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CRESCITA SECONDARIA:
larghezza
è in grazie a cilindri meristematici che si localizzano nel fusto.
Dove vanno a finire le cellule figlie che si determinano?
Dall’apice del germoglio esse vengono spinte verso il basso e man mano che
cambiano lentamente posizione iniziano a specializzarsi e formano gli organi della
pianta. Si sposta la massa man mano che si forma e danno origine agli abbozzi
fogliari. Le cellule nei loro plastidi inizieranno a produrre clorofilla e questi plastidi non
Questo consente la crescita dello stelo e il
specializzati diventeranno cloroplasti.
differenziamento delle foglie.
Una volta che il germoglio emerge dal seme, la crescita primaria si verifica nell’apice
radicale: si formano i tessuti con i peli radicali (sono una singola cellula che si
estroflette e assorbe l’acuqa, gli ioni minerali). L’involucro protegge le cellule
meristematiche molto delicate quando la radice cresce nel suolo dove ci sono
corpuscoli che possono danneggiare.
Il meristema dunque è il serbatoio che fornisce nuove cellule e popolazioni cellulari
che aumentano e poi si specializzano, ma serve anche per la crescita della pianta.
Nella drosophila vitale la situazione si complica, nel meristema apicale ci sono tre
strati: quello superiore dà origine alla cuticola e all’epidermide,
quello beige si localizzano elementi fondamentali per il controllo e l’attività del
meristema,
la parte centrale comprende le cellule meristematiche in divisione.
Il puntino viola è formato da cellule che comunicano con le cellule
meristematiche e controllano l’attività di queste ultime. Ci sono molecole
segnali che vengono inviate dal centro di organizzazione (quello viola) che è in
stretto contatto con il meristema.
È fondamentale tenere sotto controllo l’attività del meristema per la pianta
poiché serve per avere un determinato numero di cellule. Se lasciassimo che
continuano a dividersi si supererebbe una soglia critica e non avremmo più delle
cellule che si specializzano, ma una crescita di una sorta di tumore, un callo. Sarebbe
dunque una catastrofe per la pianta se il meristema non fosse tenuto sotto stretto
controllo.
Fotografia: P1, p2 sono gli abbozzi fogliari che si stanno sviluppando e specializzando,
in alto c’è il meristema.
I meristemi vengono attivati in condizioni estreme, come nel caso di incendi per
esempio.
Tutto questo è una manifestazione della totipotenza della cellula vegetale ,
ovvero la cellula vegetale totipotente ha la capacità di dividersi e le cellule che en
derivano si specializzano fino a generare un organismo completo. Una cellula
vegetale somatica, non germinale dunque, può essere indotta a dividersi e a produrre
cellule che si specializzano fino a rigenerare in vitro una pianta completa, ma ciò non
lo si può ottenere con le cellule animali poiché sono totipotenti solo all’inizio, non c’è
dunque la formazione di un organismo completo da esse.
Se abbiamo di fronte un tessuto e non sappiamo se è meristematico o specializzato lo
si può fissare e osservare quante volte otteniamo il quadro della divisione cellulare, se
è meristema ce ne sono molte.
Se un meristema della radice o del germoglio riesce a funzionare in condizioni
estreme corrisponde a una pianta altamente produttiva in campo. Dunque dipende
dallo stato di salute dei meristemi, da qui si apre un mondo.
Piastra Petri con un terreno nutriente gelifcato si può coltivare materiale
vegetale, ma di che tipo? Materiale non specializzato e in proliferazione. La
massa non ancora differenziata ha un colore diverso, si sono programmate
geneticamente magari, dunque si stanno spegnendo geni che controllano la
proliferazione e si accendono quelli che controllano la biosintesi della clorofilla e quelli
del differenziamento.
Si vede dunque come si può lavorare sulla totipotenza delle cellule vegetali, le si può
riprogrammare. Si può indurre la comparsa del germoglio, isolare le cellule del callo
(callo perché non è controllato) e poi produrre altre numerose piantine.
Cellule meristematiche dunque sono strumento di fondamentale importanza per le
moderne biotecnologie vegetali.
TOTIPOTENZA:
Totipotenza significa capacità di riprogrammare il proprio destino da parte della
cellula, dunque da una parte si può utilizzare un tessuto altamente specializzato
(come il tessuto fogliare che fa la fotosintesi) e con trattamenti specifici in vitro lo si
porta a un materiale non differenziato per poi riportarle in strutture altamente
specializzata.
Questa opportunità che il materiale vegetale offre è importante perché queste cellule
coltura in vitro
meristematiche sono alla base della di cellule vegetali ed è a
supporto delle moderne biotecnologie vegetali. produrre OGM
Sfruttando questa totipotenza delle piante possiamo , ovvero
organismi geneticamente modificati che sono migliorati, grazie al trasferimento di
DNA estraneo all’interno di quello dell’ospite.
