Appunti di letteratura latina
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cerca di fuggire con una ragazza con lui in prigione; sono aiutati dal fidanzato di lei. La sorvegliante
della prigione è una vecchia che si intenerisce vedendo la ragazza soffrire e le racconta la storia di
Amore e Psiche. Psiche è la figlia minore di un re che suscita l'invidia di Venere e vuole darla in pasto a
un mostro; Cupido si è innamorato di Psiche e fa in modo che l'Oracolo che ha previsto la morte di
Psiche voglia significare che in realtà debba sposare Amore. L'unica condizione di Psiche è quella di
non guardare mai in faccia Amore. Psiche non è astuta, ha delle sorelle cattive: lo guarda e per
recuperare il suo matrimonio dovrà affrontare una serie di avventure lunghe e difficili. Una delle prove è
quella di scendere negli inferi: ci riesce e alla fine torna come sposa di Amore e diventa dea lei stessa.
Questa è una chiave di lettura dell'intero romanzo delle Metamorfosi. Grazie all'espiazione che Psiche
deve fare si attiva un livello di lettura religiosa secondo cui le peripezie sono il modo per arrivare alla
salvezza e alla metamorfosi definitiva: per Lucio sono il modo di salvarsi ed avvicinarsi alla divinità con
la sua iniziazione e la sua ammissione nel collegio dei pastofori.
Problema del genere letterario.
Il distico elegiaco era una coppia di metri della letteratura latina fatto di un esametro e pentametro. Si chiama
così perchè è tipico dell'elegia. Non esiste in latino un termine univoco per dire “romanzo”, o comunque non
era ben codificato quanto l'epica o altri generi. Non si ha nessuna testimonianza esplicita che parlino dei
romanzi del loro tempo. Si possiedono poche testimonianze. Questa scarsa presenza di romanzi nel panorama
latino siano da attribuire alla mancanza di un ceto medio di lettori.
Le cose sono molto più definite per la letteratura greca: il romanzo greco esiste e ci è pervenuto in discreta
quantità. Si ha un'altrettanta ricca tradizione di storie milesie: Aristide di Mileto: storie comiche a sfondo
sessuale che a Roma piacevano molto.
Da un punto di vista di genere letteraio Apuleio non ha un genere a cui ascriversi, ma ha una ricca serie di
elementi di generi diversi che è in grado di mischiare nelle sue metamorfosi. Inserisce l'epica, la satira, il
raconto mitologico e queste novelle. Unifica il tutto con il suo punto di vista e con un elemento centrale in tutta
l'opera che è la magia: è il motore dell'azione: elemento di imprevedibilità che riesce a sovvertire la logica e
quella logica dell'intelligenza che dominava nelle favole milesie.
Capire come un autore controlla l'atteggiamento dei suoi lettori. Per gli antichi il potere che la parola esercitava
era molto forte. Si davano risposte relative alla poesia e al teatro, perchè sono quelli che più di tutti esercitano il
potere sugli spettatori. Un altro genere letterario che si pone questo problema è quello della retorica. Questo è
un problema anche di Apuleio. La retorica assume delle strategie per guidare lo spettatore come vorrebbe
l'autore.
I due mezzi principali per guidare l'attenzione del lettore nelle metamorfosi sono le dichiarazioni
programmatiche e gli esempi. Apuleio quando sta per iniziare a raccontare la storia di incesti utilizza una
simbologia tradizionale per far capire che si passa dla romanzo picaresco alla tragedia vera e propria. Questa è
una dichiarazione programmatica: bsiogna innalzare il livello di attenzione per capire la narrazione.
Il prologo delle Metamorfosi è una dichiarazione programmatica: l'immagine dal papiro egiziano: l'Egitto
riporta a Iside. Disseminare una serie di indizi che si capiscono solo alla fine. Argutia: sottigliezza della
cannuccia con la quale si scrive il papiro, ma anche l'argutia in senso mdoerno; stile arguto. E' raro che un
autore della lettratura latina dica “State attenti, vi farò divertire”. Luoghi prototipici della Grecia che Apuleio
usa per far capire che il protagonista è greco. Sia riferimento geografico, sia riferimento letterario. Il prologo
consente già di vedere la più importante dichiarazione programmatica di Apuleio sulla propria opera.
Con l'esempio l'autore può manipolare l'atteggiamento del lettore. Apuleio mette in scena qualcuno che racconta
qualcosa: mette in scena un pubblico e il modo in cui quel pubblico reagisce influisce il modo in cui il lettore
reagisce; una delle più importanti tecniche che utilizza Apuleio per farsi leggere: i personaggi insegnano al
lettore come leggere l'opera. I libro: livello 1: Lucio si rivolge ai lettori. Racconta di essere in viaggio verso la
Tessaglia. Livello 2: Lucio incontra due persone a lui socnosciute ed è curioso di sapere i racconti. Colui che
racconta è Aristomene. Aristomene racconta a Lucio e Lucio racconta al lettore. Livello 3: Aristomene racconta
che questa storia incredibile a cui il suo compagno di viaggio non crede gliel'ha raccontata Socrate. Gli
ascoltatori sono i lettori, Lucio e Aristomene. Aristomene è un ascoltatore molto riflessivo che spiega le sue
opinioni. Socrate in viaggio incontra una donna che sarà sua amante, ma è una strega che gli rovina la vita.
Aristomene passa da ascoltatore scettico ad ascoltatore credente: incontra le streghe nella locanda con Socrate.
Aristomene è per metà terrorizzato e per metà divertito: questa riflessione avvisa che nelle metamorfosi si
troverà sempre una mescolanza di elementi tragici ed elementi comici. Lucio racconta al lettore: l'altro
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viandante continua a non credere alla storia di Aristomene; Lucio usa una dichiarazione programmatica: questo
gioco di livelli serve al lettore per sapere quale atteggiamento adottare nei confronti delle metamorfosi: a una
buona storia occorre prestare attenzione e fiducia. Questa progressiva fiducia che gli ascoltatori danno a chi
racconta Apuleio sta dicendo come il lettore si deve comportare nei confronti della storia.
Lucio come ascoltatore/personaggio: è troppo curioso ed è il motivo per cui gli succedono le varie peripezie.
Non è ancora diventato asino. Lui è animato da curiositas, cioè l'atteggiamento infantile che vuole conoscere
ogni cosa. In base al contratto iniziale fatto da Apuleio nel prologo si capisce come l'atteggiamento di Lucio è
quello che Apuleio vuole dal lettore. Ad Apuleio così come a tutti i personaggi delle metamorfosi piace
raccontare. Se gli si presta fede, il lettore si diverte.
Lettura unificativa tra il lettore e il protagonista. Il tipo di supsence che propone Apuleio è quello di chi vede e
capisce ciò che vede Lucio, ma che non sa quello che Lucio non sa. Identificazione con il suo atteggiamento.
Procedere sulle orme di Lucio.
Il romanzo fa di tutto perchè il lettore finisca per assomigliare a Lucio.
La metamorfosi reale di Lucio avviene nel terzo libro.
LIBRO PRIMO
I,1 - “Chi è costui?”: introduzione della voce narrante che vuole descriversi come greco. “Imetto” monte
rappresentativo dell'attica, regione di Atene. “Tenaro”: promontorio della regione di Sparta. Identifica con
queste regioni la Grecia intera. Apuleio si rifà alla grande tradizione greca conosciuta a tutti. La prima lingua
del narratore è il greco: importante per un autore che sicuramente viveva nell'Africa del II secolo in cui il latino
non era più la prima lingua. Essere bilingui in età imperiale non è strano. Questo suo trilinguismo vuole che
diventi una condizione letteraria. Descrive un greco che va a Roma ed impara da solo il latino. La conseguenza
che ne trae dal punto di vista letterario è una dichiarazione programmatica: professione di modestia retorica,
potrebbe usare dei termini dialettali. In realtà lo fa per una precisa scelta linguistica. Questo continuo saltare da
un livello stilistico all'altro è tipico di Apuelio: non si trova uno sviluppo lineare, ma gioco di volteggio che si
riflette sulla trama che è un continuo rivolgimento di eventi.
