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LETTERATURA LATINA CON ISTITUZIONI DI LINGUA

Plauto, Anfitrione

MODULO C

Nicola Pace 24 Settembre 2013

Apuleio

Esponente del romanzo latino; si ha il romanzo intero anche se conservato in maniera

non buona; unico es. di romanzo latino che i ha conservato integralmente; ha avuto un

grande successo dall’umanesimo in avanti, uno dei testi più letti e studiati del 2°

secolo d. C.; è un romanzo che anche se arcaizzante ha il fine di catturare l’attenzione;

ha un suo fil narrativo principale attorno a cui si narrano delle narrazioni secondarie di

cui ne leggeremo una). Plauto

Si ha una serie di commedie conservate più o meno integralmente (è una fortuna se si

pensa a quanta letteratura arcaica si è persa ES. Annali di Ennio: si hanno solo

frammenti ES. della tragedia romana non si ha nulla di conservato integralmente ES. la

satire di Lucilio ES. le commedie togate, di argomento romano). Condizioni in cui si

faceva teatro nel 2° - 3° secolo: il teatro latino è diverso dal teatro greco e da quello

moderno; il teatro latino non era di età arcaica (fino al 55 a. C.) e non era legato a dei

teatri in pietra (come nel teatro greco), ma erano strutture di legno (la cadea: lo spazio

su cui si sedeva il pubblico era provvisorio, si smontava/montava in occasione delle

feste), quindi strutture provvisorie (come il circo). Il proscenio e l’orchestra era in

legno e la scena (parte dietro gli attori) era molto rudimentale: in legno, c’erano 3

porte dietro gli attori da cui uscivano gli attori (dietro c’erano i camerini). Le

rappresentazioni teatrale cadevano in occasione delle feste statali, ossia i ludi. La

prima rappresentazione teatrale di un’opera drammatica a Roma avvenne del 240 a.

C. ad opera del primo letterato greco Livio Andronico x i ludi romani (giochi) dedicati a

Giove (giochi religiosi) nel mese di Settembre (15/09, dopo la fine della prima guerra

punica). Durante questi ludi NON avvenivano solo rappresentazioni teatrali, ma anche

giochi (esibizioni di funamboli, gare di pugilato, sceneggiate mimiche, gladiatori, ecc.)

e intrattenimenti popolari x divertire il pubblico; la rappresentazione teatrale fa parte

di questi spettacoli leggeri. Nei prologhi i Terenzio l’autore di rivolge al pubblico

dicendo di non farsi distrarre da giochi concorrenziali (avvenivano

contemporaneamente diversi spettacoli). Questi spettacoli poi vengono introdotti

anche in altri ludi, come quelli di Apollo in Luglio o i ludi plebei in Novembre o le feste

in onore della dea Flora in Aprile (si assisteva anche a dei pantomimi in cui si

esibivano delle danzatrici nude); quindi una concorrenza notevole; si spiega il

carattere della commedia plautina: molto scurrile, giocata sulle battute, sui giochi di

parole, sulla caratterizzazione forzata di alcuni caratteri (tipizzazione), ma si spiega

anche con la necessità di intrattenere il pubblico (non c’erano solo i cavalieri, ma

anche il popolino) analfabeta. Quindi l’autore di commedie doveva confrontarsi con

questo pubblico e con gli spettacoli alternativi che sollecitavano l’attenzione del

pubblico. I teatranti dovevano catturare l’attenzione del pubblico. Un’a,tra cosa è che

in età repubblicana non si pagava per accedere allo spettacolo:, erano spettacoli

offerti dalla carica pubblica degli edili e tutto il popolo (anche gli schiavi) aveva il

diritto di partecipare, ma dato che non pagavano si sentivano in diritto di andarsene a

metà spettacolo. Era un pubblico variopinto non pagante.

Altri aspetti del teatro latino: la musica. A differenza della commedia greca (viene

suddivisa in 3 fasi: commedia arcaica del 5° secolo con Aristotele, la commedia di

mezzo di cui si hanno solo frammenti, la commedia nuova che esercita l’influsso sulla

commedia latina a cavallo tra 3° e 5° secolo a. C. con Menandro di Atene di cui si sono

recuperate molte commedie dai papiri egiziani nel 2° dopo guerra), nella commedia

latina nelle parti NON in senari giambici (versi fatti x la recitazione) c’era un

accompagnamento musicale e gli attori stessi cantavano le lori parti (cantica); gli

attori non c’erano solo degli attori di teatro, ma anche dei cantanti che si facevano

accompagnare da un musicista (suonatore di flauto).

Nella commedia del 4° e del 3° secolo a. C. non c’erano delle parti cantate dagli

autori: c’erano degli intermezzi cantati dagli autori, ma non avevano nulla a che fare

con li testo che era interamente recitato. 2

La palliata (commedia di tradizione greca) si sviluppa tra la fine del 3° secolo a. C. e il

2° secolo a. C., poi cessa completamente; dal 1° secolo a. C. non si hanno più autori di

palliate degni di essere ricordati, quindi è un genere legato a questi 2 secoli della

tradizione latina. Nel 1° secolo la commedia/palliata era morta. 25 Settembre 2013

Gli attori

Sono professionisti; gli studiosi si chiedono come attori e autori riuscissero a vivere di

questa sola settimana di ludi in tutto l’anno: si è pensato che poi facessero spettacolo

di più modesto valore rappresentando spettacoli di più basso livello (spettacoli di

improvvisazione teatrale), per cui riuscivano a vivere di questi spettacoli di strada.

