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Tra la filosofia, la poesia e la prosa di Leopardi c’è una stretta connessione. L’idea del piacere e
dell’infelicità umana risente delle letture che Leopardi sviluppa negli anni. In base all’esperienza
esistenziale e a quella intellettuale, le sue acquisizioni vengono messe continuamente in
opposizione. Il piacere consiste nel raggiungimento e nella soddisfazione di un desiderio. L’uomo
vorrebbe che il piacere fosse infinito, mentre invece è qualcosa di finito e materiale, per questo poi
prova un senso d’infelicità. Quando un piacere è soddisfatto, subentra poi un sentimento di
inappagamento che richiede il raggiungimento di un altro piacere. Ciò provoca infelicità nell’uomo
perché quest’ultimo non sarà mai soddisfatto e sarà sempre alla ricerca di piacere. Non è soltanto
l’uomo moderno ad essere infelice, ma la condizione d’infelicità era già posseduta anche dai
classici. Leopardi sostiene che gli uomini sono fatti di sensi e di materia. La noia è l’assenza del
dolore e del piacere. Nello sviluppo della teoria del piacere, Leopardi implica anche quelle che
sono le sensazioni perché il piacere deriva dai sensi. Nella poetica della rimembranza va a
confluire il tema della fanciullezza.
La teoria del piacere, la poetica della rimembranza e la poetica del vago sono strettamente legate
l’una con l’altra. Leopardi usa le espressioni rimembranza e ricordanza perché si aprono ad un
effetto fonico rispetto alla parola ricordo, che è molto più circoscritto e non implica quel vago e
quell’indeterminatezza che invece è propria delle parole rimembranza e ricordanza. Quella di
Leopardi è una ricerca di carattere tematico e linguistico. Gli effetti sonori sono basati sulla scelta
delle parole e sulla struttura del verso. In alcuni punti dello Zibaldone, Leopardi affronta il tema del
linguaggio e della ricerca della parola. Nel settembre 1821, in un passo della Zibaldone, a distanza
di pochi giorni l’uno dall’altro, Leopardi ritorna sullo stesso tema. Esso annotava come l’affetto
della parole e del suono delle parole avesse tanto valore per la mente. La poetica del vago è
associato alla ricerca delle immagini e al tema del ricordo e della rimembranza. L’effetto delle
immagini campestri dipende in massima parte dalla copia delle rimembranze, che «se tu descrivi
per esempio un campo o raccolta di legumi, non farai punto un effetto nè così vivo, nè così grande,
nè piacevole, come descrivendo un campo di spighe, la messe, la vendemmia». Un conto è evoca
l’immagine di un campo o di una raccolta di legumi, un atro conto è evocare l’immagine di un
campo di grano o la vendemmia. Viene infatti operata una selezione in base alla tradizione del
linguaggio poetico. Se da una parte c’è la memoria individuale in chi scrive poesia, dall’altra c’è la
memoria della tradizione letteraria che ha formato il bagaglio di immagini dei lettori. Infatti Leopardi
continua dopo aver detto che un campo di legumi non produce lo stesso effetto di un campo di
grano o della vendemmia: «Perocchè quelle cose sono poco, o certo meno note, osservate, e
familiari a coloro che leggono poesie». Coloro che leggono poesie hanno un bagaglio di immagini
rispetto a coloro che non leggono poesia. Leopardi continua riflettendo anche sulla differenza del
bagaglio di immagini che può portare con sé un fanciullo rispetto ad un uomo maturo. Lo scrittore
lega il tema del ricordo con il tema della fanciullezza. Se le immagini sono capaci di colpire e di
suscitare sensazioni perché attingono alla memoria e al ricordo, questi ricordi saranno tanto più
piacevoli quanto più risalgono a un tempo lontano. Per l’umanità il tempo lontano risale all’epoca
dei primitivi, mentre per un uomo il tempo più lontano risale alla fanciullezza. «Ond'è che il 45
fanciullo il quale per necessità ha poche rimembranze (ha però somma immaginazione) deve
trovar poco dilettevoli e belle molte bellissime parti delle più grandi poesie. Così dico delle diverse
professioni, abitudini ec. le quali diversificando le rimembranze secondo gl'individui, diversificano
ancora l'effetto delle diverse poesie ec. e delle loro parti, e quindi anche il giudizio che gl'individui
ne pronunziano. Forse un uomo di poca memoria non è molto atto a gustar poesie. Così un uomo
non avvezzo ad attendere. Così un uomo non sensibile nè suscettibile». Le rimembranze si
diversificano da un individuo all’altro così come la poesia cambia a seconda della persona che la
legge. Se la poesia è evocazione e rimembranza, un individuo con poca memoria non è adatto a
gustare la poesia, così come un uomo che non è abituato ad attendere e ad aspettare.
«Le rimembranze che cagionano la bellezza di moltissime imagini ec. nella poesia ec. non solo
spettano agli oggetti reali, ma derivano bene spesso anche da altre poesie, vale a dire che molte
volte un’immagine riesce piacevole in una poesia, per la copia delle ricordanze della stessa o
simile imagine veduta in altre poesie.». Molte immagini sono suggestive e evocative perché legate
ad oggetti e anche perché sono legate ad altre poesie.
