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Queste teorie condividono una metodologia classica basata sulla ricerca di dissociazioni tra diversi
gruppi e sul considerare la plasticità cerebrale come una risposta secondaria a problematiche
genetiche o ambientali.
Ipotesi neuro-costruttivista
Il neuro-costruttivismo nasce dal modello Karmiloff-Smith che suggerisce l'idea di studiare le
psicopatologie dello sviluppo evitando l'utilizzo di modelli classici basati su adulti, i quali hanno
una natura statica e definita per ogni funzione, di conseguenza non tengono conto della plasticità
cerebrale caratterizzante lo sviluppo.
L'assunto di base è che tutte le patologie dello sviluppo inizialmente presentano l'interazione tra
una componente genetica danneggiata e il contesto ambientale che non riesce a sostenere il
danno. Il risultati di questa interferenza nell'interazione portano ad una organizzazione cerebrale
differente da quella tipica che viene descritta nei modelli cognitivi classici. Di conseguenza, la
ricercatrice londinese Annette Karmiloff-Smith crea un approccio neuro-costruttivista che tiene
conto sia del modello classico che del costruttivismo insito nello sviluppo cerebrale del bambino
in fase di costruzione, perciò la specificità del deficit non è il punto di partenza ma il risultato del
processo evolutivo. Il punto di partenza in realtà sarà l'identificazione dei vincoli biologici e il loro
ruolo nello sviluppo di domini rilevanti e non specifici per determinate funzioni cognitive,
considerando la plasticità come il principale mediatore nello sviluppo tenendo sempre in
considerazione l'interazione con i fattori ambientali. Nel dettaglio la Karmiloff-Smith ritiene che
nell'analizzare un deficit va allargato il focus a più domini, monitorando nel tempo gli effetti delle
disfunzioni cerebrali, le quali in base alla loro specializzazione determineranno la specificità del
deficit.
Neuro-costruttivismo e sviluppo del linguaggio
Annette Karmiloff-Smith scopre che la mutazione genetica del gene FOXP2 è associata al disturbo
del linguaggio. Si tratta di un gene che si trova in più specie animali:
• Uccelli: Favorisce l'apprendimento della sequenzialità del canto, perciò in ottica
costruttivista consente sia l'apprendimento delle modalità di comunicazione sequenziale
che il controllo del comportamento appreso.
• Topi: Si lega ad aspetti di sviluppo cerebellare collegati al controllo motorio. Anche in
questo caso in ottica costruttivista, la manifestazione cambia nel tempo, sia
nell'apprendimento che nel controllo del comportamento appreso.
• Umani: Si manifesta in maniera più ampia coinvolgendo aspetti fonologici, di produzione
ritmica, di produzione di suoni e di controllo motorio fine bucco-facciale.
Di conseguenza, da questa analisi cross-specie emerge che non si tratta di un deficit specifico
legato ad una competenza. Si deduce invece che questo gene contribuisce a sviluppare una
coordinazione appresa della sequenza di movimenti veloci in una determinata tempistica e
ritmicità, la quale nell'essere umano significa anche linguaggio o in maniera più dettagliata:
• Pronunciare le parole
• Riconoscere il ritmo con cui le frasi vengono costruite
• Riconoscere le parole all'interno di una frase in base alle pause
• Riconoscere le parole in base ai suoni
In conclusione, nel momento in cui questo gene subisce una mutazione viene generato un
cambiamento nell'acquisizione del linguaggio coinvolgendo diverse competenze ma non in
maniera specifica il linguaggio. Infatti, la presenza di questa mutazione può coinvolgere domini
che utilizzano i medesimi meccanismi, come l'apprendimento di uno strumento musicale,
l'apprendimento di un ballo, ecc.
Neuro-costruttivismo e sindromi genetiche
L'approccio neuro-costruttivista si estendo a 2 sindromi genetiche, quella di Down e quella di
Williams. Esse non sono legate alla mutazione di un particolare gene ma coinvolgono una
differenza nel pattern genetico. Tipicamente, si osservano dissociazioni per quanto riguarda la
componente verbale e quella visuo-spaziale. In ottica neuro-costruttivista invece sono stati
effettuati studi i quali hanno portato a risultati differenti.
Sono stati suddivisi 3 gruppi
• Sviluppo tipico
• Sindrome di Down
• Sindrome di Williams
Ad ogni partecipante veniva richiesto di eseguire un compito di discriminazione di piccole
grandezze e uno di discriminazione di grandezze maggiori. I risultati mostrano:
• Compito piccole grandezze:
▪ Sviluppo tipico: Buone prestazioni
▪ Sindrome Williams: Buone prestazioni
▪ Sindrome Down: Prestazioni deficitarie
• Compito grandezze maggiori:
▪ Sviluppo tipico: Buone prestazioni
▪ Sindrome Williams: Prestazioni deficitarie
▪ Sindrome Down: Buone prestazioni
Interpretando i dati utilizzando un modello classico si potrebbe concludere che la doppia
dissociazione è dovuta a moduli separati specificati in maniera innata, per cui
• Cromosoma 21(Down): Contribuisce a discriminare grandi quantità
• Cromosoma 7 (Williams): Contribuisce a discriminare piccole quantità
Interpretando i dati utilizzando invece un modello neuro-costruttivista, i bambini in fase di
sviluppo hanno sistemi cognitivi e neurali sviluppati in maniera diversa. Perciò, il compito della
ricerca è tracciare il deficit fino all'origine, trovando la base che ha generato il problema invece
che focalizzarsi solo sugli effetti prendendoli come punti di partenza. La Karmiloff-Smith
condusse esperimenti basati sul visual scanning e si rese conto che le difficoltà di questi 2 gruppi
generavano prestazioni differenti.