“Fabulam Graecanicam”: di origine greca: le teorie principali per l'uso di questo aggettivo sono due: allusione
ad una fonte greca che lui ha o un'allusione a un modello greco in generale di stile, il che si ricollega allo stile
milesio; allusione a una fonte o a uno stile che non è pienamente romano e che va ad alimentare una certa
varietà stilistica delle Metamorfosi.
I,2 - Unico periodo: stile di Apuleio. In questa scena con il cavallo c'è un'attenzione per il particolare fisico e
materiale, gli piace dettagliare le sequenze e spiegare cosa succede. Attenzione sugli animali delle metamorfosi.
Nell'ambito più generale dell'attenzione di Apuleio per la scena, si è notato che quando si parla di animali c'è
un'attenzione maggiore. Questa specifica scena serve a creare un quadretto molto tranquillo di grande
stanchezza.
Apuleio dice che è in viaggio verso la Tessaglia, regione dei maghi; è la terra di sua madre che discende dal
filosofo Plutarco e dal nipote filosofo Sesto: topos della genealogia. Presentazione funzionale a stabilire
l'atmosfera e l'ambiente. Va in Tessaglia perchè di lì è la sua famiglia, è già legato a quella terra.
I,3 - Incontra i due viandanti che fanno un discorso che gli interessa. A Lucio piacciono le storie incredibili e il
personaggio, la voce narrante e l'autore sono consapevoli della funzione terapeutica del racconto: funzione
ricreativa di sentir raccontare una storia ed è estremamente sfruttata nell'arco della narrazione. Lo scettico non
si cura dell'intruso. Tutta la serie di conseguenze della formula magica sono tipiche della magia antica.
“Togliere la schiuma dalla luna”: gli antichi credevano che la magia potesse far scendere la luna dal cielo e che
la luna strofinandosi sull'erba si togliesse una superficie schiumosa: è un'immagine che si ritrova in altri autori
della letteratura antica. Il narratore riesce a zittire lo scettico e a sollecitare la storia da parte dell'altro, il
narratore fa una dichiarazione programmatica. L'autore vuole che venga suggerrito l'ateggiamento
dell'ascoltatore.
I,4 - Discorso apparentemente scollegato che ha una logica. Rende il romanzo di Apuleio interessante anche per
chi vuole studiare la vita pratica nell'Impero romano. Lo ambienta nel portico del Pecile: portico eretto ad Atene
in età classica V secolo a.C.; abitudine di andare a discutere sotto questo portico arriva il nome della corrente
filosofica dello stoicismo. Scena di giocolieri per strada, collogamento con il fatto che si stava per strozzare
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con la polenta. Similitudine per ampliare l'immagine che al narratore piaceva: il ragazzo sembrava il serpente
che si arrotola intorno al bastone di Esculapio. Il narratore è talmente desideroso di sapere le storie che crede
anche per lo scettico.
I,5 - Altro livello di narrazione: inizia a raccontare il viandante del secondo livello di narrazione.
Dichiarazione topica di veridicità.
Presentazione con l'origine geografica e con una serie di dati per descirvere il personaggio: serve a fini narrativi
e per stabilire un'atmosfera, dei punti cardinali attraverso i quali si può capire con chi si sta parlando.
Fa il commesso viaggiatore.
Si torna in Tessaglia dove i viandanti si stavano dirigendo.
Perfetto esempio di chi racconta come ama raccontare: inserzione di parentesi inutili.
I,6 - Con pochi tratti Aristomene è riuscito a delineare un personaggio. Vuole descriversi come il concittadino
preoccupato, ma imbarazzato perchè è curioso come è curioso Lucio e come Lucio vuole che sia curioso lo
spettatore nell'ascoltare la storia. Aristomene è anche indignato. Inizia la sua storia dicendo che deve soccorrere
un poveretto. A breve ci sarà un terzo narratore a cui la fortuna ha fatto degli scherzi terribili.
I,7 - Per tranquillizzarlo gli racconta delle storie: continuano ad intersecarsi uno dentro l'altro dei racconti:
raccontare è la cosa principale. Socrate comincia a raccontare la sua storia: commerciante che era andato in
Macedonia, aveva fatto degli ottimi affari e si era fermato in Tessaglia per assistere a uno spettacolo di
gladiatori. Epoca in cui il gusto estetico era diverso dal gusto classico, gusto molto poco pudico, sensibilità
diversa. Lo spettacolo di gladiatori per chi veniva dalle zone periferiche era una grande attrazione.
Socrate si dilunga nei suoi racconti. In un qualche modo ancora sconosciuto l'aver avuto una storia con Meroe
ha avuto delle ripercussioni.
I,8 - Parla Aristomene: ha un sussulto di moralità.
Socrate, lungi dall'essere soddisfatto della storia con la donna, vive nel terrore. Compare la figura della maga.
Aristomene è scettico.
Descrizione che richiama quella precedente: insieme di cose incredibili che il viandante scettico citava come
stupidaggini sulla magia.
Lucio in questo momento è emozionato di fronte a racconti di questo tipo.
Aristomene in questo suo racconto fa intendere che era scettico come il suo compagno viandante; cercherà di
sottrarsi al racconto e anche di sottrarsi all'esperienza: Aristomene sarà coinvolto dal racconto e questo gli
insegnerà che non si può scappare da nessuno dei due.
Anche Socrate adotta la stessa strategia che Aristomene adotta con Lucio: esempi di fatti accaduti davanti a un
pubblico.
I,9 - Serie di mutamenti. Prefigurazioni della metamorfosi di Lucio.
Immagini animali degradanti e ridicole di gente che la maga ha trasformato in animali.
Meore utilizza il suo potere principalmente per delle trasformazioni umilianti che abbiano il contrappasso.
I,10 - Si voleva uccidere Meroe.
Meroe si vanta dei suoi incantesimi.
Paragrafi occupati da una lunga serie di cose mirabolanti che vengono utilizzate come racconto per stupire ed
interessare, ma anche per ispirare fiducia in chi sta ascoltando. Socrate usa tutto ciò pr farsi credere da
Aristomene.
Il mito di Medea serve per dare pathos al racconto e poi è una metafora riuscita: Giasone va con Medea per
trovare il bello d'oro. Medea si innamora dello straniero che la porta nel suo regno, ma non ottiene il titolo di re
pur avendo il bello d'oro. Lei che è una maga per Giasone farebbe qualunque cosa. Lui però si innamora di
Criusa e scaccia Medea che aveva una serie di delitti alle sue spalle. Medea chiede un giorno di dilazione ed
esattamente come Meroe manda una corona a Giasone e Criusa che una volta indossata crea delle fiamme che
distrugge il palazzo. Medea come maga cattiva e vendicativa che fa delle cose terribili soprattutto per amore.
I,11 - Socrate terrorizza Aristomene e poi si addormenta.
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Un qualche effetto questi racconti l'hanno fatto su Aristomene.
Quando Aristomene prende sonno comincia il racconto in cui lui capisce che è vero ciò che Socrate gli ha
raccontato: notte infernale che ha passato con Socrate e con le streghe.
I,12 - Aristomene pensa di essere trasformato in una tartaruga.
Immagine di una donna con la lucerna e l'altra con una spada: Meroe e la sorella Pantea che vogliono vendicarsi
di Socrate che avevano sentito il racconto e vogliono entrare in scena.
La ninfa Calipso era condannata a stare sull'isola sul quale arrivavano degli sventurati che la amano per un
determinato periodo e poi partono. Calipso è l'emblema dell'amante lasciata sola nell'isola e abbandonata
sempre da chi la ama.
Meroe si sta mettendo nei panni della divinità.
Le paure di Aristomene erano vere.
Meroe si vuole vendicare perchè vuole sottrarre Socrate alla sua sorte.
