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La fede filosofica e la storia religiosa
La fede filosofica si alimenta anche della storia religiosa (Bibbia in Occidente), la religione biblica è un'alterità con cui essa si scontra e incontra, non c'è Occidente senza questa dinamica. La Bibbia è un immenso serbatoio di cifre, una selva di miti a cui gli uomini sono chiamati ad alimentarsi. Le cifre bibliche possono alimentare la fede filosofica, c'è una contaminazione reciproca. Senza filtrazione della fede filosofica, quelle rivelate diventano solo chiuse forme di dogmatismo, che porta alla violenza. Senza tradizione biblica si precipita nel nichilismo, la fede filosofica è diversa ed è chiamata a giudicarla, ma non può stare senza di essa. Jaspers è preoccupato che la Bibbia non parli più all'uomo e non alimenti più la sua paideia, si tratta di un problema ermeneutico. Senza la fede biblica, se quella tradizione smette di alimentare la coscienza e la memoria, si cade nel non senso.
La fedefilosofica ha il limite di essere destinata ad arrivare a pochi rispetto all'universalità delle fedi rivelate, c'è bisogno di una fede razionale, ma essa rischia di non arrivare a tutti. La fede filosofica contrappone a quelle rivelate uno spazio trascendentale e plurale, una pluralità delle vie del divino. L'onn-abbracciante è inesauribilmente aperto, ciò che non diventa mai olismo, è infinitamente inclusivo delle cifre e delle fedi, uno spazio comune per relazionarsi e non omologante, non fonde le fedi. Implica l'idea di universale, ma non diventa esso stesso oggetto di discorso. In tale spazio comune i distinti restano tali, le singole fedi non si fondono in un uno. La fede filosofica ha bisogno di quelle rivelate perché ha bisogno di storicità, lo spazio di Dio è pieno della storicità delle fedi, quella filosofica si riempie di contenuti storici perdarsi un linguaggio. Fede filosofica =
spazio trascendentale + storicità delle fedi. Le fedi rivelate hanno bisogno di quella filosofica, se no diventano dogmatismo e fondamentalismo, devono aprirsi a essa per dialogare tra loro. Per Jaspers c'è l'esigenza della comunicazione, se mi porto sul piano esistenziale accedo alla comunicazione autentica. Non possiamo rinunciare all'universale, ma deve essere relazionale, perché siamo individualità costantemente relazionate al tutto. La metafisica delle cifre è antisistema, perché non si può fare un sistema della trascendenza, vorrebbe dire afferrarla.
Per Jaspers, la parola "religione" è un termine negativo, che indica chiusura, ecclesiasticità e dogmatismo, ciò che è opposto alla filosofia. Egli fa un'analogia tra cattolicità e totalitarismo. La cattolicità è una forma di totalitarismo che la filosofia è chiamata a spezzare. Le religioni rischiano di
diventare forme di totalità chiusa, che la filosofia deve spezzare e aprire, rendendole universalità aperte. La totalità è un dispositivo di esclusione. Il ruolo della fede filosofica è quello di innestare il demone della ragione in quelle rivelate, perché si rendano conto di non essere delle totalità, richiamandole al loro limite. L'apertura dell'esistenza alla trascendenza è la religione autentica, che apre alla metafisica delle cifre, si parta dalla propria esistenzialità. La degenerazione della religiosità autentica consiste nella tentazione di chiudere e rinserrare l'apertura dentro a dogmi e scritture, è una tentazione esperienza ecclesiastica. costante dell'intelletto, di fossilizzazione in La fede di Jaspers è una "fede liberale", che ha radici nell'Umanesimo, in Erasmo e in Kant, da cui prende la parola "liberalità". Per Kant è possibile
libertà è una forma di dipendenza, sedipendo dalla trascendenza sono libero dal mondo. La libertà è quel punto dellacoscienza nel quale mi trovo donato a me stesso, capisco che non sono tale in virtù di me stesso, ma divento me stesso in virtù di un’alterità. Non c’è uno sforzoautarchico, ma un’apertura all’altro, si ha un’antropologia relazionale. La relazione non è un accidente che interviene a priori, ma è originaria, è ciò che mi costituisce come soggetto, non c’è una sostanza autonoma prima. Mi posso affermarein quanto distinto dall’altro proprio perché c’è l’altro, altrimenti cesserei di esistere, la relazione è ciò che mi fa essere e può essere orizzontale o verticale. La trascendenzajaspersiana consiste nello spazio di Dio, senza riferimento a un dio particolare, ma al suo spazio trascendentale e inesauribile.
entro cui tutti i nomi di Dio nascono e muoiono, Può andare in crisi una figura storica del divino, ma resta il suo spazio. Le religioni storiche sono serbatoi di cifre, ovvero tentativi di nominare Dio e digettare un occhio sulla trascendenza, al di là dell'immanenza e della scissione. Esse sono l'unico modo di parlare di Dio. L'opera d'arte è un esempio di corporeità trasparente, che ci schiude a un altrove. Non usciamo dalla scissione, ma possiamo renderla trasparente e filtrarla di trascendenza. Occorre una nuova ermeneutica della Bibbia, che non va cancellata, altrimenti rimane la barbarie. In essa non c'è la rivelazione ultima, ma è il veicolo di cifre su cui l'uomo occidentale si è formato, non si può sostituire con scienza e tecnica, che sono pura immanenza. Le cifre hanno una ricaduta pratica, perché trasfigurano il senso del mondo, questo fanno le opere d'arte e la metafisica.
Aprono a un altro spazio nonostante il male radicale, consentono di dire sì, che il mondo sia. C'è libertà ermeneutica, ognuno è chiamato a riconoscere la cifra che gli corrisponde.
Jaspers si impegna in un dibattito col teologo protestante Bultmann, il quale si chiede, anch'egli, come il Vangelo possa tornare a essere parlante. Per lui occorre un processo di demitizzazione, perché quando Gesù parlava usava un linguaggio del suo tempo e una visione del mondo oggi superata. Bisogna, quindi, scorporare l'annuncio salvifico di Gesù dal linguaggio mitico, che è decaduto ed è stato congedato dalla scienza moderna, così esso sarà in grado di parlare tramite un nuovo linguaggio. Tuttavia, per Bultmann, il nocciolo resta una verità definitiva e secondo lui occorre l'analitica esistenziale di Heidegger di "Essere e tempo", che rappresenta la categoria adeguata a svolgere questo compito.
Nel 1953, Jaspers interviene con una conferenza sulla demitizzazione, che provoca una risposta di Bultmann. Dopo una contro-replica jaspersiana, Bultmann farà una lettera di congedo riconoscendo la distanza che li separa. Per Jaspers, sia la filosofia sia la religione guardano all'eterno e aspirano alla questione dell'origine e della destinazione ultima, la filosofia si è sempre occupata del divino (arché), essa nasce come teologia (neologismo platonico). La disputa tra i due si svolge sul terreno comune dell'ermeneutica. Per Jaspers, tutto viene dalla Bibbia, anche ciò che la contraddice, anche le sue opposizioni e la scienza moderna. Nulla ci sarebbe senza di essa, categorizziamo il mondo in questo modo perché la nostra origine è quella, senza Bibbia l'Occidente sprofonda nel nulla. Per questo egli si chiede come possa tornare a parlare all'uomo di oggi, come possa avvenirne l'appropriazione el’assimilazione. Bultmann si pone lo stesso problema da teologo. Per quest’ultimo, l’annuncio salvifico è racchiuso in un involucro e una visione del mondo che l’uomo contemporaneo può faticare ad accettare.