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ANALISI CONNOTATIVO-PARADIGMATICA

Tra i tanti legami paradigmatici, noi ne useremo uno che ci farà parlare di altre due

scuole filosofiche (per ora Cicerone portatore di istanze stoiche o scettico-stoiche,

come in questo caso): pitagorismo e dall’insegnamento di Empedocle. Vedremo

dunque quali sono le radici di questo testo. La prima cosa da fare quando ci si avvicina

a un testo è distinguere l’argomento principale e il tema principale. La caccia non è

l’argomento principale in questo testo, anche se presente, è un argomento secondario.

L’argomento primario è l’indole del diritto, di cui viene negato il radicamento nella

natura da Filo: il diritto non è di origini naturali. Tuttavia in questo testo c’è, anche se

non esplicitamente, il ricorso a un argomento secondario che ha a che fare con il

mondo venatorio: la violenza contro un animale, nella fattispecie la caccia, sarebbe un

delitto (scelus). Nell’espressione del tema usiamo il condizionale come fa Cicerone

(usa gli infiniti), questo condizionale serve a segnalare la presa di distanza dell’autore

dalle fonti da lui citate con sferzante e feroce ironia.

Considerazione del rapporto con l’animale e della caccia nell’ottica pitagorica ed

empedoclea, ottica che a Roma in quel periodo stava avendo successo, il che forse

conferisce alle affermazioni di Filo l’ottica di velate punture contro opere filosofiche.

Pitagorismo e insegnamento empedocleo conoscono una rinascita nella Roma di

Cicerone:

1) Publio Nigidio Figulo, contemporaneo di Cicerone, cui l’oratore riconosce

il merito di aver rifondato a Roma la scuola pitagorica, dopo che questa si

perciò ritengo che dopo che

era estinta nei secoli precedenti: Timeo 1,1:

quei nobili pitagorici, la cui dottrina era andata del tutto perso, dopo

essere stata in auge per tanti secoli in Italia, venne costui a resuscitarla.

A Nigidio spetterebbe questo merito.

Obbedendo a questa interpretazione ciceroniano, gli stoici della filosofia

fanno cominciare qui il neopitagorismo, la terza stagione del pitagorismo

(I a.C.- II d.C.), ultima fase di un movimento che prevede una fase antica

(VI-V a.C.) e una fase di medio pitagorismo (III-II a.C.). Quali sarebbero i

caratteri dell’insegnamento pitagorico che Nigidio avrebbe resuscitato?

Di Pitagora e del suo insegnamento sappiamo pochissimo perché oltre

alla penuria di notizie che riguarda tutti i filosofi di età arcaica si

aggiunge una precoce placcatura dell’agiografia: pare fosse originario

dell’isola greca di Samo, ma si traferì nell’Italia meridionale nella seconda

metà del VI secolo a.C. Pare che si sia limitato all’insegnamento orale; le

opere tradite verosimilmente sono degli apocrifi tardo antichi, ci sono

giunti 3 libri con un compendio della sua filosofia e una raccolta di VERSI

AUREI, cioè sentenze in versi a lui attribuiti. A Crotone avrebbe fondato

una sua scuola: il pitagorismo e la scuola pitagorica rappresentano un

unicum perché le scuole pitagoriche che poi si svilupperanno non

assomigliano alle altre scuole filosofiche, scuole che hanno il profilo di

una comunità scientifica: discepoli intorno a un maestro, con una

gerarchizzazione anche all’interno del discepolato: la scuola filosofica

antica era molto simile a un team di ricerca scientifica dei nostri giorni.

La scuola di tipo pitagorico non era così: in fondo i pitagorici sono, mutati

smutandi, l’equivalente della massoneria settecentesca (sapere elitario e

comunanza di vita di conseguenza e nasce come deista, oggi è un club

selettivo, segreto, dove puoi trovare gente utile per conoscere chi si deve

conoscere): le scuole pitagoriche sono simili, ma con un allineamento

diverso: il lineamento tipico è un lineamento mistico; tre allineamenti di

tipo religioso: ricerca della salvezza escatologica; guida a quella meta da

parte di un maestro; pratica di una rigida ascesi, che includeva da

particolari dettami alimentari, comportamentali e pratica di alcune

discipline che erano ritenute catartiche, come la musica che purificava

l’anima da certe passioni o l’aritmetica e la geometria, che venivano

assiduamente coltivate, e soprattutto la filosofia. La filosofia non è per

loro quindi una scienza fine a se stessa, ma è il mezzo per raggiungere il

fine, cioè la purificazione dell’animo. Altro carattere distintivo è la ---

collettiva, senza per esempio legare al proprio nome una data disciplina:

non è per esempio possibili distinguere quanto è di Pitagora. L’accesso

alla scuola pitagorica era limitato e controllato: secondo Giamblico,

filosofo neoplatonico, autore di una Vita pitagorica, questo era l’itinerario:

la domanda dell’aspirante era sottoposta da un accurante vaglio da parte

del maestro, il quale iniziava ad indagare l’ambiente familiare e amicale

da cui il candidato proveniva, superata questa fase il postulante era

lasciato in attesa per 3 anni per saggiarne la costanza, dopo 3 anni se

costui ancora persisteva era ammesso nella scuola in qualità di uditore

degli insegnamenti del maestro, fase che durava per 5 anni, in cui egli

ascoltava in rigoroso silenzio, senza neppure poter vedere il maestro, che

gli era nascosto da una tenda oscura che si frapponeva fra discepoli e lui,

e non poteva neppure fare domande o esprimere la propria opinione.