«La storia greca, romana ed ebrea contengono le reminiscenze delle idee acquistate da ciascuno
nella sua fanciullezza. Ciascun nome, ciascun fatto delle dette storie, e massime i principali e più
noti ci richiamano idee quasi primitive per noi, e sono in certo modo legati alla storia della vita, e
della fanciullezza massimamente, delle cognizioni, de' pensieri di ciascuno di noi. Quindi
l'interesse che ispirano le dette storie, e loro parti, e tutto ciò che loro appartiene». La rievocazione
di immagini e eventi che sono accadute in epoche lontane, sono legate a temi, idee, pensieri e
ricordi infantili e quindi tanto forti quanto evocativi. Quelle che sono le immagini e le sensazioni
avute nell’infanzia sono sensazioni importanti allo stesso modo in cui un bambino ha dei ricordi
tanto forti quanto importanti.
«Formatoci nella fantasia questo tipo (il quale ancora corrisponde alle circostanze particolari di
quelle persone relativamente a noi, alle nostre simpatie, antipatie ec.) sentendo dare lo stesso
nome ad un'altra persona diversa da quella su cui ci siamo formati il detto tipo, noi concepiamo
subito di quella persona un'idea conforme al detto tipo. E il nome può essere elegantissimo, e
quella tal persona bellissima: se quel tipo è stato da noi immaginato e formato sopra una persona
odiosa o brutta; anche quell'altra bellissima, ci pare che di necessità debba esser tale: almeno
troviamo una contraddizione tra il nome e il soggetto; o proviamo una ripugnanza a credere quel
soggetto diverso da quel tipo e da quell'idea ec. Così viceversa e relativamente alle varie qualità
dei nomi e delle persone. Ed anche da grandi, e dopo che l'immaginazione ha perduto il suo
dominio, dura per lungo tempo e forse sempre questo tale effetto, almeno riguardo ai primi
momenti, e proporzionatamente alla forza dell'impressione ricevuta da fanciulli, e dell'immagine
concepita. Io da fanciullo ho conosciuto familiarmente una Teresa vecchia, e secondo che mi
pareva, odiosa. Ed allora e oggi che son grande provo una certa ripugnanza a persuadermi che il
nome di Teresa possa appartenere ad una giovane, o bella, o amabile: o che quella che porta
questo nome, possa aver questa qualità: e insomma sentendo questo nome, provo sempre un
impressione e prevenzione sfavorevole alla persona che lo porta. E ordinariamente l'idea che noi
abbiamo dell'eleganza, grazia, dolcezza, amabilità di un nome, non deriva dal suono materiale di
esso nome, nè dalle sue qualità proprie e assolute, ma da quelle delle prime persone chiamate
con quel nome, conosciute o trattate da noi nella prima età. Anche però viceversa potrà accadere
che noi da fanciulli concepiamo idea della persona, dal nome che porta, massime se si tratta di
persone lontane, o da noi conosciute solamente per nome: e giudichiamo della persona, secondo
l'effetto che ci produce il nome, col suono materiale, o col significato che può avere, o con certe
relazioni con altre idee. E questo ci avviene ancora da grandi, sia per conseguenza dell'idea
concepita nella fanciullezza, sia anche assolutamente: perchè è certo che noi non ascoltiamo il
nome, ovvero il cognome di persona a noi tanto ignota, che sopra quella denominazione non ci
formiamo una tal quale idea sì dell'esterno che dell'interno di quella persona. Idea più o meno
confusa, più o meno viva, secondo le circostanze; ma ordinariamente chiarissima e vivissima ne'
fanciulli, sebbene per lo più falsissima. E massimamente i fanciulli (sempre lontani
dall'indifferenza), secondo questa idea, si determinano all'odio o all'amore, a un certo genio o
contraggenio verso quelle tali persone, non conosciute se non per nome.». Il suono di un nome
può predisporre ad avere la percezione e l’idea che si può avere di una persona. Sul tema
dell’indefinito, del vago e della ricordanza, queste riflessioni si possono ritrovare anche in anni più
tardi e successivi come quello dell’ultimo periodo recanatese. A quest’ultimo periodo appartiene la
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poesia del Le ricordanze (agosto-settembre 1829). «Un oggetto qualunque, p.e. un luogo, un sito,
una campagna, per bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica punto a
vederla. La medesima, ed anche un sito, un oggetto qualunque, affatto impoetico in se, sarà
poetichissimo a rimembrarlo. La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico,
non per altro, se non perchè il presente, qual ch'egli sia, non può esser poetico; e il poetico, in uno
o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell'indefinito, nel vago.». Il presente non è
poetico, ma è il passato che appartiene alla poesia. «Il piacere che ci danno un certo stile semplice
e naturale (come l'omerico), le immagini fanciullesche, e quindi popolari, circa i fenomeni, la
cosmografia ec.; in somma il piacere che ci dà la poesia, dico la poesia antica e d'immagini; tra le
sue cagioni, ha per una delle principali, se non la principale assolutamente, la rimembranza
confusa della nostra fanciullezza che ci è destata da tal poesia. La qual rimembranza è, fra tutte, la
più grata e la più poetica; e ciò, principalmente forse, perchè essa è più rimembranza che le altre,
cioè a dire, perchè è la più lontana e più vaga.&r