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8- CRESCITA ECONOMICA E LAVORO DIGNITOSO
9- INDUSTRIA, INNOVAZIONE E INFRASTRUTTURE
10- RIDUZIONE DELLE INIQUITÀ’
11- CITTA’ E COMUNITA’ SOSTENIBILI
12- PRODUZIONE E CONSUMO RESPONSABILE
13- CLIMA
14- VITA MARINA
15- VITA SULLA TERRA
16- PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI FORTI
17- PARTNERSHIP PER GLI OBIETTIVI Lezione del 16.10.2018
I MODELLI DI RIFERIMENTO
Facciamo un passaggio dalle tematiche di carattere teorico (letteratura, studi, articoli, libri) a una parte
dove si andranno ad approfondire le iniziative, gli standard e i modelli di riferimento per comprendere quali
sono gli strumenti adoperati dalle aziende per essere effettivamente sostenibili.
In questa parte quindi vogliamo rappresentare degli elementi di principio, andare a vedere gli strumenti di
processo utilizzati dalle aziende, e infine gli strumenti che servono per misurare la performance e
rendicontarla, sia per uso interno che esterno. I PRINCIPI: I principi delle aziende solitamente vengono
già dichiarate nella Mission (1), molte aziende non
hanno più il ficus come una volta incentrato solo a
creare valore per i clienti, adesso molto spesso si
affianca alla classica visione del cliente anche un
riferimento generale alla responsabilità, a creare un
valore anche per la comunità e per l’ambiente è molto
spesso vengono citate anche le risorse umane.
Poi ci sono dei documenti che contengono delle norme
di comportamento, quindi ci sono tutti quei codici etici,
anche perchè a volte richiesti dalle stesse normative,
che vengono utilizzati per dimostrare che esiste un modello organizzativo e gestionale che previene
determinate situazioni in cui persone all’interno dell’azienda potrebbero commettere dei reati e far
ricadere la responsabilità anche sull’azienda stessa, quindi il codice etico (2) è uno strumento giuridico in
cui però c’è sempre una parte iniziale nella quale vengono analizzati i valori di riferimento e qual è
l’approccio che l’azienda ha non solo nei confronti dei dipendenti, ma anche spesso di altri soggetti esterni
con cui si relaziona.
Oppure un’altro esempio di strumento dove possiamo mettere i principi di riferimento sono le cosiddette
Carte dei valori (3), che hanno una natura meno normativa del codice etico ma contengono i principi di
riferimento.
I PROCESSI: Dal punto di vista dei processi la responsabilità sociale o la sostenibilità possono essere inserite
in diversi processi aziendali: c’è un aspetto che riguarda sicuramente la gestione, studieremo i cosiddetti
sistemi di gestione che sono quelli che stanno sotto le certificazioni, per cui quando un’azienda è certificata
per la qualità vuol dire che ha adottato un sistema di gestione della qualità, e quindi ha predisposto tutta
una serie di norme (verificate e aggiornate) e questi si chiamano sistemi di gestione. Con la stessa matrice ci
sono dei sistemi di gestione ambientale piuttosto che i sistemi di gestione sulla salute e sicurezza o
vedremo anche che c’è una certificazione sulla responsabilità sociale. Processi organizzativi → vuol dire che
l’azienda nel momento in cui dichiara il proprio impegno verso queste tematiche deve anche identificare
delle unità organizzative o delle persone all’interno che siano in qualche modo responsabili di portare
avanti i progetti che riguardano la sostenibilità e gli altri temi rilevanti. Infine i processi di rendicontazione
perchè gli standard non guardano mai solo al contenuto del report, si parla di reporting perchè è l’interno
processo che porta alla predisposizione del report, il quale è il documento, l’output finale, ma quello che
conta è proprio la gestione di tutti questi processi in modo che le informazioni siano raccolte in maniera
precisa e attendibile ecc.
LE PERRFORMANCE: Nella parte di performance troveremmo degli strumenti interni, quindi una sorta di
scheda di valutazione dell’impatto sociale ambientale denominata Stakeholder scorecard per misurare ai
fini interni la performance socio ambientale così come discende dalle strategie, e quindi è tutto un percorso
che parte dall’alto e va verso il basso, e poi ci sono le tipologie di misurazione reporting verso l’esterno. Le
primissime forme degli anni ‘90 erano i cosiddetti report ambientali, che sono le prime tipologie di report
non obbligatorio, non di carattere economico/finanziario. Poi successivamente si è iniziato a parlare di
bilancio sociale, e c’è stato quindi uno sviluppo prima a livello teorico ma poi ci sono stati anche degli
standard di riferimento soprattutto dal 2000 in poi. Le forme più evolute di cui oggi si sente parlare sono le
integrated reporting. In corrispondenza di queste cose a livello organizzativo
andremo ad analizzare alcuni strumenti e standard: (vedi
slide 3) questi sono dei documenti di principio perché vanno
ad indicare quali sono effettivamente le grandi aree della
responsabilità sociale e ambientale, quelle a cui possono
ispirarsi per redigere quei documenti che abbiamo visto
prima (carta dei valori, codice etico, ecc..).
