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Estratto del documento

Dice di aver trascritto le risposte degli uomini del passato, quello di cui ha fatto tesoro nel

conversare con loro. È una sorta di intervista di cui ha trascritto le risposte. Machiavelli non è in

frattura con la tradizione, ma dichiara che la sua opera è la trascrizione delle risposte che gli

antiche gli hanno dato. È l’insieme degli ammonimenti che le opere precedenti gli hanno rivelato

Dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto, disputando che cosa è principato, di quale

spezie sono, come e’ si acquistono, come e’ si mantengono, perché e’ si perdono. E se vi piacque mai alcuno mio

ghiribizzo; questo non vi dovrebbe dispiacere; e a un principe, e massime a un principe nuovo, doverrebbe essere

accetto: però io lo indirizzo alla magnificentia di Giuliano. […]

Perché rivolge questa opera ai suoi nemici, cioè ai medici? C’è chi legge anche in questo una

sorta di ambizione, ma ci sono due obiezioni:

• perché non lo ha fatto subito?

• i Medici non hanno letto quest’opera perché troppo ardita.

Lui si rivolge ai Medici perché ha capito che quella famiglia aveva, suo malgrado, la potenza

economica, militare e politica che avrebbe potuto realizzare l’unità d’Italia, che era il suo sogno.

Si rende conto che è ancora troppo acerbo il terreno per mettere in atto una repubblica. Come

Cola di Rienzo nel 1300, Savonarola e Soderini falliscono nel 1500 nell’atto di instaurare una

repubblica. Il de principatibus nasce con l’intenzione di rispondere ad una situazione contingente

ben precisa, per lui è un opuscolo legato alla situazione politica di quel preciso momento. È un

opuscolo militante, che doveva servire subito e doveva servire ai politici del momento che

dovevano leggerne almeno qualche parte. Per lui bisognava usare una concretezza anche nello

stile, che dicesse la verità effettuale, i fatti come sono. Questa verità discende da due filoni:

• lunga lettura delle cose antiche

• grande esperienza delle cose moderne.

La lettura unita all’esperienza origina un nuovo metodo di analisi diretta e senza sconti della

verità effettuale. Lo scopo è quello di liberare l’Italia dai barbari e degli invasori per poterla

riunificare. Questo è detto nell’ultimo capitolo ed emerge tutta la sua carica passionale. Si rivolge

al principe perché riscatti l’Italia dalla barbarie secondo il modello di Enea. Il motivo forte su cui si

fonda tutta questa perorazione è quello secondo cui ci sono le condizioni per cui possa sorgere

questo principe nuovo, ma è lui che deve decidere di agire perché Dio non vuole fare ogni cosa,

non compie già il miracolo, per non toglierci il libero arbitrio e quel poco di gloria che spetta a

noi. Machiavelli si rifà al disegno divino e dice che la gloria è agire con successo, ma secondo un

disegno divino, non in contrasto con un disegno divino che è stato tracciato. Realizzare un esito

favorevole per il bene di tutti, tutto però a partire da un disegno divino consono a quello che

stiamo facendo. Il principe infatti si conclude con la Canzone all’Italia di Petrarca, si conclude

con dei versi che dicono che l’opera di Petrarca è stata monumento e dichiara che vuole

ripristinare i valori del passato ed erigere un monumento contro l’avanzata dei barbari e degli

invasori. Le guerre di Machiavelli sono solo di riconquista di un territorio legittimo. La canzone

che cita si conclude con le parole “pace pace pace”. Questo fa capire che l’opera di Machiavelli

si basa su un contenuto morale forte

Io ho ragionato con Filippo di questo mio opuscolo, se gli era ben darlo o non lo dare; e, sendo ben darlo, se gli era

bene che io lo portassi, e che io ve lo mandassi. Il non lo dare mi faceva dubitare che da Giuliano e’ non fussi, non

che altro, letto; e che questo Ardinghelli si facesse onore di questa ultima mia fatica. El darlo mi faceva la necessità

che mi caccia, perché io mi logoro, e lungo tempo non posso stare così che io non diventi per povertà contennendo.

Appresso al desiderio harei che questi signori Medici mi cominciassino adoperare, se dovessino cominciare a farmi

voltolare un sasso; perché, se poi non me gli guadagnassi, io mi dorrei di me; e per questa cosa, quando la fussi

letta, si vedrebbe che quindici anni, che io sono stato a studio all’arte dello stato, non gli ho ne’ dormiti né giuocati; e

doverebbe ciascheduno haver caro servirsi di uno che alle spese di altri fussi pieno di esperienza. E della fede mia

non si doverebbe dubitare, perché, havendo sempre observato la fede, io non debbo imparare hora a romperla; e chi

è stato fedele e buono quarantatré anni, che io ho, non debbe poter mutare natura; e della fede e bontà mia ne è

testimonio la povertà mia.

Desidererei adunque, che voi ancora mi scrivessi quello che sopra questa materia vi paia. E a voi raccomando. Sis

felix. Die 10 Decembris 1513.”

