vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CONCETTI IN CAMPOL'AMBIENTE
Il concetto di campo organizzativo rappresenta per questa scuola l'insieme delle norme e delle regole formalizzate, dei vincoli e delle risorse di natura culturale e simbolica che concorrono a formare i modelli socialmente condivisi a cui un'organizzazione dovrebbe adeguarsi per essere ritenuta razionale, efficiente e legittima. DiMaggio e Powell riferendosi al contesto sociale attuale coniano il termine di "campo organizzativo", definito come un insieme di organizzazioni che strutturano e costituiscono un'area riconosciuta di vita istituzionale. Un concetto che per certi versi ricorda quello di campo organizzativo è quello di settore societario, elaborato da Scotte Meyer. Esso è definito come un'entità che comprende tutte le organizzazioni presenti all'interno di una certa società e che offrono un dato tipo di prodotto o servizio. A Meyer e Rowan va il merito di aver proposto il concetto di isomorfismo, inteso
come il processo per cui le unità che formano una data popolazione sono sempre più simili tra loro. Sono gli assetti e le pressioni istituzionali ad incentivare fenomeni di isomorfismo, cioè di produzione e propagazione di certi tipi di strutture, procedure e forme organizzative. L'isomorfismo spiega come certe procedure, certi modelli organizzativi, una volta prodotti, si diffondono nel tempo e nello spazio acquisendo legittimità e finendo con l'essere istituzionalizzati anche al di fuori del campo organizzativo in cui sono apparsi originariamente. DiMaggio e Powell osservano che tali processi tendono a rendere le organizzazioni più simili tra di loro, ma non per questo più efficienti: strategie che sono razionali ed efficaci per una data organizzazione, possono rivelarsi inadatte in contesti differenti o se utilizzate da un ampio numero di organizzazioni. Il processo che sta alla base delle dinamiche generative dei modelli e degli standard.istituzionali che hanno luogo nell'ambiente istituzionale è stato definito da Zucker "contagio della legittimità": le reti relazionali, che le organizzazioni di un campo costruiscono, riproducono ed espandono, costituiscono i meccanismi attraverso cui i modelli istituzionali vengono diffusi da un campo organizzativo ad un altro, senza che il processo di legittimazione debba essere innescato ad ogni passaggio. L'APPROCCIO RESOURCE - BASED. UNO SGUARDO D'INSIEME La scuola della teoria delle risorse identifica nelle risorse e nelle competenze specifiche di un'impresa le principali determinanti del suo vantaggio competitivo. La teoria delle risorse rappresenta l'impresa come una "collezione di risorse". Le origini di questa scuola sono rintracciabili in tre programmi di ricerca: - le teorie del comportamento d'impresa, che pur mostrando un'affinità con il pensiero manageriale, condivide con le altreteorie d'imprese un impianto economicista:- la teoria strategica tradizionale da cui recupera concetti fondamentali;
- l'economia industriale di fine anni 70, con cui condivide l'interesse per lo studio dei fattori strategici di successo nella competizione tra imprese.
- l'impresa è concepita come un insieme di risorse materiali, tecnologiche, organizzative e conoscitive, appropriate per la produzione di certi beni o servizi;
- il vantaggio competitivo è funzione delle rendite differenziali che afferiscono all'impresa in virtù di una maggiore efficienza rispetto ai concorrenti, frutto del possesso di risorse scarse, non totalmente mobili;
- le imprese sono tra loro eterogenee, sia per le nature delle risorse e delle competenze di cui dispongono, sia per le modalità di impiego delle risorse.
stesse. L'eterogeneità è garantita dal fatto che le imprese pur operanti nel medesimo settore, sono soggetti economici caratterizzati da peculiarità iniziali diverse, che acquisiscono e accumulano nel tempo combinazioni uniche di risorse e competenze;
- l'eterogeneità tra imprese è una condizione destinata a mantenersi nel lungo periodo e ad acuirsi, perché le risorse strategiche fonti del vantaggio competitivo sono concepite come non trasferibili e non commerciabili. L'impresa è concepita come un sistema chiuso, capace, tramite l'ausilio di alcuni meccanismi di isolamento di proteggere la propria fonte di vantaggio competitivo dall'imitazione dei concorrenti.
Il principale limite alla teoria delle risorse risiede nella scelta dell'impresa come esclusivo livello di analisi; essa ritiene che, essendo l'impresa un sistema chiuso, le fonti del vantaggio competitivo acquisite siano destinate a rimanere
LE COMPETENZE DINAMICHE
La concezione dell'impresa come sistema chiuso e statico viene messa in discussione dagli sviluppi successivi, che privilegiano gli aspetti dinamici. Gli autori propongono la teoria delle competenze dinamiche. Mentre la teoria delle risorse individua la fonte del vantaggio d'impresa nell'accesso e controllo di risorse scarse, l'approccio dinamico guarda alle competenze organizzative dell'impresa e alle modalità innovative poste in essere nel processo di combinazione di risorse. Anche le competenze dinamiche sono state oggetto di critiche. Quella più rilevante riguarda il fatto che le competenze dinamiche aderiscono ancora all'assunto di essere radicate in una sola impresa. Un'analisi di questo limite è svolta da Eisenhardt e Martin, le quali osservano che le competenze dinamiche non sono né uniche né inimitabili.
