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ANALISI DEL TESTO
1-6. Entriamo subito nelle idee centrali dell'opera: la civiltà impone notevoli sacrifici alla sessualità
e all'aggressività dell'uomo; per questo egli stenta a trovare in essa la sua felicità (rr. 1-3). Come è
noto, Freud ha sempre attribuito una grandissima importanza alla sessualità umana; egli la
considera come una energia o libido presente nell'uomo che richiede di essere espressa; se ciò non
avviene, all'interno dell'uomo si verificano generalmente dei conflitti psichici negativi che Freud
chiama nevrosi le quali lasciano l'uomo profondamente insoddisfatto.
Nella civiltà avviene lo stesso processo: benché indispensabile (l'umanità ha raggiunto la civiltà
solo attraverso di essa), la repressione della libido pone le basi del malessere dell'uomo, in quanto,
anche se sottoposti alla più dura repressione, i suoi bisogni istintuali continuano a vivere nel suo
inconscio. Freud sintetizza con queste parole tutto il processo: «da un lato, l'amore si oppone agli
interessi della civiltà, dall'altro, la civiltà minaccia l'amore con gravi restrizioni... Da parte della
civiltà, la tendenza a limitare la vita sessuale è non meno evidente della spinta a estendere la
propria cerchia... Il timore dell'insurrezione di ciò che è stato represso, spinge a severe misure
precauzionali. La nostra civiltà europea occidentale è giunta all'apice di tale sviluppo» (// disagio
della civiltà, in Opere, cit., vol. 1O, p. 592, 593).
Oltre che sull'amore, la civiltà si fonda sull'altro aspetto fondamentale della vita umana, cioè sul
lavoro. Scrive ancora Freud: «La vita in comune degli uomini ebbe un duplice fondamento: la
coercizione al lavoro, creata dalla necessità esterna, e la potenza dell'amore, che nel maschio
provocò il desiderio di non essere privato dall'oggetto sessuale, cioè della femmina, e nella
femmina quello di non essere privata della parte da lei separatesi, cioè del figlio» [Ibidem, p. 590).
Il rapporto tra amore e lavoro è diventato ancora più problematico nella società industrializzata,
in cui l'aspirazione alla felicità è stata ulteriormente menomata dalle dure con- dizioni di lavoro cui
sono soggetti i lavoratori in questo tipo di società. «Nella prima fase dell'industrializzazione, che è
quella che Freud si trova sotto gli occhi, sono evidenti soprattutto le restrizioni poste alla
realizzazione sessuale» (A. Schòpf, Freud e lo filosofia contemporanea, Il Mulino, Bologna
1985,p. 149); è questa la critica principale che Freud fa alla civiltà: essa reprime la sessualità.
E a questo punto che si inserisce l'altro aspetto fondamentale del Disagio della civiltà, cioè
l'aggressività (r. 2) cui Freud ha dato un'importanza crescente fino a identificarla con la pulsione di
morte. L'aggressività fa parte del «corredo pulsionale» dell'uomo;«egli vede nel prossimo non
soltanto un even L’Esistenzialismo
È una corrente filosofica sorta in Germania nella prima metà del ‘900, che si richiama a
Kierkegaard e Nietzsche.
Tale filosofia è un indagine sull’esistenza dell’uomo e il senso della sua esistenza deve essere
ricercato nella stessa interiorità dell’uomo.
L’esistenzialismo, pertanto, si pone come filosofia della vita e non come filosofia della ragione.
Henri Bergson
(Parigi 1859 – 1941 durante l’occupazione
nazista della Francia – premio nobel per la letteratura)
La personalità più influente della reazione al positivismo è quella del filosofo francese Henri
Bergson (1859-1941), oratore brillante e autore di opere di successo, di cui ricordiamo
l’Introduzione alla metafisica (1903) e la celebre Evoluzione creatrice (1907). A lui si devono
intuizioni e suggestioni che saranno riprese, tra l’altro dal neoidealismo italiano o da romanzieri
della grandezza di Proust e Joyce che opereranno – sulla scia tracciata dal suo pensiero – uno
stravolgimento della concezione tradizionale del tempo. L’analisi del concetto di tempo è centrale
nella ricerca di Bergson, e da essa prende l’avvio l’intero progetto di rifondazione metafisica della
filosofia e di critica del positivismo. Bergson si trova in disaccordo con la visione meccanicistica
della scienza.
Per Bergson l’uomo è ragione ma l’uomo e anche coscienza. È difficilissimo definire la coscienza
perché è un fluire continuo di percezioni, di sensazioni, di stati d’animo.
La ragione procede attraverso al logica e studia la realtà da un punto di vista logico razionale
attraverso schemi ben precisi e da in questo modo origine alla scienza. Utilizza un linguaggio,
quello delle parole con cui lo studioso determina i fenomeni.
Però l’uomo è anche coscienza. La coscienza non è solo quella che caratterizza l’uomo ma anche la
realtà e la natura.
Si passa da una visione di tipo meccanicista a una visione di tipo spiritualistico, vitalistico.
La coscienza ha come sua facoltà l’intuizione, essa si mette in sintonia con la coscienza del mondo.
