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IL TEATRO GRECO

Gaia Antonini pag. 1

La parola italiana teatro e la parola greca théatron sono in stretto rapporto etimologico. Théatron è connesso etimologicamente con il verbo theàomai, che significa “io guardo”. Il teatro greco da completa visuale agli spettatori, cosa che non avviene nei teatri all’italiana, a ferro di cavallo, dove la visione non è uguale per tutti.

Il teatro greco poggia su un pedio naturale e la parte esterna viene rafforzata da un muro esterno. Il koilon (o cavea) è una gradinata che fa accedere ai sedili ma è anche potenzialmente esso stesso un insieme di sedili. All’interno del koilon le gradinate si suddividono in settori. La skené è una sorta di tenda di pelli che aveva funzione di camerino per gli attori, poi si sviluppò in legno forse per impedire la dispersione del suono. La skené, in sostanza, è una grande parte utile a chiudere lo spazio e impedire la

la trama) come ad esempio i mechane, delle gru utilizzate per far apparire o scomparire personaggi dal palcoscenico. Inoltre, erano presenti anche le periaktoi, delle strutture a forma di piramide che potevano ruotare per mostrare diversi scenari. Questi elementi contribuivano a creare effetti speciali e a rendere più coinvolgente l'esperienza teatrale. Nel complesso, il teatro greco era un luogo sacro e solenne, dove si svolgevano le rappresentazioni delle tragedie. La sua architettura e la disposizione degli elementi scenici erano studiate per garantire una buona visibilità e una buona acustica per il pubblico. La dispersione del suono era un aspetto importante da considerare, per permettere a tutti gli spettatori di sentire chiaramente le parole dei personaggi e del coro. In conclusione, il teatro greco era un luogo magico e suggestivo, dove la combinazione di architettura, scenografia e performance teatrali creava un'esperienza unica per il pubblico.

Quello che avveniva all'interno della tragedia). Vi erano due macchine importanti: la ghéranos = una sorta di gru che serviva per apparizioni in scena improvvise o uscite stupefacenti, es. quella di Medea sul carro del sole. Oppure l'ekkyklema = una macchina che girava, e ruotando, mostrava ciò che avveniva all'interno dell'edificio, solitamente quello che era vietato rappresentare sulla scena es. le morti per omicidi.

Nel teatro greco troviamo anche la macchina del tuono, che si creava posizionando dei sassolini all'interno di un'anfora.

Vi era un patto tra autore-spettatore tale per cui determinate convenzioni venivano facilmente accettate es. quella della macchina del tuono.

Gli attori: la tragedia, innanzi tutto, necessitava la presenza di un coro. L'attore inizia ad apparire dopo il 550 a.C. - Inizialmente abbiamo un solo attore (introdotto da Tespi), che dialoga con il coro. - Eschilo inserisce il secondo attore (deuteragonista),

Nel V secolo. Lo introduce nel senso che in Eschilo troviamo attesta la presenza del secondo attore, non è detto che l'abbia introdotto lui ma dopo Eschilo la presenza del secondo attore è un dato di fatto.

Sofocle (forse) inserisce il terzo attore (tritagonista). Sofocle, in realtà, ha consolidato una prassi che era già in atto: nel 458 il terzo attore in scena è un dato di fatto. Più di tre attori parlanti non possono stare in scena, si temeva che il discorso fosse incomprensibile. I tre attori devono quindi interpretare più ruoli. L'autore doveva far attenzione a non creare situazioni insostenibili all'interno della tragedia.

Recitano solo i maschi, anche per le parti femminili. Anche in età Elisabettiana, con Shakespeare, questa convenzione si mantiene.

Gli attori indossano maschere, non recitavano mai a volto nudo.

Portano calzature alte (coturni)

Devono recitare - intonare - cantare

Le maschere:

Si pensava, tradizionalmente, che le maschere fossero in terracotta, ciò però avrebbe reso molto difficile e faticosa la recitazione. Oggi si pensa invece che le maschere fossero esclusivamente in materiale organico. Si pensava che le maschere fossero in terracotta per l'amplificazione della voce, ma ciò è inutile perché la voce è possibile amplificarla con la tecnica, portandola negli zigomi e nelle cavità. - Prevedono l'applicazione di una parrucca (in lana). - Rendono universale l'individuo. - Permettono a un attore di sostenere più ruoli, anche un solo personaggio può aver bisogno di più maschere. - Possono essere mutate durante la rappresentazione. - Rendono credibile l'interpretazione di un ruolo femminile da parte di un maschio. - Rafforzano l'idea dell'unità del coro: tutti gli elementi del coro indossano una stessa maschera. Gaia Antonini pag. 3 - Probabilmente non servono a

Rinforzare la voce. Il coro: i coreuti (i membri del coro) si distinguono nella tragedia greca perché portano tutti la stessa maschera, configurando un organismo unico, un personaggio fatto di tante individualità che però si caratterizza per un'identità di pensiero e di gestualità. Il coro è il centro e il punto di partenza della tragedia greca. Non si dà una tragedia senza coro ma si può dare una tragedia con il coro come protagonista. Il coro si presentava come costituito da tante individualità, ma non ha preminenza. Interagisce con i personaggi ma difficilmente partecipa all'azione. Visivamente si configura per un'estrema compattezza. L'interazione del coro con i personaggi avveniva attraverso un individuo del coro, il corifeo.

- 12 coreuti all'epoca di Eschilo.

- 15 coreuti all'epoca di Sofocle.

- Canta e danza.

- "Personaggio collettivo".

- Soggetto a costante ridimensionamento.