Le iniziative ONU: Sustainable Developement Goals (SDGs) e Global Compact
Nel corso degli anni ci sono state varie iniziative a livello mondiale per appunto difendere lo sviluppo
sostenibile: L’altra volta abbiamo visto gli SDGs -Agenda 2030: Sono proprio l’ultimo step, quello un po’ più
riconosciuto, sono il riferimento generale degli obiettivi
che dovrebbero darsi gli Stati, le singole persone, le
imprese da qui al 2030. All'interno dei siti di riferimento
citate in fondo alle slide c’è il sito generale dell’ONU che
riguarda gli SDGs, poi c’è il sito invece dell’asvis italiana,
che è l'alleanza per lo sviluppo sostenibile. È una
iniziativa di carattere governativo (nel senso che gli SDGs
riguardano soprattutto i paesi che hanno sottoscritto
questa agenda 2030 per gli obiettivi), e in sostanza è
l’agenzia che si occupa dell’implementazione di questi
obiettivi di sviluppo sostenibile in Italia, e lì ci sono una
serie di iniziative anche di divulgazione e c’è anche tutto un link a quello che le aziende possono fare come
esempi di azioni interne ed esterne per implementare ciascuna obiettivi di sviluppo sostenibile.
Prima di questo c’è stata un’altra iniziativa sempre in capo
alle nazioni unite che si chiama Global compact, questo
patto globale è stato lanciato alla fine degli anni novanta
al global economic forum, dove l’ONU ha lanciato questa
idea di creare un network tra imprese governi e cittadini
in cui però soprattutto le imprese aderissero a questo
patto globale in cui si impegnavano su una serie di
argomenti legati alla responsabilità sociale. Si tratta
quindi di un documento che contiene 10 principi divisi in 4 aree tematiche, a cui le aziende possono dare
specifica adesione, è una forma di adesione che viene pubblicata all’esterno, e i principi non sono principi
nuovi perchè per quanto riguarda le tematiche dei diritti umani, dei lavoratori, ambiente e corruzione sono
stati presi da queste iniziative di carattere internazionale (slide).
È però anche un report multi stakeholder nel senso che c’è una piattaforma online in cui si può trovare
l’elenco delle aziende che hanno aderito.
Analizziamo allora i principi di questo Global Compact:
1° Area: Principi sui diritti umani
1.Le imprese dovrebbero: promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell’ambito
delle rispettive sfere d’influenza.
Le aziende devono fare attenzione a rispettare i diritti universali, che sono validi in tutti gli Stati a
prescindere dalle normative, nell’ambito delle rispettive sfere di influenza. Questo significa in realtà che
un’azienda dovrebbe in qualche maniera verificare fino a dove può spingersi a controllare nel rispetto dei
diritti umani, ad esempio anche facendo degli opportuni controlli sui fornitori qualora i fornitori siano
in qualche maniera coinvolti in situazioni in cui c’è il rischio di mancanza di rispetto di questi diritti umani. I
diritti umani sono molti, e vengono elencati nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e riguardano
gli aspetti legati alla libertà di espressione piuttosto che delle proprie opinioni, di politica ecc., ai diritti di
tema economico/lavorativo, quindi uno spettro molto ampio di diritti che appunto dovrebbero essere
rispettati a livello generale a prescindere dagli Stati.
2. .. assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani.
Le aziende sui temi della responsabilità sociale non possono chiudere le porte e vedere cosa succede solo in
azienda, ma devono fare attenzione anche a quello che fanno i loro fornitori, quelli a cui danno lavoro
sostanzialmente.
2° Area: Principi sui diritti del lavoro
3. .. sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva
Anche questi principi vogliono essere generali e trasversali rispetto alle singole normative nazionali, perchè
se noi pensiamo al contesto italiano i lavoratori hanno i loro diritti e le loro associazioni di categoria
(sindacati), è chiaramente i contratti in Italia vengono fatti nel rispetto dei contratti nazionali. Però è chiaro
che questi standard non sempre vengono garantiti, innanzitutto che vengono rispettati al 100% e poi c’è
tutto il problema delle aziende che operano su diversi territori, e quindi nel caso in cui per quell’azienda
non ci fosse un sindacato questo significa che l’azienda deve lasciare i lavoratori liberi comunque di riunirsi
e di fare gruppo per rivendicare determinate situazioni che la normativa magari non tutela.
4. .. eliminare tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio
Può sembrare distante dalla nostra realtà, poi nella precisazione di alcuni standard viene detto che in
alcune istituzioni viene richiesto al lavoratore di lasciare i documenti di identità che fanno sì che egli debba
tornare necessariamente a lavoro, il fatto che uno trattenga un documento/passaporto/o altro fa sì che il
lavoratore sia costretto a mantenere il rapporto con il datore di lavoro. Quindi l’idea in questo caso è che il
lavoratore debba andare a lavorare liberamente e sentirsi libero di rescindere dal contratto in ogni
momento che lo ritenga possibile.
5. .. garantire l’effettiva eliminazione del lavoro minorile
Lavoro minorile, anche qui ci sono degli standard che lo definiscono, in Italia c’è una normativa con un’età
precisa al di sotto della quale non si può lavorare. Ma in caso di