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Riciclaggio dei materiali termoplastici e non termoplastici

Il riciclaggio dei materiali termoplastici, come ABS, PUR e PVC, può essere complesso a causa delle diverse proprietà chimiche e fisiche di questi materiali. Tuttavia, esistono alcune soluzioni che consentono di riciclare efficacemente questi materiali. Ad esempio, è possibile riciclare parti pre-consumo, come scarti di produzione e materozze, che possono essere estratte durante il processo di produzione e rigranulate direttamente nell'impianto. Essendo mono materiale e parti selezionate, senza necessità di ulteriori trattamenti, possono essere riutilizzate per stampare nuovi materiali, arrivando anche a utilizzare fino al 50% di rigranulato nel materiale stampato. Questo tipo di riciclaggio è chiamato "close loop".

Per quanto riguarda i materiali termoindurenti, il poliuretano è uno dei materiali più comuni. Può essere trovato in diverse forme, come schiuma flessibile (gomma piuma), schiuma rigida e anche elastomeri e plastica dura per fibre di vetro. Il poliuretano può essere utilizzato come legante o per impieghi secondari, come pavimentazioni e materiali insonorizzanti.

è necessario triturare i pneumatici in particelle di piccola dimensione e aggiungere un legante per creare forme utilizzabili. Nella figura è mostrato un esempio di utilizzo del granulato di pneumatici per pavimentazioni. In generale, quando si tratta di materiali non nuovamente fusibili, è importante cercare soluzioni alternative per il riciclo e il riutilizzo. Questo può comportare la creazione di nuovi prodotti o l'utilizzo dei materiali in settori diversi da quelli originali.

È necessario evidenziare che per quanti pneumatici ci sono nel mondo c’è uno squilibrio su quanto di questo materiale riciclato viene di fatto utilizzato. “Quanti campi da calcetto devo realizzare per riciclare tutta la gomma che viene da più di 36 milioni di auto in Italia?”. È evidente che questi impieghi secondari corrispondono ad un riciclo ad un livello più basso.

5.2 – Processi di separazione

Le parti “post-consumo” (es: rifiuti urbani) sono fortemente eterogenee e spesso contaminate da sostanze tossiche e nocive. Quando parliamo di manufatti se lo smontaggio non è sostenibile (costa troppo) allora si passa alla frantumazione.

5.2.1 – Rimozione metalli

La rimozione dei metalli dai rifiuti di qualsiasi tipo viene attuata con metodi magnetici tramite tamburi o nastri. I metalli con scarse proprietà magnetiche, invece, vengono estratti tramite separatori a correnti indotte. Si genera un campo magnetico

variabile quindi sul frammento si genera corrente indotta che a sua volta genera un campo magnetico, questo rende possibile la separazione di questo tipo di materiali.

5.2.2 - Macrosorting

Quando invece si hanno materiali misti, separarli risulta più difficile. Di solito si inizia con un vaglio dimensionale, in genere si fa con un tamburo rotante. Il vaglio dimensionale si fa per 2 ragioni:

  1. Separare un film dalle parti piccole evita sovrapposizioni nei passaggi successivi.
  2. Mediamente se prendiamo in esame le campane azzurre, nella piccola pezzatura ci sono soprattutto tappi, nella media pezzatura ci sono le bottiglie e nell'alta pezzatura ci sono i film. Se vaglio dimensionalmente si riesce sin dall'inizio ad avere flussi differenti determinati da pezzi delle stesse dimensioni. Questo facilita i passaggi successivi di separazione.

Metodi di separazione:

  • Vibrovagli: piani vibranti con maglie/lamiere forate composti da piatti con sistemi di scarico. Si ha il piano

sospeso sumolle agitato da un motore a massa eccentrica solitamente sigillato.

