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Le loro relazioni con il sopramondano erano relazioni di devozione religiosa tra viventi e defunti, che spesso
escludono l’elemento collettivo e anche l’intervento di intermediari viventi, sfidando l’interesse ecclesiastico di
controllare gli aspetti rituali.
Il popolo si fida poco del clero, al quale non dà fiducia e non ne riconosce la superiorità morale, ma soltanto il
potere di controllare i luoghi sacri.
La pratica ecclesiale è sempre più limitata alla sola ritualità sacramentale; i preti appaiono così distratti, superficiali
e frettolosi.
L’espressione religiosa nel rapporto tra l’individuale e il collettivo
A Napoli si dà grande importanza agli aspetti privati e personali della religiosità.
Molte persone hanno in casa degli altarini di famiglia o portano sempre con sé immaginette sacre. Questo è un
modo per sentirsi più vicini al sacro attraverso la penitenza e la prossimità con le reliquie.
Attribuiscono grande importanza alle loro suppliche e ai loro voti e sperano, pregando, di riguadagnare la salute
fisica, psicologica o emotiva.
Le offerte più comuni includono candele votive, oggetti in oro e argento, anelli nunziali, diplomi, medaglie o denaro,
anche se il perseguimento dell’interesse monetario è lontano dall’espressione religiosa, perché esso
contaminerebbe la spiritualità dell’evento.
Questa religiosità personale è importante per la strutturazione sociale perché si inserisce nell’ampio contesto
delle strategie morali di costruzione del senso di appagamento e di merito personale di cui abbiamo parlato.
La protezione del sacro sopramondano è ritenuta importante per la determinazione del benessere generale proprio
e dei propri cari.
Ma il ruolo del sopramondano si estende anche ad altri aspetti della cultura..
Ritualità e credenza: tra sovversione e conformità
A Napoli, il giorno del Lunedì in Albis o Giorno della Madonna, si svolgono dei rituali religiosi organizzati dal popolo,
a cui il clero è escluso.
La gente attraversa la città in processione trasportando in spalla delle strutture di cartapesta che rappresentano
eventi religiosi o politici.
I residenti locali partecipano pregando, scambiandosi doni, facendo offerte in denaro, unendosi ai canti ed
applaudendo le esecuzioni.
Fino a quindici anni prima questi rituali si svolgevano anche nel Santuario del paese, ma poi il clero locale ha deciso
di bandirli.
In questo evento vi è sia religiosità che emotività: da una parte si vuole incoraggiare la speranza nell’intervento
della Madonna nelle cose terrene, ma allo stesso tempo è importante l’emotività dell’evento.
I devoti spiegano il loro comportamento in termini di sacrificio, espiazione del peccato e speranza nella
benevolenza della Madonna. Anche se durante l’anno queste persone facevano un uso importante ma limitato della
Chiesa, in questa occasione essi, una volta raggiunto il santuario si disponevano in fila in attesa di entrare e
avvicinarsi all’immagine della Madonna collocata sull’altare centrale.
Nella parte finale del rito si nota come sia chiaramente di nuovo l’individuo a trionfare. Ciascun pellegrino si
presenta da solo al cospetto della Madonna e raggiunto l’altare ognuno sosta brevemente per pregare; i
Domenicani accettano bruscamente le offerte, benedicono velocemente i pellegrini e li esortano ad uscire dalla
Chiesa.
Questa ambivalenza mostra una forte condanna di espressioni culturali che la Chiesa conosce bene, ma sulle quali
non riesce a mantenere un controllo e quindi definisce pagane. Questa difficoltà ecclesiastica si estende a molti
aspetti importanti delle religiosità della gente ordinaria.
La Chiesa non apprezzava che i pellegrini, una volta usciti dal Santuario andassero a fare acquisti alle bancarelle
locali e a divertirsi, così anno dopo anno un numero crescente di pellegrini va a divertirsi altrove.
Alcuni giovani informatori descrivono queste espressioni religiose come segni di un’arretratezza che ha radici
profonde, le persone in questo giorno vanno in giro stremati chiedendo carità alla Madonna quando durante l’anno
sfoggiano automobili di lusso e preziosi gioielli.
Quindi possiamo osservare come il modo in cui le élite si pongono di fronte alla moralità e alla cultura della
gente ordinaria influisce direttamente sul modo in cui esse si pongono di fronte ai loro stili di cittadinanza.
Questa manifestazione dimostra che il rifiuto della gente ordinaria di tollerare forme di controllo imposte dal clero
non significa rifiuto delle istituzioni religiose, così come la sfiducia nelle élite dominanti non significa
necessariamente sfiducia nelle istituzioni dello Stato; anche se specifiche circostanze potrebbero far sì che questo
accada.
4. Politiche di valore e interesse nell’economia della fiducia
Sfaticati, corrotti e sottomessi? Restrizioni ambientali, conflitti morali e cultura
imprenditoriale
A Napoli il popolo riconosce l’importanza di disporre di svariati contatti, tanto che lo affermano anche diversi
proverbi come: chi ha santi va in paradiso, aiutati che Dio ti aiuta, non voglio dipendere da nessuno, chi si fa
pecora il lupo lo magna; essi mostrano che i contatti politici sono un elemento importante, anche se non
necessariamente prioritario.