I,13 - Aristomene è terrorizzato.
Merum è il nome del vino: è ostessa, ma è una baccante e quindi è legata ai riti orgiastrici ed ubriachezza che si
collegavano al mito delle baccanti.
L'immagine della spada che entra nella gola è stata già presentata.
Particolari raccapriccianti usati per la credibilità.
Baccanti che fanno un rito sacro.
Socrate ha finito indecorosamente la sua vita.
Formula magica che fa capire l'efferatezza di queste maghe.
Immagini forti e violente che Apuleio utilizza per descrivere le cose che sta andando a vedere.
La fuga di Aristomene non è solo la fuga fisica, ma è anche una fuga metaforica dalla narrazione. Aristomene
vuole sottrarsi da questo gioco a cui non ha accettato di partecipare. Quello che stipula Aristomene con socrate
è lo stesso contratto che stipuliamo noi nell'ascoltare e credere a quanto raccontano.
I,14 - Siamo nel racconto di Aristomene ancora. I dubbi di Aristomene, dove si ha molto dettaglio, vengono
raccontati non soffermandosi sulle vicende ma sulle sue paure. Immagina di essere condannato alla morte di
croce perchè ha ucciso il suo compagno di viaggio. E' l'unico sospettato.
Parla poi di un altro dei fatti incredibili raccontati da Aristomene. Nel suo racconto, che è un modello in piccolo
di cosa accade a Lucio, le incongruenze e i fatti misteriosi e incredibili si susseguono. La sospensione di
incredulità dobbiamo metterla per forza in atto. Chiunque potrebbe non credergli. Queste cose incredibili che
avvengono sono comunissime. Il bello del racconto non sta nel contenuto ma anche nella velocità.
I,15 - Quando uno ha la coscienza sporca come Aristomene, vede tutti come sospettosi, e il tutto aumenta la sua
angoscia. Si sente completamente spacciato. Aristomene cerca di autodescriversi e darsi l'immagine più
inoffensiva possibile. Si ha un'iperbole quando parla dell'uomo nudo e dei lottatori. Si tocca il tasto dolente di
Aristomene e si sente sgamato. Se anche Aristomene aveva un dubbio sul perchè le due streghe avessero fatto
fare la fine a Socrate e a lui no, ora si riesce a capire, la morte in croce.
I,16 - Questi discorsi tra sè e sè e con un oggetto che non risponde è un topos dell'eroe che si riferisce ad un
testimone inconsapevole e non può fare nulla, ma che se fosse animato lo difenderebbe. E' ad un punto tale che
si vorrebbe togliere la vita. Una paura simile la si immaginerebbe in un contesto molto estremo, perchè di solito
i personaggi non ragionano così. Anche nel momento in cui descrive la forma o il dove ha messo il cappio, lui
da diversi dettagli e genera molto pathos. La scena di pathos finisce con un sucidio maldestro e cade sul
cadavere dell'amico, la causa del suo suicidio.
Si era detto che il finale della versione greca è tagliato via, perchè poco aulico, poco mistico rispetto all'XI delle
metamorfosi. Soprattutto finiva in burla e molto velocemente. Questo tipo di finali non è che non si ritrovino in
Apuleio. L'XI libro e il finale sono completamente diversi e sono un punto di innovazione rispetto alle fonti.
Questo tipo di approccio alla storia del "chiudiamola con una scena comica e senza troppi scrupoli" c'è nelle
Metamorfosi, ad esempio qui. Questo gusto per la burla, anche per il macabro e al tempo stesso l'idea di
demistificare tutto (morte e dei compresi) non è che non c'è in Apuleio, ma non è così preponderante come nella
versione dello pseudo-Luciano. La si trova comunque nelle varie scene delle Metamorfosi. Non la si trova
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nell'economia complessiva del romanzo. Va chiarificato per non dare l'idea che Apuleio stia scrivendo un
romanzo di iniziazione religiosa in cui tutto è in prospettiva. Alcuni meccanismi narrativi, più scanzonati e osè
sono funzionalizzati e proporzionali alle storie. Queste costituiscono il corpo del romanzo, lo dice anche
all'inizio quando dice che intreccerà delle storie.
I,17 - Socrate si sveglia ed è pure infastidito del Locandiere. Aristomene è talmente sollevato di scampare la
morte alla croce di voler stravincere. Quella che poteva esssere una scena di sollievo, viene riportato agli
elementi terra terra: per il momento della notte rimane solo la puzza di urina. Aristomene ora si conosce meglio
e si vedono le reazioni a tutto quanto accade. Non è solo uno che ama raccontare, ha il dettaglio e non si perde
d'animo, ma è anche astuto. Lui comincia a darci una visione di quella logica dell'astuzia, che dominava tutta la
narrativa delle Favole Milesie, dove i personaggi principali se la riescono a cavare. Una novità nelle
Metamorfosi è che nell'azione dominata da personaggi astuti, Apuleio aggiunge la logica della magia che è
ancora più forte e capace di sovvertire la logica dell'astuzia, che è quella di chi sa cavarsela. Aristomene ha la
prontezza di distrarre Socrate, creare una storia qualsiasi e eliminare la spiegazione della sera prima. A questo si
affianca il motore potente della magia e dell' imprevedibile. Quando queste due dinamiche cozzano tra di loro,
si crea di tutto, perchè si ha il personaggio astuto che si trova in una serie di peripezie nate dall'imprevedibilità
della magia. Anche questa è una delle innovazioni di Apuleio rispetto ad un parterre di narrazione del tipo
"favole milesie" che aveva a disposizione e le riutilizza a suo piacere.
I,18 - Aristomene è riuscito ad allontanare il discorso della notte, ma non riesce a gettarselo alle spalle e ci
ripensa. Non c'è nulla di particolare. Va notato che si hanno due viandanti che si raccontano le cose riposandosi
dove a sua volta due viandanti si raccontano le cose riposandosi.
I,19 - Le due streghe sono paragonate a due furie: esseri mitologici greci. Non è un paragone casuale, sono le
divinità della vendetta. Aletto, Megera e Visifone sono le 3 furie. Meroe e la sorella infatti si sono vendicate di
un torto subito.
Aristomene ha ancora un po' di paura residua. Socrate non sta così male, perchè comunque ha fame. Qui
Aristomene inserisce una descrizione del paesaggio. Sino ad ora non c'era tanta attenzione al contesto. Si
avevano solo piccoli cenni, non vere descrizioni. Il paesaggio dove si muovono i 3 viandanti principali non è
descritto in modo dettagliato. A volte queste piccole descrizioni con un tono poetico rispetto allo stile più basso
del resto delle Metamorfosi, si ritrovano. Esse servono a dare una descrizione di cosa dobbiamo immaginare,
ma anche per arricchire il profilo di Aristomene e Apuleio come narratore. Questi cenni poetici danno la misura
della sensibilità della descrizione del paesaggio. Quello su cui si focalizza l'attenzione di Aristomene è il fiume.
La scena della spugna fuori dalla gola è cruda e improvvisa. La spugna è quindi rimasta dentro e lui inizia a
dissanguarsi. All'improvviso ricomincia il dramma di Socrate.
Questo è un altro finale su due piedi, dove lui decide di seppellirlo. Il gusto per la chiusa rapida e veloce e
d'effetto si trova anche e soprattutto in questo episodio. La frase/formula magica che viene detta dalla strega in
I,13 si è rivelata vera. Nel corso della narrazione si hanno determinati elementi a cui non si aveva fatto caso. La
menzione della spugna e del fiume che subito non si era capito bene, era decontestualizzata, si poteva pensare ai
fiumi di sangue, mentre ora ha un suo significato.
Questa cosa ha cambiato la vita di Aristomene. Lui infatti all'inizio diceva al compagno e a Lucio che è un
racconto che conoscono tutti. Ora ha terminato di raccontarla.
