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TRANSNAZIONALI

Nonostante nella provincia di Ravenna gran parte dell’immigrazione fosse dovuta alle

opportunità di lavoro e alle conseguenti possibilità di regolarizzazione, si può comunque

sostenere che l’attrazione delle spiagge turistiche come potenziale mercato fece dei

commercianti ambulanti i pionieri dell’immigrazione senegalese in Romagna.

1. Diverse motivazioni, diverse traiettorie

Molti senegalesi spiegano la loro emigrazione in termini di ricerca di lavoro con un discorso

dal doppio significato: da una parte non riuscivano a trovare un lavoro nel proprio paese,

dall’altra erano spinti dai differenziali economici. Il lavoro in Senegal non permette di

sopperire al mantenimento e alle esigenze di varia natura delle loro famiglie, quindi sono

queste le difficoltà che giustificano la presenza dei senegalesi in Europa.

Inoltre, perfino le persone che rimangono in Senegal non sono in favore del ritorno degli

emigrati, perché rappresentano la loro unica fonte di sussistenza.

Altri studi invece sottolineano che accanto al bisogno economico esista anche la necessità di

acquisire conoscenza e formazione ( “Sono venuto per migliorare la mia conoscenza. L’Italia è

come una scuola”).

L’esperienza di vita transnazionale può avere inizio solo quando si è ottenuto un PERMESSO

DI SOGGIORNO che permette agli emigrati di muoversi come pendolari attraverso i confini

degli stati. lingua

Per molti il primo impatto con il paese di approdo è stato molto duro per via della

italiana molto diversa da quella francese, a differenza di quanto potevano immaginare

clima

inizialmente; del , soprattutto per chi arriva in Inverno (molti vedono per la prima volta

la NEVE una volta arrivati in Italia); senza contare la delusione di scoprire che l’Italia non

corrispondeva all’immagine di una realtà urbana “moderna”: i centri storici delle cittadine

italiane erano diversi dai grattacieli di città come New York o della stessa Dakar.

Perfino i primi contatti con i senegalesi già residenti potevano rivelarsi più problematici del

previsto, oltre al fatto che, molti, non si aspettavano che gli immigrati senegalesi vivessero in

luoghi sovraffollati e che guadagnassero da vivere con il commercio ambulante; quelli che

hanno una vita difficile in Italia, infatti, non dicono la verità quando sono in Senegal,

descrivono un paradiso per mostrarsi con parenti ed amici. Ecco perché tutti pensano che

l’Italia sia fantastica.

Alcuni immigrati di origine urbana incontrano, addirittura, un certo grado di diffidenza da

parte dei connazionali di origine rurale, e sono costretti a conquistare la loro fiducia.

2. Le esperienze di lavoro

I senegalesi trovano lavoro soprattutto tramite altri connazionali. Oltre ai legami di parentela o

di vicinato che provengono dal Senegal, spesso sono anche amicizie e conoscenze nate nel

contesto di immigrazione a permettere un inserimento nel mercato del lavoro sia formale che

informale. commercio

Per il nuovo arrivato il si presenta spesso come l’unica soluzione; egli trova un

sistema di compravendita già stabilito: persone disponibili a fornire un prestito per l’acquisto

di prodotti o gli stessi rivenditori all’ingrosso che forniscono i primi prodotti da vendere e che

insegnano le strategie necessarie per intraprendere il commercio ambulante. Molte volte,

infatti, senza documenti l’unica soluzione è vendere.

I muridi che nell’ambiente rurale detenevano il monopolio dell’arachide, spostandosi,

nell’ambiente urbano, hanno conquistato il monopolio del commercio e dei trasporti informali.

Essi possiedono un sistema di reti che collegano legami di appartenenza con attività

commerciali, ma queste reti di appartenenza religiosa e familiare non si sovrappongono a

quelle commerciali, bensì si aiutano e stimolano reciprocamente. Le reti familiari e di amicizia

interne alla comunità transnazionale si intrecciano con reti informali forgiate nel contesto

locale di approdo (il volontario, l’operatore, il collega di lavoro o l’amico imprenditore).

Questo sistema commerciale informale non è chiuso, non ha un’organizzazione autonoma, ma

emerge dall’interazione con il contesto economico in cui gli immigrati approdano.

Quindi la transnazionalità non si compone solo di un sistema di reti familiari e religiose che

attraversano i confini degli stati-nazione, ma anche di un insieme di pratiche relazionali. Non

è un sistema di reti chiuso in se stesso, ma un processo di costruzione multipla di nuovi

legami.

La stessa realtà sociale del commercio senegalese in Italia è fortemente variegata. I

commercianti si distinguono per i tipi di prodotti che vendono e per le diverse strategie

adottate. C’è chi si specializza in prodotti di “artigianato etnico” e chi preferisce vendere

prodotti contraffatti come accendini, occhiali, orologi e cd masterizzati. Alcuni anche se hanno

la possibilità di andare a lavorare preferiscono fare il vu cumprà, perché non sono quelli che

vendono accendini, ma sono dei veri commercianti che vendono e guadagnano molto,

rimangono solo il periodo dell’estate e poi ritornano in Senegal.

