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TOSSICITA’ UMANA
La tossicità umana ha altri elementi che la vanno a scatenare, che sono correlati alle categorie
d’impatto che abbiamo visto i cui effetti sono evidenti con l’esposizione a fattori di questo tipo.
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ASSOTTIGLIAMENTO DELL’OZONO STRATOSFERICO
Fenomeno che negli ultimi anni si sta riducendo e che quindi si può tenere sotto controllo.
L’ozono, come sappiamo bene, ha l'obiettivo di filtrare i raggi ultravioletti.
Le cause che possono provocare l'assottigliamento dell'ozono stratosferico sono dovute all'unione
dei cristalli di ghiaccio con sostanze alogenate o tricloroetilene: queste sostanze si possono trovare
nei ritardanti di fiamma (alogenate) e nella fabbricazione di schiume plastiche, solventi, frigoriferi.
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SMOG FOTOCHIMICO (smog estivo)
Lo smog fotochimico è praticamente l’eccesso di ozono sulla superficie terrestre e ha come cause
la presenza della luce solare unita a idrocarburi o ossidi di azoto. Questo fenomeno si verifica
prevalentemente in estate e queste sostanze, che si uniscono alla luce solare, possono provenire
da veicoli a motore, solventi, processo industriali.
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SMOG INVERNALE
Lo smog invernale si verifica nelle condizioni atmosferiche invernali, ovvero con la presenza di
bassa temperatura è scarso di mescolamento al suolo con la presenza in particolare di particolato
solido, polveri sottili e ossidi di azoto. quello che si verifica e la permanenza delle sostanze
inquinanti nei bassi strati dell'atmosfera creando quindi dei problemi di tossicità e respirabilità
dell'aria.
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L'ultima categoria è quella del consumo di risorse, che può essere rinnovabile o non rinnovabile.
RISORSE NON RINOVABILI
Le risorse non rinnovabili sono principalmente risorse naturali come minerali, combustibili fossili
uranio, materiali non rinnovabili. La non rinnovabilità nasce dal fatto che è presente una
disponibilità limitata, oppure sono presenti in delle riserve limitate o non sfruttabili, oppure sono
semplicemente esauribili.
RISORSE RINOVABILI
Fanno parte delle risorse rinnovabili l'energia solare, eolica, geotermica, idraulica e biomassa.
Queste sono risorse che possono essere considerati teoricamente inesauribili, anche se è possibile
che alcune di esse possono diventare esauribili, ad esempio nel caso che la domanda superi il
livello di produzione.
Lezione 2 audio 2. 3-10
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Abbiamo visto dal punto di vista terminologico quali sono i termini che vengono solitamente usati
nel contesto della progettazione ecosostenibile di prodotti. Abbiamo poi visto anche la parte di
introduzione riguardo alle politiche comunitarie, in quanto la progettazione ecosostenibile non può
essere un qualcosa che parte dalle aziende, ma deve necessariamente partire da livelli più alti.
Quindi abbiamo visto i principi della politica comunitaria fino ad arrivare a introdurre il concetto di
economia circolare.
Quindi il percorso ci porta ad individuare quali sono i riferimenti dal punto di vista legislativo ma
anche normativo che il progettista deve considerare nel momento in cui porta avanti la sua idea
di prodotto.
Oggi vedremo quelle che si definiscono etichette ambientali, che non sono obbligatorie da parte di
un prodotto, ma possono diventare tali nel caso in cui un cliente mi richiede espressamente di
garantire delle caratteristiche.
Quindi è importante sapere cosa sono, quali sono, l'iter procedurale che bisogna sostenere per il
loro ottenimento, la finalità che hanno, e i costi che comunque hanno.
E bene ricordare che l'etichetta è un qualcosa di FACOLTATIVO, diventa obbligatoria nel momento
in cui viene espressamente richiesta in un appalto o un bando da parte dell'ente committente.
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Esistono 3 tipologie di etichette ambientali (tipo I, II, III), che hanno finalità, significati
completamente diversi e si rivolgono anche ad ambienti completamente differenti.
Etichette di tipo I:
– dichiarano una superiorità ambientale del prodotto/servizio, attraverso il
rispetto di criteri prefissati.
In particolare queste etichette definiscono delle prestazioni ambientali di un prodotto (se voglio
certificare un prodotto le sue prestazioni ambientali devono essere maggiori o uguali del livello
prestazionale imposto dalla normativa).
Etichette di tipo II:
– autodichiarazioni - Spesso criticate e mal usate, in realtà possono essere
di grande utilità in casi specifici se attuate rispettando le prescrizioni
normative.
Io produttore, ad un certo punto decido, per dare valore al prodotto che sto vendendo, di
apporre un’etichetta ambientale. Essendo un’autodichiarazione, essa non comporta
necessariamente il coinvolgimento di enti esterni e quindi ha un valore che, da certi punti di
vista, può essere anche discutibile. È immediato notare che, non esistendo un garante delle
caratteristiche che vengono dichiarate da parte di un prodotto, si possono presentare i casi di
onestà ma anche di disonestà.
Etichette di tipo III:
– strumento forse più complesso ma attualmente in forte crescita perché
consente di fornire informazioni ambientali complete per confrontare
prodotti simili, basandosi su un approccio metodologico rigoroso: la
dichiarazione ambientale di prodotto, (EPD).
