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Ripiegamento delle proteine

I chaperon molecolari sono proteine che assistono altre proteine nel ripiegamento. Il prodotto finale della biosintesi proteica non è una proteina perfettamente funzionante, infatti, per essere definita tale, deve anzitutto ripiegarsi, deve andare incontro a ripiegamento (folding).

Successivamente, in base al tipo di funzione che dovrà svolgere, la proteina potrà andare incontro ad ulteriori tipi di modificazioni post-traduzionali, quali ad esempio:

  • Glicosilazione.
  • Inserimento di gruppi prostetici.
  • Modificazione chimica d'alcuni residui amminoacidici, ecc.

Tutta l'informazione di cui un polipeptide necessita per adottare la struttura nativa corretta, è contenuta nella propria sequenza amminoacidica. L'acquisizione della struttura tridimensionale è indispensabile alla proteina per il suo corretto funzionamento. Durante il ripiegamento spontaneo il polipeptide passa attraverso due stadi principali prima di...

Raggiungere la sua struttura tridimensionale nativa. Questi stadi sono:

1. La formazione dei motivi strutturali secondari, (α eliche e foglietti β).

2. La formazione della struttura terziaria.

Per quanto concerne la formazione delle α eliche e dei foglietti β, essa si realizza grazie al fatto che gli amminoacidi idrofobici, presenti nella struttura primaria delle proteine, abbiano la tendenza naturale a rifuggire l'H2O. Essi tendono quindi ad aggregarsi gli uni con gli altri, all'interno di nuclei idrofobici denominati "core", determinando la formazione delle strutture secondarie ed il collasso della proteina in un'organizzazione compatta. Successivamente i motivi strutturali secondari (α eliche e foglietti β), interagiscono tra loro in maniera tale da originare la struttura terziaria, la quale si formerà gradualmente passando attraverso una serie di conformazioni intermedie.

Per anni si è assunto che in tutte le proteine

denaturate in vitro, fosse insitala capacità di ripiegarsi correttamente, una volta eliminato il denaturante. Si è poi visto che, soltanto le proteine più piccole e con strutture poco complesse possiedono questa capacità. Esistono, infatti, due fattori che sembrano impedire il corretto ripiegamento di proteine più grandi, e sono: - La tendenza a formare aggregati insolubili. - La tendenza ad intraprendere percorsi secondari che portano ad un ripiegamento scorretto. Per quanto riguarda la tendenza a formare aggregati insolubili, durante il ripiegamento, nel tentativo di proteggere i loro residui idrofobici dall'acqua, due o più polipeptidi diversi possono aggregarsi tra loro formando complessi insolubili e pertanto non funzionanti. Per quanto riguarda la tendenza ad assumere un ripiegamento scorretto, questa può portare a proteine che essendo mal ripiegate sono instabili e non funzionanti o proteine mal ripiegate stabili anche se ovviamente

nonfunzionanti. In vivo il ripiegamento delle proteine intracellulari è molto rapido. Le cellule d'Escherichia coli, ad esempio, sintetizzano una molecola proteica di 100 amminoacidi, in circa 5 secondi, alla temperatura di 37°C.

Oggi si sa, che il ripiegamento corretto di una proteina, oltre che dalla sua composizione amminoacidica, è determinato dall'aiuto d'altre proteine, note come chaperon molecolari. I chaperon molecolari furono in origine descritti come proteine da shock termico; poiché si osservò che nelle cellule di Drosofila, per esposizione alle alte temperature, la concentrazione di una particolare proteina di 70000 Da di peso molecolare, aumentava enormemente, tale proteina fu indicata come Hsp 70. Si era inoltre notato che esponendo le cellule a temperature di 35/37°C, si rilevava un calo nella sintesi delle altre proteine della cellula, e i dispositivi deputati alla sintesi proteica lavoravano a ritmi serrati per la sintesi delle

Hsp 70, il cui ruolo era quello di ripristinare la struttura tridimensionale di proteine che in seguito allo shock termico erano andate incontro a denaturazione.

Questi chaperon molecolari non è vero che si producono solo a causa delle alte temperature, ma vengono prodotti anche in seguito a svariati stimoli o agenti tossici:

  • Fattori ambientali: shock termico, metalli pesanti, agenti chemioterapici.
  • Stati patologici: infezioni virali, infiammazioni, febbre, neoplasie.
  • Fattori cellulari normali: ciclo di divisione cellulare, fattori di crescita.

I chaperon molecolari possiedono all'estremità N-terminale una sequenza di circa 450 amminoacidi detta dominio ATPasico che serve per riconoscere e legare l'ATP, ed una sequenza di circa 200 amminoacidi all'estremità C-terminale detta dominio di riconoscimento del substrato che riconoscerà e legherà le proteine da assistere.

Dominio ATPasico Dominio di riconoscimento del substrato ≈ 200

Aa450 AaFUNZIONE GENERALE DEI CHAPERON MOLECOLARII chaperon molecolari svolgono la loro azione legandosi a residui idrofobici esposti della proteina target. La loro azione, in questo modo, è duplice:

  1. Legandosi ai residui idrofobici, impediscono che questi possano interagire con altri residui idrofobici di proteine vicine nel tentativo di proteggersi dal contatto con l'acqua, e quindi impediscono la formazione degli aggregati insolubili.
  2. Impediscono che i residui idrofobici della stessa proteina si aggreghino prematuramente tra loro originando una conformazione errata.

