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GABRIELE D'ANNUNZIO
Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara nel 1863 da un'agiata famiglia. A soli dieci anni lasciò la terra
natale per studiare al prestigioso collegio Cicognini di Prato, dove rimase fino al 1881, dando già
prova dell'aspirazione a una "vita inimitabile". Nel 1879 pubblicò un volume di versi, "Primo vere", che
gli procurò un'ammonizione dai professori per la libertà dei temi e del linguaggio e per la forte
sensualità. Per pubblicizzare l'opera, il poeta arrivò a diffondere sui giornali la notizia della propria
morte, suscitando il compianto; poi ne fece pubblicare la smentita, inviando alle redazioni anche copie
del suo libro. Divenuto celebre e conseguita la licenza liceale, si trasferì a Roma, dove si iscrisse alla
facoltà di Lettere e filosofia, senza tuttavia conseguire mai la laurea. A Roma D'Annunzio venne subito
accolto nei salotti mondani dove si distinse per i suoi articoli giornalistici e per le sue avventure galanti,
divenendo presto un personaggio del panorama letterario. Dal 1882 uscirono le sue numerose
raccolte poetiche dove prevalgono toni languidi e sensuali, sensazioni forti e violente e in particolare il
simbolismo francese. Sul versante narrativo, sono questi gli anni del "Libro delle Vergini" (1884), una
raccolta di tre novelle e del romanzo "Il Piacere" (1889), l' "apoteosi", in prosa, del gusto decadente
che prevale nelle opere poetiche, immerso in un'atmosfera di passioni in cui si muove il protagonista,
Andrea Sperelli, uomo avido di piaceri, eroe decadente convinto di dover fare della sua vita un'opera
d'arte. Tra il 1889 e il 1890, D'Annunzio fu chiamato a prestare sevizio militare; in questo periodo si
dedicò ai romanzi di Tolstoj, ai temi della purezza e della bontà d'animo. Nel 1892, l'incontro con
Nietzsche, il filosofo tedesco che aveva elaborato la teoria del "superuomo", segnò l'avvio di una
nuova vitalità poetica per D'Annunzio che applicò tale teoria alla figura del poeta considerandolo libero
da ogni regola morale. Nel 1897 egli fu eletto deputato nelle file dell'estrema destra e tre anni dopo, si
presentò alle elezioni nelle file di sinistra, ma senza avere successo. Acceso interventista, D'Annunzio
tornò in Italia nel 1915, dove tenne numerosi e infiammati discorsi alle folle per convincerli ad
appoggiare la guerra. D'Annunzio, sia come uomo sia come poeta, incarnò quel particolare eroe
decadente già tipizzato dai francesi, raffinato cultore del bello, che unisce al disprezzo grigio e
anonimo del vivere l'esaltazione di un'esistenza eroica e gioiosa. gli autori più importanti (Verga,
Carducci) furono i suoi modelli, manipolati con originalità in modo da rispondere ad un gusto poetico,
ma legato al coinvolgimento dei sensi. Inoltre, l'arte d'annunziana mira alla preziosità, alla raffinatezza
e alla musicalità del linguaggio.
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Guido Gozzano
Guido Gustavo Gozzano nasce a Torino, in una famiglia borghese, nel dicembre del 1883. Si iscrive
alla facoltà di giurisprudenza ma non si laurea perché preferisce interessarsi alla letteratura seguendo
i corsi di Graf, insieme al gruppo dei crepuscolari torinesi. Non riesce mai a tenere un lavoro fisso, ma
partecipa alla vita culturale dei primi del Novecento. Nel corso della sua vita, questo scrittore collabora
con giornali e riviste e si distingue per l’eleganza e la raffinatezza, crea fiabe per bambini e novelle.
All’età di ventiquattro anni egli decide di iniziare a scrivere poesie e di abbandonare la vita culturale
che praticava: in quello stesso anno pubblica ‘La via del rifugio’ ed è proprio qui che rivela la sua
originalità. Nel 1907 inizia ad ammalarsi di tubercolosi e dopo circa una decina d’anni muore. Durante
questi dieci anni pubblica un libro I colloqui (1909) dove è presente la sua poesia più famosa, La
Signorina Felicità. Guido Gozzano è considerato uno dei maggiori poeti crepuscolari, nonostante la
sua eccentricità, il suo modo di vivere, di vestire e il suo divertirsi a stupire il pubblico. Nelle sue
poesie è presente un distacco ironico a causa della sua malinconia e del suo sentimento della morte.
Un talento che aveva questo poeta, era riuscire a fare della poesia sulla letteratura instaurando un
nuovo rapporto con le parole letterarie.
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Il Futurismo
Il Futurismo, affermatosi negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, è stato l’unico movimento
culturale d’avanguardia italiano ad avere un rilievo internazionale. I futuristi avevano l’obiettivo del
rinnovamento di ogni campo del sapere e delle espressioni creative. Inizialmente, fu un fenomeno
letterario ma ben presto si allargò al campo delle arti figurative. Nel 1909 l’intellettuale Filippo
Tommaso Marinetti pubblicò a Parigi il Manifesto del Futurismo che sottolineava il mito del progresso
tecnico, della macchina, del prodotto industriale in genere, della velocità, in aperta polemica con la
cultura dominante che i futuristi ritenevano decadente. In particolare, i futuristi esaltavano il
movimento ritenendolo l’espressione più rappresentativa della realtà. Il movimento consente la fusione
dell’oggetto con lo spazio circostante. Il linguaggio che consentiva ai Futuristi di esprimere la loro
concezione fu quello delle linee-forza, cioè l’individuazione delle forze che orientano il movimento e la
direzione del corpo. I principali pittori Futuristi furono Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato
Depero, Gino Severini e Carlo Carrà.
