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CURATOR VENTRIS.

Ma si preoccupava anche di impedire che la donna simulasse di essere VENTER:

cioè, che simulasse una gravidanza o un parto inesistente, e che sostituisse un

neonato. 99

4. UNA RIBELLE: CLODIA-LESBIA.

Tra le donne che invece rifiutavano di accettare le regole vi è una donna

celeberrima: CLODIA, passata alla storia con il nome di LESBIA, datole da

CATULLO, che disperatamente l’amò e con questo nome la cantò.

Chi è CLODIA?

CLODIA era la sorella di CLODIO, ex tribuno e capo di una banda che

appoggiava violentemente la politica dei popolari, e in particolare quella di

CESARE.

Della vita di Clodia conosciamo solo qualche data:

 il 94 a.C., l’anno della sua nascita;

 il 76 a.C., l’anno della morte di suo padre; importante perché ci fa sapere

che Clodia si sposò tardi per le abitudini dell’epoca. Alla morte del padre

era ancora nubile;

 nel 63 a.C. era moglie di QUINTO CECILIO METELLO CELERI, uomo

politico molto noto, console nel 60 e morto nel 59 a.C.

CLODIA era bella, gli amici la chiamavano BOOPIS, «GRANDI OCCHI»,

epiteto di Era, moglie di Zeus.

CATULLO è la fonte sulla quale ci si è tradizionalmente basati per tentare di

capire qualcosa di lei, del suo modo di vivere.

Ma Catullo era follemente innamorato di Clodia, ma anche follemente geloso:

infatti, ritenendosi tradito, la amava e la odiava nello stesso tempo.

Dunque la sua non è una fonte attendibile.

Catullo raccontava un amore vero o descrive l’oggetto amato ricalcando dei

modelli letterari?

Catullo comunque è inattendibile perché è un innamorato che non riesce a capire

la donna che ama; in effetti, Clodia è una donna difficile da capire, e quando

Catullo non riesce a capirla, la insulta descrivendola a volte come una donna

sfrenata, ai limiti della depravazione. 100

Clodia certamente è un TOPOS, ma non necessariamente letterario.

È lo stereotipo ben radicato nella mente maschile, della donna che nella realtà di

un rapporto respinge o delude ogni pretesa di esclusività.

Ciò che è certo è che, chissà quante volte, Lesbia dopo aver abbandonato Catullo

torna da lui; a volte lo insulta, ed egli legge in quegli insulti una prova d’amore.

A volte scaglia violente invettive contro di lui in presenza del marito: forse per

rassicurarlo? Forse per ridere di lui?

E Catullo continua a lodare Lesbia, la sua bellezza.

Ha il suo amore, è un amore avvelenato, ed è in questi momenti quando crede

che l’amore sia finito, che Catullo lancia le più terribili invettive a sfondo

sessuale.

Ma sono momenti in cui non è credibile, come quando descrive una Lesbia

disposta a qualsiasi avventura, nel chiasso e nello squallore delle taverne.

Vi è stato chi ha creduto che Lesbia fosse come la descrive Catullo: una Lesbia

lussuriosa, immorale, affamata di piacere e di potere; qualcuno è arrivato a

vederla come una donna-vampiro.

Una donna che vive di tradimenti.

Depurate dal veleno della gelosia e dell’incomprensione, le poesie di Catullo

fanno emergere che Clodia amò a sua volta Catullo: lo amò a suo modo, e non

come Catullo voleva essere amato; lo amò come ama una donna libera, e si

direbbe, felice di vivere; forse crudele ma nel modo in cui accade agli innamorati

di esserlo, volontariamente o non.

CICERONE, invece, di Clodia diceva tutto il male possibile:

«CLITENNESTRA», la definiva tra l’altro.

Un nome che era sinonimo di assassina.

E per di più QUADRANTARIA, una donna da 4 soldi.