Differenza tra messaggio e autore del messaggio: qui il discepolo

imparava che una cosa è la verità che veniva detta e una cosa la persona

che la diceva. Questa tenda tra l’altro è alla base della forma proverbiale

IPSE DIXIT, sigillo oracolare con cui si concludeva la lezione del maestro:

lui atemporale, il maestro che io non conosco. Già in questo periodo i

beni del discepolo erano incamerati dalla scuola, messi in comune e

amministrate da appositi funzionari. Chi restava fino alla fine diventava

da essoterico a esoterico e veniva ammesso ad ascoltare il maestro

dietro la tenda, seduto intorno a lui e aveva facoltà di parola e di

discussione con il maestro. Tutti gli insegnamenti erano tutelati

dall’obbligo di silenzio: gli scritti dei pitagorici furono riservati agli

esoterici per un paio di secoli. La prima pubblicazione avvenne soltanto

nel V secolo, al tempo di Socrate, quando un pitagorico, in un periodo in

cui la scuola pitagorica era in crisi perché avvertita come una comunità

con importanti ricadute di tipo politico, Filolao, venendo da Atene, per

campare dovette vendere a caro prezzo gli insegnamenti di Pitagora. A

trattare la diffusione dei 3 libri c’era un mercante, che agisce su mandato

di un aristocratico, Platone, il primo che avrebbe messo le mani su

questo patrimonio, comprandolo da Filolao. Ma una scuola di questo tipo

è veramente verosimile nella Roma di Cicerone? Quale pitagorismo

resuscita a Roma? Questa è compatibile con la politica, la cultura, la

società romana? 14 marzo 2017

Lettera 108 di Seneca: non è scorretto dal punto di vista formale, ortografico, ma è

sconcio dal punto di vista grafico (Latin Library).

Rapporto con l’insegnamento pitagorico-empedocleo circa il rapporto uomo-animale.

Pitagora ed Empedocle sono rappresentati come degli estremisti dogmatici. Questo

cenno è probabilmente qualcosa di più di un generico riferimento ad un’auctoritas

perché Pitagora ed Empedocle erano due pensatori che stavano vivendo un nuovo

rinascimento presso il pubblico romano. Cicerone sta scagliando i suoi dardi polemici

contro alcuni intellettuali che si abbeverano a queste fonti.

Timeo 1,1: si citava Nigidio Figulo come colui che avrebbe avuto il merito di

resuscitare la scuola pitagorica e i suoi insegnanti, che era andata persa. Quali erano i

caratteri in antico (cioè VI-V secolo a.C.) della scuola pitagorica che Nigidio avrebbe,

secondo Cicerone, resuscitato? I pitagorici erano una scuola sui generis e tali

apparivano già ad Aristotele e agli altri, perchè non erano un team di ricerca quanto

una società segreta di stampo mistico, che non concepiva la filosofia come il fine, ma

come uno strumento di salvezza escatologica, di tipo catartico, di purificazione

interiore, per la salvezza dell’animo. Una società segreta di stipo misticheggiante che

aveva un modus operandi affatto diverso da quello delle altre scuole filosofiche, in cui

il singolo scompariva nella massa dei filosofi della scuola, non era possibile distinguere

il contributo alla ricerca filosofica del singolo dal sapere degli altri filosofi, tanto che

tutto ciò che ci è giunto, appartenente alla fase antica del pitagorismo, è stato

attribuito a Pitagora, ma sicuramente parte di queste sono dovute al contributi di altri

appartenenti alla scuola. È realistico pensare che questo tipo di scuola sia stato

resuscitato da Nigidio a Roma? Veramente Nigidio può avere ridato vita ad un antico

cenacolo pitagorico? No, per due motivi, uno di tipo culturale e uno di tipo politico:

sembra difficile supporre che l’antico modello di scuola pitagorica abbia trovato

cittadinanza a Roma per 1) la fisionomia generale del pensatore filosofico a Roma in

età repubblicana e imperiale fino al tardo antico: a Roma in età repubblicana fino a età

inoltrata (III secolo d.C.) non esistono scuole filosofiche in senso ellenico, cioè

comunità scientifiche istituzionalizzate e gerarchizzate, che abbiano al loro interno uno

scolarca riconosciuto, autorità a loro riconosciute, discepoli ammessi alla scuola. Al

posto della scuola Roma conosce il CIRCOLO, cioè non un’istituzione accademica, ma

un gruppo di amici, un gruppo di pari dal punto di vista sociale innanzitutto, membri

dell’elite dirigenziale romana, della nobilitas o del ceto equestre, pari dal punto di vista

delle sorti economiche, cittadini molto abbienti, pari dal punto di vista degli interessi

culturali, uniti cioè da quella dimensione opposta al negotium (attività economica e

politica) nell’otium (= lo spazio dell’attività intellettuale, dello studio, della riflessione,

sottratto al negotium= nec otium). Circolo degli Scipioni: non comunità gerarchizzata,

ma piuttosto una raccolta di amici, all’interno dei quali non c’è uno scolarca e non ci

sono discepoli, lo spazio della formazione è estraneo, è precedente all’ingresso nel

circolo. I filosofi romani, Cicerone in primis, se palesavano la propria adesione ad una

scuola filosofica ellenica, come fa Cicerone nei confronti dell’accademia, non

aderivano per questo a una filiale romana inesistente dell’accademia o del peripato,

ecc. A Roma il filosofo è un singolo che condivide la propria passione con amici, ma

non è un uomo di scuola, come era invece in Grecia. A Ro

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
54 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marti3003 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Rivoltella Massimo.