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BBPR

Laureati tutti al PoliMi nel 1932, nel periodo antecedente la guerra aderiscono al razionalismo

militante, accostandosi ai materiali moderni per l’arredo e precocemente al tema della

componibilità. Alla Triennale del 1936 la camera da letto esposta contiene una quantità di

mobili ridotti al minimo, dove questi diventano attrezzature di matrice lecorbusiana, con

funzioni a scomparsa e flessibilità d’uso, simili ai mobili di Albini. La partecipazione al Piano

Regolatore della Valle d’Aosta e il progetto per il centro elioterapico di Legnano li collocano

nel panorama della sinistra fascista, aperta alle innovazioni. Tuttavia la svolta autoritaria

colpisce direttamente lo studio, riducendo la possibilità di azione nel campo dell’edilizia,

indirizzando i BBPR verso la riflessione sugli interni privati e commerciali, orientando verso i

mobili artigianali con strutture curate, soprattutto nel rapporto fra struttura e rivestimento,

affrontati con metodo architettonico. Dopo la guerra, privati di Banfi, morto in campo di

concentramento, i BBPR diventano rapidamente un punto di riferimento per l’architettura

italiana. Su questo versante si fa palese la rinuncia alla retorica razionalista in vista di soluzioni

più semplici, in costante dialogo con la città storica e con i suoi fruitori. Del 1951 è il progetto

per il quartiere Ina-Casa di Cesate si cercano soluzioni dove i tetti a falde, il tessuto laterizio e

l’altezza ridotta degli insediamenti portino un significato di condivisione domestica. Per ciò

che concerne gli oggetti il gruppo si indirizza esplicitamente verso l’industrial design. Nella

mostra del 1951 alla Triennale, allestita con Max Huber, realizzano una semplice maglia di

cavetti metallici, uniti da sfere in ottone lucidato, munita di illuminazione al neon e pavimento

in grès con guide in cocco, all’interno del quale sono esposti oggetti di uso quotidiano,

tradizionali e non per la cura della persona, della casa, del tempo libero della cultura del

lavoro e dei trasporti. L’enunciato del manifesto riporta come gli oggetti industriali, “utili e belli”

rispondano da un lato alle esigenze, ai bisogni umani e alla diffusione, dall’altro a esigenze

pratiche, cui la forma deve deve aderire secondo principi di serializzazione ed economicità. In

altre sale vengono inserite opere d’arte e immagini di edifici di epoche diverse accomunati

dalla forza espressiva e dalla capacità di aderire sia al passato che al presente in una visione

idealista. Con lo stesso sentire viene progettato il nuovo allestimento per il Castello Sforzesco

di Milano tra il ’56 e il’63, elementi industriali e fondali scabri presentano le opere

indistintamente, conferendo la stessa autonomia artistica a ciascuna. Il 1958 vede la

contemporaneità fra due episodi progettuali: la Torre Velasca e le sedute per Arflex in tubolare

metallico e gommapiuma Pirelli. La torre concretizza gli interventi teorici di Rogers sul

rapporto fra modernità e storia, seguiti anche per la progettazione della sede Olivetti a

Barcellona del 1956. Le semplici sedute, risolte con esili telai metallici denotano la visione

industriale e sociale. È la nascita di un nuovo razionalismo che risponde alle istanze sociali

dell’utente e della città storica, sdoganando il linguaggio elitario prescelto dal movimento

moderno.

Mobili Spazio

I BBPR riprendono la collaborazione con Olivetti nel 1954, con l’allestimento dello showroom

newyorkese della società italiana, secondo un sistema che verrà invertito nell’allestimento dei

musei: forme plastiche e scultoree, materiali di pregio ed elementi artistici fanno da sfondo a

oggetti meccanici. Tra il 1957 e il 1960 Olivetti si rivolge ancora al gruppo per la progettazione

di un articolato sistema di mobili per l’ufficio, rispondente anche alle logiche di Adriano

sull’organizzazione del lavoro in chiave partecipata. Il risultato è un insieme aperto di elementi

d’arredo, adatti a qualsiasi spazio di lavoro, dalle scrivanie ai supporti per le macchine per

scrivere e da calcolo. Il progetto parte dallo studio degli elementi base, tubolari d’acciaio per

le gambe e piani in lamiera piegata. Alla struttura in tubolari si agganciano i diversi

complementi, mentre le gambe terminano con elementi in plastica adattabili e non dannosi

per la pavimentazione. Il piano è rivestito in pelle o sky con mangi per la tenuta di quest’ultimi.

Le parole d’ordine sono la compatibilità estrema e l’approccio rigoroso, che rende il sistema

troppo libero e difficile da gestire per le aziende. Perciò solo due anni dopo il gruppo progetta

il sistema Arco che fornisce strutture complete in diverse dimensioni ma lontane dalla Serie

Spazio.

Luigi Caccia Dominioni

Laureatosi nel 1936 (cfr Rogers e Ponti>Domus) in architettura al PoliMi, frequenta affianco di

Rogers, Livio e Pier Giacomo Castiglioni, Peressutti e Marco Zanuso. Assorbita l’idea di

poliedricità e versatilità dell’architetto, la metodologia razionalista ma non la soggezione

ideologica, apre uno studio con Livio e Pier Giacomo Castiglioni fino al 1942. I tre, vista la

scarsità di commesse in architettura, si dedicano alla progettazione di oggetti d’uso. Nella

convinzione che ala forma debba venire dalla sintesi fra innovazione tecnica e relazioni fra

l’oggetto e l’utente aprono ad un nuovo modo di progettare prodotti seriali. I radioricevitori

per Phonola 547 e 303, esposti alla triennale del 1940, diventa un’occasione per ridefinire

l’identità formale della radio, valorizzandone la tecnologia ed emancipandolo dal camouflage

del mobile. Dal 1943 Caccia si rifugia in Svizzera e nel dopoguerra apre il suo studio a Milano,

dove compie i primi interventi architettonici, ricucendo il moderno con la tradizione, in

particolare quella neoclassica milanese, soprattutto per il senso della dimensione, la

compostezza formale e l’attenzione alla qualità costruttiva, inaugurando un linguaggio che

fonde storia e moderno nel rispetto del luogo e soprattutto delle esigenze umane. Caccia,

contrariamente ai canoni razionalisti, vira verso la complessità, partendo spesso dalla pianta.

