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-QUELLA DEI CODICI CIVILI AUSTRIACO E TEDESCO SI RIVELA ESSERE
UN'IMPOSTAZIONE ALTERNATIVA SIA RISPETTO AL DIRITTO ROMANO (DOVE GLI
INCAPACI NON SONO MAI RESPONSABILI NEMMENO IN MINIMA PARTE) SIA ALLA
SOLUZIONE THOMASIANA (DOVE GLI INCAPACI SONO SEMPRE RESPONSABILI
COME TUTTI GLI ALTRI): CHIAMARE A RISPONDERE IL SORVEGLIANTE E, IN CASO DI
IMPOSSIBILITÀ, CONDANNARE L'INCAPACE A PAGARE UN EQUO INDENNIZZO.
ITALIA-FRANCIA---->Progetto di codice delle obbligazioni e dei contratti italo-francese (1927)
Art.74: "Qualunque fatto colposo che cagioni a danno ad altri obbliga colui che l’ha
commesso a risarcire il danno".
Art.76: "Nel caso di danno cagionato da persona priva di discernimento, se il danneggiato
non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice può, in
considerazione della condizione delle parti, condannare l’autore del danno ad equa
indennità".
-ritorna la soluzione mediana ed alternativa elaborata da ABGB e BGB
Il tema della risarcibilità delle lesioni (o addirittura della morte) subite dai lavoratori subordinati sul
luogo di lavoro e spesso provocati da macchinari non emerge con il codice civile italiano del 1865:
sarà piuttosto la dottrina italiana a metterlo in evidenza tra la fine dell'Ottocento ed i primi vent'anni
del Novecento (=epoca della prima rivoluzione industriale italiana, quando invece prima l'Italia era
sostanzialmente legata al mondo dell'agricoltura).
In caso di danno, all'epoca al datore di lavoro bastava dimostrare che non c'era stata alcuna
negligenza nella costruzione e nella manutenzione del macchinario per discolparsi, e di
conseguenza qualsiasi forma di danno ricadeva sulla vittima-->questa poca solidarietà e previsione
nei confronti dei lavoratori fece balenare nella dottrina L'IDEA THOMASIANA DI
DISANCORARE LA RESPONSABILITÀ DALLA SOLA COLPEVOLEZZA (perchè fino a quel
momento non vi era responsabilità senza colpevolezza): il fatto che il datore di lavoro riceva tutti i
comoda-i benefici della produzione deve comportare che egli si carichi quantomeno anche degli
incomoda-gli oneri derivanti da quella stessa produzione quali i danni subiti dai lavoratori, e questo
indipendentemente dall'accertamento di colpevolezza in capo a costui=è una responsabilità dal
profilo oggettivo per cui si risponde anche se incolpevoli poichè diversamente basata su caratteri di
solidarietà sociale e non più di colpevolezza (per cui il datore di lavoro è sempre responsabile a
prescindere).
Queste idee vengono portate avanti sino al momento in cui si dovette redigere il codice civile
italiano del 1942: il Legislatore italiano mirava a modificare profondamente la norma sul
risarcimento danni del 1865 e subì sia influssi squisitamente dottrinali, i quali avevano già recepito
l'iidea di Thomasius, sia le istanze solidali provenienti dalla società dell'epoca: ecco che l'art 2043
cc contempla sì il dolo e la colpa ma al tempo stesso dice pure che il danno deve essere ingiusto se
si vuole ottenere il risarcimento --->L'INIURIA-L'INGIUSTIZIA DIVENTA UN CONCETTO
AUTONOMO, VIENE FINALMENTE SCORPORATA DALLA PRECEDENTE E
TRADIZIONALE IDENTITA'-ASSIMILAZIONE CON LA COLPEVOLEZZA (culpa nelle fonti
romane indica la nostra colpevolezza, quindi dolo e colpa): questo giocoforza comportò che
L'INGIUSIZIA DEL DANNO È DIVENTATO UN CONCETTO AUTONOMO E SEPARATO
RISPETTO A QUELLO DI COLPEVOLEZZA.
Di conseguenza il codice civile italiano del 1942 risultò più allineato al BGB tedesco e quindi al
diritto romano antico che non al Code Napoleon nonchè al codice civile italiano del 1865 che
seguivano la tradizione di diritto comune per cui il concetto di iniuria risultava assorbito in quello di
colpevolezza.
Questa idea poi ritornò anche successivamente quando si trattò di ampliare l'area di risarcibilità del
danno: tutte le aperture ed i progressi in tema di risarcibilità del danno ex art 2043 cc si fondarono
proprio sul concetto di DANNO INGIUSTO, compresa la celebre sentenza della Cassazione 500/99
che sancì la risarcibilità della lesione dell'interesse legittimo argomentando dal fatto che sarebbe
intollerabile che tale danno rimanesse in capo alla vittima, quindi va trasferito sull'autore del fatto a
prescindere dalla sua colpevolezza-->comportano obbligo di risarcimento non solo le ipotesi in cui
sussista il dolo o la colpa dell'agente ma anche tutte quelle situazioni di ingiustizia per cui in termini
di equità non si può che agire così a prescindere=il Legislatore non dà all'interprete la possibilità di
condannare solo sulla base della colpevolezza ma anche su quella dell'ingiustizia intollerabile: a far
scattare il risarcimento del danno non c'è solo il motore della colpevolezza ma anche quello
dell'ingiustizia: si deve condannare al risarcimento del danno tutte le volte in cui l'ingiustizia risulta
intollerabile, senza che rilevi la colpevolezza o meno dell'agente.
