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DELLA PRESENTAZIONE
Gli oggetti, le idee e le persone si incontrano nella mostra
interpretativa, costituendo una forma di narrazione. È una
narrativa in cui si ha una ripresentazione del passato. Si
potrebbe parlare a questo proposito di arte drammatica.
David Cole suggerisce che soltanto il teatro della attività
umane offre l’opportunità di fare esperienza di una verità
d’immaginazione come se fosse una verità presente.
Lo spazio tra l’oggetto e il cartellino è uno spazio attivo. La
scelta politica che il responsabile della mostra deve
compiere riguarda i modi, i tempi e l’intensità con cui
intervenire nel formarsi di tale evento. Nella mostra Field to
Factory , gli incontri che i visitatori possono fare sono
orientati e ordinati in modo significativo dalla disposizione
fisica dei materiali esposti. La verità d’immaginazione viene
vissuta, da parte del pubblico consapevole e partecipe,
come verità presente.
La poetica della rappresentazione in questo allestimento,
davvero centrale, si ispira a Bertolt Brecht. Per Brecht, il
confronto è quell’alienazione che rende possibile la
riflessione, la discussione e la comprensione del problema.
Ma c’è un altro modello dialettico che può dar forma, alla
mostra narrativa: la Poetica di Aristotele. La struttura
drammatica secondo questa concezione si fonda su sei
elementi: racconto, caratteri, pensiero, linguaggio, musica,
vista. La comprensione della condizione umana è plasmata
in primo luogo dell’evento che il pubblico è chiamato a
parte, collaborando direttamente alla creazione di un
significato sociale. L’autenticità trova la sua collocazione
nell’evento.
PENSIERI IN LIBERTA’ SULLE OPPURTUNITA’
ESPOSITIVE
ELAINE HEUMANN GRURIAN
In queste pagine l’autrice verifica la portata di un’idea
secondo la quale nelle nostre mostre, finiamo col frapporre
ostacoli alla comprensione e all’apprendimento di alcuni
componenti. E continuiamo ad agire in questo modo senza
curarci delle teorie relative all’apprendimento. Gli ordinatori
dei musei concepiscono strumenti di valutazione che
misurano solo le cose che vorrebbero il pubblico
apprendesse, non quelle che effettivamente apprende.
Innanzitutto c’è da dire che non è il contenuto a
predeterminare la progettazione, le strategie e le
installazioni cui facciamo ricordo: il contenuto e la
presentazione della mostra sono anzi due cose distinte.
Nell’introduzione all’edizione americana del suo libro La
distinzione. Critica sociale del gusto Pierre Bourdieu scrive
Un’opera d’arte ha significato e interesse solo per qualcuno che sia
in possesso della giusta competenza culturale. Uno spettatore che
non sia in possesso del codice specifico si sente perduto in un caos
di suoni e di ritmi, di colori e di linee, senza capo né coda.
Una possibilità di cambiamento è fornita dal modo in cui
discipline come l’antropologia, la storia dell’arte e la storia
stanno procedendo a un riesame dei loro fondamenti.
Applicando le stesse tecniche di riesame lavoro di
specialisti in attività museali, possiamo scoprire nuove
prospettive capaci di fornire un diverso approccio alle
nostre mostre nonché al loro pubblico
I MUSEI E I LORO UTENTI:
IDENTITA’, POLITICA E UGUAGLIANZA
Nel catalogo della mostra Images from Bamum Christaud
Geary si esprime a proposito del ruolo che lo spettatore
svolge nel lavoro fotografico:
Quando si analizzano fotografie, occorre considerare il ruolo svolto
dal fotografo, dal soggetto e dall’osservatore.
Il passo citato può valere anche per l’attività espositiva:
quando si analizza una mostra, occorre considerare il ruolo
svolto nel processo creativo dall’ordinatore, dal tema e dal
pubblico.
Si può sostenere che i musei storici sono stati creati per
promuovere le aspirazioni dei loro creatori. I musei d’arte,
invece da collezionisti e mecenati facoltosi per imporre il
loro status e il loro gusto, mentre i centri
scientifico-teologici sono stati creati da ricchi uomini
d’affari per conquistare il consenso del pubblico sui
progressi e gli sviluppi dell’industria.
Il rapporto che si stabilisce tra un museo e il suo pubblico
può essere determinato. Avremo così musei che aspirano a
essere organizzazioni di consenso, musei ispirati a un
liberalismo consapevole e musei di controcultura. Il
Metropolitan Museum of Art, il New Museum of
Contemporary Art e El Museo del Barrio. In termini politici,
questi musei possono essere definiti, rispettivamente, di
destra, di sinistra moderata e di sinistra estrema.
Storicamente, tutti i musei tendono a spostarsi a destra
quando hanno successo. Oltre alla posizione politica del
museo, un indice rivelatore del tipo di rapporto tra museo e
pubblico può essere dato dalla politica personale del
direttore. I direttori possono influire consapevolmente sulla
posizione politica del museo.
Per esempi, Frank Oppenhimer, direttore
dell’Exploratorium di San Francisco dal 1968 al 1985 e
Michael Spock, direttore del Boston Children’s Museum.