Spesso la vivibilità degli interni è funzionale anche alla collocazione di pezzi da lui progettati

appositamente, incapace di trovare oggetti capaci di esprimere i valori di una rinnovata

progettualità domestica. Nel 1947 fonda Azucena e nei suoi progetti si capisce come il

linguaggio sia pensato per la serie, che sia essa in limitata o grande tiratura.

Radioricevitore 547 a cinque valvole

I modelli 504 del 1940 e 303 rappresentano il culmine della ricerca di una configurazione

propria per l’apparecchio radio, ottenuta con l’analisi delle esigenze dell’utente.

L’apparecchio risulta razionale nelle componenti interne, grazie alle capacità tecniche di Livio

Castiglioni e dei tecnici Phonola. Il volume è teso, maneggevole, di dimensioni ridotte e

disegnato in modo da prefigurare i gesti dell’utente. L’altoparlante è sollevato rispetto alla

superficie, indirizzando il flusso sonoro, mentre i comandi e i controlli sono posti sul fronte: ciò

lo rende facilmente collocabile anche sul muro o su un tavolo affollato di oggetti.

Poltrona Catilina

Presentata alla IX Triennale di Milano nel 1957, la poltrona Catilina semplifica il rapporto fra

Caccia e Azucena. Si evince l’abilità di Caccia di rispondere sia ai dettami razionalistici di

rigore, suggerito dall’apparente semplicità del risultato, sia di realizzare un moderno sedile

romano, come esplicita il nome. Il ferro verniciato a fuoco, la cui espressività viene enfatizzata

da Caccia, dona la struttura monomaterica: due semicerchi, dei quali quello superiore è

piegato a formare schienale e bracciolo, uniti da tre tondini formano la struttura,

accompagnata da un sottile piatto ovale su cui è poggiato un cuscino in gommapiuma

rivestito in pelle.

Marco Zanuso

Zanuso, laureatosi nel ’39, segue personalità vicina al razionalismo, confrontandosi con le

istanze sul nuovo riprese da Gio Ponti su Domus e da Pagano su Casabella. Anch’egli si

rifugia in Svizzera e fa ritorno a Milano dopo la guerra con l’intento di diffondere e divulgare i

dibattiti nati intorno alle discipline di progetto, sia come caporedattore di Domus che come

redattore di Casabella-Continuità. Dal 1951 collabora, inoltre, a più edizioni della Triennale,

facendo emergere l’autonomia del mestiere di designer e partecipando alla fondazione

dell’ADI nel 1956. Inizialmente i suoi progetti si rifanno alla corrente definita dai BBPR o

Caccia Dominioni, per poi intraprendere un propio percorso con l’incremento delle

commesse, che lo porterà ad occuparsi del sistema industriale. Zanuso si rivolge alle aziende

per la produzione di massa, maggiori recettrici delle speculazioni circa la serializzazione e la

razionalizzazione delle catene produttive, allontanandosi dal settore dell’arredo, basandosi su

una metodologia di progettazione integrale e integrata e teorizzando un approccio globale, in

cui il designer ha il compito di controllare tutte le dinamiche del processo. Con questo

metodo opera nella costruzione delle fabbriche Olivetti in Sud America, così come in quelle

italiane, anche di Brionvega e Necchi, alla ricerca del microclima adeguato alle esigenze dei

luoghi. Nel 1951 Zanuso presenta alla Triennale una serie dei sedute, progettate in

collaborazione con Pirelli, fra cui la Lady. Egli usa un modo progettuale coordinato e pre-

ordinato, basato sulla ricerca e sperimentazione con analisi accurate, modelli e prototipi; dal

1956 fino al 1971 farà coppia con Richard Sapper. Nel 1964 la sediolina K4999 per Kartell lo

spinge a trovare nuove soluzioni sia tecniche che formali. Conseguentemente il suo metodo

apre alla creazione di famiglie di oggetti accomunati dalla portabilità e dalla domesticità, come

i televisori per Brionvega, le prime tv portatili a transistor. Partendo dalle componenti

elettroniche, come avviene per la Radio TS502, egli arriva ad involucri ergonomici, orientati

verso l’utente. Questa ricerca sfocia nel progetto Emergency Unit, sviluppato con Sapper per

Kartell ed esposto alla mostra del ’72 tenutasi al MoMa: un abitacolo, sintesi del metodo di

Zanuso, mediatore fra progetto architettonico e industriale.

Poltrona Lady

Dopo aver condotto parecchi studi sulla possibilità di accoppiare gommapiuma e nastrocord,

prodotti dalla Pirelli, nel 1948 un gruppo di tecnici dell’azienda coinvolgono Marco Zanuso. Le

prove, effettuate su normali sedili d’automobile, dimostrano l’efficacia del nastrocord rispetto

alle molle, con una struttura addirittura semplificata. La proposta finale arriva nel 1951, dopo

che Zanuso lavora a stretto contatto c

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Publisher
A.A. 2016-2017
30 pagine
2 download
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher clacar94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'architettura II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Torino o del prof Dellapiana Elena.