INTRODUZIONE
La letteratura provenzale presenta una storia diversa rispetto alle altre letterature romanze,
ed è in essa che prende vita la lirica moderna.
La lirica è, appunto, il genere che domina l’intera esistenza.
Il primo trovatore a noi noto è Guglielmo IX D’Aquitania: inizia la sua attività poetica negli anni
dell’11° secolo; Guiraut Riquier, chiamato l’ultimo trovatore, invece, scrisse la sua ultima
poesia nel 1292…qui termina la poesia dei trovatori, poiché successivamente la produzione
sarà scarsa.
I Trovatori vissero nell’ambiente delle corti feudali del Sud della Francia, Spagna e Italia
settentrionale, grazie al mecenatismo dei signori (trovatori anch’essi).
Poeti d’arte componevano per iscritto e li musicavano, ma le poesie circolavano solo
oralmente attraverso la cantata dei giullari: ciascun giullare aveva un suo repertorio legato ad
un trovatore e la loro esistenza è testimoniata a partire dal 9° secolo
Mentre il giullare dell’epica e di altri generi è stato un autore-esecutore in grado di
rimaneggiare un repertorio in modo anonimo, al giullare dei trovatori veniva solo delegato il
ruolo di esecutore di testi.
Sono questi aspetti della lirica trobadorica che ne determinano il rapido successo in Europa e
anche la rapida fine.
Secondo una periodizzazione che si deve ad uno degli studiosi dei trovatori, è possibile
individuare 3 grandi epoche della lirica provenzale: la prima va dalle origini al 1140 circa, la
seconda dal 1140 al 1250 circa, e la terza dal 1250 alla fine del 13° secolo.
Il corpus delle 2542 liriche dei trovatori ci è stato tramandato da circa un centinaio di
testimoni, compresi copie di codici: esclusi però questi, ed esclusi i codici francesi e catalani
che contengono solo qualche poesia provenzale, i manoscritti principali si riducono a meno
di quaranta.
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CAP. 1
La poesia dei trovatori si apre con una figura di rilievo: Guglielmo, nono duca d’Aquitania, uno
dei maggiori signori feudali del suo tempo.
Trascorse l’esistenza tra guerre e partecipò a crociate, inoltre si sposò 2 volte e, come ricorda
la vida, fu capostipite di una famiglia di mecenati che influenzarono la produzione letteraria in
lingua d’oc e d’oil.
A questi aspetti pubblici si aaiancano quelli della sua scandalosa vita privata; sul duca
caddero, inoltre, scomuniche a causa delle sue sregolatezze.
Questa poco lusinghiera reputazione è andata ben oltre il medioevo, incarnando quelli che
sono i 2 ingredienti principali della sua produzione: da un lato l’esaltazione delle virtù cortesi
e del sacrificio in amore, dall’altro l’elogio dei piaceri e del sesso, tutto concluso da una
palinodia composta alla fine dell’avventura.
Le 10 poesie di Guglielmo sono state distinte dai provenzalisti in 3 gruppi: 6 poesie per i
companhos, i compagni della sua cerchia e caratterizzate da un tono giocoso e contenuti
spinti; 3 poesie cortesi e un altro canto detto canto di penitenza.
Quest’ultimo non è l’ultimo in ordine cronologico e Guglielmo lo compose dopo essere stato
ferito in battaglia, da cui dovette riprendersi aarontandole ire della Chiesa e della moglie a
causa del suo comportamento
Intanto una delle sue canzoni cortesi: POS VEZEM DE NOVEL FLORIR. *vedere su dispensa*
La poesia si apre con un esordio primaverile: il poeta guarda la natura e la mette in rapporto
con il suo stato d’animo.
Questo tipo di inizi è comune e fa parte del codice del genere letterario; il topos è insomma
qualcosa di previsto.
Il topos del locus amoenus contempla la descrizione di un bel paesaggio, e questa natura
felice può essere messa in rapporto con i sentimenti del poeta.
I topoi, fanno già parte della retorica classica e, nel canto cortese dei trovatori e dei trovieri,
costituiscono punti di riferimento fissi per gli ascoltatori e, per i poeti, un modo di fare i conti
con la tradizione e di rinnovarla.
Il trovatore dice, in sostanza, che il mondo naturale è pieno di gioia.
Le stanze più importanti sono la 5 e la 6.
Potremmo, inoltre, aspettarci che le regole dell’amore consistano nella dedizione alla
persona amata, ma in realtà la donna in questa canzone non è nominata, ma l’unico accenno
è dato dal pron. dimostrativo aquo (v.14).
Dalla quinta e sesta stanza si comprende che i comandamenti di amore consistono in un
insieme di regole di comportamento sociale: l’amore non viene inteso, nella poesia cortese,
come un fatto privato, ma come chiami in causa la società e la condotta degli individui nel
mondo.
La settima stanza contiene un elemento nuovo: Guglielmo si autoelogia per la bellezza della
sua canzone, chiama direttamente in causa gli ascoltatori, aaermando che la poesia
aumenta di pregio se viene ben intesa da un pubblico competente.
Con la nascita della lirica volgare, il rapporto tra poeta e pubblico appare modificato: nella
cultura latina medievale la divisione correva tra litterati e illitterati, solo quanti sapevano
leggere e scrivere erano parte di una comunità tradizionale ispirata ai valori della Chiesa.
La poesia dei trovatori rivoluzionò questo quadro, e si tratta di una poesia in lingua volgare
che porta al cadere dell’opposizione tra litterati e illitterati, ma nascono nuove distinzioni.