LE COMPETENZE DISTRIBUITE
Un contributo precursore di questo programma di ricerca è quello di Richardson, che già nel 1972, parlando di accordi di cooperazione descrive i vantaggi che le imprese alla ricerca di nuove competenze possono trarre dallo scambio e dalla collaborazione reciproca. Tuttavia l'intuizione di Richardson non si è imposta e la teoria delle risorse ha dovuto aspettare prima di vedere fra i suoi costrutti quelli di relazioni tra imprese, rete e competenze distribuite. Secondo alcuni autori questi concetti sono rimasti estranei alla teoria delle risorse e spetta alla suola delle collaborazioni pragmatiche e quella delle alleanze strategiche il merito di aver posto l'accento sulle relazioni di collaborazione interorganizzativa. La tesi di questi autori è che noi viviamo in un mondo in cui le imprese sono radicate in network strategici, ossia in reti di relazioni sociali, professionali e di scambio che influenzano profondamente la loro
condotta e la loro performance e che le collocano in un contesto di multi alleanze e di collaborazioni pragmatiche, in cui risorse e competenze sono distribuite e condivise. Un vantaggio derivante da questa impostazione è dato dalla possibilità di impiegare la prospettiva delle competenze distribuite per lo studio dell'innovazione, dove uno dei principali aspetti del moderno processo di innovazione è il suo carattere combinatorio; la seconda è che un aspetto distintivo della competizione tra imprese è la loro differente abilità nel gestire le relazioni esterne, rese indispensabili dalle attuali condizioni dell'innovazione.
TEORIE A CONFRONTO
Il neoistituzionalismo e la teoria delle risorse si interrogano sulle stesse domande, fornendo risposte differenti. L'interesse per conciliare le due teorie è stato svolto da alcuni lavori di alcuni autori e vale la pena citarne due. Il primo è un articolo di Oliver, che distingue tra
capitale di risorse e capitale istituzionale. Il capitale di risorse è formato da assetti e competenze che producono valore e il suo fattore di successo sta nell'acquisizione di risorse rare ed inimitabili; il capitale istituzionale è formato invece da risorse sociali di sostegno che ottimizzano l'uso delle risorse di capitale. Il saggio si propone di conciliare le due teorie perché, secondo l'autrice, mentre il primo sarebbe governato da logiche di differenziazione in conformità alla teoria delle risorse, il secondo sarebbe guidato da logiche di isomorfismo in conformità al neoistituzionalismo. Il secondo contributo proviene da una ricerca di Deephouse sulle banche. L'autore osserva che le imprese con migliore performance sono quelle capaci di bilanciare i processi di differenziazione e di conformità. Pertanto ipotizza una distribuzione a U rovesciata in cui le imprese poste ai due estremi, cioè quelle troppo differenti e
quelle troppo isomorfe, sono svantaggiate rispetto a quelle che si collocano in posizione intermedia grazie alla capacità di dosare attentamente diversità ed uguaglianza. La tesi della conciliazione è sostenuta anche da alcuni recenti scritti istituzionalisti che incoraggiano l'utilizzo di una metodologia di ricerca allargata, fondata su strumenti interdisciplinari e sull'investigazione mediante gruppi di specialisti diversi. Questa intensa produzione mostra che le soluzioni finora prospettate sono troppo vaghe per ritenere definitivamente risolto il problema della conciliazione tra isomorfismo e differenziazione.
SOMIGLIANZA
Come la teoria delle risorse così il neoistituzionalismo trovano un punto d'accordo per quanto concerne l'innovazione. Essa è descritta come il prodotto di un modellamento organizzativo che determina effetti inattesi. Di conseguenza, anche la figura dell'innovatore condivide tratti comuni.
l'approccio neoistituzionalista è colui che, sfruttando l'opportunità di sperimentare il cambiamento, cerca di introdurre nel campo in cui opera nuove definizioni, regole, modalità di azione organizzativa. Come per la teoria delle risorse umane, la sua è un'attività rischiosa che non può esimersi di confrontarsi con l'onere della novità, che scoraggia il sorgere di innovazioni. Differenze: - Isomorfismo - eteromorfismo: Per l'approccio neoistituzionalista le organizzazioni operano in un contesto istituzionale che elabora e fornisce un insieme di regole e definizioni di strutture, attività, risorse e razionalità organizzative, che godono di un rilevante grado di legittimazione e/o scontentezza. La risposta della teoria delle risorse è che le impreseperseguono il proprio vantaggio competitivo attraverso l'accumulazione, lo sfruttamento e la creazione di risorse e competenze