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Estratto del documento

CIAMBA FRANCESCA

Il giurista riesce così a creare un diritto vicino alla società. Egli deve però essere in grado

di convincere il suo uditorio che le scelte da lui proposte corrispondono alle esigenze della

comunità. Un giurista non credibile è un giurista che non serve a nessuno, infatti in questo

momento il giurista è la figura più ascoltata.

Il ruolo dell’equitas medievale

L’equitas è intesa come fonte di giustizia. È un parametro ideale di giustizia. Il concetto di

equitas emerge dopo che ci si è posti il problema di come adattare il testo giustinianeo,

già vecchio di 6 secoli, alla realtà altomedievale, completamente diversa. Ci sono due tipi

di equitas:

- Rudis

- Constituita

Sorge poi il problema di come bisogna comportarsi se la norma del corpus iuris è in

contrasto con i principi dell’equitas. La scuola di Bologna sembrava essere polarizzata su

due fronti:

- Bulgaro e Irnerio: sostenevano che il giurista non potesse disapplicare la norma.

- Martino: sosteneva che il giurista potesse disapplicare la legge e, nel caso, crearne una

nuova.

Le posizioni erano diverse perché all’interno del corpus erano presenti due testi

contrastanti:

- Lex inter: in caso di conflitto tra equità e legge bisognava chiedere all’imperatore

- Lex plaquit: in caso di conflitto tra equità e legge vince sempre l’equità

Inizialmente si pensava avesse vinto la posizione sostenuta da Martino perché altrimenti il

diritto giurisprudenziale si sarebbe fermato. In realtà l’atteggiamento del giurista

medievale è tale per cui tutte i passi devono essere convalidati non si può eliminare un

passo rispetto a un altro, bisogna trovare una applicazione per tutti e due. È quello che ha

fatto Bulgaro: come principio generale si applica la lex inter ma in alcuni casi bisogna fare

spazio all’ equitas applicando al lex placuit quando ed esempio c’è un contrasto tra verba

legis e ratio legis. Le due norme vengono quindi convalidate: significa che l’equitas agisce

sempre nel rispetto di una norma già esistente. Secondo l’idea di Martino infatti, si correva

il rischio che ognuno si creasse un equitas personale.

L’età dei post accursiani (1250-1300)

Un altro problema che emerge in questo contesto è la garanzia dell’ordine pubblico.

Questo problema non viene però affrontato ex cattedra, non sono i docenti bolognesi ad

occuparsene dato che dal momento in cui circola la Magna glossa, sembra che i giuristi

non abbiano più argomenti: tutto è compreso nel corpus iuris e nell’opera di Accursio. La

società però avanza e si pongono problemi nuovi. La nuova società, in mano ai comuni

dopo la pace di Costanza, deve risolvere il problema dell’ordine pubblico.

Emersione del diritto penale pubblico

Alberto da Gandino è un giurista non professore che viene ricordato per due opere. Nella

vita ricopre le cariche di assessore ad maleficia e di podestà. Queste cariche erano affidate

solitamente agli stranieri in modo che non potessero essere corrotti dai cittadini. Erano

inoltre controllati da un organo che se dimostrava la loro corruzione li condannava a

morte. Alberto da Gandino è stato anche giudice a Perugie e giudice ad maleficia a

Bologna. Scrive il Tractatus de maleficiis, un trattato di diritto e di procedura penale.

Questo trattato prende forma nel clima bellicoso instaurato nelle città italiane negli ultimi

decenni del 1200.

Tractatus de maleficiis

Emerge la necessità dei comuni che ci sia una figura che proceda ex officio. La giustizia

penale non piò più prescindere dalla denuncia dei singoli cittadini che molto spesso sono

intimiditi e minacciati. Bisogna superare il corpus iuris ammettendo, a fianco del processo

accusatorio, il procedimento inquisitorio. Il processo penale pubblico deriva dal processo

inquisitorio effettuato dalla chiesa.

La prima parte del trattato è dedicata al procedimento accusatorio. Viene poi descritto il

processo inquisitorio, gli indizi sufficienti per la tortura, le transazioni…

CIAMBA FRANCESCA

Il processo inquisitorio si basa sulle prove legali. In presenza di queste prove il giudice

condanna il convenuto alle pene ordinarie. La regina delle prove è la confessione che deve

essere sempre volontaria anche se estorta. La confessione viene estorta frequentemente

con la tortura che viene vista come un mezzo di prova per arivare alla confessione. Nel

giorno successivo alla tortura, il

cancelliere e il giudice si recano dal torturato che può ratificare la confessione estorta. Se

non ratifica viene torturato nuovamente. Nell’ipotesi in cui il torturato continui a non

ratificare, la tortura non può andare avanti all’infinito. Nel corpus iuris sono presenti due

passi antinomici sulla confessione. Nel primo si diche che la confessione è sufficiente per

essere giudicati mentre nel secondo si dice che oltre alle confessioni bisogna tenere conto

di altre prove. La prima fonte viene utilizzata come principio del processo inquisitorio

mentre la seconda regola l’istituto della ratifica. Dopo quindi un massimo di 2 o 3 volte, il

giudice non poteva più autorizzare la tortura e, a meno che non ci siano altri indizi, deve

assolvere l’imputato. La tortura inoltre non deve provocare la morte dell’imputato.

