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Estratto del documento

La novella rivolge una critica allo sfruttamento delle false reliquie da parte degli ecclesiastici che

sfruttano la credulità popolare, pratica assai diffusa nel Due-Trecento.

Chichibio e la gru [VI Giornata]

Protagonista è il cuoco Chichbio che si fa convincere da Brunetta, la donna di cui è innamorato, a cederle una coscia

della gru che ha cucinato per il suo padrone, Currado Gianfigliazzi. Quando a cena viene notata la mancanza, Chicchirio

sostiene solidamente che questi animali hanno una sola zampa e si offre di darne prova il giorno dopo. Fortuna vuole

che egli avvisti alcune gru che sostano, dormendo, su un solo piede; ma il suo vantaggio è di breve durata perché le

bestie, spaventate da un grido di Currado, fuggono sfoderando la seconda zampa. Messo di fronte alla realtà, Chichibio

osserva che Currado avrebbe dovuto urlare anche la sera prima per ottenere la seconda coscia. La risposta

piacevolmente amena piace a Currado, che depone ogni sua ira.

Macchiavelli

Nato nel 1469 a Firenze e morto nel 1527 sempre a Firenze.

La lettera del 10 dicembre 1513

Tra le lettere a Vettori durante la sua permanenza all’Albergaccio, è particolarmente importante in

quanto ricaviamo preziose informazioni su come era Macchiavelli, sulla sua vita in un momento

particolare e difficile, sia perché fornisce la prima notizia della composizione de Principe,

spiegandone l’origine ideale e offre brevi indicazioni sul suo contenuto, sia per la vivacità e varietà

dello stile, pluralità di registri formali.

Il Principe

Composto nella seconda metà del 1513 è un trattato di scienza politica in cui per la prima volta la

politica e le leggi sono individuate nella loro autonomia senza nessuna intrusione di un ‘’dover

essere’’ slegato dalla realtà. Vi si delinea la figura di un Principe ideale, la cui azione politica è

mossa sal fine superiore della creazione e della conservazione dello Stato. Dal Principe, dedicato

a Lorenzo De’ Medici, Macchiavelli si aspettava di riguadagnare i favori della potente famiglia, in

modo tale da tornare all’azione. Ciò non è così, anche perché loda le azioni di Cesare Borgia che

sono un modello improponibile per qualsiasi altra Signoria.

E’ composto da 26 capitoli, in pochi mesi, più la lettera dedicatoria. E’ scritto in prosa, in un

fiorentino molto particolare e riconoscibile. Distinguiamo 4 grandi sezioni:

I-XI Prende in esame diversi tipi di Principato (tra repubbliche e principati) e spiega come si

conquistano, come si conversano e come si perdono. Per mantenere il potere o si distruggono, o ci

si abita personalmente oppure non si modifica il loro assetto politico, riscuotendo un tributo e

creandovi un governo oligarchico amico. Nel cap. VII il Duca Valentino si dimostra il principe

ideale: i principati che si acquistano per merito della fortuna sono i più difficili da mantenere e

solamente un principe pieno di virtù politica sarà in grado di farlo. Due esempi sono Francesco

Sforza e Cesare Borgia, il duca Valentino. Nei paragrafi descrive in maniera particolareggiata le

azioni di Cesare B. traendone gli insegnamenti politici: Cesare diventa signore della Romagna

grazie alle manovre di sua padre Papa Alessandro VI e rende subito innocui gli Orsini (milizie

infide) e legando a sé i loro partigiani. Unificò le terre di Urbino, pacificando la Romagna

guadagnandosi il favore del popolo. Il problema principale del Duca era il futuro, come conservare

il potere dopo che suo padre fosse morto, nel caso di un successore Papa ostile. Decise quindi di:

eliminare la discendenza delle persone a cui aveva tolto i domini, legare a sé l’aristocrazia romana

così che andasse contro il Papa, nel caso, condizionare l’elezione del Papa, acquistare uno

strapotere. Se non che, nel momento in cui Papa Alessandro VI morì, anche lui si ammalò,

permettendo l’elezione di un Papa acerrimo nemico dei Borgia.

XII-XIV Trattano dell’ordinamento militare che Macchiavelli considera uno dei fondamenti

dell’esistenza politica di uno Stato. Critica sia le milizie mercenarie che quelle ausiliarie, a cui poi si

resta particolarmente legati da favori. Solo le proprie armi, sudditi e cittadini, garantiscono

sicurezza e una continua preparazione alla guerra. Machiavelli enuncia il suo programma di ricerca

della ‘’verità fattuale’’: il principe deve saper essere, all’occorrenza, non buono, visto che tanti nel

mondo sono non buoni. Nel principe tutto deve concorrere alla salvezza dello Stato e alla sua

conservazione. Virtù e vizi per salvaguardare lo Stato non devono essere guardati sotto sguardo

morale, ma secondo la loro funzione salvifica.

XV-XXIII Primo piano sulla figura del Principe, una rassegna sulle virtù che un buon principe deve

possedere. Elenca delle regole di comportamento sulla parsimonia, la liberalità, la crudeltà e la

pietà, fedeltà e infedeltà della parola data. E’ meglio essere temuti e rispettati per conservare il

potere. Quando è a capo di un esercito deve assolutamente essere crudele (come Annibale). Non

è necessario essere leali perché l’esperienza insegna che chi ha agito in modo sleale è andato più

lontano. Ci sono due modi di combattere: con le leggi (uomo) e con la forza (bestie). Deve essere

astuto e violento, non deve tener fede alla parola data se da ciò derivano danni. E’ meglio che il

Principe simuli di avere pietà, fedeltà, umanità, lealtà e religione piuttosto che averle davvero. Il

principe non abbandoni la via del bene, ma quando è necessario sappia seguire quella del male.