Per non parlare della voce, da lui fatta circolare, secondo la quale Clodia sarebbe

stata l’amante di suo fratello Clodio, e a suo tempo avrebbe avvelenato il marito

per ereditare i suoi beni e darsi alla bella vita.

101

Ma si tratta di nuovo di accuse inattendibili, poiché CICERONE era acerrimo

nemico di Clodia per ragioni familiari: Clodio, il fratello di lei, era il suo più

odiato rivale politico.

Più volte Cicerone presentò un ritratto a fosche tinte di Clodia, ad esempio in

un’orazione pronunciata nel 56 a.C. in difesa di CELIO RUFO, ex amante di

Clodia.

Le fece numerose accuse:

 Celio avrebbe partecipato alla congiura di Catilina, durante le elezioni

pontificali avrebbe percosso un senatore e per finire avrebbe messo in atto

un piano per uccidere il nemico politico Dione di Alessandria. Celio

sosteneva l’accusa essendo nemico del fratello di Clodia, era andato a

vivere in un appartamento nell’insula che questi possedeva sul Palatino;

quando Celio le aveva chiesto un prestito per poter organizzare i giochi

pubblici, Clodia gli aveva dato dei gioielli. Ma poi aveva scoperto che il

denaro era servito a pagare dei sicari perché uccidessero Dione. Cicerone

diceva che Clodia era stata l’amante di Celio, e quando questi l’aveva

lasciata, persa ogni speranza di riconquistarlo aveva giurato vendetta.

Clodia sosteneva che Celio si era impossessato dei suoi gioielli e aveva tentato di

ucciderla.

Da accusatrice, Clodia, era divenuta l’accusata: Celio aveva avuto una relazione

con lei; e con questo?

Si poteva fargliene una colpa?

Celio era giovane, e Clodia era quel che era.

Morto il marito, invece di attendere serenamente la vecchiezza e la morte, si era

data alla bella vita, frequentando le persone più indegne.

Tenne una condotta svergognata.

Clodia si comportava, si vestiva, parlava come una prostituta; per non parlare di

quello che accadeva nella sua villa di Baia di Napoli: festini sulle spiagge,

banchetti, baldorie, amorazzi, canti, gite in barca, orge alle quali partecipavano

anche gli schiavi. 102

RUFO venne assolto e di Clodia non si ha più notizia.

103

Parliamo di alcune VEDOVE e di vari modelli.

Il modello più alto della vedovanza era quello della donna che limitava a tempi

brevissimi lo spazio della vedovanza, suicidandosi immediatamente, o poco dopo

la morte del marito.

Non tutte le vedove si adeguavano: solo alcune lo facevano, e il loro nome

entrava automaticamente nella storia, come il nome di PORZIA, la figlia di

CATONE UTICENSE.

Una donna che si suicidò dopo la morte del suo secondo marito, BRUTO, uno

degli uccisori di Cesare.

Porzia quindi non era univira, ma viene esaltata per il modo in cui si suicidò:

poiché non le veniva dato un pugnale, non esitò a inghiottire carboni ardenti.

Non tutte le vedove erano tenute a tanto: una vedova poteva essere lodata anche

se aveva scelto di sopravvivere al marito, purché non si risposasse.

Come CORNELIA, la madre dei tribuni TIBERIO e SEMPRONIO GRACCO,

figlia di SCIPIONE AFRICANO.

Morto il marito, rifiutò di passare a nuove nozze.

Anche ANTONIA, vedova di GERMANICO.

Ma una donna degna di nota è ARRIA: il marito, PETO, venne coinvolto in una

congiura contro CLAUDIO, e per questo venne condannato a morte; Arria allora

aveva manifestato la sua decisione di non sopravvivergli.

Peto, però, temeva la morte, esitava a fare quel che un vero romano doveva fare

in una simile situazione, ossia suicidarsi.