Nondimeno nella giurisprudenza più recente: la sentenza del Consiglio di Stato 183/04 afferma
come sia noto che IL PASSAGGIO DALL'ART 1051 DEL 1865 ALL'ART 2043 DEL 1942 HA
FATTO SÌ CHE ORA SIA L'INGIUSTIZIA CHE QUALIFICA IL DANNO, MENTRE PRIMA
QUESTA QUALIFICAVA IL FATTO (nel senso che l'agire era valutato in termini di
colpevolezza)-->il nuovo paradigma sposta l'attenzione dal danneggiante al danneggiato e si
abbandona l'idea sanzonatoria dell'illecito aquiliano: mentre prima interessavano solo dolo e colpa
in quanto indici di colpevolezza, adesso interessa la presenza di un danno ingiusto che in qualche
modo deve essere risarcito.E questa è rimasta la prospettiva attuale.
Vedi l'art 2047 cc che sostanzialmente ribadisce il concetto già emerso nel BGB e nell'ABGB:
qui si parla di danno cagionato dall'incapace e si dice che in caso di assenza di un sorvegliante,
l'incapace di intendere e di volere può essere condannato a pagare un' equa indennità.E' tuttavia una
Di solito c'è un sorvegliante, anche perchè la giurisprudenza è solita estendere al massimo questo
concetto (es.oltre al genitore o al tutore sono considerati sorvegliante anche il convivente o il
badante dell'incapace in quanto non è richiesta la nomina negoziale, può nascere anche da una
situazione di fatto).E non si pensi che questa sia una norma residuale-un caso di scuola, anche
perchè spesso se anche c'è un responsabile a cui addossare l'obbligo di risarcimento questo è
insolvibile=la responsabilità e dunque l'obbligo di risarciemento del danno passa così in capo
all'incapace, anche se il giudice potrà condannarlo a corrispondere solo un equo indennizzo
proroporzionato all'entità del danno cagionato=in sostanza è una decisione affidata al giudizio
equitativo del giudice--->l'art 2047 cc è una delle tante dimostrazioni di come l'idea thomasiana di
iniuria sia entrata anche nel nostro ordinamento.
Ma cosa vuol dire danno ingiusto da noi e nel codice civile
tedesco e austriaco? Questa idea è presente o meno nel cod. civ. napoleonico? Dobbiamo capire
inoltre anche perché nel 2043 v’è scritto danno ingiusto e ciò non era riportato nel vecchio codice.
In merito al diritto romano, il primo capo della legge Aquilia afferma che chi uccide
ingiustamente paga la pena pecuniaria, mentre nel terzo v’è scritto che chi brucia,infrange,rompe
ingiustamente paga. In tutti e tre i casi dunque si riconduce l’ingiustizia all’azione.
Cosa vuol dire per i romani uccidere ingiustamente o rompere e distruggere qualcosa? Cosa il
legislatore della legge aquilia intendesse con iniuria non lo sappiamo precisamente (agire con dolo?
agire in senso soggettivo, violando il diritto soggettivo altrui?); sappiamo però che cosa i giuristi
romani hanno interpretato della legge aquilia: lo dice il testo di Gaio: “si ritiene che taluno abbia
ucciso ingiustamente, se avrà fatto qualcosa con dolo o colpa”.Quindi PER I ROMANI AGIRE
INGIUSTAMENTE= AGIRE CON DOLO O CON COLPA. Da qui le cause di giustificazione.
Poi però ci si chiede se nel caso in cui a causare il danno sia un incapace di intendere e di volere
possiamo ritenere costui responsabile in base alla legge Aquilia: no, perché se si ritiene che per
agire si deve agire colposamente o dolosamente, come si può ravvisare la colpa in colui che non ha
una retta formazione intellettuale? Questo ragionamento è molto consequenziale ma afferma che
l’iniuria la si vede solamente in capo all’agente. Quest’idea che vede sostanzialmente l’identità di
iniuria=dolo e colpa rimane indiscussa e totalitaria nell’interpretazione del diritto comune. Secondo
il legislatore del codice napoleonico non era quindi necessario specificare il concetto di iniuria.
Andiamo a leggere Thomasius: egli dice le stesse cose che dice il diritto romano o ne dice di
diverse? È sufficiente la produzione di un danno per dar luogo alla risarcibilità: ma Thomasius non
parla della colpevolezza dell’agente, tanto che arriva a dire che il bambino di 4 anni che scaglia
l’oggetto contro la proprietà di un altro soggetto, solo per questo fatto è responsabile.
L’antigiuridicità o l’ingiustizia del danno, nell’ambito dell’idea di Thomasius, appare molto diversa.
Mentre nella logica dei giuristi romani l’ingiustizia del danno significa agire con dolo o colpa, qui
l’agire ingiustamente o l’ingiustizia del danno è unicamente il fatto di violare un diritto soggettivo
altrui, a prescindere dal farlo con dolo o con colpa. In Thomasius l’idea è quindi mutata: mentre
nell’interpretazione romana tutto è visto sull’agente, invece in Thomasius l’idea di ingiustizia è
unicamente legata alla violazione di un diritto soggettivo.
Ma è meglio il modello francese-romano o è meglio il modello di Thomasius? Sono due prospettive
diverse che hanno alla base ragionamenti diversi, due logiche completamente diverse. Se scelgo la
versione romana e francese sicuramente io sono in grado di tutelare e difendere in modo ampio
l’iniziativa economica, imprenditoriale, industriale. Se facciamo una scelta romanistica, l’operatore
è incentivato nella libera intrapresa economica, perché punito solo in caso di azione negligente o
dolosa. Invece nella impostazione di Thomasius, l’operatore economico non sarà incoraggiato ad
intraprendere attività perché in caso di ogni danno egli è responsabile a prescindere.
L’ordinamento romano ha fatto la sua scel