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TIRSI
Pasce l'agna l'herbette, il lupo l'agne,
ma il crudo Amor di lagrime si pasce,
né se ne mostra mai satollo.
AMINTA(abbiamo subito il proposito)
Ahi, lasso,
ch'Amor satollo è del mio pianto homai,
e solo ha sete del mio sangue, e tosto
voglio ch'egli e quest'empia il sangue mio
bevan con gli occhi.(è già decviso al suicido, dove Aminta entra in scena come personaggio votato
al suicidio, da notare che anche Torismondo (protaogonista della tragedia del Tasso entra in scena
votato al suicidio) per Tasso il personaggio disperato per amore che sia pastore o che sia re e quindi
Amore qui prende sia gli eroi che i pastori (prologo Aminta). Il pastore è votato alla morte fin dal
principio.
TIRSI
Ahi Aminta, ahi Aminta,
che parli? o che vaneggi? Hor ti conforta,
ch' un'altra troverai, se ti disprezza
questa crudele.
AMINTA
Ohimè, come poss'ìo
altri trovar, se me trovar non posso?
Se perduto ho me stesso, quale acquisto
farò mai che mi piaccia?(il personaggio diAninta si deliene come personaggio innamorato del
tempo. Aminta ha poerduto se stesso perché trasfuso nell’amata)
TIRSI
O miserello,
non disperar, che acquistarai costei.
La lunga etate insegna a l'huom di porre
freno a i leoni et a le tigri hircane.(Tirsi dice di avere pazienza)
AMINTA
Ma 'l misero non puote a la sua morte
indugio sostener di lungo tempo.(non posso reggere ancora)
TIRSI
Sarà corto l'indugio: in breve spatio
s'adira e 'n breve spatio poi si placa
femina, cosa mobil per natura
più che fraschetta al vento e più che cima
di pieghevole spiga. Ma, ti prego,
fa ch'io sappia più a dentro de la tua
dura conditione e de l'amore;
che se ben confessato m'hai più volte
d'amare, mi tacesti però dove
fosse posto l'amore. Ed è ben degna
la fedele amicitia et il commune
studio de le Muse (sono entrambi poeti)ch'a me scopra
ciò ch'a gli altri si cela.(Aminta è unpastore particolare. Da ora in avanti non saranno solo pastori
ricchi, ma gentile di sangue e di discendenza semidiva e saranno pastori poeti. I pastori del
Sannazaro sarranno sempre rozzi era il Sincero che ci riporatva in termini colti cosa facevano i rozzi
pastori, qui invece sono gli stessi pastori. Sono pastori quindi degni della tragedia. Questo
innalzamento dello stato sociale del pastore punta in direzione del tragico. Tirsi gli chiede
l’antefatto, nella drammaturgia del 500 la narrazione dell’antefatto ha il compito di risparmiarci
tempo.)
AMINTA
Io son contento.
Tirsi, a te dir ciò che le selve e i monti
e i fiumi sanno, e gli huomini non sanno.(questo perché come tutti i pastori delle egloghe si è
sfogato con la natura)
Ch'io son homai sì presso alla morte,
ch'è ben ragion ch'io lasci chi ridica
la cagion del morire, e chi l'incida
ne la scorza d'un faggio, appresso il luoco
ove sarà sepolto il corpo essangue;(abbiamo già la delineazione della tomaba.)
sì che tal'hor passandovi quell'empia
si goda di calcar l'ossa infelici
co'1 pié superbo, e tra sé dica:,Équesto
pur mio trionfo; e goda di vedere
che nota sia la sua vitoria a tutti
i pastor paesani e peregrini
che quivi il caso guidi; e forse (ahi, spero
troppo alte cose) un giorno esser potrebbe
ch'ella, commossa da tarda (tardiva)pietate,
piangesse morto chi già vivo uccise,
dicendo: O pur qui fosse, e fosse mio!
Hor odi.(abbiamo il solito finale di chier frecshe e dolci acque di Petrarca che toenrà ovunque.
Quindi l’asprazione di un futuro dopo la morte da parte di questi pastori dove la donna amata vada
alla loro tomba)
TIRSI
Segui pur ch'io t'ascolto,
e forse a miglior fin che tu non pensi.
AMINTA(racconta la storia di Carino)
Essendo io fanciulletto, sì che a pena
giunger potea con la man pargoletta
a côrre i frutti da i piegati rami
de gli arboscelli, (questo è Damone presso Virgilio)intrinseco divenni
de la più vaga e cara virginella
che mai spiegasse al vento chiome d'oro.
La figliola conosci di Cidippe
e di Montan, richissimo d'armenti,
Silvia, honor de le selve, ardor de l'arme?
Di questa parlo, ahi lasso; vissi a questa
così unito alcun tempo, che fra due
tortorelle più fida compagnia
non sarà mai, né fue.
Congiunti eran gli alberghi,
ma più congiunti i cuori;(vivevano praticamente insieme)
conforme era l'etate,
Ma 'l pensier più conforme;
seco tendeva insidie con le reti
a i pesci et a gli augelli, e seguitava
i cervi seco e le veloci damme:
e 'l diletto e la preda era commune(questa è la storia di Carino. Però è depurata di ogni crudeltà.
Priam di tutto Tasso è sintetico e non si lascia nadare a descrizione anzi sta potando le
drammaturgie finora viste. Questi sono ormai dei pastori evoluti e non rozzi e quindi non godano
più di certe cose. La caccia è un’attività quasi araldica e depurata di ogni carattere sanguinolento.)
