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HABET VIGOREM” - CIO’ CHE PIACE AL PRINCIPE

(ciò che decide, ciò che ha il valore di legge vuole).

“UT POTE CUM LEGE REGIA, QUOE DE IMPERIO EIUS LATA EST, POPULUS EI ET IN EUM OMNES SUM IMPERIUM ET POTESTATEM COTULERIT”

POICHE’ ATTRAVERSO LA LEGGE REGALE, CHE E’ STATA EMESSA SUL POTERE REGIO, IL POPOLO CONFERISCE A LUI E IN LUI TUTTO IL SUO POTERE E OGNI SUA POTESTA’.

Un riferimento alla LEX REGIA, quella costituzione che secondo la tradizione romana descriveva il trasferimento del potere, originariamente del popolo, a un soggetto - il rex, il principe, nella dimensione medievale l’imperatore - legittimandolo ad esercitarlo in prima persona.

L’idea secondo la quale il potere, in origine, risiedeva nel popolo, attraverso questo patto descritto dalla lex regia il popolo si sarebbe spogliato di questo potere conferendolo al princeps, che da allora in poi lo avrebbe esercitato in modo

Pienamente legittimo ed indipendente rispetto all'espressione del popolo. La dottrina romana aveva già discusso della lex regia, di come dovesse configurarsi questo patto di conferimento:

Come conferimento che si rinnova di tempo in tempo e quindi in cui resta una responsabilità di chi esercita il potere verso chi glielo ha delegato (che in ultima istanza mantiene il potere di revoca del potere)

Come concessione data in un certo momento ed irrevocabile, per cui il popolo si sarebbe definitivamente spogliato di ogni potere in favore del princeps.

La dottrina medievale riprende questo dibattito ampliandolo e rielaborandolo in base alle esigenze della società tardo medievale.

N.B. DIGESTO = Raccolta di iura, frammenti della giurisprudenza intesa come scienza del D, non solo del prodotto dell'attività giusdicente ma anche di dottrina.

In queste due lex emerge un'idea ASSOLUTISTICA DEL POTERE, una concezione OPPOSTA emerge da una COSTITUZIONE

del CODEX:

Lex digna vox

Libro I, titolo 14, lex 43) Codex

Pubblicazione nella versione ampliata – Cost imperiale sulla natura e limite del potere.

“DIGNA VOX EST MAIESTATE REGNANTIS, LEGIBUS ALLIGATU SE PRINCIPE PROFITERI. E’ ESPRESSIONE DEGNA DELLA MAESTA’ DEL REGNANTE CHE IL PRINCIPE SI PROFESSI VINCOLATO ALLE LEGGI.

-Legibus solutus, alligatus (con stemperanti: E’ opportuno, degno della maestà, la decisione è rimessa al principe).

ADEO DE AUTORITATE IURIS NOSTRA PENDET AUTORITAS ET RE VERA MAIUS IMPERIO EST SUBMITTERE LEGIBUS PRINCIPATU.”

A TAL PUNTO CHE DALL’AUTORITA’ DEL D DIPENDE LA NOSTRA STESSA AUTORITA’ (di principe). Sottomettere il principato alle leggi.

Il potere del principe è sì in ultima istanza ma dipende dall’autorità del D e deve quindi mantenersi conforme ad esso.

“Et oraculo preaesentis edicti quod nobis licere no pratimur, alis indicamus.”

Con l’esempio del

presente editto noi imperatori indichiamo a tutti ciò che non vogliamo sia lecito. Loro per primi ritengono infatti che l'esercizio del potere debba essere conforme alle leggi.

La glossa a questa legge riporta altri passi del Corpus sulla indipendenza o vincolo al rispetto delle leggi nell'esercizio del potere (passi precedenti in segno opposto, lex regia sul trasferimento del potere dal popolo al principe.

"Avere il potere di per sé non è sufficiente, non sempre ha legittimazione divina, potrebbe derivare in qualche modo dalla fortuna, occorre una legittimazione ulteriore: Il RISPETTO DELLE LEGGI.

Per il principe è un onore maggiore rispettare le leggi che avere il potere stesso, che può ottenere anche per fortuna.

"Il principe deve vivere nel rispetto delle leggi, poiché dalla legge dipende la sua stessa autorità.

La questione della legittimazione (razionalizzazione giuridica sulla natura, origine, limite della situazione di fatto,

ma è suo dovere morale agire in conformità alle leggi. Questa concezione del potere si basa sulla distinzione tra potestas absoluta, che è limitata e eccezionale, e potestas ordinaria, che è regolata dalle leggi. Il principe ha il potere di agire al di fuori delle leggi solo in circostanze eccezionali, ma nella sua azione ordinaria è tenuto a rispettare le leggi.è una auto limitazione (necessitata perché la sua autorità dipende dal D e dal suo rispetto). Il peso maggiore della dottrina medievale grava sull'esercizio legalitario del potere, quella visione assolutistica non è rigettata ma inclusa, sebbene rilegata, all'eccezione. Questo diventa il punto d'appoggio di quello che si può chiamare "Costituzionalismo medievale", l'idea di una limitazione del potere. La Lex digna vox diventa la norma fondamentale che limita il potere, citarla significa richiamarsi ad una visione legalitaria del potere. Bartolo a metà del '300 fornisce le linee guida di questa sovranità bifronte nella sua dottrina della tirannide (per distinguere il potere legittimo da quello tiranno). Questa teoria resta fondamentale per i successivi sviluppi del potere legittimo, essa parte da queste premesse e da una sua definizione in particolare di tiranno: Colui qui iure non principatur Colui che