Le etichette di tipo III sono delle etichette particolari, poiché in realtà non rispondono ad un
livello prestazionale predefinito (a livello europeo o mondiale). Sono delle etichette attraverso
le quali i vari competitor raggiungono una sorta di accordo su quelli che sono i metodi
attraverso i quali devono garantire (o mostrare) al cliente che il loro prodotto è
ambientalmente sostenibile.
Non c'è un livello prestazionale ma un accordo tra i vari competitor.
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Tutte questa etichetta sono normate, ovvero esistono delle normative tecniche che le
regolamentano.
È bene fare delle precisazioni:
Le normative di riferimento hanno delle siglature predefinite. In particolare, quando è presente la
dicitura UNI EN ISO significa che questa normativa è stata sviluppata a livello mondiale (ISO =
International Standard Organization). Successivamente, questa norma viene assorbita (se utile)
dall'Ente Normativo Europeo (EN) che la traduce nelle lingue comunitarie (Inglese, Francese,
Tedesco). A questo punto ciascuno stato membro dell'Unione Europea può decidere se recepire
questa norma o no. È bene evidenziare il fatto che le normative tecniche sono facoltative (e su
queste viene fatto business, ovvero vengono comprate e vendute).
A differenza delle normative tecniche, che sono facoltative, le direttive europee sono leggi a tutti
gli effetti, e devono essere obbligatoriamente recepite a livello del sistema legislativo di ciascuno
Stato membro dell'Unione europea.
Può anche accadere che una normativa tecnica (facoltativa), richiami all'interno una direttiva
europea (obbligatoria), rendendola così obbligatoria.
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Quali sono i principi generali su cui si basano queste norme?
Non devono creare barriere commerciali: Queste norme volgono a creare un sistema
armonizzato dal punto di vista normativo che permetta di vendere e comprare ovunque
all’interno dell’UE usando gli stessi tipi di criteri (norme).
Trasparenza: L'obiettivo è quello di dare maggiore trasparenza a quello che andiamo a
vendere (caratteristiche del prodotto).
Approccio basato sull’analisi del ciclo di vita: Tutte queste norme sono basate sul concetto
di ciclo di vita di un prodotto. Sono volte all'analisi e alla valutazione del ciclo di vita del
prodotto in quanto non si progetta più una fase del prodotto, ma si progetta interamente il
ciclo di vita di quest'ultimo (progettazione a 360°).
No barriera all’innovazione: Queste norme non devono costituire barriere anche dal punto
di vista dell'innovazione, oltre che dal punto di vista commerciale.
No burocrazia: L'iter certificativo per mettere un'etichetta su un prodotto non deve essere
complesso, ma snello.
Partecipazione: Queste norme coinvolgono anche l'aspetto partecipativo. In particolare le
norme di tipo III, incentivano la partecipazione da parte di competitor di una determinata
realtà produttiva.
Disponibilità delle informazioni: Legato all’aspetto della trasparenza.
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Caratteristiche Principali dell’etichetta di tipo I:
identifica prodotti di eccellenza ambientale ovvero con ridotto impatto ambientale;
Quando io vedo un prodotto con un’etichettatura di tipo I, viste quelle che sono le
prestazioni definite dall'Unione Europea per quella tipologia di prodotto, il mio è un prodotto
di eccellenza.
Prestazioni che il prodotto deve avere in termini di emissioni, consumo energetico,
quantitativo e tipologia di sostanze pericolose o tossiche al proprio interno.
è previsto il rispetto di limiti specifici definiti per ciascuna tipologia di prodotto su emissioni,
consumi di energia, materiali, ecc., definiti considerando l’intero ciclo di vita;
Sistema volontario;
Gestito da un organismo competente sulla base di regolamenti e procedure trasparenti;
Esiste un iter procedurale gestito da enti competenti nell’UE.
Partecipazione delle parti interessate (rappresentanti di: industria, commercio, associazioni
di consumatori, associazioni ambientaliste) alla definizione dei criteri di prodotto.
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La certificazione per eccellenza di tipo I è L’ ECOLABEL. (Il cui simbolo è una margheritina)
L'ecolabel è per definizione il marchio europeo di certificazione ambientale che ha l'obiettivo di
promuovere sul mercato i prodotti che presentano un minore impatto ambientale (definiti su
livelli di prestazione relativi a ciascuna categoria di prodotti).
-È un tipo di politica che nasce nel 1992, quando ancora si era molto scettici sulla reale necessità di
introdurre queste norme ed anzi si pensava fosse un pericolo per la produzione industriale.
-Non tutti i prodotti sono certificabili secondo ecolabel (esiste un numero limitato di categorie), ma
quasi tutti i prodotti di largo consumo sono certificabili.
-Il regolamento è stato modificato di recente (2010).
-Questo tipo di etichettatura non si applica solo ai prodotti, ma anche ai servizi.
-Sul sito http://ec.europa.eu/ecat/ si può vedere quali sono i prodotti etichettati e le categorie
contemplate secondo ecolabel.
È bene ricordare che, sebbene la normativa tecnica sia facoltativa, essa non può andare contro
una direttiva (e quindi contro legge). La gerarchia vede sempre la direttiva al di sopra della norma,
e mai il contrario. Per redigere le norme, infatti, gli enti devono controllare le direttive già presenti
in materia.
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