Il coro ha avuto un ruolo significativo nel teatro drammaturgico per tutto il V sec. a.C. Tuttavia, tende a perdere importanza drammaturgica durante il V secolo fino a quando, in epoca romana, costituirà un elemento puramente musicale.

Il coro ha una relativamente esigua rilevanza drammaturgica, ad eccezione di alcune opere come "Supplici". Alcune eccezioni parziali includono "Orestea", "Edipo a Colono", "Troiane" ed "Eracle".

Il coro è portatore di un pensiero "tradizionale" e rappresenta la comunità. Invita a una certa moderazione.

I momenti principali del coro sono il PARODO (l'ingresso del coro) e gli STASIMI (interventi corali). Il coro interagisce con i personaggi e la sua presenza tende ad arrestare l'azione. La presenza del coro impone dei momenti di stasi all'interno della narrazione scenica. Negli stasimi, il coro commenta quanto avviene in scena, ampliando la vicenda e generalizzando. Spesso, il coro diventa portavoce del pensiero dell'autore. La stasi serve a concentrare l'attenzione su un messaggio e a creare una mediazione tra la narrazione e lo spettatore.

La tragedia nel V secolo ad Atene si svolgeva in uno spazio specifico, composto dalla scena e dalla cavea (il pubblico). La particolarità di questa forma teatrale è che non veniva narrata, ma agita direttamente sul palcoscenico, senza l'intermediazione di un narratore. Il percorso cognitivo del pubblico veniva svolto interamente dagli spettatori, ma il coro svolgeva un ruolo importante come mediatore. Il coro orientava e istruiva gli spettatori, che in quel periodo erano ancora principalmente una comunità prevalentemente orale e avevano bisogno di essere istruiti.

La tragedia rappresentava una forma di comunicazione attraverso la quale era possibile influenzare la mente del destinatario, spesso veniva utilizzata anche come strumento di propaganda politica. Il coro, in particolare, costituiva una sorta di bussola nella mente dello spettatore, guidandolo e orientandolo durante lo spettacolo. Inoltre, la tragedia aveva anche una ricaduta formativa sui destinatari, contribuendo alla loro educazione e formazione.

È possibile che i membri del coro si muovessero in tre file, ciascuna composta da tre elementi. Durante lo spettacolo, il coro eseguiva diverse tipologie di danze, alcune ipotizzano che danzassero in modo circolare ma non solo. La danza del coro era probabilmente un elemento importante per coinvolgere emotivamente gli spettatori e creare un'atmosfera suggestiva.

In relazione col contenuto del canto, o addirittura con l'azione. Qualcuno ha supposto che il coro potesse addirittura mimare le azioni che avvenivano nella tragedia. Il poeta stabiliva la coreografia e componeva la musica. Il poeta, Euripide sicuramente, istruiva il coro ad orecchio ripetendo quello che il poeta cantava. Il coro era accompagnato dall'aulos, uno strumento ad ancia ed aerofono. Il tubo dello strumento era fatto di osso o di legno, l'aulos veniva spesso associato al delirio dionisiaco (la tragedia greca e Dioniso sono in stretto legame). L'aulos è veicolo di furor, follia, musicale. Solitamente l'aulos era l'unico strumento, anche se talvolta poteva venire coinvolta anche la lira. L'aulos è lo strumento tragico per eccellenza ma, a seconda delle melodie che intona, può essere lugubre, barbaro, allegro, dolce... è uno strumento molto versatile, così come devono essere gli interpreti della

tragedia. Nel corso del V secolo, la complessità musicale delle parti affidate al coro si fa crescente e si comincia a richiedere maggior preparazione sia al coro che agli attori. Inizia ad esserci una crescita nella professionalità dei coreuti e nei suonatori. La tragedia greca è uno spettacolo che Wagner definirà "totale": la parola, la musica, il canto, la danza e l'aspetto visivo sono uniti così come mai più si riuscirà a ripetere. (Gaia Antonini pag. 4) Il primo stasimo dell'Antigone: Siamo nel momento in cui avviene il discorso tra Creonte e la sentinella, è un momento molto teso: l'indagine sul seppellitore del cadavere di Polinice (considerato traditore) che non può essere sepolto, Creonte vuole scoprire l'artefice del fatto. La sentinella si precipita ad eseguire gli ordini di Creonte, l'azione si ferma e il coro canta il suo stasimo portando la vicenda a un livello universale. Il corovolge lo sguardo all'extraordinarietà dell'uomo rispetto alla sua abilità di navigare, di coltivare la terra, di dominare la natura, di piegare tutto al proprio volere. Il coro elogia ogni capacità dell'uomo. Il messaggio di questo stasimo è: l'uomo ha tutte queste straordinarie caratteristiche ma tutta questa straordinarietà non è né buona né cattiva. Tutta la straordinarietà dell'uomo deve essere subordinata a un principio di bene, altrimenti non serve a nulla. Il messaggio del coro è, in questo caso, un avvertimento politico a fine propagandistico, comunicativo. Il problema della destinazione nella tragedia greca Le ipotesi a riguardo sono varie, c'è chi dice che era aperto a tutti i cittadini e chi no. Virtualmente tutti i cittadini potevano far parte del pubblico ma con alcune cautele. Plutarco ci dice che Pericle introdusse la pratica dei due oboli per ogni seggio, così.garantire il posto ai meno abbienti. Nel Vsecolo il governo cerca di far si che la partecipazione allo spettacolo fosse eterogenea. Il governo pagava il biglietto a
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A.A. 2019-2020
38 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gaia_1999 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura Classica e comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Montenz Nicola.