Esistono due tipologie di chaperon molecolari.

Chaperon (chaperoni di piccole dimensioni). Assistono le proteine durante la sintesi proteica, quindi mentre il ribosoma sta traducendo l'mRNA, la proteina è in via di sintesi e il chaperon assiste la proteina nascente.

Chaperonine (chaperoni di grandi dimensioni). Agiscono quando il polipeptide è stato completamente sintetizzato o anche su...

proteine che hanno perso, per un motivo e per l'altro, la loro struttura nativa. 46 CHAPERON MOLECOLARI PROCARIOTICI Per la comprensione del meccanismo d'azione dei chaperoni, prenderemo in esame le DnaK. Per quanto concerne, invece il meccanismo d'azione delle chaperonine esamineremo, il funzionamento del complesso proteico GroEL/GroES. In entrambi i casi si tratta di proteine procariotiche anche se negli eucarioti è stata riscontrata la presenza di proteine omologhe, che vengono indicate rispettivamente come Hsp70 (quella omologa a DnaK), e Hsp60/Hsp10 (complesso omologo a GroEL/GroES). DnaK. È un chaperone, piccola proteina che ha il compito di assistere i polipeptidi in vis di sintesi. Quando si avvia il processo di traduzione, DnaK, che si trova localizzata nei pressi dei ribosomi in attività, riconosce una sequenza di amminoacidi idrofobici appartenenti al peptide nascente, e con essi stabilisce dei contatti. In realtà, la proteina DnaK si lega alla proteina nascente,

grazie all'intervento di una molecola di DnaJ (una piccola proteina che assiste DnaK nel legame con il polipeptide) ed ad una molecola di ATP, (che si legherà a sua volta in prossimità del dominio ATPasico di DnaK). Una volta legata al polipeptide nascente, DnaJ subisce una modificazione conformazionale, in seguito alla quale esporrà un sito di legame specifico per DnaK, in questo modo DnaJ segnala la presenza di proteine non ancora ripiegate a DnaK. Dopo che il complesso DnaJ-DnaK si è formato, entra in gioco l'ATP che si legherà in prossimità del dominio ATPasico di DnaK. Avvenuta l'idrolisi dell'ATP, si avrà la liberazione di un fosfato inorganico e l'allontanamento della molecola di DnaJ. Il complesso DnaK-ADP rimarrà legato al polipeptide nascente fino a che la proteina non sarà completamente sintetizzata e pronta al ripiegamento. A questo punto interviene un altro chaperon molecolare presente.nei procarioti: GrpE, che grazie all'idrolisi di un'altramolecola di ATP, rende possibile il distacco del complesso DnaK/ADP dalla proteina che a questo punto sarà in grado di ripiegarsi autonomamente. COMPLESSO GroEL/GroES. GroEL è costituita da 14 subunità che si riuniscono in maniera tale da formare due gruppi, di 7 subunità ciascuno. Questi due gruppi sono sovrapposti e formano due alloggiamenti uno superiore ed uno inferiore. Ogni subunità è costituita nel suo insieme da tre domini. Un dominio apicale, nel quale è presente il sito di riconoscimento del substrato, un dominio intermedio, ed infine un dominio equatoriale, nel quale è presente un sito ATPasico. GroES è invece costituita da 7 subunità unite assieme a formare una sorta di unico disco. Il meccanismo d'azione del complesso GroEL/GroES, è paragonabile a quello di una gabbia che imprigiona la proteina non ancora ripiegata e che si

apreliberando le proteine solo a ripiegamento avvenuto correttamente. Per questa ragione si dice che GroEL/GroES funga da gabbia: la gabbia di Anfisen. In condizioni di riposo GroEL espone verso l'interno della cavità, in prossimità dei siti di riconoscimento della proteina, gli amminoacidi idrofobici (quelli che nella figura a fianco sono rappresentati in blu elettrico).

Questo perché, così la proteina che non ancora ripiegata esporrà gli amminoacidi idrofobici verso l'esterno e potrà interagire con GroEL. Quindi abbiamo una proteina non ripiegata dentro l'alloggiamento superiore di GroEL.

Una volta che il polipeptide entra nella cavità superiore, intervengono 7 molecole di ATP che si legano in prossimità dei domini ATPasici di ciascuna delle 7 subunità costituenti l'alloggiamento superiore.

Assieme all'ATP, entra in gioco anche GroES che si dispone al di sopra dell'alloggiamento in cui è.

contenuta la proteina, come fosse un tappo. La proteina a questo punto è proprio ingabbia!!! L'idrolisi dell'ATP a ADP da parte di ciascuna delle 7 subunità fa sì che in esse si verifichi una modificazione conformazionale tale che, le subunità non esporranno più, verso il centro della cavità, i loro amminoacidi idrofobici, bensì i loro amminoacidi idrofilici (come si vede dalla figura, infatti, quei cerchietti blu elettrico che rappresentavano i domini idrofobici nella figura precedente ora non ci sono più e sono rimasti soltanto nella cavità inferiore). In virtù di tale modificazione conformazionale, la proteina non ancora ripiegata non trovando più gli amminoacidi idrofobici.

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
71 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher SimonP80 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Padiglia Alessandra.