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±G),

(ovvero L = ove i coni di Poinsot sono singolari; (ii) inoltre, per evitare la singolarità delle

×

coordinate cilindriche J, j, il caso e m = 0. Ma quest’ultima non è una vera limitazione, data

z

3.4 — Il corpo rigido di Eulero come sistema hamiltoniano integrabile 45

Figura 16: Lo spazio delle fasi del corpo rigido.

l’arbitrarietà della scelta dell’asse z. Quanto al dominio delle diverse coordinate, per (G, L) il

dominio è 2

{(G, ∈ −G }

= L) : G > 0 , < L < G ;

A R

2 2 1

×

il dominio di e è la sfera S , mentre il dominio delle coordinate (J, j) su S è (−G, G) S (si

m 2

escludono i due “poli” ove l’asse z buca la sfera); infine (g, l) . Si veda la figura 16: in ogni

T

punto di è attaccata una sfera S, con coordinate (J, j); in ogni punto della sfera è attaccato un

A 22

toro bidimensionale. Questo è lo spazio delle fasi del sistema, se si escludono le rotazioni proprie.

L’interesse principale per le coordinate (G, L, J, g, l, j) è che, prese in quest’ordine, esse costituiscono

coordinate canoniche, nelle quali le lettere minuscole denotano le coordinate e le corrispondenti

lettere maiuscole denotano i rispettivi momenti coniugati. Vale infatti la seguente importante

proposizione, dovuta a Andoyer (1923), in seguito “riscoperta” da Deprit (1961) e chiamata di

solito teorema di Andoyer–Deprit:

Le coordinate (G, L, J, g, l, j), ordinate come indicato sopra e nel dominio indicato

Proposizione 17 3

×

sopra, sono coordinate canoniche analitiche su SO(3) . Due carte di queste coordinate, relative

R

a diverse scelte di e , coprono la varietà

z 3

{(R, ∈ × × 6

= m) SO(3) : m e = 0} .

M R

0 3

L’hamiltoniana del corpo rigido simmetrico in queste coordinate è H(G, L, J, g, l, j) = h(G, L), con

1 2 2

h(G, L) = (G + η L ) . (3.20)

2A

1

Omettiamo la dimostrazione, ancora una volta non difficile ma faticosa. Ammessa tuttavia la

canonicità, la forma (3.20) di H nel caso simmetrico segue immediatamente dalla (3.18): H è

infatti l’energia, qui soltanto cinetica, scritta in coordinate canoniche. Si vede cosı̀ che le coordinate

di Andoyer sono le coordinate di azione–angolo del corpo rigido simmetrico. Il sistema è con

evidenza degenere, e il grado di libertà degenere è (J, j). Il moto si svolge sul toro bidimensionale

2 23

, con frequenza ω = (ω , ω ) data da

T g l

∂h 1

∂h =

ω = , (G, ηL) ;

∂G ∂L A

1

22 E’ interessante osservare che due delle coordinate di Andoyer, precisamente L e J, concidono con due dei momenti

coniugati delle coordinate di Eulero: si ha infatti L = p , J = p ; si veda l’appendice J.

ϕ

ψ

23 3

Con lo stesso simbolo ω abbiamo denotato sopra la velocità angolare del corpo in ; un marginale conflitto di

R

notazione, che non vale la pena di dirimere introducendo nuovi simboli.

3.5 — L’equazione di Hamilton–Jacobi 46

′ ′′

si osservi che ω , ω coincidono con le velocità ω , ω delle precessioni sui coni di Poinsot riportate

g l

nella (3.19).

B. Il caso triassiale (cenno).

Nel caso triassiale le coordinate di Andoyer (G, L, J, g, l, j) restano, evidentemente, coordinate

canoniche su SO(3), dal momento che la canonicità delle coordinate è una proprietà a priori,

indipendente dall’hamiltoniana cui si è interessati. Ma non sono più coordinate di azione–angolo:

infatti (figura 15b) si ha q q

2 23

2 2

− −

m = m m sin l , m = m m cos l ,

1 2

3

6

e per A = A dalla (3.17) si deduce

1 2

2 2 2

sin l cos l L

2 2

K = (G L ) + + .