L’approfondimento di un caso specifico aiuterà a comprendere meglio questa problematica:
Un cinquantenne di nome Lino parla della sua storia.
Quando era piccolo lavorava come apprendista in un’officina vicino a casa, anche se dopo un po’,
stancatosi di lavorare sotto padrone, finì col licenziarsi. Dopo la morte del padre lasciò la scuola per
aiutare sua mamma nella gestione della loro bancarella porta a porta. Qualche anno dopo affiancò il
contrabbando di sigarette alle sue attività, investendo insieme ad un suo amico che aveva i contatti 5
giusti. Era un attività illegale, ma che spesso, come molte altre con il tempo finisce per essere
considerata legittima; Il contrabbando finì presto perché sia lui che il suo socio mancavano di esperienza
e della capacità di corrompere.
Riuscirono a cavarsela grazie all’intervento di un onorevole al quale già in passato la madre di Lino aveva
chiesto dei favori.
Lino promise di non praticare più alcuna attività illegale, nonostante continuò ad evadere vari tipi di tasse
e di multe.
Una volta adulto ha insegnato a suo figlio a tenersi lontano dalle attività criminali.
Anche Lino vive la propria religiosità in forma indipendente dalla Chiesa, verso la quale ha sviluppato un
atteggiamento cinico ma della quale ne riconosce il potere secolare. Fece un pellegrinaggio al Santuario
di Montevergine e fece un’offerta in denaro per una messa in onore del padre, nella cui protezione
credeva fermamente.
Con il tempo Lino acquisì sempre più consapevolezza che il rapporto con l’onorevole che lo aveva salvato
dalla prigione certa era molto vicino alla sottomissione.
Dopo la morte della madre, Lino riprese il lavoro informale della bancarella, ma a causa della depressione
economica della metà degli anni ’70 perse il lavoro e si unì ai disoccupati che manifestavano
quotidianamente per ottenere un lavoro stabile.
Qui riuscì ad ottenere diversi contatti e riuscì a riaprire la sua bancarella, sviluppò utili rapporti
interpersonali con burocrati e politici che usò per ottenere benefici e raggiungere obiettivi.
Successivamente entrò in conflitto con Nando, un collega supervisore, perché quest’ultimo tollerava
l’assenteismo e l’improduttività dei suoi lavoratori in cambio del loro appoggio nella sua attività
sindacale. Lino sapeva che in questo modo si rubavano soldi ai contribuenti e il servizio a Napoli sarebbe
peggiorato ancora di più.
Si mise così d’accordo con il loro superiore ed insieme organizzarono una strategia: decisero di trasferire
Nando ed organizzarono un ‘pranzo riappacificatore’, in cui la moralità di Lino trovò maggiori consensi
rispetto a quella di Nando e alla fine anch’egli si rese conto che sarebbe stato controproducente
persistere nel suo atteggiamento.
Azione collettiva e iniziativa individuale: tolleranza e disincanto in relazione al
potere formale
A Napoli la gente non si fida delle proprie élite; la gente partecipa alla società attraverso il voto o altre azioni,
tuttavia vede con sospetto le organizzazioni proposte e controllate dai politici, perché sarebbero delle situazioni di
forzata comunità.
I Meridionali cooperano molto poco soprattutto perché non hanno ben chiari quali siano i rischi e i pericoli nel
lavorare insieme e dare fiducia ad altre persone.
Per decidere di agire insieme, questi Napoletano devono innanzitutto giungere alla conclusione che non stanno
perdendo il loro tempo, magari finendo per asservire gli interessi strumentali di poteri superiori.
Non accettano di venire a far parte di un disegno politico che prevede la lotta di massa come condizione
indispensabile al cambiamento, ma al tempo stesso sanno che non possono lasciar fare tutto ai partiti o ai
sindacati, perché essere asserviti alle loro decisioni non significa lasciarsi civilizzare, ma in questo modo ci si ritrova
ad essere assoggettati a della persone che decidono tutto ciò che bisogna fare e in che modo farlo.
Per questo sono molte le cooperative che si sono venute a creare, soprattutto nel caso dei disoccupati, che cercano
un coinvolgimento nel mercato formale del lavoro.
Così i napoletani continuano ad agire autonomamente e razionalmente ed inevitabilmente continuano ad
essere fraintesi da una società che non riconosce alcun valore all’interesse individuale, anche quando non è di tipo
materiale.
La sfiducia nei governanti porta quindi a comportamenti associativi con fini positivi (mamme contro la droga, lavoro
stabile, un buon sistema sanitario ecc).
In questi casi l’azione collettiva contro le élite che gestiscono il potere in modo strumentale sta a significare una
cultura dei rapporti economici che trascende i requisiti ideologici del collettivo.
Spesso i partiti e i sindacati non riescono a controllare queste forme di azione collettiva e le descrivono come
manifestazioni anarchiche di scontento, tacciandole anche di strumentalità.
Relazioni di potere depolarizzate e ridefinizione del rapporto tra agenzia e sistema
La situazione sociale e politica non è tanto fatta di cittadini ingenui privi di coscienza critica e quindi facilmente
manipolabili dai boss, quanto di scelte individuali, che si concretizzano nella partecipazione e che sono viste come
espressioni del sé, anziché comportamenti forzati.
I risultati di queste scelte influiscono su