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PIANO REGOLATORE GENERALE E PROGRAMMA DI FABBRICAZIONE 9
La Legge Urbanistica Nazionale del 1942 introdusse il P.R.G. e il P.d.F. (o P.F.). Erano obbligati alla
redazione dei PRG, tutti i comuni compresi in una serie di liste pubblicate con successivi decreti ministeriali
fra il ’54 e il ’65. I comuni sprovvisti di PRG e non obbligati alla sua adozione furono invitati a redigere un
Programma di Fabbricazione da allegare al proprio regolamento edilizio. In seguito al trasferimento delle
competenze urbanistiche alle Regioni, l’obbligo di redazione del PRG è stato esteso a tutti i comuni italiani.
Il Programma di Fabbricazione ebbe un grandissimo successo per la sua snellezza procedurale e assicurò
una certa disciplina edilizia anche ai comuni meno importanti. Non essendo dal punto di vista tecnico-
giuridico un vero e proprio piano, il legislatore ha usato il termine “programma”; tuttavia, gradualmente i
contenuti del P.d.F. sono stati modificati, giungendo a una equiparabilità con il P.R.G., pur non
contenendone le stesse caratteristiche tecniche e giuridico-procedurali.
Il P.d.F. aveva le finalità di:
- ancorare al territorio le norme del Regolamento Edilizio assicurando un riferimento spaziale
(perimetrazione e zonizzazione comunale);
assicurare all’abitato una certa disciplina edilizia;
-
- zonizzare il territorio;
- definire dei tipi edilizi (casa singola, a schiera, ecc.) e i loro riferimenti spaziali;
- definire le direttrici di sviluppo della città.
Nel P.d.F. si ritrovano dieci tipologie di elaborati:
1) Tavola di inquadramento territoriale (1:50mila), contenente i confini territoriali del Comune, le vie di
comunicazione più importanti e lo schema della zonizzazione.
2) Stralcio di P.T.C. in scala 1:25mila.
3) Descrizione dello stato di fatto (attuale) in scala 1:25mila, evidenziando le caratteristiche ambientali e
monumentali del territorio.
4) Descrizione dello stato di fatto (particolare) sempre in scala 1:25mila. Quindi vincoli esistenti, edificazione
esistente, proprietà demaniali, impianti e infrastrutture particolari.
5) Piano di Azzonamento. Planimetria in scala almeno 1:5mila (è consigliabile usare quella catastale) in cui
sia indicata la delimitazione delle zone (residenziali, estensiva, intensiva, ecc.) dove sarà consentita la
fabbricazione (anche le zone di espansione).
6) Tabella dei tipi edilizi, in cui siano prescritte le caratteristiche di ogni tipo edilizio (tipologie, altezze
massime e minime, distanze dai confini e tra i fabbricati, ecc.) con riferimento alle singole zone.
7) Norme Tecniche di Attuazione.
8) Relazione Tecnica Illustrativa, in cui sono illustrati i criteri in base ai quali è stato compilato il programma,
con particolare riguardo al previsto sviluppo dell’abitato.
9) Tavola delle zone omogenee per la verifica degli standard urbanistici e le distanze dei fabbricati.
10) Tabella di verifica del rispetto degli standard.
Il PRGC (Piano Regolatore Generale Comunale) o semplicemente PRG, fissa le direttive generali di
sistemazione del territorio comunale, al fine di assicurare la miglior composizione urbanistica degli
insediamenti e definire la futura configurazione del territorio. Il tutto va fatto tenendo conto dei peculiari
caratteri ambientali, sociali, demografici, ecc. In particolare si deve puntare allo sviluppo economico e
sociale della popolazione, uso razionale delle risorse naturali, tutela e valorizzazione dell’ambiente.
I contenuti essenziali del PRG sono indicati nell’art. 7 della Legge n.1150/42 modificata dalla L. 10 novembre
1968, n. 1187 e sono:
- la localizzazione dei servizi di interesse pubblico (impianti tecnologici urbani, sociali, culturali e religiosi,
spazi verdi e sportivi), delle principali vie di comunicazione (strade, ferrovie, ecc.). Le aree così individuate
preordinate all’espropriazione (vincolo quinquennale);
risultano
la zonizzazione, a tempo indeterminato, determinando quindi destinazione e modalità d’uso delle diverse
-
aree. Il territorio è suddiviso in zone omogenee con precisazioni di quelle da destinare all’espansione
dell’aggregato urbano (Zone C) e con determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare nelle zone di
pregio storico, ambientale e paesaggistici;
- la ricognizione del patrimonio culturale e ambientale da tutelare e di quello urbanistico edilizio da
recuperare e, infine le norme per l’attuazione del piano.
I principali documenti di un PRG sono tre:
- relazione generale; comprende i risultati delle analisi territoriali e socio-economiche realizzate per valutare
quale sia la realtà esistente. Riporta anche gli obiettivi che ci si propone di raggiungere con il piano e,
conseguentemente, contiene una parte propositiva che chiarisce attraverso quali interventi concreti tali
obiettivi devono essere perseguiti;
- norme tecniche di attuazione; contengono tutte le prescrizioni che devono essere rispettate nella
progettazione e nella costruzione degli edifici. Le norme tecniche di attuazione dovrebbero limitarsi a
disciplinare aspetti quali la formazione di piani attuativi (piani particolareggiati, lottizzazioni). Spesso invece
riguardano materie che, secondo l’art. 33 della legge n.1150/42, dovrebbero essere contenute nel
regolamento edilizio;
- elaborati grafici; tavole che illustrano graficamente il risultato degli studi preliminari analitici e le indicazioni 10
prescrittive per ogni ambito a diversa destinazione d’uso (Elaborati espressamente previsti dalla Circ.