2A 2A 2A

1 2 3

Ora, questa espressione si può interpretare come hamiltoniana di un sistema a un solo grado di

libertà, per la coppia (L, l) — una variante del pendolo — in cui G è un parametro. Procedendo

allora come per il pendolo (o meglio come per un qualunque sistema a un grado di libertà) non è

difficile comprendere che si può introdurre, al posto di (L, l), una coppia di coordinate di azione–

angolo (I, ϕ), nell’intorno di ogni curva di livello di K non contenente punti singolari. Qualche

dettaglio in più è demandato al prossimo esercizio.

Si tracci il ritratto in fase relativo all’hamiltoniana K (pensata come funzione di

Esercizio 37

L, l). In quali regioni del piano Ll si possono introdurre le coordinate di azione–angolo I, ϕ? Chi

è I?

3.5 L’equazione di Hamilton–Jacobi

La ricerca di una trasformazione di coordinate (p, q) = w(p̃, q̃) che porti un sistema hamiltoniano

in forma integrabile è naturalmente associata a una importante equazione alle derivate parziali,

detta equazione di Hamilton–Jacobi. Si tratta di un’equazione che interviene in vario modo nella

Fisica Matematica. Hamilton la introdusse originariamente in connessione alla propagazione dei

fronti d’onda in ottica, mentre fu Jacobi a sottolinearne l’importanza in relazione all’integrabilità

dei sistemi hamiltoniani. Ci limiteremo qui alla cosiddetta equazione ridotta di Hamilton–Jacobi,

adatta a problemi indipendenti dal tempo, accennando solo brevemente alla fine al caso generale.

A. L’equazione ridotta di Hamilton–Jacobi

Cominciamo con una definizione: 2n →

Data la funzione di Hamilton H(p, q), H : l’equazione alle derivate

R R,

Definizione 8

parziali

∂S ∂S

H = h , (3.21)

,..., , q , . . . , q

1 n

∂q ∂q

1 n

nella quale sia la funzione S(q , . . . , q ) sia la costante h sono incognite, è detta “equazione ridotta

1 n

di Hamilton–Jacobi” associata ad H.

3.5 — L’equazione di Hamilton–Jacobi 47

∂S

Si osservi che ciascuna derivata parziale sta in H al posto di p . Ad esempio, all’hamiltoniana

i

∂q i

1 2 2 2

dell’oscillatore armonico H(p, q) = (p + ω q ) è associata l’equazione di Hamilton–Jacobi

2

∂S 1

1 2 2 2

+ ω q = h. (3.22)

2 ∂q 2

Non è difficile verificare che una famiglia di soluzioni di questa particolare equazione è data da

Z p

q 2 2

± −

S(α, q) = 2αω ω x dx , h(α) = αω , (3.23)

0

ove α è una arbitraria costante positiva.

Si dice integrale completo dell’equazione ridotta di Hamilton–Jacobi ogni famiglia

Definizione 9

di soluzioni S(α , . . . , α , q , . . . , q ) , h(α , . . . , α )

1 n 1 n 1 n

dipendente da n parametri reali α , . . . , α , tale che risulti

1 n

2

∂ S 6 = 0 . (3.24)

det ∂α ∂q

i j

Attenzione: l’integrale completo è una classe “sufficientemente ampia” di soluzioni e non va confuso

con l’integrale generale, cioè con l’insieme di tutte le soluzioni (che per le equazioni alle derivate

parziali contiene sempre funzioni arbitrarie anziché un numero finito di costanti arbitrarie; si pensi

all’equazione delle onde). La (3.23) fornisce un integrale completo della (3.22).

