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Il Trattato sulla Tirannide (Bartolo)
Non ha una datazione certa, lo possiamo collocare nel periodo della piena maturità della produzione bartoliana (1355-1357) e nel contesto dei trattati politici. È l'esito di una profonda meditazione su un nucleo di concetti, sui quali stanno riflettendo contestualmente anche altri giuristi, giuridico-politici, che matura nel contesto storico politico della realtà comunale. In primo piano sono trattate le vicende politiche di alcune città dell'epoca (Bologna, Rimini, Fano, Pesaro). Si compone quaestio di un iniziale proemio (pag. 27) e di 12 quaestiones. La quaestio è un genere letterario che serve ad approfondire una questione giuridica specifica e che può avere un'articolazione interna varia a seconda dei casi – spesso inizia con l'esposizione di un problema e si prosegue con l'esposizione di una tesi di soluzione, con l'indicazione delle principali fonti che hanno sostenuto quella tesi.
quelle invececontrarie. Bartolo non rispetta fino in fono questa strutturaprevalente della quaestio, la semplifica. Pag. 28-29per prima cosa chiedo da dove venga il nomePrima quaestio:tiranno (etimologia di tiranno)come definire il tirannoSeconda quaestio:se si possa ipotizzare il tiranno in una viciniaTerza quaestio: –quindi in quali contesti si può individuare il tiranno?ambiente domestico o comunità di vicinatoQuarta quaestio: –quindi in quali contesti si può individuare il tiranno?di quante specie possa essere il tiranno di unaQuinta quaestio:cittàDa qui inizia la definizione che Bartolo dà al concetto di Tirannide,che diventa la definizione principale per il pensiero giuridicosuccessivo: 1° Tirannide manifesta per mancanza di titolo aSesta quaestio:governare che fare delle decisioni prese da colui che nonSettima quaestio:ha titolo a governare2° Tirannide che ha titolo a governare ma inOttava quaestio:concreto abusa di quel
si può notare come Bartolo abbia strutturato il suo trattato in modo logico e progressivo, affrontando prima il concetto di tirannide in generale e poi analizzando le diverse sfaccettature e contesti in cui può manifestarsi. Nelle prime due quaestiones, Bartolo si concentra sull'etimologia e la definizione del termine "Tiranno". Questo termine, sebbene già presente nella storia del pensiero classico, era spesso utilizzato in modo generico e non aveva una definizione giuridica precisa. Bartolo, in quanto giurista, si propone quindi di fornire una definizione chiara e certa della tirannide, al fine di stabilire i suoi confini e poter organizzare un discorso sistematico sui possibili rimedi. Successivamente, nelle quaestiones 3 e 4, Bartolo affronta il problema della tirannide nelle comunità inferiori, ovvero all'interno della famiglia e della comunità di vicinato. In queste due quaestiones, Bartolo analizza come la tirannide possa manifestarsi in contesti più ristretti e come possano essere affrontate le sue conseguenze. Infine, nella quaestio 5, Bartolo si occupa della tirannide nella città. Questo argomento rappresenta il culmine del trattato, in quanto la città è il contesto più ampio e complesso in cui la tirannide può manifestarsi. Bartolo, attraverso l'organizzazione delle sue quaestiones, dimostra la sua capacità di analizzare il problema in modo sistematico e approfondito.possiamo desumere un elemento importante del pensiero giuspubblicistico di Bartolo: l'adesione a quello che successivamente la storiografia definirà come il modello aristotelico di costruzione dello Stato, la ripresa di una concezione dello Stato inteso come Comunità politica più ampia (che nel Medioevo può coincidere con l'Impero), come Res Publica (sta ad indicare ciò che corrisponde alla traduzione letterale del termine Res Publica [cosa pubblica], ciò che riguarda tutti, la comunità politica nel suo complesso). STATO è inteso per tutto il medioevo come comunità politica maggiore che si identifica per lo più con il concetto di IMPERO. Nella fase repubblicana romana, spesso richiamata dalla dottrina giuridica medievale come modello per la costituzione cittadina in quanto ingloba principi di tutte e tre le forme di governo rette, è possibile tradurre Res Publica anche come Repubblica, ma è operazioneche bisogna fare sempre con cautela e rispetto al contesto storico in cui troviamo questa espressione. Perché il termine repubblica, in italiano, configura una certa concezione di costituzione. In tutti gli altri casi la traduzione con il termine Repubblica è totalmente sbagliata (possibile se mai utilizzare il termine STATO o IMPERO). Come è concepita questa comunità politica più ampia, sia esso Stato o Impero? Non come qualcosa di diverso e alternativo alla famiglia e alle comunità private, ma come il prodotto di un'aggregazione via via sempre più articolata e complessa di comunità inferiori in cui i singoli individui sono organizzati. C'è una fondamentale continuità fra comunità politiche inferiori, in particolare la famiglia, vicinato, comuni, civitates, eventualmente le province (ma Bartolo non ne parla), per arrivare fino alla comunità politica più ampia. C'è quindi unacontinuità: ognuno nasce all'interno di una famiglia (è la comunità prima), famiglie che formano una comunità di vicinato (vicinia) con proprie consuetudini e norme da rispettare (anche se non sono vere e proprie leggi), per arrivare poi alla comunità di grado superiore che è la civitas (città o comune) che comincia ad avere una propria normativa in senso stretto (statuto), una comunità non più di carattere strettamente necessario e naturale (quella comunità decide di darsi quella particolare forma giuridica. Tanto è vero che fino al XII secolo non esistevano veri e propri comuni). Infine, con la prima età moderna, verrà introdotto un alto stadio progressivo, le Province: forma di comunità politica che include più civitates. Alla fine si arriva alla comunità maggiore, l'Impero, riferimento fondamentale per Bartolo, per gli studiosi successivi dell'età moderna, lo
della società. In questo senso, lo Stato hobbesiano è basato sull'idea del contratto sociale, in cui gli individui rinunciano ad alcuni dei loro diritti individuali in cambio di protezione e sicurezza fornite dallo Stato. Nel modello aristotelico, invece, lo Stato è visto come una forma naturale di organizzazione politica, in cui gli individui si uniscono per il bene comune e per perseguire il loro sviluppo e felicità. La comunità politica è vista come un insieme di gradi successivi, in cui ogni individuo ha un ruolo e una posizione definita. È importante sottolineare che entrambi i modelli hanno influenzato la teoria politica e la pratica degli Stati nel corso della storia. La comprensione di queste diverse concezioni di Stato è fondamentale per comprendere le diverse forme di governo e le dinamiche politiche che caratterizzano le società umane.degli individui, in primo luogo la vita stessa, attraverso la sottoscrizione di un patto sociale con il quale si crea una società politica, che in natura non si sarebbe mai formata da sola (prodotto dell'uomo) – l'idea che alla base dello Stato ci sia un vero contratto fra gli individui e che rappresenta lo Stato pone le premesse per una serie di conseguenze sviluppate in età moderna. Nel corso del medioevo è un'idea piuttosto lontana. Ci sono già degli elementi anticipatori però: nei Comuni medievali viene inserito il giuramento: i rappresentanti delle istituzioni politiche giurano di adempiere ai loro compiti nei modi previsti dalla costituzione cittadina, e, per contro, la cittadinanza si impegna a rispettare quell'autorità. L'idea che alla base della comunità politica maggiore ci sia un contratto, con precisi diritti e doveri e che l'impegno a rispettare chi governa sia condizionato ai limiti che questo impone, è un'idea che si sviluppa solo in età moderna.