La coltura in vitro e dunque la totipotenza delle cellule vegetali è così importante per i
vari tipi di tecnologie che producono organismi e in particolare piante geneticamente
modificate perché da una parte dobbiamo essere in grado di utilizzare la tecnica del
DNA ricombinante (con dei vettori), ma dall’altra dobbiamo avere un protocollo
ottimizzato di coltura in vitro. Per fare una pianta geneticamente modificata infatti si
predispone del DNA prodotto in vitro che deve essere trasferito dal donatore al
ricevente. È per questo che dobbiamo avere un buon protocollo di rigenerazione in
vitro per fare OGM. Dobbiamo dunque avere un buon protocollo di coltura in vitro delle
cellule vegetali che consenta di indurre la formazione delle strutture specializzate, poi
la tecnica del dna ricombinante e materiale genetico che ci interessa. Tutto questo
sfruttando la totipotenza vegetali. Tutti gli ogm che sono disponibili ad oggi sono stati
ottenuti perché i ricercatori avevano in mano un buon protocollo di osservazione,
ovvero le condizioni giuste.
Una volta che queste piante geneticamente modificate sono disponibili per utilizzarle
al meglio e ottenere in modo efficiente i prodotti possiamo ritornare alla coltura in
vitro e sfruttare di nuovo la totipotenza della cellula vegetale.
Le piante geneticamente modificate oltre al cotone e al mais sono anche quelle che
vengono utilizzate come fonti di interesse medico, farmaceutico, industriale. Dunque è
come se nella produzione di queste molecole bio-attive si sia esplorata l’azione del
sistema vegetale: l’insulina viene prodotta nei fermentatori da microorganismi
geneticamente modificati (batteri in particolare), ma qualcuno ha pensato al sistema
di coltivazione agricola per trovare sostanze attive per abbattere i costi di gestione dei
fermentatori o di altre cellule in vitro per produrre vaccini per esempio. Dunque hanno
trovato alternative.
Dalla totipotenza dunque abbiamo fatto un bel po’ di strada, qui si combinano le
conoscenze di due operatori diversi, a volte invece è uno solo.
Dunque con la tecnica del dna ricombinate (taglia e cuci e metti in un
plasmide e trasferirlo alle cellule vegetali) lavorando in vitro viene trasferito
il gene alle piante, se ho un buon protocollo di coltivazione e di
rigenerazione si ottengono organismi geneticamente modifcati. Possiamo
avere tantissime cellule trasformate, ma se non abbiamo un buon protocollo di
rigenerazione che sviluppano la totipotenza non si specializzeranno.
Lo step successivo è passare a una produzione su larga scala (coltivazione in campo).
Possiamo scoprire magari che la resa del nostro prodotto è fenomenale e dunque è
competitivo con gli altri già in mercato. Oppure possiamo tornare alla coltura in vitro
sotto forma di cellule indifferenziate, ovvero di calli (vedi foto). Ci sono dei bioreattori
per aumentare la scala di produzione e gestione di queste cellule. A un certo punto
poi sia che effettuiamo la raccolta di tessuti dalle piante in campo o terminato il ciclo
dei bioreattori e otteniamo le cellule o il terreno di crescita dovremo purificare il
prodotto in base alla richiesta del mercato. Arriviamo dunque alla produzione e alla
commercializzazione del prodotto.
Questa è una panoramica dell’applicazione delle tecnologie vegetali: sfruttando la
totipotenza delle cellule vegetali si parte dal laboratorio alla produzione e
commercializzazione.
Sempre con la totipotenza si hanno anche i vaccini “verdi”. Un po’ di tempo fa c’era il
problema dell’emergenza ebola: è stato testato un vaccino verde, ovvero prodotto in
pianta da una pianta geneticamente modificata, in questo caso tabacco. I vaccini
verdi, sono i vaccini commestibili e rappresentano una frontiera interessante delle
biotecnologie vegetali che si fondono con quelle farmaceutiche.
L’idea dei vaccini verdi nasce dall’idea di ridurre il tipo di problematiche, si è dunque
pensato di utilizzare la tecnologia per ottenere piante geneticamente modificate che
accumulano il principio attivo nel frutto, l’idea attuale è quella del babano, pianta
diffusissima nei paesi di sviluppo, ed è alla base della loro alimentazione anche per i
bambini, dunque sarebbe un veicolo di vaccini per la popolazione infantile.
Nel frattempo i ricercatori hanno fatto altre esperienze come nel tabacco che è il
sistema di elezione per provare delle idee poiché in quattro settimane abbiamo la
piantina geneticamente modificata per vedere se l’idea è buona o abbiamo dei punti
deboli. Poi siamo passati a delle patate, ma cruda non la consumiamo dunque
bisognava vedere come i principi attivi rispondevano alla cottura. Queste patate allora
sono state dirottate verso il mercato degli allevamenti. Hanno provato poi il
pomodoro, la lattuga, il fagiolo ma siamo ancora molto lontani dal banano poiché è
molto complesso il suo sistema in vitro, non è facile modularlo e indirizzare le risposte
in vitro di questo sistema.
Le piante sono una fonte incredibilmente variegata di tante molecole (principi attivi) e
hanno una funzione precisa quando entrano in contatto con la cellula, i principi attivi
che contengono vengono inglobati nelle cure tumorali. Esiste dunque la necessità di
produrli in condizioni vantaggiose e con un ridotto impatto ambientale. Una delle
argomentazioni portate a sfavore degli OGM è che minacciano la biodiversità. Ci si
indirizza verso una monocoltura, ma questo è già stato fatto in passato in cui la green
revolution ha dato un impulso fortissimo alla produzione agricola.
L’attacco alla biodiversità si ha quando si ricerca nella foresta amazzonica, utilizzando
le applicazioni delle biote