Il legame tra l’equazione ridotta di Hamilton–Jacobi e l’integrabilità di H è espresso dalla

seguente facile proposizione:

Sia S(α , . . . , α , q , . . . , q ), h(α , . . . , α ) un integrale completo dell’equazione

Proposizione 18 1 n 1 n 1 n

ridotta di Hamilton–Jacobi (3.21). Allora la funzione generatrice S(p̃ , . . . , p̃ , q , . . . , q ), nel-

1 n 1 n

la quale le costanti α , . . . , α dell’integrale completo sono reinterpretate come momenti, genera

1 n

implicitamente, tramite le (2.23), una trasformazione canonica (p, q) = w(p̃, q̃) che muta H in

H̃(p̃ , . . . , p̃ , q̃ , . . . , q̃ ) = h(p̃ , . . . , p̃ ) . (3.25)

1 n 1 n 1 n

Dalle (2.23) segue

Dimostrazione.

∂S (p̃, q), q ,

H̃(p̃, q̃) = H ∂q

ove a secondo membro, in linea di principio, è sottintesa la sostituzione q = v(p̃, q̃), con v definita

implicitamente dalle (2.23). Ma per l’equazione di Hamilton–Jacobi, il secondo membro non dipende

da q e vale h(p̃), ovvero la sostituzione è inutile e si ha la (3.25). La condizione di invertibilità

(2.22) è garantita dalla (3.24).

Restando nell’esempio della soluzione (3.23) alla (3.22), prendendo il segno più e denotando con

I anziché con α il parametro (il nuovo momento), si ha la funzione generatrice

Z p

q 2 2

2ωI ω x dx ,

S(I, q) = 0

3.5 — L’equazione di Hamilton–Jacobi 48

e questa (esercizio (10-v)) si è già vista essere la generatrice del passaggio alle coordinate di azione–

angolo: la forma implicita della trasformazione è infatti

Z

p p

q dx

∂S ∂S

2 2 p

= = = arcsin

p = 2ωI ω q , ϕ = ω/2I q ,

∂q ∂I 2

2I/ω x

0

e per inversione si ottengono facilmente le equazioni esplicite

p

q = 2I/ω sin ϕ , p = 2ωI cos ϕ , (3.26)

π

π ≤ ≤

− ϕ . Prendendo il segno meno si

con determinazione dell’angolo (funzione arcoseno) tra 2 2

ottiene similmente √

p ′ ′

− , p =

q = 2I/ω sin ϕ 2ωI cos ϕ

π

π ′ ′

≤ ≤

− ϕ , e con la traslazione ϕ = π + ϕ si recuperano le (3.26), questa volta per

con 2 2

π 3π

≤ ≤

ϕ .

2 2 1

In conclusione, il dominio della trasformazione è I > 0, ϕ S , e l’hamiltoniana è mutata

nell’hamiltoniana integrabile H̃(I, ϕ) = h(I) = ωI.

All’integrale completo (3.23) della (3.22) si arriva facilmente scrivendo

p

∂S 2 2

± 2h ω

= q ,

∂q

prendendo poi h(α) = αω; una quadratura dà allora banalmente la (3.23). La scelta h(α) = αω,

si osservi, dà al parametro α le dimensioni di un’azione. Altre scelte di h(α) sono possibili, in

particolare si può prendere h stessa come costante libera; in questo caso al posto delle variabili di

azione–angolo sopra costruite si ottengono le variabili energia–tempo (h, τ ). Vale la pena di vederlo

in dettaglio nel caso più generale di un sistema eventualmente anisocrono, come il pendolo.

B. Esempio: le variabili di energia–tempo per il pendolo.

Riprendiamo il pendolo (o un qualunque altro sistema con un grado di libertà che esegua moti

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Publisher
A.A. 2017-2018
170 pagine
SSD Scienze matematiche e informatiche MAT/07 Fisica matematica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Markuser di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Meccanica analitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Benettin Giancarlo.