I,20 - Questo è il racconto di Aristomene. Si passa dal livello 2 al primo. Si conclude il racconto con un'altra
dichiarazione programmatica. Tutto l'inserto lungo trovato fino ad ora è formato dalla narrazione nella
narrazione che si conclude ancora con un elogio del potere di intrattenimento e terapeutico del racconto.
Raccontando ha fatto tutta la strada senza sentire la fatica e ha potuto sentire una storia che lo ha trascinato.
L'interesse lo ha portato a terminare il cammino solitario con i racconti di Aristomene.
I,21 -E' normale che si fermi in un'osteria per chiedere dove si trova. C'è un gioco di parole per quando viene
descritto Milone (vedi le note che lo spiegano). Milone è un amico di famiglia di Lucio, segnalato da Lucio
come suo contatto ad Ipata e che Lucio crede essere un personaggio di un certo rango. Ma si renderà conto che
è tutto meno che in vista e soprattutto che è grazie alla moglie di Milone che comincia la vera e propria storia
della Metamorfosi. Milone è ricco, ma è famoso per il suo essere taccagno. Fa l'usuraio ed è per questo in vista.
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Ospitalità: nell'antichità il concetto di ospitalità era diverso e più grantito, non si aveva modo di conoscere le
informazioni. E' normale che si aspetti ospitato da Milone.
I,22 - Demea è il contatto tra i due. Anche la serva nell'aprire la porta gli ricorda la regola che era tanto sentita
in tutta la città. Il modo per garantire il contatto era la lettera scritta dal parente.
Lucio è una persona educata e di buona famiglia. Lo dice anche il viandante. Lui gira in un certo ceto sociale
ma è curiosone. Milone gli fa subito capire cosa gli possono offrire, cioè nulla.
I,23 - Milone non è un grande ospite e nemmeno educato. L'ostessa prima aveva detto che erano pieni di soldi,
quindi ora si stanno delinando come i taccagni che erano. I personaggi da cui Demea ha mandato Lucio non
sono il meglio. Il discorso di Milone ha due scopi:
- descriverci Lucio di cui noi non sappiamo molto. Ora si sa che il suo modo educato può sembrare timidezza,
quasi femminile, quindi il massimo.
- l'altro è descrivere Milone che da un giudizio su Lucio davanti a lui: si mostra indelicato.
Teseo è il nome del padre di Lucio ed è un'altra informazione che si sa sul protagonista. Teseo era un eroe
legato all'Africa. Tra i vari miti di cui era protgonista, ce n'era uno che dimostra la sua modestia e umiltà. Lo
racconta ora. Teseo che è re si adatta all'ospitalità offerta perchè capisce che è il massimo che gli può offrire
Ecale. Racconta alla vecchietta cosa va a fare: deve affrontare una serie di prove, uno dei tipici racconti
dell'antichità. Se supera le prove lei farà un sacrificio a Zeus: lui vince le prove, torna da Ecale, ma lei è morta.
Teseo in segno di rispetto e onore di questa donna chiama con il nome di Ecale una delle zone dell'Africa e
istituisce delle feste in suo nome. Queste storie si sanno da una varietà di fonti, come le Ecale di Callimaco. In
queste probabilmente si narrava esaltando sia Teseo che Ecale e che serviva a spiegare l'origine delle feste
intitolate ad Ecale. Lei è così famosa per il fatto che Callimaco decide di dedicarle un libro. Lo spilorcio di
Lucio, paragonandolo a Teseo, gli fa capire che non può aspettarsi una grande ospitalità. E' il messaggio che
manda ogni volta Milone.
Alla fine con l'ultimo discorso ha praticamente appena finito di dire che Milone è spilorcio e ora tira fuori tutte
le cose. Lucio capisce che è tutta una farsa e reagisce con astuzia.
I,24 - Si ingrazia Milone dicendo che ha le sue cose per i bagni. Lucio è anche molto attento per il suo animale.
Sa fare le cose per conto suo, ma si ricorda del cavallo. Si ha una scenetta di vita quotidiana al mercato. Trova
poi della gente che conosce.
Lucio che non è sprovveduto non racconta nulla subito, ma domani. Pizia è circondato da guardie del corpo ed
è evidente che è importante. Lucio furbo lo elogia per questa cosa, perchè è meglio avere personaggi importanti
in città. Lucio non ha molto interesse a riallacciare i rapporti con Pizia.
I,25 - Pizia vuole fare una scenata e scatenare una rivolta. Pizia si sente il sindaco della città e si lamenta con
chi ha voluto fregare i turisti. Pizia vuole sancire il suo potere con la scena dei pesci pestati. Lucio voleva solo
un pasto e un bagno, ma non ci è riuscito. Questo serve a portare avanti il racconto e a dare informazioni sul
contesto; serve anche a mettere insieme una serie di avventure tragicomiche che ci danno la misura di cosa ci
aspetta quando arriverà la vera metamorfosi.
I,26 - E' l'unica servetta che hanno nella casa. Lucio non vuole comunque vedere Milone perchè stanco dalla
giornata. Milone è inopportuno e rompe le scatole all'ospite che ha lasciato senza cena. Milone vuole fare solo
due chiacchiere però, le fa gratis con il suo ospite a cui non ha offerto nulla. Lucio, come accadrà in molte altre
vicende è in balia degli eventi. E' scaltro ma certe cose non le può controllare. Ci racconta un altro degli episodi
dove fa buon viso a cattivo gioco, come aveva fatto prima anche con Pizia. Milone chiede anche degli schiavi
di Demea e si capisce che vuole solo attaccare bottone.
Si sa solo che Lucio è in affari e la vera ragione è sempre un po' sullo sfondo. Il dato pratico della sua vita,
viaggio e motivazioni non è così al centro della narrazione, dove comunque i dettagli non sono risparmiati. Ad
Apuleio quello che importa è raccontare. Il gioco di incastri di Apuleio è portato avanti in maniera perfetta e il
suo vero intento è come detto nel prologo di intrecciare storie. Si scoprirà infatti verso la fine che la storia
mirerà da un'altra parte. Si ha un continuo accavallarsi di storie una dentro l'altra e anche vicine, nella giusta
posizione di racconti che è il principio ispiratore di questo romanzo. Non bisogna stupirci troppo se in tutto
questo il motivo del viaggio di Lucio non è indagato. Se a domande precise come queste potevano dare spunto
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per creare un contesto credibile il narratore non risponde.
Con il primo libro si conclude la base della metamorfosi, che in realtà lo è solo fino ad un certo punto. Il set
della metamorfosi è allestito solo quando Lucio arriva a casa di Milone. Tutto quello che c'è prima serve a
stabilire dei principi narrativi. La storia di Aristomene non aveva alcuno scopo nella trama. Servivano a stabilire
contatto tra lettore e narratore. Il I libro è importante soffermarsi, rispetto agli altri, perchè senza le chiavi di
lettura che ci fornisce questo libro con le scatole cinesi, non saremmo in grado di interpretare i meccanismi
narrativi che si hanno dal II libro in poi. La vera metamorfosi avverrà nel III libro. Nel II libro entra in gioco il
racconto licenzioso, più osè. Nel II libro Lucio mette in campo la sua caratteristica principale: la curiositas.
Lucio capirà che in Tessaglia può soddisfare il suo sapere di magia e metterà in gioco l'astuzia per capire il
gioco magico che accade a casa di Milone.
LIBRO SECONDO
Si è arrivati in Tessaglia.
Il padrone di casa a cui lui è stato affidato è un taccagno. La prima sera che passa ad Itaca è indicativa riguardo
a quello che gli succederà.
Si procura del cibo. Incontra il suo vecchio compagno di scuola che lo priva della cena. Lucio se ne va a letto
senza cena e avendo fatto un bagno fuori dalla casa.
Il secondo libro pone le basi per la metamorfosi. Serve a far capire che tipo di peripezie vivrà Lucio nel corso
del romanzo. Tipiche vicende che popolano una narrazione picaresca di Apuleio.