Ma, mentre io fea rapine d'animali,
fui non so come a me stesso rapito.(colpito)
A poco a poco nacque nel mio petto,
non so da qual radice,
com'herba suol che da se stessa germini,
un incognito affetto
che mi fea desiare
d'esser sempre presente
a la mia bella Silvia;
e bevea da' suoi lumi
una strania dolcezza,(è una cosa che lui stesso non sa cposa sia)
che lasciava nel fine
un non so che d'amaro;
sospirava sovente, e non sapeva
la cagion de i sospiri.(definizione d’amore assolutamente lirica, sembra quasi un sonetto. Da ora in
poi i pastori si esprimeranno sempre così)
Così fui prima amante che intendessi
che cosa fosse Amore.(è una nascita d’amore che il personaggio non sa neanche definire è una
specie di istinto naturale.)
Ben me n'accorsi alfine: et in qual modo,
hora m'ascolta, e nota.
TIRSI
È da notare.
AMINTA
A l'ombra d'un bel faggio Silvia e Filli
sedean un giorno, et io con loro insieme,
quando un'ape ingegnosa, che cogliendo
s'en giva il mel per que' prati fioriti,
alle guancie di Fillide volando,
a le guancie vermiglie come rosa,
le morse e le rimorse avidamente:
ch'a la similitudine ingannata
forse un fior le credette. All'hora Filli
cominciò a lamentarsi, impatiente
de l'acuto dolor de la pontura:
ma la mia bella Silvia disse:Taci,
taci, non ti lagnar, Filli, perch'io
con parole d'incanto leverotti
il dolor de la picciola ferrita.
A me insegnò già questo secreto
la saggia Aresia, e n'hebbe per mercede
quel mio corno d'avorio ornato d'oro.
Così dicendo, avicinò le labra
de la sua bella e dolcissima bocca
a la guancia rimorsa, e con soave
sussurro mormorò non so che versi.
Oh mirabili effetti! Sentì tosto
cessar la doglia, o fosse la virtute
di que' magici detti, o, com'io credo,
la virtù della bocca
che sana ciò che tocca.
Io, che sino a quel punto altro non volsi
che 'l soave splendor degli occhi belli,
e le dolci parole, assai più dolci
che 'l mormorar d'un lento fiumicello
che rompa il corso fra minuti sassi
o che 'l garir de l'aura fra le frondi
all'hor sentii nel cuor novo desire
d'appressare alla sua questa mia bocca;
e fatto non so come astuto e scaltro
più de l'usato (guarda quanto Amore
aguzza l'intelletto!) mi sovenne
d'un inganno gentile (abbiamo l’inganno d’amore. Qiuesto sarà momento topico. Non è però un
inganno violento e fisico come accadeva nella precedente produzione.)
co 'l qual io
recar potessi a fine il mio talento;(anche lui vuole recare a fine i suoi desideri, ma tutta la rozzaze e
la lascivia dei comportamenti dei pastori precedenti qui abbiamo una forma di depurazione
sistematica delle azioni pastorali, in uso fino a questo momento.)
che fingendo ch'un'ape havesse morso
il mio labro di sotto, incominciai
a lamentarmi di cotal maniera,
che quella medicina che la lingua
non richiedeva, il volto richiedeva.
La simplicetta Silvia,(è ingenua come tutte le ninfe che si specchiano nella fonte)
pietosa del mio male,
s'offrì di dare aita
a la finta ferita, ahi lasso, e fece
più cupa e più mortale
la mia piaga verace,
quando le labra sue
giunse a le labra mie.(abbiamo la descrizione del bacio che arriva dalla lirica.)
Né l'api d'alcun fiore
còglion sì dolce il suco
come fu dolce il mele ch'all'hor colsi
da quelle fresche rose,(la metafora lirica del bacio è suggere il miele dalle labbra. Qui siamo ad un
trapianto di un modulo lirico conosciutissimo, cantato da tutti i madrigali dell’epoca all’interno d
una dimensione drammaturgica pastorale che non era questa, ma era che era molto più sbrigativa. È
l’Aminta che capovolge e offre ai letterati del tempo la dimostrazione che è possibile inventarsi un
nuovo genere teatrale, non la siolita tragedia o commedia. L’Ingegneri nel 98 osserverà che i due
generi non si rappresentano più perché la tragedia finisce male visto che le rappresentazioni si
facevano per eveneti lienti inoltre costavano tanto allestirle, le commedie non divertano più visto
che ci sono i comici dell’arte. Le commedie si vanno quindi solo a vedere per gli intermezzi. Quindi
ormai rimangono solo le pastorali perché simettono in scena in maniera facile, si mettono in scene
fatti onesti, mettono anche le vergini in scena la commedia invece mette amori disonesti in scena.
Tasso mostrava che queste pastorali nate in maniera sbrigative e come testi di rappresentazione
potevano avere dignità letterari e potevano assumere un valore letterario e quindi un vaolore
culturale alto. Le pastorali saranno ad appannaggio di nobili ch esi dilettano a scriverele comprese
le donne. Prime le donne al massimo scrivevano sacre rappresentazioni,. La pastorale diventerà
veramente quel territorio fra commedia e tragedia e grazie al fatto che Aristotele non ne aveva
parlato sarà anche libera da lacci normativi; diventando un terreno sperimentale. Tasso dimostra
quindi come questo sperimentalismo possa virare in direzione del tragico. Non a caso il Guarini
scrive una tragicomeddia pastorale riconoscendo la capacità delle selve di accogliere