Esempio di Alessandro VI che seppe ingannare, simulare, riuscendo sempre nei suoi intenti

perché sapeva che avrebbe avuto successo in questo modo. Il principe simuli quindi le 5 facoltà

sopra riportate e soprattutto la religione, perché gli uomini si fermano alle apparenze e il dovere

politico del principe è vincere e mantenere lo Stato, solo conta quello, tanto più che il popolo ignaro

giudicherà sempre le apparenza (di un principe gentile) e loderà il successo.

XXIV-XXVI Situazione generale dell’Italia, fino all’esortazione a liberare il territorio italiano dagli

stranieri. Chiarisce il rapporto tra fortuna e virtù. Dice che gli uomini non possono opporsi al potere

della fortuna e che tanto vale lasciarsene governare. La fortuna è potente quando non trova una

virtù preparata a resisterle, proprio l’assenza di quest’ultima è la causa delle recenti variazioni in

Italia. La fortuna varia mentre negli uomini la natura è immutabile, quando le due cose concordano

sono felici, altrimenti infelici. Ma la fortuna è donna quindi può essere domata con la furia dei

giovani. Invocazione a un ‘’principe redentore’’ affinché crei uno Stato forte. La fortuna contraria ha

impedito fino ad ora una redenzione ma ora si può fare e qualcuno deve farlo (i Medici). Finora la

virtù militare italiana è stata spenta quindi bisogna riattivarla e cogliere l’occasione di uno Stato

unitario.

Ariosto

Nato a Reggio Emilia nel 1474 e muore nel 1533.

L’Orlando furioso

La sua redazione ha occupato l’intera vita dell’autore sin dal 1505. Lo aveva concepito come

seguito dell’Orlando innamorato scritto da Boiardo. La prima edizione risale al 1516 ma volle

uniformare la veste linguistica del poema, modificandola prima nella seconda edizione del 1521 e

infine dell’edizione definitiva del 1532 pochi mesi prima della sua morte.

Sul piano formale è scritto in ottave in rima, che sembrano naturali ma non lo sono. Ha la tendenza

a inserire nell’intreccio principale numerose e ampie digressioni soprattutto di argomento amoroso.

Tre filoni di intreccio:

- epico: la guerra tra i cristiani guidati da Carlo Magno e i saraceni guidati da Agramante e

Marsilio.

- sentimentale: Orlando, il valoroso eroe tormentato dall’amore per Angelica che abbandona il

campo di battaglia per cercarla. In Normandia aiuta Olimpia a ritrovare il suo amante e la salva

da un’orca che voleva divorarla. Finisce poi prigioniero nel castello del mago Atlante dove

compare e scompare ciò che uno desidera. Alla fine Angelica arriva davvero, come l’eroe spera,

e lo libera, insieme a Sacripante e Ferraù che erano prigionieri anche loro e riprendono i

inseguire la bella. Orlando sconfigge i suoi nemici e arriva nel bosco dove si è consumato

l’amore tra Angelica e il giovane saraceno Medoro, Orlando impazzisce. Il paladino Astolfi si

reca così sulla luna per ritrovare la sua ragione. Orlando riacquista la ragione e con Astolfi

conquista Biserta accettando un duello proposto da Agramante. Lo uccide insieme a Gradasso

(altro nemico) e i cristiani vincono.

- celebrativo: focus su Ruggiero e della guerriera cristiana Bradamante che otterrà la conversione

di Ruggiero al cattolicesimo, dalle loro nozze si origineranno gli estensi.

L’ironia e lo scherzo segnano il limite tra gli alti voli di fantasia e il brusco richiamo alla realtà

contemporanea. Cambia continuamente argomenti per tener desta l’attenzione del lettore.

Confrontando le tre edizioni si nota un eliminazione dei toni troppo duri, delle eccessive

descrizioni. Interpreta benissimo il proprio tempo.

Canto I [ottave 1-9]

Inizia con una protasi che annuncia la materia del poema e ne indica i destinatari. Subito dopo

Orlando è presentato Ruggiero. Riepilogo dell’Innamorato: la vicenda si arrestava alla conclusione

della battaglia tra cristiani e saraceni con la fuga di Angelica.

Canto I [ottave 10-32]

La fuga di Angelica dalle tende cristiane dov’era sorvegliata da Namo di Baviera diviene il centro

della nuova azione. L’incontro della donna con Rinaldo e con Ferraù e poi con Sacripante, tutte

vittime del suo fascino. Rinaldo la vede per prima, lei scappa a cavallo e arriva al fiume dove

Ferraù si sta riposando. I due iniziano a lottare per contendersela e intanto questa scappa. Si

placano quindi e si uniscono, sullo stesso cavallo, per rincorrerla: quando l’avranno presa se la

ricondenderanno in battaglia. Arrivano a un bivio e Rinaldo va da una parte e Ferraù dall’altra:

quest’ultimo si ritrova di nuovo al fiume dove a questo punto cerca di recuperare il suo elmo finito

in fondo al fiume. Compare quindi Aragalia (fratello di Angelica), un fantasma con in mano l’elmo di

Ferraù, che era però stato suo. Ferraù l’aveva perché se l’era tenuto invece di mantenere la

promessa di gettarlo insieme al corpo e il resto dell’armatura nel fiume, dopo che l’aveva ucciso. Il

fantasma gli dice di prendersi quello di Orlando, o di Rinaldo o di un certo Almonte.

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Publisher
A.A. 2014-2015
24 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elena_Co di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Ferro Roberta.