Introduzione: uno dei numerosi indizi di curiositas da parte di Lucio. Lui sta cercando qualcosa di incredibile e
magico. La Tessaglia è la terra dei maghi e della magia.
Lucio sa che c'è qualcosa che può soddisfare la sua voglia di vedere cose incredibili ed è molto disposto a
prestar fede, bisogna essere in grado di crederci ed essere ricettivi nei confronti del messaggio.
Lucio è vittima di allucinazioni: vuole vedere metamorfosi e cose meravigliose che mutano, lui spera che la
sua immaginazione gli faccia vedere delle cose trasformate per magia. Tutti gli esempi che lui fa sono di uomini
mutati in qualcosa: i sassi erano nella sua immaginazione degli uomini cambiati in pietra, che gli uccelli erano
uomini rivestiti di penne, gli alberi erano uomini con delle foglie. Il pomerio è quella strisca di terreno sacro
che nelle città romane circondava le mura e si spingeva un po' dentro le mura e un può fuori, terreno intoccabile
recintato da alberi. Parola incontrata quando Lucio era arrivato in città e aveva chiesto dove abitasse il suo
padrone di casa, uomo molto in vista perchè abita fuori dal pomerio, zona di perfieria.
Per Lucio tutto è pervaso da una sorta di magia e tutto potrebbe essere stato tarsformato dalla magia o potrebbe
trasformarsi grazie alla magia. Lucio si rende conto che è la sua curiosità che gli fa sospettare che tutto possa
essere stato oggetto di magia, però al tempo stesso la voce narrante interviene tramite Lucio che si rendeva
conto che tutto non esistesse davvero: si convinceva che tutto fosse oggetto di metamorfosi.
Scena tipica di Apuleio: il protagonista cammina in preda ai suoi pensieri ed improvissamente arriva un nuovo
personaggio: rapidità del racconto in cui appena termina qualcosa accade subito altro. Questa signora che Lucio
vede è una donna di gran livello. Breve scena che descrive un'altra delle caratteristiche di Lucio: buon
educazione. La curiositas, l'ingenuità, apertura mentale ai limiti dell'imprudenza, capacità di muoversi
all'interno del mondo dei ben educati ed anche per questo si avrà un contrasto quando sarà trasformato in asino
e dovrà vivere in un mondo per niente nobile; questo contrasto tra la sua buona educazione e quello che farà
crea una disparità di livelli. Questo signore che accompagna la nobil donna lo riconosce ed esorta Lucio a
salutare sua madre. Questa signora conosce la madre di Lucio che si sente spaesato di fronte a questa
conoscenza. Tramite le parole di questa nobil donna amica di Salvia si ha un minimo di descrizione di Lucio
che combacia con i suoi tratti morali: abbastanza bello, biondo, occhi chiari e vivaci, il suo modo di camminare
tradisce la sua nobiltà.
Legame di sangue e di latte: in latino è un gioco di parole a tre livelli. Apuleio è la testimonianza di come stesse
cambiando il latino nell'Africa del Nord. Questa donna è sorella di sangue e di latte della mamma di Lucio:
discendono entrambe da Plutarco, lei sa da che famiglia discende Lucio; sono state adotatte dalla stessa balia.
Lei vuole che Lucio vada a vivere a casa sua. Lucio viene liberato dal suo imbarazzo, perchè sta salutando
un'amica della madre e questo rende il tutto più rispettabile e canonizzato.
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Le descrizioni: si vede Apuleio anche alle prese con una descrizione fisica. Ekphrasis: parentesi descrittiva
all'interno di un testo.
Descrizione della statua della dea Diana: tendenza a sottolineare come tutte le cose rappresentate nella casa di
Birrena siano molto vicine alla realtà: Apuleio insiste sul fatto che tutto sembrava vero, indicazione di gusto da
parte del protagonista: gli piacciono gli inganni. Casa descritta come un museo. Tipica dimostrazione di
realismo: più sensi si mettono insieme e collaborano creando una sinestesia nella descrizione delle statue. Cani
rappresentati in movimento: questo colpisce Lucio. La dea con questi cani veri che appaiono, alle sue spalle una
roccia scolpita a forma di roccia. Anche il gioco di riflessi in questa descrizione è molto insistito: tutto è
veriterio e si riflette su quello che c'è alle spalle. L'arte imita la natura. Questi grappoli sono scolpiti in modo
talmente verosimile che quando arriva l'autunno si sarebbe immaginato di poterli cogliere. C'è un ruscello
scolpito nella roccia. Sembrava che i grappoli si riflettessero nell'acqua.
Il mito di Diana e Atteone: Atteone è un grande cacciatore che cerca cervi e a un certo punto vede Artemide che
fa il bagno con le sue altre ninfe, quindi vede una dea nuda. Diana lo scopre e lo trasforma in un cervo, ma i
suoi cani lo cacciano e lo sbranano. Il mito che viene interpretato si esplicita soltanto alla fine.
Si è ancora nell'atreo della casa di Birrena che l'ha portato lì con il solo scopo di impressionarlo.
Comincia lo svolgimento della trama.
Milone è colui che ospita Lucio. Birrena dice di stare attento alla moglie di Milone che è una maga. Birrena
descrive gli incantesimi di cui è capace Panfile che sono simili a quelli di Meroe, la maga che aveva rovinato la
vita a Socrate. Panfile è guidata dalla lussuria e fa parte del sovvertimento dell'ordine proprio della mgia che
interessa molto a Lucio.
Lucio è dominato dalla sua curiosità. Lucio è ben intenzionato, perchè non è disposto a commettere adulterio
per conoscere le arti magiche. Lucio comincia la sua metamorfosi.
A lucio interessa capire che tipi di magie fa Panfile, non è disposto a sottostare alle voglie di Panfile perchè il
suo buon costume gli impedisce di violare l'ospitalità di Milone e quindi cerca di diventare amico con la serva.
“Vado a piedi verso la mia decisione” si riferisce a quello che doveva essere un ambito noto ad Apuleio, quello
giudiziario: si riferisce all'usanza di alzarsi e unirsi a un deputato quando si condivide la stessa opinione. Lucio
sta andando a piedi verso la sua decisione: quella di sedurre la serva per arrivare a Panfile; è un ottimo esempio
dell'utilizzo di metafore e similitudini che derivano dai campi più disparati e di come utilizzi certi giochi di
parole, di quanti significati letterari e mitologici riesce a coniugare in un solo gioco di parole.
(La croce “crux desperationis” indica un passo per il quale i traduttori non hanno trovato una soluzione).
La serva stava cucinando un sugo per i padroni. Fotide è delineata come un personaggio sensuale: guidata dai
sensi, da quella astuzia e da quella lussuria che si ritrova nelle novelle di Boccaccio. Lucio che già voleva
sedurre Fotide si trova avvantaggiato grazie al comportamento di lei in cucina. Fotide ha il pregio di essere
molto spiritosa ed è una cosa che uscirà nel corso della narrazione, perchè lei avrà un ruolo molto importante
nella metamorfosi di Lucio.
Paragrafo che dà la misura di abilità di Apuelio nella descrizione. Descrizione vivida di Fottida perchè si sta
parlando di una creatura umana. A lucio piacciono i capelli delle donne. Pretesto per dare l'avvio a una
descrizione poetica. Descrizione molto lunga e insistita con un paragone mitologico alla dea Venere, si sfiora il
paradosso: senza i capelli neppure Venere potrebbe piacere a Vulcano.
II,11 - Fotide e Lucio hanno preso accordi per la serata. Il vino è per gli antichi un ottimo viatico alla sensualità
e quindi Lucio interpreta i regali come un segno del destino. Il narratore riesce a tagliare sulle cose ininfluenti
della trama: la giornata scorre e si arriva alla serata.
Panfile dà un assaggio delle sue arte magiche. Milone deride le arti magiche della moglie. C'è il contraltare di
qualcuno di incredulo con Lucio che recita la parte di colui che ci crede. Secondo Lucio in tutto si può trovare
tutto: non è strano che in quella fammiella si possa trovare un segno di quello che accadrà. Milone crede all'oro
e all'argento. Milone viene sempre dipinto come un personaggio lontano dalla realtà.
