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Costituzione viene approvata il 22 dicembre 1947 e il 1° gennaio del 1948 può entrare in vigore.
L’architettura costituzionale è fondata su un Parlamento bicamerale, diviso in una Camera dei
deputati e in un Senato, entrambi eletti a suffragio universale. Il Parlamento possiede il potere
legislativo e ha il diritto di eleggere, in seduta congiunta, un presidente della Repubblica, cui viene
conferito un mandato settennale. Il presidente ha poteri limitati, tra i quali quello di conferire
l’incarico al presidente del Consiglio, che ha il compito di formare il governo sulla base della
maggioranza creatasi in Parlamento, dal quale deve ricevere un “voto di fiducia” (cioè
un’approvazione preventiva). La Costituzione prevede anche l’istituzione di una Corte
costituzionale, che ha il compito di verificare la coerenza delle leggi approvate in Parlamento con i
principi e le regole stabilite dalla Costituzione stessa. La data per le elezioni del nuovo Parlamento
viene fissata il 18 aprile 1948. La contesa politica è giocata soprattutto tra la DC, guidata da De
Gasperi e le opposizioni di sinistra (socialisti e comunisti), per l’occasione uniti in un’alleanza
elettorale cui viene dato il nome di Fronte popolare. La DC può godere di tre elementi di notevole
vantaggio:
• George Marshall dichiara pubblicamente che in caso di vittoria dei comunisti gli aiuti
previsti dal Piano Marshall verranno sospesi. D’altro canto De Gasperi può esibire l’aiuto
finanziario come un successo politico della DC.
• A favore della DC intervengono anche il pontefice, Pio XII, e vari alti prelati.
• Negli ultimi giorni del febbraio 1948 in Cecoslovacchia si verifica un colpo di Stato
comunista e la stampa suggerisce che la stessa sorte potrebbe toccare anche all’Italia in caso
di vittoria del Fronte popolare.
Stando così le cose, la Dc stravince le elezioni, con un risultato che le dà quasi la maggioranza
assoluta. Il 14 luglio 1948 un giovane anticomunista spara a Togliatti davanti a Montecitorio, con
l’intenzione di ucciderlo. Togliatti si salva, ma quando la notizia si diffonde si rischia il riaccendersi
della guerra civile. Molti militanti comunisti si riversano nelle strade, considerando l’attentato come
il frutto di un complotto per eliminare il PCI. Ci sono scontri, blocchi stradali, assalti a prefetture,
alcuni morti. I capi del PCI, che giudicano impossibile il successo di un’insurrezione, si adoperano
subito per bloccare le iniziative spontanee. Alla fine la tensione rientra e l’insurrezione viene
scongiurata. L’Italia si colloca saldamente entro il blocco occidentale.
37. Il comunismo in Asia: Cina e Corea (10.5.)
In Cina, dopo il 1941, la guerra, da patriottica antigiapponese, torna a essere una guerra civile
(nazionalisti contro comunisti). I comunisti, nell’area nella quale dominano (tutta la Cina nord-
orientale) hanno saputo conquistare il sostegno delle masse contadine, con sistematiche requisizioni
delle terre possedute dai più ricchi proprietari terrieri, che vengono redistribuite ai contadini poveri.
Ciò consente loro di disporre di larghi appoggi logistici e grandi possibilità di reclutare nuovi
soldati. Viceversa, il regime nazionalista di Chiang Kai-shek, corrotto e autoritario, non riesce a
ottenere un sostegno paragonabile. La guerra, quindi, volge a favore dei comunisti. Nel febbraio
1949 le truppe comuniste entrano a Pechino. Chiang, i politici nazionalisti e le truppe rimaste a loro
disposizione si rifugiano sull’isola di Taiwan, scortati dalla flotta americana. Il 1° ottobre 1949 Mao
Tse-tung proclama a Pechino la nascita della Repubblica popolare cinese. Il nuovo Stato non viene
riconosciuto dagli USA, che continuano a ritenere la Repubblica nazionalista cinese di Chiang,
insediata a Taiwan, come l’unico Stato cinese legittimo. La Repubblica popolare procede subito alla
nazionalizzazione delle banche e delle imprese di grandi e medie dimensioni. Procede inoltre a una
vasta redistribuzione della terra tra i contadini. Nel febbraio del 1950 la Cina e l’URSS stipulano un
trattato di amicizia e di mutua assistenza. L’area comunista si è intanto estesa anche alla Corea del
Nord. Dopo la caduta del Giappone, la Corea, che in precedenza era parte dell’Impero giapponese,
viene occupata a nord dall’Armata Rossa sovietica e a sud dall’esercito statunitense. Similmente a
ciò che accade in Germania, la Corea viene divisa in due parti, con il confine segnato dal 38°
parallelo Nord. La Corea del Nord è sotto un regime comunista guidato da Kim Il Sung. La Corea
del Sud è affidata a un governo nazionalista, appoggiato dagli americani. Nel giugno del 1950 le
truppe nordcoreane, appoggiate dai sovietici, invadono a sorpresa la Corea del Sud con l’intenzione
di annetterla. Il presidente americano Truman chiede l’intervento dell’Onu, che autorizza un’azione
militare a protezione della Corea e affida il comando delle operazioni agli USA, che forniscono la
maggior parte delle truppe. Tra ottobre e novembre del 1950 il corpo di spedizione dell’Onu ribalta
completamente la situazione che si è creata nella penisola, occupando la Corea del Nord e
spingendosi fin quasi al confine con la Cina. A questo punto è la Cina comunista a inviare rinforzi
militari alla Corea del Nord, permettendo all’esercito coreano di attuare una “contro-
controffensiva”: gli americani, i sudcoreani e le truppe dell’Onu sono respinti oltre il 38° parallelo,
cosicchè viene ristabilita la situazione precedente all’inizio delle ostilità. La guerra si conclude con
l’armistizio del 25 luglio 1953, con il quale i contendenti si accordano per ristabilire il confine tra le
due Coree al 38° parallelo, con due chilometri di zona demilitarizzata e non fortificata da entrambe
le parti del confine. La guerra di Corea rende ancora più aspre le tensioni tra il blocco occidentale e
il blocco comunista e incoraggia il potenziamento della produzione di armi sia negli USA sia
nell’URSS e in Cina.