• Sindrome Williams: Danneggiamento delle saccadi (analisi dello spazio durante gli
spostamenti oculari) – Mantenimento delle informazioni visive preservato.
• Sindrome Down: Deficit nel mantenimento delle informazioni visive – saccadi preservate
Questa analisi profonda spiega come mai le prestazioni nei compiti di discriminazione di grandezze
portassero a dissociazioni dal momento che piccole grandezze richiedono maggiori capacità di
mantenimento di informazioni e minori spostamenti oculari. Mentre la discriminazione di
grandezze maggiore spostamento oculare e un minore impegno nel mantenimento di
informazioni visive.
Disturbo della comprensione del testo
Comprensione lettura
Tipicamente, il campo della comprensione è meno noto dal momento che quando si parla di
lettura si fa riferimento a capacità di lettura e alla velocità. Negli ultimi 10 anni, la ricerca afferma
la presenza del disturbo specifico della lettura, il quale nella sua forma più pura può presentarsi
anche in assenza di difficoltà di decodifica. Perciò, chi ne è affetto riesce a essere veloce e
accurato in lettura ma al momento di spiegare cosa ha letto presenta difficoltà. Il disturbo di
comprensione tuttavia, può presentarsi anche in altre circostanze:
• Disturbo del linguaggio: In questo caso non si parla di disturbo della comprensione ma di
un disturbo del linguaggio che coinvolge anche la lettura.
• Dislessia: In questo caso il disturbo da comprensione è secondario alla dislessia. Perciò,
intervenendo sulle capacità di lettura si migliora anche la comprensione.
• Ritardo mentale: Dal momento che la comprensione è un'abilità che coinvolge diversi
processi cognitivi, se il QI è basso si riscontreranno problemi anche nella comprensione
• Difficoltà nello studio: La capacità di non trovare nei testi scolastici le parti rilevanti
comprometterà la comprensione della lettura anche se in realtà il problema è legato
all'organizzazione del materiale di studio.
Il disturbo specifico di comprensione invece è dissociato dal disturbo di decodifica, riguardando
maggiormente povertà e fragilità semantica e lessicale. Operare e riconoscere questa distinzione
è fondamentale per prevenire il rischio di diagnosi errate e trattamenti non funzionali. I soggetti
che presentano problemi di comprensione ma non di decodifica sono chiamati cattivi lettori, i
quali sono contrapposti ai dislessici. Il tratto che li distingue è una capacità di lettura e velocità
adeguate associate ad una mancata capacità di comprensione dei contenuti. Gli studiosi più
importanti sono stati Jane Oakthill e Kate Cain, i quali hanno studiato la comprensione come una
difficoltà specifica proponendo per primi il termine di cattivi lettori per identificare questa
categoria specifica. Studi più recenti hanno mostrato l'associazione dei cattivi lettori con deficit di
memoria di lavoro.
Modelli di lettura
Quando si legge un testo e si cerca di comprenderlo ci si pone in maniera attiva nei suoi confronti,
al di là della decodifica col procedere della lettura si va a costruire una nuova conoscenza
all'interno della nostra mente, la quale viene chiamata modello mentale. Gran parte della ricerca
si è focalizzata sull'analizzare quali sono le variabili che influenzano la comprensione del testo.
Queste sono:
• Conoscenze possedute:
◦ Conoscenze semantiche, sintattiche e lessicali
◦ Associazioni presenti in Memoria a lungo termine
• Memoria di lavoro: Elabora, gestisce ed integra le diverse informazioni, permettendo di
produrre inferenze. I cattivi lettori faticano ad inibire informazioni irrilevanti.
• Metacognizione: Comprende la conoscenza sul funzionamento della propria mente e
l'insieme di strategie che si possono attuare per supportare la comprensione. Questa
componente permette di sviluppare una sensibilità al testo, che porterà in base ai casi a
rileggere, soffermarsi su alcuni punti e generare inferenze. I cattivi lettori, dal punto di
vista metacognitivo sono:
◦ Poco consapevoli di dover cercare un significato nel testo
◦ Non riescono a captare parti importanti del testo
◦ Non applicano in modo adeguato le giuste strategie di lettura nonostante ne siano a
conoscenza
◦ Non si accorgono di non capire
Alcuni studi mostrano che la problematica metacognitiva dei cattivi lettori sia secondaria ad un
basso standard di coerenza.
• Psicolinguistica: Variabili intrinseche del testo, come ad esempio
◦ Articolazione delle frasi
◦ Profondità dei contenuti
• Processo inferenziale: Si riferisce alla capacità di mettere in relazione informazioni nuove
provenienti dal testo con quelle precedenti presenti nella mente del lettore. Si possono
distinguere diversi tipi di inferenze.
◦ Inferenze lessicali: Permettono di comprendere il significato di una parola sulla base
del contesto
◦ Inferenza dei contenuti impliciti: Permettono di comprendere elementi del testo non
citati al suo interno