Separatore balistico: sfrutta proprietà di attrito e di densità per diversificare il materiale in flussi diversi. Ha dei risaltiche in presenza di un movimento oscillatorio e rotatorio separa i materiali: i materiali piccoli cadono nelle feritoie, leparti rotolanti cadono, invece certi materiali tendono a risalire sul piano sia grazie all’attrito che al movimento delpiano.

Un esempio è la separazione dei cavi elettrici in cui il rame risale sul piano mentre il PVC cade dalle feritoie.

Spettroscopia: il polimero ha una caratteristica che funge da impronta digitale, se eccitato con una certa lunghezzad’onda questo ha una sua risposta in base al pigmento che se misurata si è in grado di capire di che plastica si tratta.

In base alla risposta si può fare una separazione per colore o per tipo di materiale.

5.2.3 – Microsorting

Processo con cui si vanno a separare,

con metodi ottici o tramite differenza di densità, materiali molto piccoli dell'ordine del millimetro. Conviene usare materiali con forti differenze di densità. Metodi di separazione in base alla densità: Classificatori ad aria: viene soffiata aria in una colonna di materiale che cade, i materiali pesanti continuano a cadere mentre i materiali leggeri finiscono nel flusso d'aria e vengono espulsi tramite appositi canali. Sink – float: separazione che si basa sul galleggiamento dei materiali nell'acqua. I materiali pesanti affondano quelli leggeri rimangono a galla. Separazione elettrostatica: prevede di caricare due piastre, tendenzialmente in presenza del campo elettrico ci sono dei polimeri che tendono a seguire il lato della carica negativa ed altri che tendono a seguire il lato positivo. Casi studio 1: rifiuti urbani differenziati: Campane azzurre: si buttano solo imballaggi di materiale plastico, quindi il contenitore dello yogurt si puòbuttarementre uno scolapasta no, si butta nell'indifferenziato, nonostante siano fatti dello stesso materiale. Esempio di trattamento per gli imballaggi: →Trattamento del residuo misto (PLASMIX): rifiuto eterogeneo ottenuto per sottrazione di tutte le frazioni migliorimateriali plastici misti, carta, sporcizia/rifiuti. La Revet ha un impianto per trattarlo. (per altre info guarda slide da 69 a 75) Con gli scarti da plastiche miste si possono ottenere arredi urbani. Casi studio 2: materiali compositi: I materiali compositi sono riciclabili anche se creano un po' di problemi perché non sono semplici da trattare. Uno degli usi migliori che è stato possibile fare con le fibre è stato quello di far evaporare la fibra in un letto caldo, la matrice polimerica viene bruciata come combustibile mentre la fibra rimane come fibre corte semi carbonizzate che possousare per altri scopi. Casi studio 3: autoveicoli: Il veicolo deve avere una riciclabilità secondo iseguenti livelli: - Indice di recuperabilità: 95,3% - Indice di riciclabilità: 85,1% Di seguito uno schema sul trattamento nella fase di fine vita dei veicoli:
  1. Il "car fluff" (ASR) rappresenta l'oggetto più problematico, come si fa a ridurre?
    • Operatori: migliorare le fasi di disinquinamento e le fasi di rimozione dei materiali plastici.
    • Trituratori: migliorare le fasi di trattamento (vagli, separatori ottici ecc.) per facilitare l'estrazione dei materiali.
Perché nelle automobili si usano sempre di più le plastiche rispetto agli anni '50?
  • Massa ridotta
  • Costi ridotti
  • Buone prestazioni
  • Durata
Nella foto di fianco si nota come l'utilizzo di materiali plastici nelle automobili sia notevolmente aumentato. Inoltre, è doveroso far notare che utilizzare un serbatoio in acciaio, per esempio, che è molto più pesante di uno in plastica, farebbe consumare una quantità di carburante eccessiva cheandrebbe a discapito dell'ambiente. Non potendo, quindi, rinunciare alle plastiche, le soluzioni possono essere:
  • Migliorare la gestione di rifiuti: incrementando il livello tecnologico degli impianti (PST: Post Shredding Technologies).
  • Progettare in ottica di riciclabilità: prevedere fin da subito nella fase di progettazione modi per facilitare il trattamento del prodotto nella fase di fine vita.
