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TRADUZIONE ED EDIZIONE CRITICA
Il testo è caratterizzato da un problema tecnico irrisolvibile.
I tre asterischi nell’incipit e nella chiusa del De otio, sono dovuti - come
subscriptio
afferma Reynolds - al fatto che mancano la (una scritta spesso
pubblicata nella quale si comunica che è finito il dialogo e la sua parte
iniziale) e la parte finale del dialogo.
Quello che è certo è che nel De otio manca il proemio, dove dovrebbe essere
indicato il destinatario.
C’è un problema che affligge la tradizione → tutti i manoscritti che presentano
il testo del De otio presentano questa lacuna. Questo errore meccanico - si
presume sia caduto un foglio - è dovuto al fatto che il testo è stato
“sfascicolato”, e quindi è stato soggetto a una nuova rilegatura durante la
quale è andato perduto un foglio.
Tuttavia è interessante osservare che nel Manoscritto Ambrosiano abbiamo
l’indice dell’opera che viene copiata a caratteri rossi dal rubricatore. Tra il
dialogo sulla vita beata e quello sulla tranquillità dell’animo, c’è il De otio.
Il nome del destinatario di questo dialogo è stato cancellato, ma vi sono
Serenvm.
tracce abbastanza chiare per capire che c’è era scritto Questo
significa che l’indice è stato scritto prima della perdita del foglio.
Fino all’edizione del 1711, quello che consideriamo De otio era considerato un
tutt'uno con il dialogo precedente e quello successivo.
Quest’indice non è stato fatto sul libro quando era intero o è stato copiato
dall’indice di un antigrafo (originale da cui viene copiato il manoscritto) → vedi
differenza con apografo.
De otio
Il dunque si presenta come mutilo, in quanto non presenta il proemio
nel quale è indicato il nome del destinatario (caratteristica della forma
dialogica).
C’è una conferma interna fra le tracce del nome Serenvm nell’indice e il
contenuto del De otio.
L’obiettivo che si pone l’editore di un testo classico non è lo stesso che si pone
l’editore di un testo moderno e contemporaneo, soprattutto dopo la scoperta
della stampa. La ragione è che un autore moderno noi abbiamo il libro che
questo autore ha curato sin dall'inizio fino alla scelta della copertina. L’autore
fa una serie di scelte, fra cui anche l'editore, quindi c’è una volontà autoriale
Myricae
che si manifesta nella realizzazione di un testo → si pensi a che ha
avuto ben undici edizioni fino alla morte di Pascoli.
Un editore quindi può rappresentare la sua ultima volontà autoriale e poi
può pubblicare un’edizione generativa che dia conto del modo in cui via via si
è stratificata questa evoluzione. C’è una fase che talora è documentata, cioè
quella dell’avantesto → gli abbozzi e manoscritti dell’autore. Talora è possibile
individuare che sull’edizione a stampa l’autore ha fatto qualche sua
correzione, lasciando presumere che ci sia una fase successiva e che l’autore
non è riuscito a realizzare.
Per gli autori che precedono la stampa, la situazione è diversa. Di essi noi non
possediamo l’autografo.
Nel caso di un autore antico il discorso cambia. A monte della tradizione
manoscritta, spesso c’è l’intervento di un grammatico, quindi non andiamo
mai oltre la tradizione tardoantica che ha trasmesso questo testo → si veda il
caso di Plauto del quale abbiamo solo 21 commedie, perché il grammatico ha
stabilito un canone: ciò che esula da quel canone perde di interesse.
Risalendo all’archetipo (non è l’ultima volontà autoriale) si cerca di ristabilire
ciò che era il contenuto del manoscritto dal quale deriva la nostra tradizione.
Il processo di ricostruzione avviene attraverso i testimoni, quelli cioè più vicini
alla realizzazione del testo.
LE FASI DI RICOSTRUZIONE DELL’ARCHETIPO
Per molto tempo ci si è affidati al metodo del codex optimus: se prendiamo la
tradizione manoscritta di Seneca, notiamo che uno solo è dell’ XI secolo; gli
altri manoscritti sono successivi. La A indica gli interventi effettuati sul
manoscritto (nel manoscritto, oltre al copista di base (A) possiamo
riconoscere più interventi che sono stati numerati).
Quindi, seguendo il codex optimus, si guardava il codice migliore che
diventava il codice di riferimento → in questo caso il C90inf (manoscritto
Ambrosiano).
Nel XIX secolo, Lachmann ha studiato un metodo di affrontare tra loro i
testimoni per risalire all’archetipo. Introduce un sistema meccanico
(influenzato dalla scena culturale positivista).
Recentio → individuazione dei testimoni conosciuti. Essi devono essere
❖ esaminati, datati.
Collatio → confronto tra i manoscritti. Ci sono infatti errori che
❖ apparentano ai manoscritti tra loro e altri che si allontanano da quegli
errori. Questi errori portano a unire e separare famiglie di manoscritti.
Rispetto all’antigrafo, ogni copia contiene solamente i propri errori
singolari (perchè propri dell’individuo che ha copiato). Stabilire i gruppi
l’eliminatio codicum
di famiglie serve per → Poniamo il caso di avere il
manoscritto A, B e C. C è copiato da B e B è copiato da A. per
avvicinarmi al testo di omega (l’archetipo) devo usare come riferimento
solo il manoscritto A.