Lucio racconta un aneddoto: per convincere Milone che le arti divinatorie funzionano, raccontano la storia di un
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mago itinerante che prevede il futuro e ci azzecca. Ha predetto qualcosa a Lucio: identificazione totale tra Lucio
protagonista e opera all'interno della quale lui è protagonista: “fabula” narrazione o essere la pietra dello
scandalo, le avventure di Lucio sono una narrazione scandalosa.
Milone conosce lui stesso il mago itinerante: riduce tutto al guadagno del mago che l'aveva impressionato.
Nella narrazione di Apuleio si trovano molti incontri improvvisi tra conoscenti; questo accade anche al mago:
Diofane dimentica di essere davanti a un pubblico e comincia a chiacchierare con questo suo amico.
Diofane racconta di un viaggio terribile che ha fatto e questo è dannoso per il suo lavoro. Milone utilizza questo
aneddoto per demolire la credulità di Lucio. Sarcasmo di Milone su due livelli: prende in giro Lucio per la
facilità con cui si è fatto convincere; invita Lucio a proseguire il suo viaggio.
Liquida Milone perchè vuole vedere Fotide. Fotide con gli avanzi riesce a preparare una cena migliore di quella
per Milone. Nell'antichità il vino si beveva a metà con l'acqua. Storia dell'incontro amoroso di Lucio con
Fotide.
Lucio è stato invitato da Birrena a una cena, ma non ci vuole andare; Fotide lo avverte di stare attento ai
briganti. A casa di Birrena si respira aria di lusso. Birrena informa Lucio che il giorno seguente in città si
sarebbe tenuta la festa del dio Riso, il dio della festa. Uno degli invitati alla festa che viene deriso racconta una
cosa terribile che gli è capitato in quella città. Al termine del racconto Lucio e il servo tornano indietro, ma
lungo la strada vedono che i briganti stanno assalendo la casa di Milone; interviene per difendere i suoi ospiti e
ammazza i briganti.
LIBRO TERZO
Lucio viene sopposto a un processo ridicolo: lui è terrorizzato e invoca la legge della legittima difesa; intorno a
lui l'intera città ride. Lui è stato vittima di una terribile burla della festa del dio Riso. Lo straniero essendo
quello più facilmente esposto alla burla è stato preso in giro violentemente. I cadaveri dei tre briganti vengono
portati al centro della piazza. C'è molta retorica nei discorsi di Lucio che ricorda l'Epologia di Apuleio. Lucio
scopre che sono tre recipienti per il liquido in pelle di animale. Spiegazione che ha a che fare con la magia.
Fotide arriva con una cinghia e gli chiede di picchiarla: lei lo ha messo in quella condizione e lo ha sottoposto a
una paura tremenda.
III,15 - Fotide ha confessato a Lucio che è colpa sua, ma non gli dice il perchè.
Si sottolinea che Lucio è un personaggio intelligente e in grado di dominare la sua storia. Lucio è stato iniziato
ai riti misterici che vanno tenuti segreti.
Primo avvertimento: l'infatuazione. Secondo avvertimento sulla moglie di Milone l'aveva dato Birrena. Lucio
non lo aveva ascoltato. La moglie di milone è vendicativa come tutte le maghe; fa fare il lavoro sporco a Fotide
ed è il motivo per cui lei conosce tutti i suoi segreti.
Fotide non è stupida: si descrive come un'aiutante costretta a fare cose sbagliate dalla sua padrona, pronta a
prendersi il rischio e allo stesso tempo molto innamorata di Lucio.
Gli otri sono fatti di pelle di capra: fatti con un procedimento meno raffinato dei manoscritti, il liquido stava
all'interno dal lato pelo.
Per le sue arti magiche Panfile ha bisogno di luoghi sopraelevati e aperti alla vista.
Le maghe profanano le tombe.
Fotide crea un'immagine cruenta del laboratorio di Panfile.
Versare liquidi in offerta è una forma di sacrificio di tutto il mondo arcaico.
Con i capelli di una persona e con i riti si richiama in vita la persona, usando i peli di otre si riporta in vita l'otre.
Otri di pelle di capra le cui setole erano state bruciate da Panfile per creare il suo beota.
Apuleio usa dei paragoni mitici: Aiace scambia dei buoi per dei nemici e gli uccide: grande eroe che meritava le
armi di Achille. Paragone eroico, ma anche un insulto perchè nel momento delle allucinazioni aveva ucciso
delle bestie al posto dei nemici per mostrare il suo valore. Situazione ridicola che non viene mascherata.
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Gerione era il guardiano di una mandria che Ercole doveva uccidere per vincere la sua impresa. Cerbero
impersonifica i tre otri che Lucio aveva ucciso a colpi di spada.
Lucio blandisce Fotide perchè vuole vedere Panfile al lavoro.
Fotide insiste sulla segretezza della cosa istigando così la curiosità di Lucio che vorrebbe vedere questi riti.
Panfile sceglie di trasformarsi in un gufo per controllare la situazione.
La luce è un elemento molto importante nei riti magici.
Panfile si cosparge di un unguento fondamentale per la trasformazione e fa un colloquio con la lanterna che
però Lucio non può sentire.
Quest'ultima trasformazione è incastrata in una frase molto breve.
Lucio vuole provare la trasformazione.
In questa autodescrizione c'è da vedere quel procedimento per il quale viene messo in scena un pubblico. Lucio
vuole identificare se stesso con il pubblico e vuole suggerire lo stupore da provare in questa situazione.
“Non sono più io” segno premonitore.
Lucio chiede un'estrema prova di amore a Fotide: ammetterlo a una trasformazione come Panfile.
Fotide guarda al suo personale interesse, si metterebbe nei guai con la padrona e perderebbe il suo amante.
Lucio si paragona a Giove.
Fotide non deve temere delle donne che vogliono Lucio, perchè nessuno vorrà un gufo.
Il verso del gufo è di malaugurio.
Panfile si deve far aiutare da qualcuno per ritornare in forma umana.
Metamorfosi di Lucio.
Lucio vuole provare a volare. Vuole fare qualcosa che è al di sopra delle abilità umane.
Diversità della descrizione della performance del rito su Lucio rispetto a quello su Panfile. Lucio ha fretta: il
suo rito è una parodia di quello di Panfile. Lucio si sta rendendo ridicolo.
Lucio assiste stupito e impotente alla propria trasformazione come qualcosa che non sta accadendo a lui.
Si assiste alla prima discrasia tra pensiero di Lucio che è ancora umano, ma si ritrova in un corpo che non è il
suo. Su questa discrasia tra la sua intelligenza e le sue potenzialità fisiche che si gioca l'intera metamorfosi di
Lucio: non è integrale, solo il corpo è di asino.
Soluzione alla metamorfosi: le rose. Lucio è convinto che il giorno dopo Fotide lo aiuterà.
Lucio è comprensibilmente alterato.
Paradossalmente da asino recupera la freddezza che avrebbe dovuto avere prima.
Lucio si trova ad essere compagno del suo compagno di viaggio, il cavallo.
Lucio ragiona al passato.
Lucio capisce che la situazione è cambiata, si cala nella parte dell'asino e non può far niente per ritornare
umano.
Il suo cavallo e un altro asino nella stalla si vengono incontro: unirono le loro teste: modo di dire latino che
significa trovare un accordo: l'aspetto metaforico si congiunge con l'aspetto fisico. Apuleio rifunzionalizza il
modo di dire in senso pratico, uniscono le teste per non dare a Lucio l'accesso alla mangiatoia.
Dea dei cavalli addornata con corone di fiori.
Ancora agisce come un essere umano.