Così Arria, afferrata la spada del marito, si era conficcata la lama nel ventre, ma

non si era limitata a questo: nel consegnare al suo Peto la spada dalle sue viscere

estratta, la casta Arria disse: «la ferita che mi feci non fa male, credimi, Peto.

Solo quella che ti farai tu mi duole».

Così aveva incoraggiato il marito; era forse giunta a evitare la vedovanza: si era

uccisa un attimo prima del marito.

Quella di CLODIA invece fu una vedovanza allegra.

104

Una donna che non si conformava ai modelli, autonoma nelle scelte, libera e

indipendente nei sentimenti; una donna che rifiutava di farsi scegliere e che

rifiutava di essere oggetto di possesso, fedele sole se e quando voleva.

Una donna che aveva fatto un uso pessimo della libertà; una donna inaccettabile,

alla quale venne fatto pagare il conto di tutte le sue scelte di vita.

L’unica donna che parla dei suoi sentimenti e della sua vita senza mediazioni

maschili è la poetessa SULPICIA. 105

5. UNA POETESSA: SULPICIA.

Vissuta a Roma all’età di Augusto, SULPICIA era figlia dell’oratore SERVIO

SULPICIO RUFO; sua madre era una VALERIA, sorella di MARCO VALERIO

MESSALLA CORVINO.

Sulpicia apparteneva alla buona società, aveva la possibilità di frequentare i

migliori ambienti, e in particolare gli intellettuali che si raccoglievano intorno a

suo zio MESSALLA (Ovidio, Tibullo, Ligdamo).

Dotata di notevoli capacità poetiche, Sulpicia scrisse poesie d’amore, le uniche

poesie d’amore scritte da una donna romana di età classica e giunte fino a noi.

I suoi poemi non sono stati tramandati sotto il suo nome, ma sono stati inseriti

nel CORPUS delle opere attribuite a TIBULLO; l’attribuzione a Tibullo delle

uniche opere femminili sopravvissute non è certamente casuale, anzi è legata a

ragioni specifiche, sin troppo facile da individuare:

1) le donne non avevano canali per far conoscere e diffondere le loro opere;

2) coloro che valutavano se inserire o meno un’opera tra quelle da

tramandare ai posteri non pensavano neppure lontanamente di prendere in

considerazione la produzione femminile.

Sono solamente SEI i poemi di Sulpicia che ci sono giunti; sei poemi brevi,

complessivamente 40 versi.

Il loro valore letterario?

Dal punto di vista letterario, SULPICIA ha cominciato a destare solo

recentemente l’interesse dei latinisti, sino a qualche anno fa propensi a liquidarla

come una dilettante, sia pur umanamente sensibile ed emotiva.

In totale contrasto con il giudizio di EZRA POUND, secondo il quale, per

tradurre Catullo, Ovidio o forse Sulpicia sarebbe ben valsa la pena lavorare una

decina d’anni.

Qual è il contenuto delle sue poesie? 106

Il tema è l’AMORE, il suo amore per CERINTO; sicuramente l’amore tra

fidanzati, ma l’ipotesi lascia non pochi motivi di perplessità.

Infatti a Roma, tra le classi alte cui Sulpicia apparteneva, i matrimoni venivano

combinati dalle famiglie per ragioni di opportunità sociale, economica e politica:

e quindi univa due persone legate più dalla convenienza che dalla passione.

Ma al di là di queste considerazioni, l’ipotesi che CERINTO fosse il fidanzato di

SULPICIA non riesce a convincere soprattutto in considerazione del contenuto e

del tono delle poesie, in base all’ordine in cui sono state raccolte nel CORPUS

TIBULLIANUM.

La ragazza dichiara in suo amore, e la sua decisione di non volerlo nascondere; è

un amore completo, quello di Sulpicia.

La ragazza ha un amante e come tutte le persone innamorate vorrebbe trascorrere

tutto il suo tempo con lui; ma MESSALLA,

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
26 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tatiana1988 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antichità romane e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Pasqualini Anna.