Nelle tragedie di Seneca, alcune di queste - come la Fedra - presentano
due titolo di versi. Nel caso di Fedra, noi la troviamo documentata con
Phaedra Ippolito.
il nome di e un altro gruppo di manoscritti con il titolo
Troiane,
La tragedia che nell’etrusco ha il titolo di in un altro gruppo di
Troade.
manoscritto troviamo la stesse tragedia con il titolo di
Quindi abbiamo una famiglia che ha una sequenza e un determinato
titolo e altre famiglie che presentano una determinata sequenza e un
altro titolo.
I manoscritti possono rivelare di essere indipendenti l’uno dall’altro
oppure dipendente uno dall’altro. Derivano tutte da un’unica fonte in
quanto non hanno solo errori che li separano, ma hanno anche errori
comuni.
Il caso ideale secondo Lachmann nella tradizione tripartita → egli parte
da una serie di testimoni (Oblongus, Quadratus, e una serie di
manoscritti che vengono convenzionalmente chiamati I(tali)). Lachmann
conclude che la lezione dell’archetipo si ottiene mediante il confronto
tra due rami della tradizione contro uno.
Come stabiliamo il testo dell’archetipo? → se utilizziamo il metodo
Lachmann, l’archetipo doveva avere ragionevolmente il ramo O che in
un solo ramo della tradizione è andato perduto.
Tuttavia, il metodo di Lachmann si scontra con la realtà dei fatti → due
rami contro uno è quasi sempre irrealizzabile. Non solo! A partire dagli
anni Sessanta del Novecento, si è concluso che la tradizione di Lucrezio
è bipartita, in quanto deriverebbe da O (in una fase successiva
all’intervento di un intervento di un correttore (O2). LEZIONE DEL 17.10
Recentio → individuare i testi di un testo.
Reynolds individua un gruppo di manoscritti che secondo lui costituiscono i
testi più vicini al De Otio. Da una sessantina di manoscritta, R. ha ridotto
l’attenzione ha un numero esiguo di manoscritti.
La struttura dei dialoghi è più o meno rispettata da parecchi manoscritti, ma
non da tutti, perché spesso un copista può essere interessato a uno o più
temi in particolare.
Per lungo tempo si è pensato che i manoscritti della nostra tradizione
derivassero dal Manoscritto Ambrosiano → sulla base del concetto che un
manoscritto esistente non è portatore di per sé di elementi significativi, ma di
errori.
Reynolds individua l’Ambrosiano e una serie di scritti del XIII secolo.
La famiglia β è una famiglia di scritti derivanti dall’Ambrosiano e sono del XIII
secolo. Ɣ,
Poi abbiamo la famiglia alla quale appartengono i Manoscritti Vaticani.
Deve aver un gruppo di errori che distinguono il ramo di sinistra da quello di
destra. Il ramo gamma deve avere errori comuni che non ci sono in A (ricorda
sempre che ciò che apparenta i manoscritti sono gli errori) → se R e V
avessero gli stessi errori di A sarebbero dipendenti dall'Ambrosiano anche
loro. Ci sono errori comuni, ma R e V sono portatori di lezioni differenti
dall’altra famiglia.
Dopo l’ampia semplificazione effettuata da Reynolds, si ritiene che questa sia
la struttura di base relativa alla ricostruzione del testo di Seneca.
DE OTIO
Seneca deve dimostrare che nonostante il ritiro dalla vita politica, lui non ha
tradito. costans
Il sapiens è e il popolo è levis (la levitas è l’incostanza e quindi il
popolo è portato a cambiare continuamente idea).
La VII epistola Seneca afferma che ogni volta che torna fra gli uomini, si sente
inumano. → i mali derivano dalla frequentazione della folla.
Probatio → Struttura retorica tipica anche delle orazioni.
Partitio → un’altra sezione del discorso.
Secondo alcuni la seconda parte non viene adeguatamente trattata nel
dialogo. Questa seconda parte potrebbe essere andata perduta; oppure
divisio.
Seneca non è troppo fedele nella sua
Mentre per l’epicureo l’otio è una scelta, per lo stoico è frutto degli
impedimenti. Andando avanti si sostiene che nel ritiro il filosofo ha la
possibilità di servire l’universo, definito come Res Publica Maior. → nel capitolo
V Seneca afferma che nell’uomo c’è un’innata attitudine alla contemplazione.
Quindi ci si sposta dalla priorità dell’azione alla priorità della contemplazione
→ tale concetto nasce dal fatto che lo Stato è troppo corrotto, per cui è molto
più utile l'insegnamento del filosofo dell’operato politico.
La legge di Crisippo → il saggio interviene nella politica a meno che non ci sia
una causa che lo costringa a ritirarsi. Seneca ribalta questa regola aurea.
Paragrafo IV - riga 20 (Dices mihi …) → Tu mi dirai, quindi abbiamo un discorso
diretto. Vi è infatti qualcuno che fa delle osservazioni alle quali Seneca
risponderà.
L’intervento di una voce all'interno di una struttura che non è narrativa,
sermocinatio
.
prende il nome di
Partes → al plurale può indicare il partito politico o a livello militare potrebbe
essere la parte nemica. Seneca riprende delle metafore derivanti dall’ambito
militare o politico che spesso sono contigue.
Agis &r