esercita il suo potere“ ”contro il D.Fornisce a questo termine, già utilizzato, questa connotazione giuridica negativa.Inoltre presenta 2 categorie di tirannide:Il tiranno a cui manca un titolo legittimo e quello che consegue il potere in modolegittimo ma poi ne fa un uso illegittimo.Apre le porte anche al D di resistenza dell’età moderna.Concetto giuridico e politico di sovranità (delinea un potere di fatto che si considerasotto l’aspetto giuridico) su cui 19 - 04la dottrina giuridica, dall’antichità all’età contemporanea ha riflettuto sul potere inultima istanza cercando di imbrigliarlo in una veste che possa definire natura,fondamento, modi di esercizio legittimi e non, individuando i suoi LIMITIGIURIDICI.Sovranità così intesa è un concetto presente in ogni comunità politica, nel modelloromanistico se ne parlava con termine MAIESTAS o SUMMA POTESTAS. Ladottrina giuridica tardo

Il concetto medievale di potere riprende da un lato la dottrina romanistica dell'amaiestas, dall'altro la definizione assolutistica di potere del Corpus Iuris, quella legalitaria che cerca di costringere la sovranità in una dimensione ordinata, di esercizio del potere quotidiano nel rispetto delle leggi degli uomini e del D ancora fondamentalmente divino o di legittimazione divina.

Il rapporto tra ius e fas della romanistica è diverso da quello tra D divino / D umano nel tardo medioevo. Il D canonico e civile evolvono in stretto rapporto tra loro (UTRUNQUE IUS – L'UNO E L'ALTRO D INSIEME, D COMUNE COME 2 DIRITTI CHE VIVONO INSIEME, CHE SI COORDINANO, non in netta separazione tra ambiti della vita umana spirituali e temporali, in molti campi l'uno e l'altro D si integrano). Per la dottrina giuridica medievale le leggi alle quali il princeps deve necessariamente sottostare nell'esercizio ordinario del suo potere sono:

  • tanto quelle UMANE, civili (in epoca medievale

Le leggi vere e proprie sono poche, ci sono molte più norme a carattere consuetudinario (scritte e non), del princeps e dei suoi predecessori, quanto all'IDEA DI IUS religiosa, per cui tutto il D discende da Dio ed è espressione di un'idea di giustizia ed equità divina.

Da questa concezione discende una stretta relazione tra D canonico e D civile, non visti come conflittuali ma come due facce di una stessa medaglia, determinate da un'autorità preposta al G della vita spirituale, l'altra al G della vita temporale, della stessa comunità di uomini. Così D canonico e dR comune si integrano per determinare l'Og.

In questo senso la Lex Digna Vox impone al principe (all'imperatore per la dottrina giuridica medievale) di professarsi vincolato alle leggi, di AUTOLIMITARSI, diventa l'appoggio del COSTITUZIONALISMO MEDIEVALE, del tentativo di dare una definizione del POTERE LEGITTIMO e esercizio del potere illegittimo o tirannide.

cioè il potere che non rispetta quei limiti. Ne è un esempio la dottrina della tirannide di Bartolo, il potere che esercita la summa potestas senza rispettare il D. La tirannide è sempre stata presente nella dottrina giuridica, lui la connota nella assenza del rispetto del D, contro di esso. Il tiranno non è tanto colui che si comporta in un certo modo quanto colui che NON FA QUALCOSA CHE DOVREBBE FARE. Come dice la glossa alla Lex Digna Vox l'autorità del principe non gli deriva tanto dal fatto di avere il potere (ciò può essere determinato anche dalla fortuna o dal caso), ciò che conferisce l'AUTORITÀ AL PRNCIPE è il fatto di esercitare il potere nelle forme e nei limiti del D (che è al di sopra di lui, emanazione della giustizia di Dio). La riformulazione di Bartolo di tirannide è la base degli sviluppi compiuti dalla dottrina tardo medievale fino a profilare un D DI RESISTENZA contro il sovrano che

esercita il potere in modo illegittimo. Bartolo individua 2 categorie di tiranno:

  • Quello che non ha conseguito in potere in modo legittimo
  • Quello che esercita il potere in base ad un titolo valido ma che poi trascende in tirannide.

La teoria di sovranità di Bartolo, Baldo e seguenti entra in crisi nel '500 già da Machiavelli per via di un diverso modo di pensare il rapporto tra D/R/POLITICA. La prima concezione sopravvive ma relegato in nota, ai margini.

Nelle note alla prima formulazione piena di sovranità moderna (République) ci sono appunto riferimenti a Bartolo.

L'idea si trasforma a seguito del cambiamento istituzionale che si ha con l'affermazione dello S moderno.

Bodin riprende il paradigma med

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Publisher
A.A. 2020-2021
75 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher CriUniTn di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Bianchin Lucia.