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INIBIZIONE DA SUBSTRATO
Ultimo esempio di oggi. Riguarda il caso di inibizione da substrato, In alcuni casi quando è
presente un’elevata concentrazione di substrato la cinetica enzimatica è diminuita per effetto
dell’inibizione da substrato: la velocità di reazione passa per un massimo e poi man mano che
la concentrazione del substrato aumenta tende a diminuire.
Vediamo un modello cinetico che ci permette di descrivere un comportamento di questo tipo.
Si assume che, accanto alla formazione di un complesso E-S, attraverso una reazione di
equilibrio E+S, il complesso E-S può si decomporsi per portare alla formazione di P, ma può
anche essere coinvolto in una 2° reazione chimica che porta alla formazione di un ulteriore
complesso ES, che però non risulta attivo, e quindi non può portare alla formazione di P.
Questo nuovo complesso enzimatico inattivo si chiama
Se la [S] aumenta, la
reazione si sposta verso dx
e sfavorisce la formazione
→
di
La velocità della reazione complessiva la conosciamo
[ ]
=
Vogliamo la [ES] in funzione della [E ] e della [S]. scriviamo il bilancio complessivo di E, che
libero
questa volta si trova nelle forme (es) e (es )
2
e e es es
0 2
Con le reazioni di equilibrio facciamo le dovute sostituzioni e approdiamo a questa
K s K s
1 1
e es es es es
1
0 s K s K
2 2
ke ke s
0 0
v 2
K s s
1 1 K s
1
s K K
2 2
LEZIONE 17
BIOMETALLURGIA
Prevede l’utilizzo di microrganismi in ambito metallurgico.
Un processo biometallurgico, l’ambito della metallurgia nel quale si applica l’utilizzo dei
microrganismi, in generale un processo biometallurgico si compone di diverse fasi:
1. Si parte dalla materia prima, generalmente minerali, che sono una miscela di diversi
composti chimici contenenti diversi metalli legati in diverso modo, in alcuni casi anche dai
rottami, che sono una miscela che oltre ad avere diversi metalli contiene materiale plastico,
che può essere rimosso durante i pretrattamenti
2. Pretrattamenti:
rottami è uno sminuzzamento, con il quale si vanno a rimuovere le materie plastiche;
minerali si ha una riduzione delle dimensioni, quindi si usano dei macchinari che
rompono i massi in pietre più piccole fino a avere un minerale della granulometria
voluta, in questa fase più la granulometria si riduce e più il processo successivo sarà
efficiente, perché ci sarà una maggiore superficie esposta
3. Liscivazione, è la fase nella quale il minerale/rottame contente il metallo o i metalli di
interesse, si mette a contatto con una soluzione acquosa, che in un classico processo
metallurgico è molto acida, generalmente si usano concentrazioni di acido nitrico o acido
solforico molto elevate (~60-70%) in presenza anche di agenti ossidanti abbastanza
impattanti, come il perossido di idrogeno. In questa fase accadono diverse reazioni chimiche
e i metalli, tutti o una parte di essi, vengono solubilizzati, proprio per le caratteristiche molto
acide della soluzione acquosa, quindi i metalli passano in soluzione, resta una parte solida
di metallo, che viene detta inerte e che è caratterizzato o da minerali particolarmente inerti
al trattamento con acido, oppure, nel caso di rottami, possiamo avere residui di plastica o di
parti organiche, per esempio, nel trattamento delle pile quello che rimane sempre è la parte
di grafite.
In questa parte, generalmente, viene utilizzato un reattore Batch in cui è presente un solido
in sospensione, quindi si ha una fase di estrazione solido-liquido, finita la quale abbiamo il
metallo di interesse in soluzione e il resto in fase solida
4. finita la liscivazione si ha la separazione delle 2 parti, a seconda del tipo di fase solida che
abbiamo, questa può andare in discarica o essere sottoposta a successivi trattamenti di
recupero, per esempio, se c’è della grafite relativamente pura può essere recuperata come
materiale o recuperata energeticamente; nella fase liquida abbiamo il metallo di interesse,
che, generalmente, si trova in soluzione nella forma ossidata
5. purificazione e arricchimento, queste qui sono molto dipendenti dalle caratteristiche del
materiale che abbiamo trattato, ad esempio, se abbiamo trattato un materiale puro che
conteneva solfuro di rame, in soluzione troveremo solo rame e quindi sarà abbastanza
semplice purificare e arricchire il rame; se, invece, abbiamo un minerale puro o un rottame,
quindi una miscela di metalli, allora la fase di purificazione e arricchimento, dovrà essere
fatta in maniera tale da separare in maniera selettiva i vari componenti, ad esempio,
possiamo avere estrazione con solvente o l’elettrodeposizione, in cui una soluzione acquosa
contenente di metalli viene messa in presenza di un anodo e di un catodo, giocando sulla
variazione del voltaggio possiamo ottenere il metallo in maniera selettiva, se usiamo metodi
di precipitazione otterremo dei sali e questi sali andranno ulteriormente arricchiti per ottenere
il metallo puto
6. Recupero del metallo
La bioliscivazione si inserisce nel processo di liscivazione, quello che facciamo è andare
utilizzare dei microrganismi, in un processo che a questo punto diventa biotecnologico, e
sfruttiamo l’attività dei microrganismi per favorire la dissoluzione dei metalli da una fase solida
ad una fase liquida, questo può essere fatto sia su metalli sia su rottami, generalmente però
viene fatta su metalli. Quindi la bioliscivazione sfrutta delle caratteristiche che i microrganismi
già hanno, in natura già i microrganismi che vivono in prossimità di miniere o terreni contenti
minerali, hanno sviluppato delle capacità di bioliscivare i metalli.