Dalla intuizione nasce la metafisica:
Per Bergson la metafisica è possibile, posizione antipositivistica.
La metafisica è una cosa intuitiva raggiungibile con la ragione
Come questa intuizione può esprimere questi dati della coscienza?
Il linguaggio è inadeguato. La parola fissa un momento di questo flusso. Da questo punto di vista
sarebbe impossibile, incomunicabile. Il modo di esprimere la coscienza potrebbe essere l’arte.
Il flusso di coscienza si può esprimere attraverso l’uso delle metafore. La coscienza è come un
gomitolo di filo. All’inizio è la nascita, tutto quello che avviene dopo si arrotola in un flusso
continuo che si arrotola. Presenti i dati più esterni quelli più interni sono più difficili da
comprendere. La metafisica è difficile da esprimere. La coscienza non può essere espressa a parole.
La dimensione fondamentale della coscienza è il tempo.
C’è un tempo della scienza che si calcola attraverso uno strumento che l’uomo si è creato
Il tempo degli orologi:
Bergson si è reso conto che il concetto di tempo, di cui fa uso la fisica, è profondamente differente
da quello della coscienza. La tesi fondamentale del pensiero di Bergson è la netta distinzione tra il
tempo della scienza e il tempo della vita.
Il tempo della scienza, infatti, è un tempo spazializzato, una successione misurabile e omogenea di
istanti, raffigurabile su una linea retta costituita da una serie infinita di punti, tutti inevitabilmente
uguali (es. orologio a pendolo). Questo tempo ha un grande valore perché è sul suo carattere di
“misurabilità” che si regge l’organizzazione della vita pratica e sociale: se non ci fosse il tempo
degli orologi, infatti, non riusciremmo a prendere un treno o un aereo, l’economia entrerebbe in
crisi e il caos regnerebbe. Il tempo della scienza è, quindi utile e necessario.
[ Il tempo della scienza è: spazializzato, meccanico, misurabile, fatto di istanti scollegati]
Il tempo della coscienza:
Ma la concezione meccanica del tempo non è l’unica, e neppure la più importante, oltre il tempo
della scienza possiamo riconoscere un tempo della coscienza.
Sulle orme di san’Agostino, Bergson elabora una suggestiva concezione del tempo come
interiorità e durata, che è il fondamento di una visione del mondo spiritualistica, la quale implica
altresì una religione e una morale della libertà.
Il tempo della coscienza non è fatto di singoli istanti tra loro separati, ma è un flusso continuo di
percezioni, di sensazioni, di stati d’animo: un incessante movimento degli stati di coscienza in cui
passato, presente e futuro si fondono e si compenetrano.
Nel tempo della coscienza non ci sono istanti tra loro staccati, il tempo della coscienza è un
continuo fluire del passato nel presente, grazie alla memoria, e di questo nel futuro, attraverso
l’anticipazione o la progettualità. In esso sono scompigliate tutte le categorie di misurazione: l’ora,
il giorno, l’anno non hanno più significato alcuno; un avvenimento del passato, tornato alla mia
coscienza, può essere per me presente più di un evento dell’oggi.
Caratteristiche del tempo interiore:
In primo luogo esso è il tempo della durata, il tempo che dura, il passato che è presente, “ciò che
non è più “ che “è ancora” e che, forse, “sarà ancora”.
In secondo luogo, è il tempo della vita, cioè delle cose che hanno significato per me, che
rappresentano la mia vita vissuta.
In terzo luogo, è tempo qualitativo, perché non è misurabile e ha senso in qualità del ricordo che
suscita in me.
In quarto luogo, è un flusso continuo, non soggetto a essere segmentato in parti, come gli “istanti”
che sul quadrante dell’orologio sono uno esterno all’altro.
[ Il tempo della coscienza è: flusso continuo, senza distinzione di passato, presente, futuro, è
interiore continuativo e qualitativo]
Per spiegare la differenza tra il tempo della scienza e quello della coscienza, Bergson, usa due
immagini molto suggestive: il tempo della scienza è come le perle di una collana, tutte eguali tra
loro, mentre il tempo della coscienza è rappresentato come un gomitolo di lana.
La memoria:
strettamente collegata all’idea di tempo è il tema della memoria, grazie alla quale il nostro passato
esiste.
Per Bergson la memoria è la vita stessa dello spirito e si identifica con la durata e la conservazione
integrale del passato. Egli distingue tra “ricordo puro”, che è la memoria complessiva, il flusso
integrale della vita spirituale, indistruttibile; e il “ricordo immagine” o memoria involontaria e
autonoma, che è l’attualizzazione, operata dal cervello, di un frammento del passato.
Il processo di ricordo non è così semplice come ci appare. In Materia e memoria Bergson lo
analizza, distinguendone tre diverse modalità: il ricordo puro; il ricordo-immagine o memoria
involontaria e autonoma; la percezione o memoria volontaria.
Il ricordo puro è la memoria profonda, la pura durata spirituale, il deposito inconscio di tute le
esperienze passate, conservate nella forma in cui si erano presentate in origine. Esso costituisce il
nostro passato, tutto intero, che ci acco