La lettura come incontro nel '900

All’inizio degli anni Settanta, Sereni afferma:

“Dietro il testo preso in considerazione c’è un uomo prima che un letterato o un intellettuale o un operatore di cultura

[…]: la presenza di quel testo davanti ai loro occhi equivale a un incontro con un’esistenza, o con un momento di

questa, e ciò li riguarda” (V. SERENI, Testimonianza su

d’Annunzio, 1971)

Leggere un testo significa compiere un atto che riguardi l’humanitas. Tutti i testi sono indirizzati

all’uomo: si rivolgono alla coralità della società, nessuno escluso. Ogni testo non cessa di

riguardare tutti gli uomini. Il testo interpella costantemente l’uomo, in ogni tempo. L’essere uomo

fa sì che ogni testo lo riguardi.

“Forse la letteratura non è che una corrente di citazioni e recitazioni: vocali, scritturali-visive, sotterranee, rasoterra e

in piena luce, in frammentazione di singoli enunciati o di comportamenti di codici. La letteratura esiste quasi come

invito a entrare in un coro di citazioni. Ma poi si sa che nella citazione mai ritorna il «com’era»: il «ripetuto», proprio

perché tale, è l’antitesi dell’originario” (A. ZANZOTTO, Su «Il Galateo in

Bosco», 1979)

“Forse la letteratura non è che una corrente di citazioni e recitazioni”: Il testo è qualcosa che continuamente viene

.

riconsiderato e ricontestualizzato nella contemporaneità

“La poesia dovrebbe fare tanti viaggi, girare; […] e raccogliere, “raspar su”, mendicare qualche novità. In questo

senso mi differenzio molto dall’ideologia avanguardistica col suo “io ne so più degli altri e son qua per indicarvi una

strada”. Mi sento più vicino a chi “raspa su”, appunto, a chi improvvisa, a chi fa del bricolage e, dovendo affrontare

molte faglie, trova una maniera tutta sua per superarne

almeno una.[…] I viaggi che non ho compiuto nella realtà, io li ho compiuti con la fantasia, avvicinandomi molto

presto alla grande letteratura e creando, a volte, degli incroci, degli impasti che provenivano dalla frizione tra il fondo

monocorde, fermo, del paese e le acquisizioni che facevo, instancabilmente, come cultura letteraria”

(A. ZANZOTTO, Ritratti)

La letteratura è la saldatura con ciò che è avvenuto prima, non è mai copiatura, ma si ritrova in

essa un riaffiorare di temi simili a ciò che vi è stato prima.

Ogni uomo, quando diviene consapevole della memoria collettiva, è chiamato a raccogliere

quello che gli serve, che gli piace di più, che lo attrae; appunto a “raspar su”. Se si vuole creare

una novità, bisogna tener conto di ciò che è venuto prima e da quello tirar fuori qualcosa di

nuovo. (Riprende l’idea di guida di Petrarca).

La vera letteratura non è una letteratura di movimento, ma è una letteratura di individui: è una

letteratura di ingegni personali che si mettono in relazione con la traduzione e con la

contemporaneità. La lettura letteraria apre le finestre sull’universo: leggere significa sentirsi parte

della totalità.

Lezione 7 - Sereni

E' un autore che ha contribuito a fare la storia della letteratura italiana non smettendo di essere

un uomo dei tanti che percorrono insieme a noi le nostre strade

Biografia

E' nato a Luino nel 1913, nella zona povera del lago Maggiore.

Il padre, funzionario di dogana della ferrovia, permette che Sereni vada a Brescia per fare il liceo

classico, poi si laurea in lettere alla Statale di Milano.

Insegna in diversi licei, lavora alla Pirelli, poi va alla Mondadori come direttore letterario.

Una caratteristica fondamentale è la disposizione a mettersi in totale relazione comunicativa con

gli altri, non si sente migliore ma si sente uno fra tanti, si fa specchio degli altri. L'obiettivo della

sua esistenza di scrittore è quello di comunicare. Alla base della sua attitudine c'è l'apertura

verso gli altri e una profonda umiltà.

Dagli anni giovanili a Luino immagazzina una serie di suggestioni paesaggistiche e geografiche

dapprima, ma ben presto questa sua constatazione della dimensione paesaggistica si carica di

frontiera

significato simbolico con il tema della --> vede nella frontiera una porta verso l'Europa,

verso l'ignoto. Rimane una porta verso qualcosa che attrae, promette e può arricchire. Diventa

una linea di demarcazione che separa e mette in comunicazione il presente, il finito, il

contingente con l'oltre, l'eterno, il metafisico, l'ignoto, quello che ci da una speranza dopo la

morte. Comincia ad avviare la sua riflessione circa il rapporto con coloro che sono passati di là

del tempo che continuamente attraversa tutto il suo percorso esistenziale e si accompagna al

dialogo con i vivi.

Giunto a Milano apprende una grande lezione, quella di Antonio Banfi, suo maestro universitario

del dubbio,

con cui ha redatto la tesi di laurea e di cui poi è stato assistente. Banfi è l'uomo ha

insegnato ai suoi allievi di non accettare nessuna posizione ideologica precostituita ma di

ricercare sempre le ragioni del proprio credere, delle proprie convinzioni nell'esperienza e con gli

strumenti che ciascun uomo ha a disposizione per comprendere qualcosa di più sul destino e

sulla realtà.

E' la posizione di chi insegna a dubitare: poiché l'uomo è finito, il grado di conoscenza che può

raggiungere è limitato, quindi sarà necessitato a dubitare (= non essere assolutista e convinto

che la propria verità sia l'unica possibile). Era una figura che con forza si contrappone

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A.A. 2017-2018
71 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher delafe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof D'Alessandro Francesca.