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MANIFESTAZIONE.
L’epifania di Beatrice è il cuore ideale della riflessione poetica all’interno di questo sonetto.
Contini dice che nel proseguire lo studio del sonetto, non si faranno più scoperte altrettanto importanti e
decisive. Per lui le cose che meritavano di essere spiegate erano la questione di GENTILE, di ONESTA e
soprattutto del PARE.
Altre cose significative sempre per il discorso secondo il quale questo sonetto sembrerebbe essere stato
scritto IERI, in realtà presenta una vistosa frana nella sua lingua duecentesca rispetto alla lingua
novecentesca.
Vs 2: la donna mia la parola donna è il significato primitivo ed etimologico di signora (del cuore del poeta)
= colei che domina sul cuore del poeta.
Donna deriva dal latino DOMINA (signora, padrona).
“La mia donna NON è la mia ragazza ma colei che signoreggia il cuore”
Contini esorta a vedere in quel femminile grammaticale (la donna), una sorta di sostantivo non propriamente
femminile né propriamente maschile; si può dire però che sia più maschile che femminile e ciò avviene per
mettere in risalto l’autorevolezza.
La donna nel senso di SIGNOREGGIARE più che AMOREGGIARE.
Contini si riferisce ad una tradizione non soltanto trobadorica ma anche al precedente della poesia medievale
portoghese dove c’è l’uso di apostrofore con SEGNOR’ al maschile, la donna amata dal poeta.
Nella poesia trobadorica c’era l’abitudine di usare l’appellativo MIDONS = il mio signore, quindi è
nettamente maschile ma è frequentissimo nelle poesie d’amore dei provenzali e indica sicuramente una
donna (oh mia donna).
Contini prosegue le sue annotazioni grammaticali però le inserisce in una sorta di digressione sul rapporto tra
testo del sonetto e la parte in prosa che immediatamente lo precede e poi lo segue ne “La vita nova”.
Anche le canzoni trobadoriche aveva una parte in prosa che le precedevano.
VITAS = sono delle raccolte di vite dei trovatori che in realtà non compaiono in forma di raccolta ma
compaiono abbinate ad alcune liriche antologizzate in manoscritti di alcuni trovatori.
C’è il genere delle VITAS che sono biografie non affidabili/attendibili perché si basano su elementi presenti
nelle liriche.
Es: JENFRE RODÉ, questo trovatore in alcune sue poesie dice che il suo amore è lontano: amor de lohn =
amore lontano
La biografia si è un po’ inventata la storia secondo cui Jenfre Rodé si sarebbe innamorato di una principessa
cristiana che però viveva in Oriente, senza averla mai vista.
Se ne sarebbe innamorato solo perché aveva sentito che era bella e virtuosa. Alla fine del viaggio per
raggiungerla, lui muore tra le sue braccia.
Altro genere letterario trobadorico sono le RAZOS =ragioni.
RAZOS DE TROBAR: motivi che inducono il poeta a comporre liriche.
Razos sono commenti un po’ fantasiosi, ma molto interessanti, sulle liriche.
Tornando al sonetto di Dante, il tema delle Razos è ripreso è ripreso nella parte in prosa del prosimetro. Il
sonetto “Tanto gentile e tanto onesta…” appartiene all’opera giovanile di Dante, la sua prima produzione
“La vita nova” che è un prosimetro (opera mista tra prosa e poesia).
Le parti in prona ne “La vita nova” hanno temi differenti:
PARTI NARRATIVE: raccontano fatti relativi all’amore di Dante per Beatrice;
PARTI DI RIFLESSIONE POETICA: dove l’amore per Beatrice è collegato alla composizione di Dante dei
sonetti presenti ne “La vita nova”.
Prima del sonetto in questione c’è un componimento nel quale si descrive la circostanza alla quale Dante si
sarebbe ispirato per comporre il sonetto.
Vs 6: “Benignamente di umiltà vestuta”:
Contini si sofferma sulla parola umiltà, non deve essere intesa come in senso moderno, non è l’umiltà ma
come anticipa l’avverbio “benignamente”, umiltà sarà da intendere come l’opposto dell’atteggiamento che
solitamente la donna trobadorica e stilnovista mantiene nei confronti del poeta, ciò un atteggiamento di
rifiuto, mantiene le distanze.
Contini lo chiama “atteggiamento di crudeltà e fierezza dell’insensibile”.
La donna amata dai trovatori , stilnovisti è insensibile, cioè che non cede alle lusinghe del poeta.
È una donna crudele e fiera che si è “benignamente d’umiltà vestuta” cioè si comporta in maniera contraria;
questa donna sarà benevola.
Vestuta: metafora della veste.
Probabilmente fa riferimento a un passo delle Lettere di San Paolo “epistole di (?)”.
Quindi la metafora della veste è ancora giocata sulla manifestazione visibile di un valore (l’umiltà) come
abbiamo visto concentrarsi questa manifestazione nella parola pare del sonetto.
Ella si va, sentendosi laudare riceve dei complimenti.
Benignamente d’umiltà vestuta Ella è la manifestazione della benevolenza. Particolare che non è benevola
nei confronti del poeta ma nei confronti dell’umanità che la circonda.
Vs 7: Cosa
Anche in questo caso Cosa di oggi è molto diverso da Cosa del 1200. Nel 1200 il significato era etimologico.
