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Capitolo 1: La teoria sociale del trauma culturale
Un trauma culturale si produce quando i membri di una collettività avvertono di essere stati colpiti da un evento terribile che ha lasciato un marchio indelebile sulla loro coscienza di gruppo, segnando per sempre le loro memorie e modificando la loro identità futura in modo profondo e irrevocabile.
Attraverso la costruzione di traumi culturali i gruppi sociali, le comunità nazionali e talvolta intere società identificano sul piano cognitivo l'esistenza e l'origine della sofferenza umana, e possono farsi inoltre carico di una parte di responsabilità al suo riguardo. Se, individuate le cause, ci si assume parte della responsabilità morale attraverso un processo di codificazione, si condivide la sofferenza delle vittime; altrimenti, ha un generale rifiuto e deresponsabilizzazione.
Il linguaggio ordinario ci consegna l'idea che il trauma sia qualcosa di comunemente vissuto.
eintuitivamente comprensibile, riconducibile all'esperienza ordinaria. Con riferimento al trauma, questo significa pensare che esso è costruito dalla società. Inoltre, il trauma deve essere necessariamente collettivo, ovvero essere un colpo ai fondamenti della vita sociale.
Secondo la teoria profana del trauma, il trauma sarebbe una reazione che emerge dagli eventi stessi, che se sconvolgono la sicurezza, l'ordine, l'amore, la connessione dei soggetti, li renderà traumatizzati. Ma questa è una spiegazione non culturale e fuorviante.
Esistono due versioni della teoria profana del trauma:
- Il pensiero illuministico suggerisce che il trauma sia una risposta razionale a un cambiamento improvviso a livello individuale o sociale, con una presa di coscienza che la comunità non esiste più come valida fonte di sostegno e che una parte significativa del sé è scomparsa.
- Il pensiero psicanalitico frappone tra l'evento esterno
Il trauma è una risposta destabilizzante e traumatica interna, una difesa psichica dell'attore fatta di paure emozionali inconsce e di meccanismi di distorsione cognitiva, che rimuovono la realtà dei fatti impedendo di costruire una memoria accurata e una conseguente azione responsabile (distorsioni inconsce). Poiché è riferita all'individuo, essa è però di poco interesse per la sociologia.
Gli approcci illuministici e psicoanalitici hanno fatto sì che il trauma sia stato trasformato da nozione di senso comune in concetto scientifico nel linguaggio specialistico di diverse discipline. Ma il trauma è un'attribuzione socialmente mediata, che può essere prodotta mentre l'evento accade, ma che può avvenire anche senza che l'evento si sia verificato, oppure ancora come ricostruzione. Nei processi di definizione delle identità nazionali vengono costruite storie nazionali attorno a ferite che gridano vendetta e il Novecento.
- Arena mass-mediatica: quando il trauma incrocia i mass media guadagna in termini di opportunità e contemporaneamente diventa l'oggetto di specifiche restrizioni della comunicazione giornalistica. La comunicazione mass-mediatica presenta i traumi in forma drammatizzata e fa si che alcune opposte interpretazioni guadagnino enormemente in termini di potere persuasivo.
- Arena della burocrazia statale: quando il processo di trauma incontra la burocrazia statale, può attingere al potere governativo di incanalare processi di rappresentazione, orientando e incanalando la spirale di significazione (commissioni parlamentari d'inchiesta).
Le località esercitano un potere importante sul processo di trauma. È possibile che questi corpi intermedi occupino una posizione di dominio rispetto alle stesse parti traumatizzate. In questi casi, soggetti come le commissioni parlamentari d'inchiesta potrebbero addirittura occultare gli atti dei carnefici anziché drammatizzarli.
L'esperienza del trauma può essere interpretata come processo sociologico: nella misura in cui viene esperito un trauma, e quindi immaginato e rappresentato, la collettività ridefinisce la propria identità: questa ricostruzione implica una memorializzazione del passato collettivo, che tenderà poi nel tempo a routinizzarsi radicandosi in luoghi sacri e strutturandosi in ricorsività rituali. L'identità collettiva così ricostruita, benché non più al centro dell'attenzione come in precedenza, rimane tuttavia una risorsa fondamentale per la soluzione di problemi sociali futuri.
L'assorbimento dei turbamenti della coscienza collettiva. Con la routinizzazione, i traumi culturali ampliano il campo della condivisione sociale e dell'empatia e aprono importanti vie per nuove forme di incorporazione sociale. Sarebbe davvero riduttivo ritenere che la teoria del trauma sia applicabile soltanto alle società occidentali. Certamente è da queste che sono recentemente pervenuti i più drammatici mea culpa per gli episodi traumatici che hanno riguardato le loro storie nazionali; tuttavia vi sono anche regioni non occidentali che hanno subito alcune tra le peggiori e traumatiche ferite. Anzi, è più probabile che un genocidio non accada in arene collettive regolate giuridicamente e democratiche, né in arene formalmente egualitarie. Non sorprende, allora, che nella seconda metà del Novecento gli esempi più drammatici e orribili di carneficine di massa siano provenute da quelle aree del mondo non occidentale più.
Povere e frammentate. Con l'effetto, peraltro, di mancato riconoscimento del trauma collettivo e mancata introduzione delle loro lezioni nel plesso dell'identità collettiva, che deriva proprio dall'incapacità di attraversare il processo di trauma.