controllo di risorse differenziate, con vincoli
interdipendenti di TEMPO-COSTO-QUALITÀ.
Tempo: Un progetto deve avere una durata determinata perché non può durare troppo. Il
tempo rappresenta una risorsa importantissima.
Costo: È necessario evitare sprechi ma disponendo comunque delle risorse necessarie.
Qualità: È necessario fare un progetto su qualcosa che davvero merita e che non tolga
tempo ad attività più rilevanti.
MODELLO CLASSICO PER PROGETTARE: ADDIE
Il nome ADDIE viene dalle iniziali inglesi delle 5 fasi: 1. ANALYSIS: Analisi
2. DESIGN: Progettazione
3. DEVELOPMENT: Allestimento
4. IMPLEMENTATION: Attuazione
5. EVALUATION: Valutazione.
1. ANALYSIS
Si parte con l’analisi del contenuto: bisogna capire chi sono i nostri utenti, cioè gli studenti,
le famiglie che hanno dietro, i gradi successivi (i quali hanno delle aspettative nei riguardi
della scuola). Alla FINE di questa fase vengono scritti DESTINATARI e OBIETTIVI.
2. DESIGN
Questa è la fase più importante, che avviene privatamente. Non si pensa agli obiettivi ma
a come arrivare agli obiettivi.
Si pensa a quale metodo utilizzare, a quanto tempo è necessario e agli strumenti dei quali
ci si deve avvalere. In questa fase devono essere risolte tutte le problematiche. Alla FINE
di questa fase l’idea deve essere messa su carta, in una SCHEDA DI PROGETTAZIONE.
3. DEVELOPMENT
Questa fase, come la precedente avviene privatamente. L’ALLESTIMENTO è la messa in
atto, la preparazione concreta della classe per la lezione e la raccolta di tutti i materiali. È
LA COSTRUZIONE PRATICA DELL’AMBIENTE.
4. IMPLEMENTATION
Si svolge in AULA. È importante in questa fase il rapporto che si stabilisce con gli alunni e
il modo di approcciarsi utilizzato. Quest’attuazione pratica non avviene quando si parla di
progetto in altri ambiti. Nel caso di un progetto scolastico invece l’insegnante svolge tutte
le fasi della PROGETTAZIONE.
In questa fase è importante anche il confronto tra PARI, cioè con gli altri insegnanti,
possibile attraverso l’esplicitazione del progetto.
5. EVALUATION
Alla fine di ogni fase andrebbe fatta una valutazione. Questa valutazione finale serve per il
miglioramento del progetto didattico e per la sua futura riprogettazione. Si parla quindi di
VALUTAZIONE FINALE o in ITINERE.
Per la prova finale è necessario verificare:
Se il concetto è stato capito;
Se gli alunni sanno applicare il concetto;
Se gli utenti sono soddisfatti (customer satisfaction);
Se ho rispettato i limiti di tempo, costo: budget e qualità);
Se il progetto è sostenibile: è un fattore molto importante perché ci deve essere non
soltanto la forza di farlo, ma anche il piacere di farlo. Rientra nell’ambito del costo
delle risorse umane.
PROGETTAZIONE IN AMBITO EDUCATIVO:
La progettazione entra in ambito educativo e formativo fin dagli anni 60. La progettazione
più tipica era la PROGETTAZIONE CURRICOLARE, nata proprio in quegli anni dopo il
congresso di Wood Hole.
Un CURRICULUM è l’insieme di tutte le componenti che servono per portare un alunno a
conseguire un determinato risultato. Ci deve essere. L’indicazione degli obiettivi, dei tempi
e delle fasi, delle risorse, degli strumenti didattici, dei metodi didattici utilizzati, del sistema
di verifica adottato). MASTERY LEARNING
Gli anni 60 sono molto influenzati dalla scienza nella quale c’era molta fiducia; si ritiene
che anche la psicologia fosse una scienza (dell’apprendimento).
Alla lettera MASTERY LEARNING significa “APPRENDIMENTO ORIENTATO ALLA
POADRONANZA”.
Questo concetto si ricollega a Benjamin Bloom e a Block, che lo hanno elaborato nel
1972. C’era l’idea che si dovesse portare tutti ad un livello massimo per liberare l’umanità
dall’ignoranza. Un filosofo che aveva già espresso questo concetto fu COMENIO. In lui ci
sono già i principi della scienza dell’apprendimento moderno.
