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UOMINI DEL KERALA
Kerala – stato meridionale dell’India con lunga storia di migrazione da associare a forme identitarie di soggettività locale
e ai diversi modi di essere uomo. Mobilità a costruzione delle identità maschili sono fortemente intrecciate.
L’identità maschile viene sempre rinegoziata a seconda delle posizione che l’uomo può raggiungere (4 categorie: gulfan
che pensa solo ai soldi, pavan uomo sociale ma senza successo personale, kallan inviduo anti-sociale e 4 tipo capace di
gestire equilibrio tra socialità e individuo).
Raggiungere la piena mascolinità = avere disponibilità di contanti e agency adatta alla loro gestione.
La migrazione è dunque un rito di passaggio che coincide con il rito di iniziazione all’età adulta, al ritorno previsto
matrimono e acquisizione di ruolo sociale nella comunità. Difficoltà anche per alte aspettative. Simbologia dei regali per
allontanare malocchio e malattie e mostrare mascolinità.
EMIGRAZIONE DONNE CAPOVERDIANE
Da anni 70 grandi migrazioni di donne da Capoverde verso paesi EU meridionale dove trovavano impiego nell’ambito
delle cura e dei servizi domestici. Novità perché migrazioni di solito maschili.
Migrazione permette alle donne di realizzare il loro ideale di femminilità.
Società capoverdiana modellata su un sistema parentale matrifocale in cui la diade madre-figlio è l’elemento primario
e in cui madre è responsabile dell’unità domestica. Molti bimbi crescono con genitori non biologici ma donne benestanti
in grado di sostentarli. Vige una sorta di poligamia informale nella quale la moglie è tenuta in max rispetto in confronto
alla madre dei figli (ideale della donna è quindi avere un matrimonio monogamico anche se contrasta con modello
preponderante di mascolinità che è quello di avere più partner). In realtà dunque il sistema capoverdiano è patriarcale,
fondato su soppressione storica nei confronti della donna ad opera di schiavitù, colonialismo, religione, razzismo,
maschilismo.
Con emigrazione le cose cambiano e le donne diventano capifamiglia a distanza che hanno potere economico e
simbolico che deriva dalla mobilità. Si passa dunque da società matrifocale a forte dominazione maschile a società
matrifocale a indipendenza femminile in cui uomini sono bypassati (madre biologica sostituita da madre putativa o
nonne-mamme TRIANGOLO TRANSNAZIONALE). La maternità transnazionale vista come socialmente normale e
accettabile anche se criticata a volte da donne che restano che comunque, grazie a loro, rompendo con il modello
patriarcale e sfidando l’autorità maschile, riacquistano nuovo potere.
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Esempi mostrano nuovo potere ottenuto grazie al successo migratorio connesso quindi alla realizzazione della propria
identità. CAPITOLO 9
LAVORO di Sebastiano Ceschi
Migrazioni e lavoro appaiono generalmente in letteratura come due fenomeni indissolubilmente legati. I movimenti
migratori deli ultimi decenni infatti appaiono dominati da ragioni economiche e da forme di mobilità incentrate sulla
dimensione del lavoro. Forte nesso tra migrazioni contemporanee e processi di ristrutturazione capitalistica e
riallocazione del lavoro. Lavoratori stranieri risultano funzionali alle relazioni produttive e svolte occupazionali post
capitalistiche (lavoro domestico o di cura, mansioni più dure del settore produttivo,…) anche spostando lo sguardo sui
migranti la relazione migrazione-lavoro è fondamentale perché sul lavoro si gioca la propria fortuna di vita e spesso
anche la propria identità ed è il lavoro stesso la condizione per la sua accettabilità.
Lavoro inteso come spazio esistenziale e sociologico è dunque causa e promessa, aspettativa e risultato, condizione
necessaria per restare.
Nozione di lavoro attraversa molte discipline e anche in ambito antropologico è difficile da definire poiché connesso con
potere, società, pensiero e in rapporto con ecologia e tecnologia componendo la sfera economica, a sua volta inserita
nella vita dell’uomo. All’interno dell’antropologia diventa un elemento centrale di studio delle società complesse, una
chiave di lettura delle società. Il suo approccio alla relazione migrazioni-lavoro tuttavia risulta frutto di un assemblaggio
i prospettive eterogenee e risulta in parte da costruire.
Con l’avvento del post-fordismo il lavoro si disarticola, si frammenta in un sistema a rete di imprese di dimensioni piu
ridotte con funzioni produttive ora esternalizzate e si diversifica per modalità, contratti e mansioni. Le migrazioni
contemporanee anche dette post fordiste, presentano caratteristiche salienti di molteplicità delle forme e tipologie di
migranti molto più diversificate.
Lavoro segmentato e meccanismi di divisione culturale del lavoro, cioè una ripartizione di mansioni e posizioni, basata
sull’appartenenza culturale e sulla condizione di immigrato.
Migranti e lavoro subordinato
La divisione culturale del lavoro di tipo gerarchico vede gruppi definiti culturalmente occupare la parte inferiore e
superiore della scala occupazionale in modo omogeneo. I migranti nella fascia di inquadramento più bassa, meno
qualificata e subiscono tendenzialmente un inserimento subordinato. Sono persone socio-economicamente,
politicamente e etnicamente marginalizzate, inserite all’interno di contesti stranieri. Un filone di ricerche è dedicato
alla relazione tra migrazioni irregolari e temporanee e forme di lavoro non garantite, in nero, di tipo servile e coatto
oppure inserite in circuiti criminali.