38. L’inizio della decolonizzazione (10.6.)
Durante la seconda guerra mondiale ha inizio un processo di emancipazione delle colonie europee
che prosegue e si fa imponente dopo a fine della guerra. I paesi asiatici e mediorientali sono i primi
a conquistare l’indipendenza dalle potenze coloniali. Sono paesi nei quali la resistenza anti
imperialista è stata più strutturata e tenace già nei decenni precedenti la seconda guerra mondiale.
Adesso possono approfittare del fortissimo indebolimento politico e militare sofferto da Regno
Unito, Francia e Olanda per conquistare l’indipendenza. La ricerca dell’indipendenza e condotta da
dirigenti e movimenti che combinano tradizioni e culture locali con modelli di organizzazione
politica e quadri ideologici di matrice occidentale. Si delinea, però, una netta differenza tra due
diversi tipi di dinamiche politiche:
• Ci sono aree nelle quali si sviluppano movimenti che ibridano il discorso patriottico di
matrice europea con l’identità religiosa e culturale locale. Fenomeni di questo tipo sono
particolarmente accentuati nell’India induista e nei paesi musulmani (Pakistan, Indonesia e
Medio Oriente). Dopo la conquista dell’indipendenza in diversi nuovi Stati islamici si
delinea tuttavia un contrasto profondo tra gruppi che aspirano alla costituzione di uno Stato
islamico e gruppi favorevoli alla formazione di uno Stato laico.
• Nell’Asia sud-orientale (Indocina soprattutto) si formano movimenti che eleggono a
modello l’esperienza del comunismo cinese e che dalla Cina ricevono aiuti e sostegno
militare e logistico in vista dell’edificazione di una società comunista.
India: nel 1945 uno dei primi atti del governo laburista britannico è la convocazione delle elezioni
per un’Assemblea Costituente indiana, che rediga un testo costituzionale per un’India largamente o
totalmente indipendente (1946). Tuttavia le elezioni non danno il risultato sperato dal governo
britannico, perché sono l’occasione di una netta rottura tra il Partito nazionale del Congresso (il
partito indipendentista induista), guidato da Gandhi e Nehru, e la Lega musulmana, guidata da
Mohammed Ali Jinnah. La mancanza di intesa tra i leader indù e musulmani - e la radicalizzazione
di questi ultimi (chiedono l’immediata formazione di uno Stato musulmano autonomo), che nel
1946 si è tradotta in una campagna di “azione diretta”, con manifestazioni e scontri con gli indù –
convince il vicerè, Lord Mountbatten, e il governo inglese che è assolutamente necessario procedere
a una “divisione” (Partition) del territorio indiano, con la formazione di uno Stato a maggioranza
indù e di uno a maggioranza musulmana. Ci sono, tuttavia, due gravi problemi da affrontare:
• La massima concentrazione dei musulmani è all’estremo occidente e all’estremo oriente e
tra le due zone ci sono 1600 km di distanza.
• In queste regioni vivono minoranze indù quantitativamente molto significative, così come
nel centro della Penisola indiana vivono importanti minoranze musulmane.
Il governo britannico, a cui è affidato il compito di disegnare le nuove entità politiche, procede
dunque a delineare due regioni distinte, una a occidente e una a oriente, appartenenti a un nuovo
Stato musulmano, il Pakistan, e uno Stato indù che occupa il resto dell’India, l’Unione indiana. Il 14
agosto 1947 Mountbatten annuncia a Karachi l’indipendenza del Pakistan; il 15 agosto annuncia a
New Delhi l’indipendenza dell’India. La Partition, che il governo britannico si augura sia pacifica,
si trasforma invece immediatamente in un’immensa tragedia. Tra i due nuovi Stati scoppiano subito
contestazioni sui confini che attraversano il Punjab e il Kashmir, che comportano scontri armati tra
gli eserciti dei due paesi. Al tempo stesso prende il via un gigantesco esodo: gli indù e i sikh, che
dopo la Partition si trovano a vivere entro i confini del Pakistan, decidono di spostarsi in India,
oppure sono costretti a farlo dai musulmani che li vogliono cacciare fuori dal Pakistan; viceversa i
musulmani che si trovano entro i confini dell’Unione Indiana si muovono verso il Pakistan per gli
stessi motivi. Lo spostamento delle popolazioni è accompagnato da terribili disagi e da gravissime
violenze interreligiose. La formazione dei due nuovi Stati finisce in un mare di sangue. Gandhi ne è
costernato. Nondimeno l’Unione Indiana cerca di uscire da questa terribile situazione preparandosi
a costruire un assetto istituzionale democratico sotto la guida politica di Nehru e quella morale di
Gandhi. Quest’ultimo, con l’intenzione di rasserenare i rapporti tra indù e musulmani, si dichiara
favorevole/induce a una d