Min.ll.pp. n.2495/1954). Sul tema la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che dai grafici possono
derivare prescrizioni alla pari di quelle derivanti da enunciazioni del testo. Tuttavia in caso di contrasto
prevalgono quest’ultime. Nel caso di divergenza tra planimetrie, prevale quella di scala maggiore.
Il PRG resta in vigore a tempo indeterminato, fin quando non viene sostituito da un altro piano. Non è quindi
ammissibile una abrogazione del PRG. Può essere modificato da successive varianti, solo dopo aver
ottenuto apposite autorizzazioni dalla giunta regionale.
Il procedimento di approvazione del PRG è un atto complesso al quale partecipano Comune Regione.
L’iter procedurale previsto parte dal momento in cui il C.C. (Consiglio Comunale) decide di procedere
all’elaborazione del piano, la cui redazione viene normalmente affidata a liberi professionisti, anche se
Una volta avvenuto l’affidamento
potrebbe essere effettuata direttamente dagli uffici tecnici comunali.
professionale, avviene l’elaborazione tecnica dello schema del piano e l’approvazione da parte dell’organo
tecnico. Quindi si passa all’adozione del PRG, con delibera del C.C. e soggetta al visto del Comitato
Regionale di Controllo. Dal momento dell’adozione il piano entra in regime di salvaguardia e possono
attuarsi sul territorio solo interventi previsti dal vecchio PRG e che non siano in contrasto con il nuovo.
Il PRG viene depositato presso la segreteria comunale (pubblicazione) e reso disponibile e consultabile per
30 giorni. Entro 60 giorni (30+30) chiunque può presentare eventuali osservazioni.
Il C.C. delibera sulla presentazione di eventuali osservazioni. Nel caso queste siano accolte e modifichino in
modo rilevante il piano adottato, esso dovrà essere riadottato dal Comune.
Infine avviene l’approvazione da parte dell’organo di controllo regionale (CRC). Si verifica la regolarità
tecnico-amministrativa. La Regione può chiedere integrazioni e perfezionamenti al Comune, che dovranno
essere pronti entro 180 giorni. Dopo di ciò, il piano è vigente.
NORMATIVA PAESAGGISTICA NAZIONALE
L’evoluzione normativa nazionale si è articolata in un lungo processo elaborativo, a partire dall’inizio del XX
secolo. Dall’accezione che assegnava al paesaggio un valore associato ai caratteri di bellezza di specifiche
porzioni di territorio, da scorci e vedute panoramiche (paesaggio da cartolina), si è giunti a una definizione
complessa in cui al paesaggio si attribuisce un valore di bene identitario e culturale.
Dopo l’unità d’Italia furono avanzati numerosi progetti per proteggere il patrimonio storico e artistico
nazionale, senza arrivare mai a un progetto definitivo. Contemporaneamente, nasceva, presso il Ministero
della Pubblica Istruzione, la Direzione Generale degli Scavi e dei Musei (1875), divenuta successivamente
delle Antichità e Belle Arti (1881) e venivano istituiti le commissioni provinciali e gli uffici regionali per la
conservazione dei monumenti (1891). Nel 1902 fu approvata la legge Nasi per la conservazione di
monumenti e oggetti antichi e d’arte. Nel 1905 fu approvata la legge Rava per la conservazione delle pinete
fu promulgata la legge Rosadi che stabiliva norme per l’inalienabilità delle antichità e
di Ravenna. Nel 1909
delle belle arti, quindi cose immobili e mobili di interesse storico, archeologico, paleontologico o artistico, se
appartenenti allo Stato.
Il primo passaggio realmente degno di nota è la Legge 23 giugno 1912, n. 688 che stabilisce e fissa norme
per l’inalienabilità delle antichità e delle belle arti. Tali beni pubblici non erano vendibili. Estende il dettato
della legge del 1909 solo ad alcune componenti paesaggistiche (ville, parchi e giardini di interesse storico-
artistico).
La prima vera disposizione nazionale in materia paesaggistica può essere considerata la legge n. 778 del
1922, nota come legge Croce (Benedetto Croce) che prevedeva la possibilità di vincolare le cosiddette
bellezze panoramiche. Seppur priva di efficacia come strumento di tutela paesistica, segnò un importante
momento di evoluzione normativa sulla tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse
storico. Fu fondamentale l’introduzione del concetto di equiparazione tra bene artistico (divenuto poi bene
culturale) e le bellezze naturali (oggi beni ambientali), che sarebbe stato caposaldo della successiva
evoluzione normativa di tutela.
Con la legge Croce viene introdotta la Soprintendenza: i proprietari devono presentare preventivamente alla
di qualsiasi genere che interessino gli immobili vincolati; dopo l’esame
Soprintendenza i progetti delle opere
tecnico dei progetti, il Ministero è in grado di concedere o negare il permesso di esecuzione dei lavori.
Quindi si è in presenza di due disposizioni: vincolo paesistico e regime autorizzativo.
Fra il 1922 e il 1935 vi è la nascita di quattro parchi nazionali (Gran Paradiso, d’Abruzzo, del Circeo, dello
Stelvio); attualmente i parchi nazionali sono 24 e costituiscono circa il 5% del territorio nazionale.
1089 “Tutela delle cose di interesse artistico e storico”
La legge 1 giugno 1939, n. (prima legge Bottai), pur
non interessandosi espressamente di paesaggio, amplifica il concetto di tutela di ville, parchi e giardini visto
in precedenza, inserendoli fra