  • Un altro modo per migliorare la riciclabilità è fornire la documentazione (es: vehicle recycling passport – ISO 22628). I costruttori di automobili devono mostrare, tramite database, la lista dei materiali e sostanze utilizzate e condividerlo con fornitori e demolitori in modo tale da controllare il flusso del materiale che altrimenti sarebbe impossibile.
  • Bisogna inoltre marchiare i materiali in modo tale da rendere le plastiche riconoscibili e facilitare la separazione.
Ogni prodotto quindi deve avere la sua partlist ed ogni materiale di ogni componente deveente esterno. Sono basate su dichiarazioni del produttore e non sono soggette a verifiche indipendenti.- Etichette di tipo III: Etichette basate su una valutazione del ciclo di vita del prodotto. Queste etichette forniscono informazioni dettagliate sulle prestazioni ambientali del prodotto durante tutto il suo ciclo di vita, dalla produzione all'uso e alla fine della vita utile. Queste informazioni sono basate su dati verificabili e sono soggette a revisione indipendente. L'integrazione dell'EcoDesign nel processo di sviluppo prodotto è un requisito volontario che mira a garantire che i prodotti siano progettati tenendo conto degli aspetti ambientali lungo tutto il loro ciclo di vita. Questo significa che fin dalla fase di progettazione, vengono considerati criteri come l'efficienza energetica, l'uso di materiali riciclabili, la riduzione delle sostanze pericolose e la facilità di smontaggio e riciclo. L'obiettivo dell'integrazione dell'EcoDesign è quello di ridurre l'impatto ambientale dei prodotti, promuovendo l'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas serra, il risparmio di risorse naturali e la prevenzione della dispersione di sostanze dannose nell'ambiente. Per garantire l'integrazione dell'EcoDesign nel processo di sviluppo prodotto, è necessario adottare un approccio olistico che coinvolga tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto, dalla progettazione alla produzione, all'uso e alla fine della vita utile. Questo richiede la collaborazione tra diverse figure professionali, come ingegneri, designer, esperti di materiali e esperti ambientali. In conclusione, l'integrazione dell'EcoDesign nel processo di sviluppo prodotto è un requisito volontario che mira a garantire che i prodotti siano progettati in modo sostenibile, rispettando le normative ambientali e riducendo l'impatto ambientale lungo tutto il loro ciclo di vita. L'adozione di etichette ambientali e il rispetto delle normative nazionali, come la RoHS, sono strumenti importanti per garantire la coerenza con le normative e la tutela dell'ambiente.
  1. Etichette di tipo III: Queste sono un ibrido tra le prime due. Sono le più complesse e stanno avendo una grande crescita ultimamente. Questo tipo di etichettatura fornisce delle informazioni ambientali sul prodotto, che mi consentono di confrontare il mio prodotto con altri. A differenza della prima, i limiti prestazionali vengono stabiliti dagli stessi competitor.
  2. I principi di tali etichettature sono quelli di non creare barriere commerciali, della trasparenza (cioè rendere visibili all'utilizzatore le caratteristiche ambientali del prodotto), di non creare barriere all'innovazione, di evitare burocrazia (le aziende non devono perdere troppo tempo per certificare i prodotti), della partecipazione (la parte di partecipazione di alcuni degli stakeholders per definire le prestazioni per poter etichettare il prodotto può essere utile), della disponibilità delle informazioni.
  3. Etichette di tipo I: Queste etichette sono di tipo
volontario ed il loro iter certificativo (come per quelle di)
Dettagli
A.A. 2019-2020
112 pagine
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/14 Progettazione meccanica e costruzione di macchine

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessio.fortunato.10 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Progettazione ecosostenibile del prodotto e dei processi industriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Delogu Massimo.