Secondo Bloom e Block si doveva portare tutti alla massima padronanza fino al
raggiungimento di una curva non a campana ma a J.
Solitamente gli alunni danno risultati rappresentabili con un diagramma a campana, anche
detto “curva di Gauss”, dopo un intervento didattico questa curva si modificava spostando i
risultati verso un valore sempre più positivo, ma la situazione rimaneva sempre
rappresentabile con una curva a campana o gaussiana.
Questo non andava bene secondo
Bloom e Block in quanto i bambini
meno bravi sarebbero rimasti sempre
tali, così come i bambini più bravi.
Non tutti ottengono quindi la piena
padronanza dei concetti.
La scuola in questo modo è ingiusta
e riconferma le differenze iniziali.
Secondo Bloom e Block la scuola
doveva superare le differenze
portando tutti ad un massimo livello.
La curva a campana si doveva
trasformare quindi in una curva a J.
Sulla base di quanto aveva detto
Bruner hanno elaborato questo
concetto di MASTERY LEARNING che
si basa su:
Chiara definizione degli obiettivi e
operazionalizzazione delle prove
finali;
Scomposizione del percorso in unità
o moduli (task analysis);
Individualizzazione
dell’apprendimento;
Forte uso della valutazione formativa.
ANNI 70-80: CAMBIAMENTI
NEL QUADRO TEORICO
Nasce un orientamento nuovo: IL
COGNITIVISMO, i cui scienziati sono: Bruner e Chomsky.
Si sente il bisogno di uscire da una psicologia dell’apprendimento troppo condizionata dal
COMPORTAMENTISMO di Skinner. Secondo Skinner (che credeva nell’ISTRUZIONE
PROGRAMMATA) ciò che accade dentro la testa delle persone non si può conoscere, si
può soltanto studiare il comportamento e le risposte agli stimoli. Si può soltanto
analizzare ciò che fa il soggetto. Queste concezioni comportamentiste iniziano ad essere
troppo limitate.
Nasce così il COGNITIVISMO, il quale inizia a pensare che ci siano dei modi per studiare
ciò che c’è dentro la mente. Il COGNITIVISMO rifiuta il comportamentismo e la
psicoanalisi che studiavano la mente umana attraverso metodi autobiografici e non
scientifici.
Di dimensione cognitiva aveva già parlato J. Piaget negli anni 20-30, ma il cognitivismo
come movimento teorico e scientifico non esisteva ancora.
La parola COGNITIVISMO deriva da “cognitivo”, cioè che riguarda i processi mentali.
Le tre grandi dimensioni
Secondo il cognitivismo la mente si può studiare scientificamente attraverso:
1. STUDIO DELLE STRATEGIE DEL GIOCO (Bruner): secondo lui la mente umana
è fortemente strategica, si poteva ricostruire il piano di azione in base alle azioni
fatte dal soggetto;
2. STUDIO LINGUIAGGIO: secondo Chomsky ogni bambino nasce con una
microstruttura grammaticale (anche detta grammatica di potenza o competenze
grammaticali innate). Nasce così l’idea di poter studiare la mente umana studiando
il linguaggio;
3. INTELLIGENZA ARTIFICIALE: sulla base del confronto tra macchina e uomo
nasce l’idea di poter programmare i calcolatori riproducendo sulla macchina
l’intelligenza umana. Si riuscì a programmare una macchina tanto da farla diventare
in grado di battere un campione di scacchi.
La grande fiducia che si aveva nella tecnologia decade però alla fine degli anni 80,
quando ci sarà un momento di grande delusione.
CONTRIBUTI DEL COGNITIVISMO ALLA DIDATTICA:
il primo cognitivismo acquisisce l’idea che la mente umana elabori informazioni e
costruisca dei concetti così come fanno le macchine (H.I.P.: Human Information
Processing).
I tre contributi più importanti che saranno oggetto di grandi studi sono:
Preconoscenze;
Rappresentazione concettuale;
Dimensione metacognitiva.
PRECONOSCENZE
DAVID AUSUBEL ha elaborato una serie di contributi sull’importanza delle
PRECONOSCENZE, sulla base di quanto aveva espresso J. Piaget.
PRECONOSCENZA: si riferisce a quanto un soggetto già possied