Cosa deriva dal latino CAUSA e voleva dire CAUSA.
“È un’entità che causa la provenienza di miracoli” = cosa meravigliosa.
Causa di occasioni di meraviglia proveniente da una fonte celeste.
“Cosa” nella lingua italiana di oggi è qualcosa di antologicamente (nella sua essenza) inferiore alla persona.
Noi distinguiamo tra persone e cose, nella nostra mentalità la persona è superiore alla cosa perché è un essere
animato.
Nella lingua del 1200 la cosa è un essere in quanto si presenta come causa si sensazioni e di impressioni in
chi ha la fortuna di contemplarla.
Vs 8: Miracolo
Non è qualcosa che ha a che fare con la semplice meraviglia ma è legato anche alla sfera religiosa. La donna
è un segno della bontà che Dio esercita costantemente nei confronti dell’umanità. È una specie di angelo,
apparizione che si manifesta agli uomini come segno della bontà divina.
Contini ricorda che nella prosa che segue il sonetto, Dante aveva detto che il suo sonetto era facile da capire
“si piano ad intendere”, ma Contini ha dimostrato che non era così.
Perché Dante lo ha scritto?
Forse perché era veramente facile per gli uomini colti del suo tempo. Dante si rivolgeva a uomini del suo
tempo con cui condivideva la lingua e la fede cristiana e quindi la visione del mondo, che derivava dalla fede
cristiana.
Per noi questo sonetto non è facile ma richiede uno sforzo di adeguamento delle nostre capacità linguistiche.
Vs 9: Piacente
Non significa la semplice gradevolezza soggettiva dal punto di vista del contemplante. È un piacere molto
più intenso.
In questo sonetto tutto consiste sulla manifestazione della qualità ma da un punto di vista dinamico e non
statico:
es: Labbia inteso come volto = statico.
Labbia intesa come fisionomia = dinamico (volto colto nel momento in cui comunica allo spettatore).
Piacente = allude ad un attributo on soggettivo ma oggettivo, proprio perché si manifesta apparentemente.
Piacente = fornita di piacevolezza bella.
Piacente = tale da determinare l’effetto che la bellezza produce.
- Lessico dei trovatori: PLAZEN = bello/bella e non semplicemente piacevole.
- Linguaggio stilnovistico: il sostantivo piacere vuol dire bellezza e a volte anche bel volto/bel viso.
Nella prosa introduttiva a questo sonetto Dante dichiara che Beatrice si mostrava gentile e piena di tutti i
piaceri = piena di tutte le qualità belle.
Vs 11: Che intender no la può chi non la prova
Una dolcezza che attraverso gli occhi giunge al cuore, è una dolcezza ineffabile, non la si può comunicare,
non la si può nemmeno capire se non per esperienza.
Contini dice che quest’idea di incomunicabilità è riferita a sentimenti più palesemente ma non più
intensamente spirituali.
Vs 70 – 71 – 72: I° canto del paradiso
70: Trasumanor significar per verbo
Uscire dalla propria natura umana come fa Dante nell’incontrare le anime del paradiso
71: Non si parià: però l’esempio basti
72: A cui esperïenza grazia serba
A parole non si potrebbe esprimere l’idea di trasumanor (l’idea di accedere ad una dimensione superiore,
fuori dalla natura umana)
Valga però l’esperienza vera = soltanto chi ha avuto l’esperienza del Trasumanor può descriverla
Vs 13: Spirito
Questo termine è tecnico della poesia stilnovistica.
È un termine tanto tecnico che non può essere espresso per verba (come trasumanor). Anche il termine
spirito non può essere spiegato senza averne fatto esperienza.
Come si fa a fare quest’esperienza?
Se si legge Dante e gli altri autori dell’epoca allora si arriverà a capire come si configuri il significato del
termine spirito che Contini indica come L’IPOSTASI DI UN’ATTIVITÀ VITALE (rappresentazione
concreta, verificabile/controllabile, di una realtà astratta)
Lo spirito è una manifestazione “concreta” rispetto ad una realtà ideale che è in esso nascosta, racchiusa.
“Concreta” = ha una manifestazione letteraria.
Vs 14: Va dicendo
- Oggi noi la consideriamo un’espressione iterativa = azione ripetitiva eppure avviata, poi interrotta e poi
ripresa, quindi in un certo modo ripetuta.
- Invece nella lingua antica la perifrasi “va dicendo” si oppone al verbo semplice “dice” perché allude a una
durata così generica che essa alla fine si è assorbita nel verbo semplice. È una durata non bel delimitata.
Es da “Le Rime” di Dante in una ballata scrive:
1) Movi, ballata, senza gir tardando (andare tardando). Dante si rivolge alla sua stessa lirica, la ballata,
gir tardando = tardare durativo = indugiare = vai oh ballata senza indugiare.
1) Voi non v’accorgete d’un che se smore = voi non vi rendete conto del fatto che uno sta morendo (in
questa lirica tratta da “Le Rime, Dante si rivolge al pubblico).
E va piangendo = la perifrasi acquista una durata minima, continuità, quindi vorrebbe dire “non
smette di piangere.
2) Va dicendo
In tutti questi casi non si tratta di un dire momentaneo ma un durativo “esprimere”, attività non fisica però
continua, protratta nel tempo.
A questo punto Contini propone uno schema di parafrasi.
È ovvio che una simile parafrasi sia puramente semantica.