Molti senegalesi si sentono costretti ad un’ attività commerciali e preferirebbero altre forme di

lavoro, altri, invece, pur avendo un lavoro dipendente che permette loro di acquisire il

permesso di soggiorno, vedono nel commercio un segno di identificazione. Questo perché,

molte volte, nel lavoro dipendente, il lavoratore immigrato tende ad essere mal pagato e senza

alcun tipo di copertura; per questo tende a ritornare ad attività commerciali con un certo grado

di soddisfazione per essere almeno il rispettoso capo di se stesso. Infatti, la mancata

conoscenza delle leggi sul lavoro frena spesso gli immigrati dal denunciare i casi di

sfruttamento.

Inoltre il commercio ambulante può anche fungere da sostegno nei periodi di ricerca

lavorativa.

Un’ulteriore distinzione all’interno del complesso mondo dei commercianti senegalesi si

riferisce alle nuove generazioni. I giovani, a differenza dei vecchi commercianti, sono più

propensi a correre rischi, perché vogliono di più e vogliono vendere prodotti di cui andare

orgogliosi per non essere scambiati come mendicanti.

I giovani tendono a discostarsi dal modello tipico anche nelle strategie commerciali

transnazionali intraprendendo iniziative più costruttive (i giovani non investono più ad

esempio in negozi di vestiti, ma prediligono altre attività come la tipografia, le società di pesca,

ecc…).

Per molti senegalesi commerciare è un’arte e per questo molti cercano di mettere in atto

variegate strategie per migliorare le loro vendite come, ad esempio, l’occasionale periodo dei

saldi.

Infine possiamo dire che l’attività del commercio ambulante è caratterizzata da una certa

ambivalenza che riguarda la paura da un lato e l’orgoglio dall’altro.

Con il decreto Bersani del 1998, il commercio ambulante ha conosciuto negli ultimi anni un

processo di emersione e di regolarizzazione. Infatti, molti lavoratori autonomi svolgono attività

commerciali al dettaglio e solo pochi all’ingrosso. Inoltre, l’aspetto più problematico è

rappresentato dai numerosi lavoratori registrati ufficialmente come autonomi, ma che lavorano

in realtà come subordinati e dipendenti, ma con la partita IVA, alleviando il datore di lavoro

dai costi dell’assunzione.

Molti senegalesi trovano lavoro in piccole o medie aziende come saldatori, meccanici,

muratori, operai e nelle costruzioni. Ad ogni modo, anche per il lavoro subordinato, è

attraverso le reti sociali senegalesi che la maggioranza trova un impiego.

Per alcuni senegalesi non ci sono né le libertà del lavoro autonomo né le sicurezze del lavoro

dipendente.

3. Le associazioni religiose e laiche

In molte province italiane le reti religiose (dahira) facilitano un reciproco aiuto costante tra i

membri della confraternita. La confraternita presenta delle caratteristiche simili a quelle di una

SETTA (valore della separatezza, coesione e solidarietà, sacralità del gruppo, ecc…); quelle

tipiche del MISTICISMO ed in misura minore le caratteristiche della CHIESA (obbedienza ad

un superiore). A queste caratteristiche è opportuno aggiungere le caratteristiche organizzative

della raccolta fondi e della facilitazione a mantenere i legami transnazionali tra contesti di

origine e di approdo. Anche il successo e il progresso sono spesso interpretati come prove del

possesso della grazia e di essere aiutati da forze nascoste. In questo modo il migrante non è

mai abbandonato a se stesso, ma si muove in un universo di riferimenti noti. Di conseguenza,

anche la società d’accoglienza si trova a fare i conti con un gruppo di migranti compatto e

conscio delle difficoltà d’inserimento in un’altra realtà, piuttosto che un gruppo di individui

sradicati o privi di controllo sociale.

La confraternita impedisce la decadenza dei VALORI nell’immigrazione e consente il rispetto

delle regole del contesto di approdo e quello del controllo interno alla comunità transnazionale.

La confraternita, quindi, aiuta il migrante a non trasgredire i principi morali, riferendo ogni

minima trasgressione al marabutto e alla famiglia in Senegal. Gli spazi transnazionali sono

mantenuti in vita da conversazioni a distanza, telefoniche, con persone in continuo movimento

e attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie come Internet.

Inoltre, frequenti sono le visite dei grandi marabutti; molto importanti da un punto di vista

simbolico, spirituale e anche organizzativo. Il marabutto raccoglie delle offerte di denaro,

fornisce ai discepoli la benedizione (impedisce la decadenza di valori) ed alcuni consigli

specifici. Gli incontri si svolgono all’interno di spazi qualsiasi senza il bisogno che quello

spazio sia architettonicamente riconoscibile: una sala di quartiere o una palestra fungono

temporaneamente da MOSCHEA.

L’ideologia del lavoro, l’identificazione con ciò che viene percepito come etica islamica da

praticarsi nella quotidianità e il rispetto delle norme e delle istituzioni dell’ambiente straniero

costituiscono gli aspetti salienti del modello muride di migrazione.

Grazie alle attività delle DA’IRE, l’organizzazione muride è in grado di assumere un informale

ruolo di mediazione e di interfaccia con le istituzioni di accoglienza.

Quindi l’organizzazione religiosa si mostra decisiva nel mantenere un legame transnazionale e

nel fornire agli immigrati dei punti di riferimento spirituali e ideologici e, soprattutto

indirettamente, nello stimolare sviluppo di reti, che si combinano

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
23 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tonia_la di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia dei processi migratori e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Riccio Bruno.