Nell'arco di un solo periodo si sono sviluppate diverse vicende: crede di aver trovato le rose, ci si avvicina in
modo goffo, non viene riconosciuto dal suo servo che lo picchia, arrivano i briganti. Velocità doppia a cui
procedono le peripezie di Lucio.
I briganti hanno rubato troppe cose e non riescono a portarle via.
Si chiude il terzo libro con Lucio asino rapito dai briganti e viene ridotta a zero la possibilità di essere
trasformato di nuovo in umano.
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Lucio in un sussulto di umanità che non si può permettere vuole invocare l'autorità.
Lucio è ridotto alla sua sola pelle.
Ha tre possibilità di mangiare delle rose una dietro l'altra.
Finalmente Lucio capisce che in quel momento l'unica cosa che può fare è comportarsi da asino.
LIBRO IX (4,5,6,7)
Decameron VII giornata, II novella.
Ambientato nel 1348 durante la peste.
Il tema della giornata sono le beffe che le donne fanno agli uomini per tradirli, per ottenere qualcosa da loro
ecc. Si celebra l'intelligenza e la potenza delle donne. Questa accoglie il tema dell'astuzia delle Metamorfosi di
Apuleio e nel Decameron si reinterpreta una fabula milesa di Apuleio.
Questa è una fabula che Lucio-Asino racconta nel IX libro: dopo una serie di peripezie è finito in una comunità
di sacerdoti della dea Syria che è una dea della fertilità e della fecondità; i sacerdoti utilizzano l'asino per
portare da una città all'altra in cui vagabondano truffando le persone una ricca serie di arredi sacri che fa parte
della loro messa in scena. Arriva in un piccolo villaggio squallido costruito su delle rovine.
Lucio non dice come è venuto a conoscere questa storia, è una fabula inserita in questo contesto senza un
aggancio.
La cornice del Decameron è più ricca e meglio costruita perchè consta in favole che si susseguono.
Le giornate sono introdotte da un tema e ciascuna storia è introdotta da un riassunto.
La novella di Boccaccio viene riassunta.
Doglio: grosso contenitore in cui può stare una persona, lei ci nasconde l'amante.
Peronella ha un amante. Torna il marito e lei nasconde l'amante nel doglio. Il marito comunica di aver venduto
il doglio e lei ribatte mentendo e dicendo che l'amante è il compratore e che sta controllando il doglio.
Tutti hanno riso alla novella di Emilia. Il re della giornata comanda a Filostrato che cominci a raccontare la sua
novella.
E' il momento che le donne raccontino le loro beffe. Gli uomini dovrebbero essere avvertiti del fatto che le
donne siano in grado di prendersi gioco di loro. Questi racconti devono avere un fine didattico. Giornata che
appiana certe differenze che ci sono tra uomini e donne. Filostrato annuncia la sua intenzione: vuole raccontare
ciò che una giovinetta anche di bassa estrazione è riuscita a fare in grande rapidità per salvare se stessa.
Boccaccio sceglie un'ambientazione molto connotata: Napoli. Elementi tipicamente napoletani. Vita di Napoli
in un periodo molto vicino a quello in cui è ambientato il Decameron. Il protagonista maschile è povero come
quello di Apuleio. Della donna si sa il nome: Peronella. L'uomo è un muratore, lavoro manuale, però ha sposato
una giovane bella che fila, guadagnano poco ma sopravvivono. Peronella è la protagonista della novella: gli
aggettivi che le vengono attribuiti richiamano in modo chiaro per un uomo della cultura di Boccaccio la Laura
di Petrarca; la caratterizzazione di Peronella è quella di una donna con caratteristiche alte. Peronella ha
l'amante. Boccaccio sviluppa la loro storia con un maggiore approfondimento psicologico: P viene notata da un
giovane bello e di buona famiglia che si innamora di lei e tanto la corteggia che con lei ottiene una certa
dimestichezza; tanto che per poter stare insieme prendono dei precisi accordi. Appena il marito esce lui entra.
Storia sviluppata, persone che hanno un passato alle loro spalle con il quale arrivano all'episodio di cui consta la
novella. Peronella è un oggetto: viene privata della responsabilità che ha una donna che tradisce il marito.
Soltanto dopo la seduzione lei diventa attiva. “Sedurre”: portare con sé. Il sedotto è l'oggetto della seduzione
privo di azione a sua volta.
Molti endecasillabi ricorrono in quesa novella: inizio poetico alla storia anche se di poetico ed elevato ha molto
poco. Una mattina il marito esce, lei fa entrare l'amante e dopo poco tempo in un giorno in cui di solito lui non
sarebbe dovuto tornare per tutta la durata della giornata, torna. Il marito di Peronella è un personaggio
tranquillo e lento: questo serve a delineare il personaggio e a dare quella connotazione geografica di paessaggio
napoletano. L'amante si chiama: Giannello Scrignario. Discorso diretto del marito: principale modo con cui
Boccaccio arricchisce la novella. Quest'uomo in questo momento fose non è da solo: sfogo felice che però è una
giustificazione inconscia di fronte ad un'altra persona.
Boccaccio esplicita in discorso diretto la reazione di Peronella: riconosce il marito dal bussare, indice di una
certa consuetudine della coppia. Prima il panico, poi un motto di stizza per il marito e poi il sospetto: intuisce
che una soluzione sia il fatto che abbia visto G entrare in casa. E' strano che il marito torni a quell'ora. Lei ha
già accettato il fatto di essere nei guai. Peronella ordina all'amante di entrare nel doglio. Si introduce la
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metamorfosi di Peronella. Accoglie il marito con un mal viso. Non lascia entrare il marito entrare. Peronella è
un personaggio abile, sa sempre portare la ragione dalla sua parte. Richiede dei chiarimenti al marito.
Rimprovero per la sua inettitudine. Lamento sulla povertà. Si presenta come vittima. Uso dei diminutivi: lei si
presenta come una donna piccola e indifesa. Le vicine di Peronella la prendono in giro. Il marito non ha ancora
avuto la possibilità di dire qualcosa. Gli rinfaccia i pretendenti che aveva avuto prima di sposarsi. Si tocca il
massimo della spudoratezza: pretendenti leggiadri (come l'amante) che le hanno fatto offerte, ma lei non ha
accettato perchè viene da una famiglia che viene da persone serie e quindi non si fa l'amante, anche se potrebbe
e ne avrebbe diritto: occupatio: prendere una parte delle motivazioni all'interno del discorso per togliere forza
alle motivazioni altrui. Lunghezza del monologo di Peronella: motivazioni psicologiche; a Peronella conviene.
Il marito di Peronella è preoccupato per la sfuriata della moglie. Era giorno di festa, nessuno dei due lo sapeva.
Lui ha procurato un mese di stipendio vendendo il doglio. Il compratore è insieme al marito. Il doglio è di
impaccio. Annotazioni realistiche e legate alla tradizione di Napoli: la festa di San Galeone esiste ed è vicina
alla contrada Avorio dove vivono i due sposini. I gigliati sono stati emessi in quel periodo.
Peronella adotta la stessa strategia del discorso precedente: si lamenta; tutto questo è causa di dolore per lei.
Scena mancante in Apuleio: discorso diretto: il compratore era lì e si comprendono gli atteggiamenti sia del
marito che di Peronella.
Peronella dà una serie di informazioni: fa entrare il marito in casa e scarica la responsabilità dell'acquisto sul
marito, ma lei vuole mantenere un controllo degli affari.
Giannello con tutti i sensi in allerta per capire se dovesse prendere dei provvedimenti. Giannello interpreta il
ruolo del compratore esigente e chiede al marito di pulire il doglio.
Peronella si sporge nel doglio e poi Giannello agisce. Il giovanile desiderio ha compimento nello stesso
momento in cui il marito finisce di pulire il doglio.
Libro IX
IX,4 - Villaggio, sono pieni di bagagli, questa città tetra è costruita sulle rovine di una magnifica città, si
fermano in una locanda e Lucio racconta una storia.