L’attività dei microrganismi però talvolta può dare degli effetti indesiderati come le acque acide
contaminate da metalli, nelle miniere dismesse, queste acque possono poi creare dei problemi
ambientali, ad esempio, se si riversano nelle falde acquifere.
Ovviamente nel caso di un processo industriale si fa la stessa ma in maniera controllata, senza
creare problemi ambientali, quindi queste acque vengono incanalate in un reattore o in una
specifica, tali acque possono essere recuperate e così anche i metalli al suo interno.
Generalmente, la bioliscivazione è un processo economico che non richiede un elevato
dispendio energetico perché si fa a basse temperature e a basse pressioni, non richiede sterilità;
però è un processo meno efficiente rispetto al classico processo metallurgico, per efficienza
intendiamo che hanno delle cinetiche lente e quindi richiedono tempi lunghi per estrarre metalli,
non possono poi lavorare ad elevate concentrazioni di metallo e i microrganismi possono essere
suscettibili a metalli pesanti, per esempio, un microrganismo che si è evoluto in un ambiente
particolarmente ricco di metalli è più resistente ai metalli pesanti, rispetto ad altri microrganismi,
pur avendo sempre una certo limite di tolleranza. Quindi i processi di bioliscivazione si possono
utilizzare quando abbiamo delle matrici, dei minerali o rottami che non sarebbe economicamente
sostenibile trattare con i processi tradizionali, generalmente, questo vale per i minerali che
hanno un basso contenuto del metallo di interesse.
L’unico rischio è che, se per qualche motivo, la formazione di queste acque non è controllata, ci
può essere un rilascio di queste acque nell’ambiente.
CARATTERISTICHE:
Di materiali bioliscivanti, ovviamente, ne abbiamo tanti e la maggior parte sono
microorganismi chemiolitoautotrofi, sono microgansimi tipo le piante o le microalghe, ma a
differenze di queste non utilizzano la luce come fonte inorganica di energia, ma utilizzano
degli ioni metallici, quali per esempio il ferro bivalente, Fe(II), o zolfo, quindi l’energia la
ricavano ossidando degli elementi inorganici.
Per quanto riguarda il carbonio, non utilizzando carbonio organico, come fonte di energia
utilizzano il CO .
2
Date le condizioni in cui lavorano sono ovviamente acidofili, ovviamente perché la totalità dei
metalli sono solubili in soluzioni acide, verso la basicità non sono solubili, questo è uno dei
fattori che permette l’utilizzo dei microrganismi senza condizioni particolarmente controllate.
Sono molto pochi i microrganismi in grado di sopravvivere a 1.5<pH<2, il che significa che
una volta che ci mettiamo in un reattore che ha un pH di lavoro tra 1.5 e 2 la possibilità di
una contaminazione da parte di altri microrganismi è praticamente nulla, questo ci permette
di lavorare ad una condizione microbiologicamente controllata, senza la necessità di
sterilizzare i reattori e quindi evitando dispendio energetico
La maggior parte sono aerobi e quindi utilizzano l’ossigeno come accettore finale di elettroni
per ossidare il ferro o lo zolfo; alcuni sono obbligati, altri no; alcuni utilizzano il ferro trivalente
come donatore di elettroni, invece del ferro bivalente.
Come dicevo prima, sono abbastanza resistenti soprattutto ai metalli pesanti.
Alcuni sono eterotrofi, come Aspergillus, Penicillum, non utilizzano lo zolfo o il ferro come
fonte di elettroni, ma utilizzano composti organici come fonti energetiche, però possono
avere attività bioliscivanti in maniera indiretta, perché producono degli acidi organici che
hanno proprietà chelanti e quindi sono in grado di facilitare la dissoluzione dei metalli in fase
acquosa, oppure abbasso il pH
Bisogna fornire a questi microrganismi dei nutrienti, seppur non in quantità elevate, come
azoto e fosforo, per produrre amminoacidi e acidi nucleici
Questi sono i 3 principali microrganismi utilizzati nella bioliscevazione
Acidithiobacillus
Leptospirillum, utilizza solo il Fe(II) come donatore di elettroni, è un aerobio obbligato e ha
un range di pH molto molto stretto (1.5<pH<1.8)
Acidiphilium, sono eterotrofi, proprio per questo motivo sono poco utilizzati, perché
richiedono substrato organico ed è più costoso rispetto al dare solo i sali minerali, quindi il
suo utilizzo può avvenire o nel caso di estrazione di metalli che abbiano un valore aggiunto
oppure nel caso di utilizzo come substrato organico di reflui agro-industriali
Tra i 3 i più utilizzati sono quelli appartenenti alla classe degli Acidithiobacillus
Ferrooxidans. Sono autotrofi obbligati, ciò significa che se gli diamo una sostanza
organica non sono in grado di crescere, tuttavia sono in grado di utilizzare sia Fe(II),
sia altri composti inorganici, derivati lo zolfo, qu