Il nome stesso di Plauto (Titus Macchius: tria nomina che ricalca i nomi gentilizi delle

famiglie romane) evoca la figura caratteristica dell’atellana, cioè la figura di Maccus,

ossia il buffone (situazioni comiche); Plautus è stato riconnesso all’attore del mimo che

girava a piedi nudi (planites: col piede piatto), quindi evoca la figura del mimo. Si è

pensato che Plauto si sia messo questi nome d’arte (Macchius con riferimento

all’atellana e Plautus con riferimento al mimo, spettacoli popolari) perché non era solo

autore solo di commedie impegnate, ma anche di spettacoli più bassi che gli servivano

per vivere con la sua compagnia.

Si è visto che lo stesso nome di Plauto indichi un nome d’arte di un abile mestierante

che aveva voluto indicare i ruoli che svolgeva: autore e attore. Questo fa capire che

questi letterati/autori di commedie erano molto legati alla pratica del teatro: sapevano

bene come confrontarsi con le richieste del pubblico.

La lingua

La lingua di Plauto non è una lingua plebea; è una lingua arcaica fra 3° e 2° secolo a.

C., ma non è una lingua del popolo, la lingua parlata, la lingua della plebs; questi

spettacoli si rivolgevano ad un pubblico molto eterogeneo, tra cui c’erano persone di

alto rango, quindi richiedevano allo scrittore un livello linguistico corrispondente: la

lingua di Plauto non è una lingua popolare, non è l’equivalente della lingua dei liberti

nella cena di Trimalchione (Petronio), uno dei pochi es. nella letteratura latina di sermo

plebeius: qui si trova una lingua sgrammaticata, dei vocaboli che non si trovano mai in

latino; è la lingua parlata in maniera rozza da persone anche di origine straniera

(lessico inferiore alla lingua del teatro). Plauto ha espressioni del parlato (lingua d’uso,

sermo familiaris/cotidianus), ma è pur sempre un latino di un certo livello, non

sgrammaticato e ricco di immagini e di metafore, molto curato dal unto di vista

metrico. È una lingua dell0’uso, ma letteraria: non era la lingua che parlavano gli

schiavi a Roma nel 3°- 2° secolo a. C. o le persone umili del popolo; è una lingua non

complessa, però curata dal punto di vista letterale.

Il problema delle maschere

Si è messo in dubbio l’uso della maschera nel teatro latino-arcaico sulla base di una

testimonianza di un grammatico tardo, Diomede, che diceva che all’inizio nella

commedia latina non si usavano le maschere, ma le parrucche per distinguere il

vecchio dal giovane o l’uomo dalla donna; la faccia manteneva la sua espressività, ma

si cambiava colore dei capelli. Questa però è una testimonianza di un grammatico

tardo strana xk del teatro greco di qualsiasi tempo si è sempre fatto uso delle

maschere che coprivano interamente il volto, anche i capelli; la maschera nel teatro

greco aveva 3 funzioni:

1. Far recitare agli uomini le parti femminili.

2. Amplificare la voce nei grossi teatri (effetto di megafono).

3. Consentivano alla compagnia molto ridotta di fare tantissimi personaggi: erano

¾ attori e i personaggi erano molti di più xk uno stesso attore faceva più parti

(criterio economico). Non si capisce xk a Roma, dove si riprende la commedia

3

nuova, non si utilizzasse questo stesso strumento che consentiva ad una

compagnia ridotta di introdurre molti personaggi.

Il termine di ‘persona’ significava maschera originariamente e poi indica il

personaggio, cioè viene usato metaforicamente a indicar e il personaggio, ma persona

indica la maschera, sia tragica che comica e il fatto che il significato originario fosse

quello di maschera fa capire che molto probabilmente nella tragedia iniziale del 3°

secolo a. C. persona indicasse una vera e propria mosche, qual era quella del teatro

greco. Può darsi che l’elemento della parrucca ci fosse anche nel teatro delle origini e

questo può aver fuorviato questo grammatico tardo, ma è improbabile che non si

usasse la maschera che avrebbe costretto ad utilizzare molti più attori di quanto non

consentissero le risorse finanziarie di allora.

Il vestiario

Il vestiario della commedia e della tragedia era di argomento greco (la palliata), era

vincolato: gli attori non vestivano la toga come i cittadini romani, ma vestivano il

pallio, un mantello rettangolare che si annodava sulla spalla che si portava sopra la

tunica. Era, sia la tunica sotto che il pallium sopra la tunica (mantello di lana), un

vestiario greco con cui l’autore voleva rappresentare una trama che si svolgeva in

Grecia.

Il vestito degli attori poteva essere più o meno ricco: i vestiti delle donne avevano più

ornamenti rispetto agli uomini; potevano poi esserci dei copri capi. La maschera

serviva anche a caratterizzare il personaggio dal punto di vista dell’età, non solo del

sesso, per cui il pubblico capiva che tipologia di personaggio si trovava davanti.

Prologo dell’Amphitruo (vedi fotocopie/libro)

C’era nella commedia greca (commedia di Menandro); il prologo era recitato o da un

personaggio della commedia o da una divinità che grazie alla sua onniscienza sapeva

tutti i presupposti. Il prologo nella commedia greca aveva uno scopo informativo

(spiegare dove si collocava l’azione e spiegare i presupposti del mito). Questa funzione

del prologo della commedia nuova viene mantenuta dalla commedia latina (lo si vede

nel prologo dell’Amphitruo: Mercurio, colui che recita il prologo, dopo aver richiesto un

favore al pubblico, viene ad illustrare la collocazione geografica della commedia, Tebe;

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
21 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elevero11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Pace Nicola.