IX,5 - coppia che non è inserita in nessuna cornice geografica. L'ambientazione della storia di Lucio e la totale
assenza di informazioni geografiche e temporali da la sensazione di irreale. Non si sa il nome della
protagonista. L'uomo è un fabbro che fa parte di una famiglia povera che ha sposato una povera ragazza e poco
di buono. Una mattina lui va a lavorare, l'amante della moglie entra a casa sua di nascosto. I due personaggi
sono amanti, ma non si conosce la loro storia. Gli amanti sono in casa, il marito torna, vede la porta sprangata,
elogia la virtù della moglie, bussa alla porta, fischia e aspetta che lei vada ad aprire. Del marito viene detto solo
che era totalmente ignaro. I personaggi parlano poco, discorsi indiretti. La donna viene descritta come furba e
abituata a cavarsela in situazioni difficili, il che la rende meno giustificabile. Ordina all'amante di nascondersi
dentro la giara. La moglie accoglie il marito con una sfuriata. Ingenuità: lascia che il marito entri in casa. Il
marito è uno sfaccendato, mentre lei lavora molto per mantenere la famiglia. E' la prima volta che si sente dire
che questa donna lavora. Il discorso della moglie tocca un punto dolente: unico momento di realismo; Dafne è
rappresentata come una che si da a tutte le gioie della vita.
IX,6 - il marito spiega addolorato perchè non capisce il motivo di tanta aggressività che il capomastro aveva un
impegno e quindi aveva dato ferie ai suoi collaboratori. Le comunica che ha venduto la giara. Forse si sta
portando con sé il compratore.
Capolavoro dell'intelligenza della moglie: dice di averla venduta per più soldi all'amante. Prontezza di spirito
della bugia che è vantaggiosa sotto ogni punto di vista. La moglie è molto veloce e molto poco delineata nelle
sue azioni. Non si sa niente dei suoi ragionamenti. Questa trovata di spirito è accompagnata da una risata
spudorata. In due battute si sviluppa la trama e si chiariscono le categorie a cui appartengono i personaggi: il
marito è ingenuo, la donna è astuta e non ha alcuno scruopolo a ingannare il marito nel modo più subdolo.
La moglie vende il doglio all'amante senza far sapere al primo compratore che l'affare è andato a monte.
IX,7 - l'amante della donna è altrettanto scaltro, intelligente e lussurioso. Si atteggia da compratore esigente.
Lo allontana dalla scena: lo scopo è che il marito sia il più lontano possibile per evitare di capire la situazione.
Trionfo della stupidità del marito: entra nella giara e la pulisce per vendergliela senza capire nulla di quel che si
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è svolto sotto i suoi occhi. La burla viene portata all'estremo: la moglie e l'amante terminano il discorso che
stavano portando avanti a casa mentre il marito è dentro la giara.
Ci si potrebbe chiedere se Apuleio avesse messo l'XI libro sapendo che causava tanti problemi o perchè aveva
sottovalutato il lettore, ma non si sa.
Alla fine del IX libro cambia proprietario. E' proprietà di un ortolano, il quale senza volerlo suscita le ire di un
soldato. Questo soldato prepotente si incaponisce e decide che vuole punire l'ortolano perchè non gli ha risposto
(o non come voleva). Insegue l'ortolano per vari giorni e si impossessa dell'asino, il quale gli serve per
trasportare l'armamentario di lui e della sua truppa.
LIBRO X
X,1 - L'ortolano viene completamente abbandonato e non si sa cosa gli succede. E' tanto in preda alle peripezie
che non ha il tempo di curarsi chi gli sta dietro. Il soldato sottrae l'asino all'ortolano. Lucio con la sua solita
natura immaginifica, riempito di bagagli del soldato, immagina se stesso corazzato ed equipaggiato. Il soldato
non fa tappa in una locanda ma in una casa del decurione. Tutto questa è l'introduzione rapida agli eventi perchè
ci vuole raccontare altro.
X,2 - Si ha qui una "Mystery Story". Il mistero, il colpevole, il falso colpevole e ha una scena di processo e di
svelamento della verità più simile a quelle che vediamo modernamente. La dinamica accusatore e accusato va
tenuta presente perchè si assisterà poi nei vari paragrafi. Un primo protagonista, il ragazzo bravo. C'è la classica
matrigna che è uno dei personaggi più produttivi negli intrecci.
Socco al coturno si era visto nelle lezioni introduttive, quando Apuleio fa dichiarazione di intenti e del cambio
di registro.
La menzione della tragedia non è casuale solo per tono o registro, ma perchè si ritrova il mito di Fedra. Fedra
sposa Teseo, re di Atene e si innamora del figliastro. Questo mito è molto scabroso e ha diverse interpretazioni.
Qui si fa riferimento all'Ippolito di Euripide e al Fedra di Seneca. Bisogna sapere che il mito di Fedra era molto
famoso e oggetto di un'altra forma letteraria: il mimo. E' una forma teatrale più spiccia e popolare rispetto alla
tragedia e alla commedia. Nel mimo questo mito di Fedra doveva essere declinato in una forma licenziosa e
Fedra andava rappresentata come una infoiata che mette gli occhi su un ragazzo e fa di tutto per averlo. Già da
una ventina di anni, la critica ha messo in luce che Apuleio non avesse presente solo le versioni alte di Fedra,
ma anche quelle più popolareggianti. Questo episodio è stato definito come la Fedra di provincia. Quello che in
Euripide e in Seneca si svolge in ambienti nobili, questa è un po' più di provincia, dove tutti i vizi e virtù
diventano più mediocri e dove tutti sono mossi non tanto da eroismo o messaggi divini, ma dal bel ragazzo.
Quando descrive il giovane come Cupido fa come Fedra nella versione euripidea e senechiana. Lei cerca di
soffocare il sentimento perchè innaturale. Lei per prima si rende conto che lo porterà ad una storia complicata.
Tutto questo va contro le leggi di natura. Lottando contro le convenzioni sociali e la natura è chiaro che gli dei
se la prenderanno con te (ed è appunto quello che succede nella Fedra di Seneca ed Euripide). Accostare la
malattia d'amore ad una vera è propria è un tema universale. I segni della malattia d'amore si trovano in alcuni
componimenti di saffo ed ora Apuleio li sciorina con un elenco abbastanza tradizionale. La fenomenologia
dell'amore in questa donna è uguale a quella di una febbre, solo che questa è anche triste: da qui parte una tirata
contro i medici che non capiscono questa cosa, da parte di Apuleio. Il ragionamento spiccio e di buon senso di
Apuleio è che nessuno si è accorto che lei aveva la febbre anche se non lo aveva. "Menti ignare dei medici" è
un riferimento al IV libro dell'Eneide, dove Enea arriva a Cartagine e seduce Didone. Consumano, Didone si
convince che Enea entrambi sono la coppia perfetta e perchè entrambi sono vedovi. Enea, non senza sofferenza,
se ne deve andare perchè è chiamato a missione più alta. Didone si da fuoco per la disperazione. E' secondo
Virgilio l'origine della grande inimicizia tra Cartagine e Roma. L'Eneide vuole dare a Roma per incarico di
Augusto un passato mitico. Questa tirata contro i medici che non si accorgono dei segni dell'amore è la stessa
cosa che fa Virgilio nell'Eneide nel IV libro (versi 65-67) dove dice "o menti ignare degli indovini": gli indovini
dovrebbero in qualche modo sciogliere questo nodo d'amore che attanaglia Didone. Didone era folle d'amore.
Gli stessi segni di fiamma e consumazione interna sono tutti gli stessi segni che hanno le donne innamorate in
modo disperato.
X,3 - Lei manda a chiamare il figlio ma lo chiamerebbe in qualsiasi altro nome perchè non lo vuole vedere. Si
ha una piccola derisione, perchè è buono e bravo il ragazzo ma è vecchio dentro. Questa donna che nei furori
della passione avrà provato i discrosi diverse volte, quando lo trova davanti non sa cosa dire. Quando parla la
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