Concentrazione del lavoro delle donne migranti è nel settore domestico e di cura.
L’appartenenza al genere concorre insieme a quella etnica e di classe a determinare il grado di accesso alle risorse e alle
opportunità sociali costituendo spesso un fattore di discriminazione.
Pochi gli studi sui figli di migranti, migranti femminili e lavoro, lavoro irregolare e regolare.
Migranti e lavoro autonomo
Imprenditoria immigrata: la riuscita delle attività in proprio delle minoranze è generalmente considerata il frutto della
capacità di reagire a una situazione di svantaggio rispetto agli autoctoni attraverso risorse di gruppo (solidarietà,etc..).
Non sono solamente le caratteristiche del paese di provenienza e il modo utilizzare la cultura e le relazioni comunitarie
da parte degli imprenditori immigrati a essere centrali, ma anche i contesti storici, geografici economici e socio politici
in cui questi si trovano ad operare. Studi in Italia su imprenditorialità straniera dove le attività autonome vengono
collocate all’interno di uno spazio transnazionale e di una rete di opportunità, esperienze e progettualità che
fuoriescono dal solo territorio di destinazione. Rispetto agli studi sociologici, quelli antropologici tendono ad allargare
lo sguardo a più contesti di vita e di azione e a scegliere o evidenziare dimensioni delle attività di lavoro che rimandano
a volte in modo relazionale e simbolico ai contesti di provenienza e ad altri luoghi significativi per gli imprenditori
migranti e il loro entourage. 15
Un modo per cogliere interazione tra lavoro e dimensione transnazionale è quella di fare etnografia dei e nei luoghi di
lavoro. Es.fabbrica in prov di Bergamo con lavoratori senegalesi o cantiere edile in prov di Bologna.
Emerge una visuale complessa e ambivalente del lavoro osservato: sia come posti aperti e in osmosi con contesto
societario sia come posti chiusi produttori di proprie specificità. In particolare la fabbrica ha perso la sua centralità.
Vi è una parziale autonomia del luogo di lavoro dove però non manca mai l’interazione con le vicende esterne.
Nel lavoro sull’edilizia emerge come centrale la condizione della migrazione in quanto in questo settore c’è maggior
sfruttamento, al contrario nella fabbrica è possibile inserire uno sguardo antropologico più focalizzato su condizione di
transnazionalità. Entrambi i lavori toccano il tema della concezione del lavoro per le due culture:
per rumeni il culto del lavoro socialista e desiderio di conquistare pari condizione con omologhi occidentali
per senegalesi, che ha radici etnico religiose, si collega all’ethos del lavoro e onesto e di fatica della confraternita murid.
Molteplicità di fattori da prendere in considerazione per una visione pluridimensionale.
CAPITOLO 10
RELIGIONI di Sara Bonfanti
Difficoltà di studio del rapporto migrazioni-religione perché religione incorpora una pluralità semantica e le sue
esperienze sono molteplici. I primi studi staticizzarono l’oggetto di ricerca facendo corrispondere a ogni società una
cultura, un’etnia, una lingua e una religione.
La religione = piano simbolico, un modo di riflette, di organizzare in senso conoscitivo ma anche etico-politico, il mondo
delle cose e il mondo umano. comprende una serie di pratiche e vive su un paradosso intrinseco, ritiene di gettare le
sue radici in qualcosa (il sacro) o qualcuno (essere divino) che trascende dimensione umana.
Religione rimasta per molto tempo ai margini dei migration studies poi oggi nuovo interesse per il tema religioso in
quanto l’appartenenza religiosa si è rivelata una variabile non periferica delle vite migranti e le prassi religiose in contesti
transculturali hanno esibito infinte variazioni e possibilità.
Gli studi etnografici evidenziano come ogni religione plasma e viene plasmata dall’esperienza migratoria. L’affiliazione
religiosa unisce tutti i suoi membri in comunità immaginate globali permettendo loro di sentirsi parte di una catena di
memoria.
Non solo culture, lingue, religioni non coincidono più ma i flussi migratori disgregano e riaggregano individui e gruppi
sociali secondo molti progetti alternativi.
Tra i vari approcci alla religione abbiamo quello FUNZIONALISTA (DUrkheim) che in origine intese dimostrare come in
ogni religione i membri di una società vogliano rappresentare su un piano trascendente il vincolo che li unisce. Cerimonie
e rituali ribadiscono il sentimento di appartenenza. La funzione della religione come legame sociale non contraddice
l’esperienza del sacro come componente emozionale.
L’approccio SIMBOLICO (Geertz) religione come sistema di simboli che agisce stabilendo nelle persone stati d’animo e
motivazioni. tutti i fenomeni si inseriscono in precisi contesti storici e sociali offrendo un sistema simbolico che relazione
l’uomo al cosmo e permette di dare ordine e senso al mondo.
Dagli anni 90 idea di esperienza religiosa come repertorio culturale tascabile e volano per tessitura di reti sociali in terra
di d’arrivo (immigrati riuniti in confraternite sperimentano dimensione comunitaria).
Duttilità dei sistemi religiosi al cambiamento