Filippo Tommaso Marinetti
Filippo Tommaso Marinetti nasce nel 1876 ad Alessandria d’Egitto, dove il padre Enrico, avvocato,
convive con la madre, Amalia Grolli. Fin dall’inizio la famiglia lo sostiene nel suo talento letterario.
Dopo aver studiato in un collegio gesuitico, Marinetti ottiene il baccalaureato (equivalente al diploma)
a Parigi e studia legge in Italia, laureandosi a Genova nel 1899. Nel 1898 Marinetti vince un concorso
con un poemetto scritto in francese. A 24 anni (nel 1900) decide di dedicarsi esclusivamente alla
letteratura, e inizia a tenere conferenze e a declamare versi in teatri italiani e francesi. Dal 1902, dopo
la morte della madre, viaggia in varie città, pubblica testi in francese e incontra il milanese Paolo Buzzi
che diventa il suo principale collaboratore letterario. Dal 1905, Marinetti si trasferisce stabilmente a
Milano, la città industrialmente più avanzata e più consona alla sua concezione della vita. Qui vi fonda
la rivista Poesia.
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Italo Svevo
Svevo è famoso soprattutto per i romanzi, Una vita (1892), Senilità (1897) e La coscienza di Zeno
(1923) nei i quali i personaggi sono metafora di un percorso che porta l’individuo dal sentirsi inferiore
perché inadeguato alla vita, a ritenersi man mano un privilegiato. Per Svevo l’esperienza familiare è
rilevante al fine della comprensione della sua estetica: nel 1880, a soli diciannove anni, Hector
Schimtz, dopo aver studiato in Germani e aver capito che la sua ispirazione era la scrittura, a seguito
del fallimento dell’impresa del padre, conosce l’esperienza della declassazione passando dall’agio
borghese ad una condizione di ristrettezza (come per Pirandello); fu costretto a cercare lavoro e si
impiegherà in banca a Trieste; per lui il lavoro impiegatizio era arido e opprimente e troverà conforto
nella che letteratura. Parlerà di questa condizione nel romanzo Una vita che pubblicherà con lo
pseudonimo Italo Svevo. Nel 1896 il matrimonio con una cugina, figlia di un facoltoso industriale
inserito nel mercato internazionale, segna per Svevo un salto di classe sociale ( matrimonio calcolato)
e una svolta fondamentale nella vita: in primo luogo, l’inetto, roso da infinite insicurezze, può
finalmente dimostrare di essere anch’egli in grado di ricoprire quel ruolo sociale che
convenzionalmente è simbolo di virilità, cioè essere marito, padre, pacato dominatore di un nucleo
domestico; ma soprattutto cambia la condizione sociale: Svevo si ritrova ad appartenere alla alta
borghesia, abbandona l’impiego in banca ed entra nella ditta dei suoceri per diventare un uomo
d’affari, dirigente di industria; questo periodo coincide con un momento di crisi del rapporto con la
attività letteraria; gli sembrò poco produttiva e noiosa e certamente su questa considerazione influì il
fallimento della pubblicazione del secondo romanzo Senilità del 1898. La crisi del rapporto con la
letteratura va letta come simbolo della più generale crisi dell’intellettuale dell’epoca che avverte un
senso di fallimento di fronte al dinamismo ed alla concretezza dell’era industriale; Svevo lascia la
scrittura per dedicarsi proprio all’opposto, all’industria, alla merce, al profitto. Il bisogno di scrivere
però non lo abbandona; era latente e ossessivo; inizialmente Svevo lo mascherava come necessità di
conoscere se stesso e di ritirarsi a colloquio con sé, ma in realtà il manager Ettore Schmitz aspettava
l’occasione per riprendere a scrivere; intanto la sua formazione intellettuale fu arricchita addirittura da:
- un incontro con James Joyce (1905);
- un incontro con la psicoanalisi di Freud (1910).
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Luigi Pirandello
Nasce ad Agrigento nel 1867 in una famiglia da ideali rinascimentali (gli zii e il padre erano
garibaldini). Il padre, dopo l’unità, si era dedicato al commercio di zolfo, comprando una solfatara che
diede discreti proventi alla famiglia, quindi Pirandello era completamente immerso nella società
borghese. Il giovane segue studi classici prima a Palermo, poi a Roma, e infine a Bohn, in Germania,
dove si laurea nel 1891. Nel 1893 pubblica il romanzo “l'esclusa”. L'anno successivo si sposa, dalla
moglie avrà tre figli. Un giorno però, la solfatara, subisce una frana, dalla quale consegue il tracollo
finanziario della famiglia. Questo fatto scatenerà una forte crisi depressiva alla moglie, che verrà
mandata in una casa di cura. Pirandello per i primi 15 anni del ‘900 scrive solo novelle, romanzi e
saggi critici; che gli danno un discreto successo, ricordiamo “il fu Mattia Pascal” (1904), “novelle per
un anno”, e “uno, nessuno e centomila” (1909). Dal 1916 decide di concentrare il suo lavoro sulla
creazione di opere teatrali, che gli daranno fama in tutto mondo (dal 1925 dirige anche un teatro a
Roma). Nel 1924, dopo l'assassinio di Matteotti, si iscrive al partito nazionale fascista, fatto che fece
molto scalpore, e nel 1929 diventa membro dell'Accademia d'Italia. Durante questi anni viaggia molto,
soprattutto negli St