Produssero le mostre più innovative degli anni Sessanta,
riteneva di far parte di quello schieramento politico che si
riconosceva nella parola d’ordine “potere al popolo” . Le
idee politiche professate da Oppenheimer in gioventù
possono aver trovato espressione nella concezione secondo
la quale gli autori delle idee su cui si fondano le mostre
dovrebbero poter realizzare tali idee senza l’aiuto del
progettisti. In effetti la sua posizione era unica e radicale.
Oppenheimer credeva che il pubblico si sarebbe sentito a
suo agio con un laboratorio domestico. Voleva che
l’ordinatore di una mostra parlasse direttamente al
pubblico.
Per Michael Spock l’apprendere era un atto non privo di
rischi. Questo lo indusse a preferire l’uso di materiali come
il legno e il cartone negli allestimenti museali, per fare in
modo che il pubblico si sentisse a suo agio e come “a casa
propria”. I contenuti non erano il primo dei suoi interesse:
la cosa più importante era l’emancipazione dello
spettatore.
I principali esperimenti cui Oppenheimer e Spock diedero
corso cambiarono per sempre il volto dell’attività museale,
invitando il pubblico a partecipare alla sua stessa
formazione. Tuttavia, venticinque anni dopo i primi
esperimenti, si ha ancora una certa riluttanza nell’adottare
le strategie di Spock e Oppenheimer.
ALCUNI PARAMETRI SULL’APPRENDIMENTO
MUSEALE
Chandler Screven, critico di mostre artistiche di grande
esperienza, scrive: “l’apprendimento museale ha ritmi
propri , una propria direzionalità. Le mostre all’interno dei
musei non sono corsi scolastici. Il pubblico dei musei è
composto di unità sociali disparate che rimangono anonime
e si caratterizzano per una scarsa conoscenza preventiva
degli argomenti considerati.
Il contenuto di una mostra può essere capito dal pubblico
immediatamente può essere ripensato e assimilato qualche
tempo dopo, o entrambe le cose insieme. L’impressione
istantanea cui tutte le successive scoperte faranno
riferimento, è stata designata da Michael Spock con il
termine “apprendimento di base”.
Le buone mostre sono spesso concettualmente semplici.
Più il messaggio verbale diviene complesso, meno la
mostra finisce con l’essere comprensibile.
I LIMITI DELL’APPRENDIMENTO
L’idea che si fanno di ordinatori del loro pubblico non è
l’unica cosa a determinare i progetti espositivi, cui fanno
riferimento; tali progetti sono determinati anche da quanto
vorrebbero che il pubblico e i colleghi pensassero di loro.
Certi stili espositivi che favoriscono l’apprendimento ma
sono sensuali ed emotivi possono mettere in imbarazzo.
I professionisti in attività museali non vogliono avere nulla
a che fare con il cosiddetto show businnes. Eppure le
mostre sono attività di pubblica ricreazione e divertimento.
Questo atteggiamento è stato forse favorito e rafforzato dal
destino toccato al primo museo storico americano fondato
da Charles Wilson Peale:
la visione pedagogica di Peale era andata perduta. Il suo sforzo di
creare un museo che fosse insieme serio e popolare era fallito. Nel
1850 l’edificio e le collezioni erano divenuti proprietà Kimball e
Barnum che separano museo e baraccone.
Oggi, il fascino ambivalente che Disneyland esercita su di
noi ha il complicato il problema. Di gran lunga la più
efficace e popolare attrazione del nostro tempo. Disneyland
usa tecniche che possono educare e insieme divertire, ma il
mondo museale non vuole certo essere equiparato a
un’attività del genere.
Molti organizzatori credono che nelle mostre di prevalente
interesse estetico la persona fornita di buona cultura visiva
debba saper usare le indicazioni visive fornite dagli oggetti
senza alcuna assistenza da parte di cartellini e didascalie
esplicativi. Il risultato di queste preferenze interiorizzate è
che le mostre spesso divengono luoghi in cui gli ordinatori
e creatori usano certi stili espositivi per dimostrare l’abilità
hanno acquisito nel praticare questi modi di insegnamento.
Inoltre non vogliono apparire troppo condiscendenti perché
un certo tono di familiarità ridurrebbe la portata del loro
lavoro. Se il pubblico si diverte, possiamo essere accusati di
aver allestito un circo. Ma se, in quanto ordinatori di
mostre, cominciano a pensare che il divertimento è una
parte pienamente ammissibile dell’attività educativa,
possono imporsi nuove strategie espositive.
ELABORARE DIVERSI STILI E LIVELLI DI
APPRENDIMENTO
In Formae mentis, Howard Garner mostra che ogni
individuo ha un suo patrimonio di doni e talenti, come pure
un patrimonio di stili di apprendimento, che possono essere
divise approssimativamente in sette categorie: linguistica,
musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinesteica,
interpersonale e intrapersonale. Ciò che più conta per gli
ordinatori di mostre è il fatto che una forma di
apprendimento non è necessariamente traducibile in
un’altra.
C’è poi da aggiungere che ciascuno di noi, oltre ad avere i
propri stili di apprendimento preferiti, è in determinati
momenti della sua vita un principiante sull’uno o sull’altro
argomento. Il presupposto che i visitatori principianti
devono sentirsi a loro agio suggerisce di adottare una serie