E’ una poesia che si rivolge ai fins amadors, a quanti sono in grado di condividere l’esperienza
del trovatore, ed è meglio intesa dai bons entendedors, cioè da quanti sono in possesso di
una competenza formale e musicale autonoma.
Non di minore importanza è che è una poesia laica, che non significa antireligiosa ma da
intendere in senso culturale: nasce una poesia e insieme una cultura autonoma rispetto alla
chiesa.
Si tratta inoltre di una poesia che, anche se composta per iscritto, non è diausa tramite libro
ma musicata ed eseguita tramite i giullari.
E’ uno spettacolo, e questo modo di selezionare il pubblico lascia intravvedere quali sono i
destinatari della lirica dei trovatori: le persone, uomini, donne, che vivono nelle corti feudali.
L’ambiente di Corte riuniva persone varie: dal grande signore aaiancato dalla sua sposa, al
giullare al maestro, dal Cavaliere senza terra e così via.
se tuttavia il pubblico dei trovatori è variegato, non è detto che l'ideologia in questa poesia
proponga un interlaccismo.
Un’altra canzone di Guglielmo introduce un motivo importante della lirica trobadorica.
AB LA DOLCHOR DEL TEMPS NOVEL *vedi dispensa*
La prima stanza ricorda l’attacco di Pos vezem e può essere utile osservare come concetti
simili siano modificati nella realizzazione.
Anche qui aaerma che è giusto rivolgersi verso ciò che si ama, ma del tutto diverso è lo
svolgimento della canzone: il poeta si sente in uno stato di incertezza, non riceve messaggi
dall’amata ma non vuole neanche farsi avanti.
Nella canzone compaiono diversi elementi caratteristici della poesia dei trovatori,
riconducibili alla metafora feudale: in sostanza l’amore viene visto nei termini di un rapporto
feudale dove il poeta si rivolge alla sua donna come un vassallo al suo signore, e ha un
atteggiamento di sottomissione.
Questo rapporto ha diverse implicazioni: tra il vassallo e il feudatario c’è un vincolo giuridico,
e anche feudale è il riferimento all’anello che il signore donava al vassallo nella cerimonia.
E non è solo un’immagine erotica quella del poeta che mette le mani sotto il mantello
dell’amata: durante la cerimonia dell’investitura il signore copriva, per protezione, il vassallo
inginocchiato con le mani giunte con il lembo del mantello.
Nell’ultimo verso viene ricordato che il coltello veniva utilizzato nei rituali dell’investitura per
esprimere il possesso di un bene concreto.
Il ricordo alla metafora feudale, ha risvolti grammaticali: infatti, al v.26 “Bon Vezi” è un senhal
della donna amata, ma ci si può chiedere come mai questo sia al maschile invece che
femminile,
La ragione va cercata nell’espressione che designava la dama, midons, una forma maschile
che sta per “mio signore”: midons giustifica i senalhs al maschile.
L’utilizzo di uno pseudonimo per nominare la dama ha giustificazioni: tra le principali virtù
cortesi c’è quella del celar, di nascondere l’identità dell’amata, il suo amore deve essere
segreto.
La ragione va cercata nella condizione sociale della dama, che è una dama di alto rango e, a
tale ragione un’antica tradizione critica ha aggiunto il carattere adultero di questo amore, che
sarebbe una delle condizioni essenziali dell’amore cortese.
Guglielmo d’Aquitania era un personaggio pubblico, un uomo in vista da pensare che le storie
che si raccontano sul suo conto fossero inventate, eppure vicende biografiche non ce ne sono
in nessuna delle sue canzoni, dove si parla più dell’amore in modo astratto che delle donne
amate: diverso è il caso di Jaufre Rudel.
Rudel fu principe di Blaia e la storia del suo amore per una dama mai vista, raccontata nella
vida, non ha fondamento e pare ricavata dal contenuto stesso delle sue poesie.
Sarebbe un errore immaginare che tutto ciò che i trovatori raccontano sia vero, o almeno che
vada preso alla lettera, ma anche pensare che sia tutto falso è sbagliato.
Inoltre, la poesia cortese, grazie alla sua forma di diausione e cioè rivolta a chi non leggeva il
latino e alle donne, ebbe la funzione di proporre un modello di comportamento, un ideale di
vita.
Una delle poesie di Guglielmo rivolta ai companhos è FARAI UN VERS POS MI SONELH *vedi
dispensa*
La poesia si apre con l’immagine del poeta che compone assonnato mentre va a cavallo, e ha
le prime 2 stanze con prologo didattico-moralistico: la morale è quella cortese, e aaerma la
superiorità del cavaliere rispetto al chierico.
Questo racconto può essere letto come una storia piccante, ma con un tono parodico.
Si notano alcuni elementi feudali che già sono stati presenti in Guglielmo e il primo è
ovviamente quello del mantello, simbolo di protezione che qui viene mostrato come oggetto
di banalizzazione, perché l’azione si muove su un piano basso e non cortese.
Al v.34 si dice che il poeta è “Mutz”, e si ricorderà che il celar, la descrizione, è una delle
principali virtù del perfetto amante, qui parodiata: il protagonista sopporta ogni tormento ma
non parla.
E’ anche vero, però, che il poeta viene meno alle leggi della descrizione sia entrando nei
dettagli che conosciamo, sia perché delle 2 dame ci da nomi e cognomi.
Un altro probabile elemento parodico è al v.1
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