Un’ulteriore prova legale è la deposizione concorde di due testimoni. Un solo testimone

non basta come prova legale (unus testis, nullus testis).

Un’altra prova legale è la presunzione legale irrefragabile.

Gandino interviene per venire incontro all’esigenza dei comuni. Egli contesta il principio

romanistico secondo il quale nessuno può essere costretto a sporgere un’accusa contro la

sua volontà (nemo invitus accusare): se i parenti di una vittima di omicidio non

denunciano il colpevole per “timore della sua potenza. il podestà “fa bene” a costringerli a

presentare un’accusa. La massima fondamentale è ‘expedit republice ne maleficia

remaneant impunita’. È necessario, per il comune in questo caso, non dare il cattivo

esempio con l’impunità. La certezza della repressione. E perché l’ordine pubblico venga

garantito è necessario che il podestà possa agire ex ufficio.

Un secondo post-glossatore

Rolandino de Passeggeri scrive un’opera per notai, Summa artis notarie, grazie alla quale

l’arte notarile viene considerata una scienza. Egli sosteneva che oltre alla pratica, fosse

fondamentale anche la dottrina. Da semplici cancellieri, i notai diventano i migliori giuristi

sulla piazza.

Un terzo post-glossatore

Guglielmo Durante, giurista francese, scrive un trattato sul processo civile, lo Speculum

iudiciale divenuto poi Speculum iuris. In breve tempo cambia titolo perché restituisce lo

sforzo compiuto da questo giurista francese. Cioè è riuscito a esaminare non solo il

processo civile ma anche tutti gli aspetti di diritto sostanziale che si legano e che sono

collegati al processo. Quindi ha ragionato intorno anche alle categorie civile, ecco perché

lo specchio del diritto. Diventa per antonomasia lo speculator ovvero colui che è in grado

di avere consegnato ai suoi contemporanei uno specchio, un’analisi acuta della

dimensione processuale e sostanziale del diritto civile.

Il Trecento, l’età aurea del diritto giurisprudenziale

Nell’università di Bologna, si continuava a insegnare il diritto utilizzando la Magna glossa

di Accursio. Alla domanda di uno studente che chiedeva se si potesse usare la teologia per

interpretare il corpus iuris, Accursio risponde autarchicamente che il giurista si deve

giovare esclusivamente della Magna glossa. Tutto si rinviene all’interno del corpus iuris.

Si verifica quindi un fenomeno di chiusura che produce una stagnazione. Tra il 1250 e il

1300, l’università italiana appare statica. La società trova nei notai, nei penalisti e nei

civilisti, le figure che riescono a rispondere al bisogno di effettività, ovvero la necessità di

risposte da parte

dell’ordinamento in ordine alle esigenze nuove della società stessa. Il sipario sui glossatori

si chiude.

La scuola del commento

Perché qualcosa di nuovo si sprigioni, è necessario cambiare contesto. Questo qualcosa di

nuovo è rappresentato da una piccola realtà, una piccola università francese ad Orleans.

In Francia si trova l’università di teologia di Parigi. Emerge la necessità che anche i chierici

conoscano il diritto romano. La chiesa pensa quindi di istituire un’università per la

CIAMBA FRANCESCA

formazione di chierici giuristi e per questo motivo, dopo l’autorizzazione papale, intorno al

1234/1235 nasce l’università di Orleans. Solo in questa università viene concesso ai

chierici di studiare il diritto civile. Questi giuristi utilizzano la teologia, le glosse scartate da

Accursio e logica nova di Aristotele.

La scoperta della logica nova non significa che ci sia una cesura tra glossatori e

commentatori. I commentatori infatti utilizzano lo stesso metodo ma ulteriormente

potenziato. Entrambi utilizzano il metodo dialettico ma i giuristi di Orleans lo conoscono

tutto.

I principali giuristi dell’ambiente francese sono Jacques de Revigny e Pierre de Belleperche.

Essi commentano il corpus iuris con una mentalità in parte diversa da quella di Accursio.

Per i glossatori il corpus iuris era un complesso di norme poste in successione. Per i

commentatori invece il corpus iuris si presenta come una miniera dalla quale ricavare le

rationes nuove. Non c’è dunque qualcosa di tecnicamente nuovo ma c’è una nuova

mentalità. Presentando il corpus iuris come una miniera di rationes significa che il corpus

ha qualcosa di latente e che può essere ulteriormente espanso.

Parlando degli strumenti dei glossatori, ci sono una serie di operazioni che vanno sotto il

nome di modi arguendi. Uno tra questi modi arguendi è l’argumentum a fortiori. È uno

strumento usato da tutti i giuristi solo che nelle mani dei commentatori diventa uno

strumento che consente di sviluppare diritto nuovo.

Esempio di scuola che fa Jaques:

riguarda un esempio concreto. Fino al 1865 vigeva un obbligo in capo al padre della sposa,

cioè l’obbligo di dotare le figlie. La dote veniva corrisposta dal padre per sostenere il peso

del matrimonio.

Si ponevano due casi:

1. la dote veniva consumata tutta, risultava insufficiente (pieno utilizzo della dote)

2. il marito, futuro sposo non aveva richiesto la dote (come controprestazione allo dato che

il padre dava il marito era obbligato mantenere la moglie)

Dettagli
A.A. 2017-2018
22 pagine
6 download
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francescaaciamba di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Solimano Stefano.