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Il concetto di rischio
Alcuni Autori non associano il rischio al concetto di perdita, ma lo considerano un'incertezza oppure, in modo più generico, lo considerano come la potenziale variabilità dei risultati futuri. La natura favorevole o sfavorevole di un evento dipende dalla posizione relativa del soggetto interessato e dalla diversità del punto di osservazione dello stesso. Il rischio viene considerato pertanto come un concetto relativo che dipende dall'aspettativa e dalle capacità dell'individuo sul quale si manifesta. Importanti contributi teorici, in un'ottica di studio del rischio secondo un approccio aziendale, provengono dalla Scuola Viennese e dalla Scuola Toscana. Merito della Scuola Viennese è quello di aver evidenziato il collegamento esistente tra le funzioni aziendali ed i rischi. Pur sostenendo che i rischi relativi alle manifestazioni del mondo aziendale possono essere qualificabili ma non quantificabili, si è manifestata
l'importanza della consapevolezza dell'esistenza del rischio definendola coscienza del rischio, ovvero conoscenza grazie alla quale è possibile quantificare il rischio attraverso la sua consistenza e le sue probabilità di effettuazione. Il legame tra funzioni aziendali e rischi è accettato anche dalla Scuola Toscana affrontando il tema con importanti studiosi tra cui Corsani, Fazzi, Giannessi e Bertini. Corsani definisce il rischio come il differenziale tra previsione e reale accadimento analizzabile con fattori causali che possono essere di tipo naturale o sociale derivanti dal comportamento di un gruppo di individui appartenenti ad una entità organizzata. L'Autore introduce il concetto di vie gestionali che sono dei processi la cui valutazione deve attuarsi in funzione del loro grado di economicità e di apprezzamento del rischio. Fazzi approfondisce il comportamento che l'imprenditore deve assumere in relazione al rischio, inteso comeIl verificarsi di un evento che genera uno scostamento negativo rispetto al risultato atteso in un certo arco temporale.
Giannessi analizza i rischi in funzione delle attività che caratterizzano i fondamentali momenti della vita dell'impresa. Nella fase pre-aziendale, i rischi riguardano l'impiego delle risorse. Nella fase istituzionale, l'Autore individua i rischi di forma, di struttura, di proporzionalità e di funzionalità dipendenti da scelte organizzative-gestionali. Nella fase dinamico-probabilistica, i rischi possono avere origine da:
- fattori economici, sociali, giuridici e politici
- obsolescenza tecnica ed economica dei fattori
- dinamiche finanziarie e patrimoniali alterate
Giannessi afferma che anche nella fase terminale dell'impresa, è possibile che sussistano dei rischi derivanti da: erronea decisione di dissoluzione del sistema, decisione di riconversione che possono essere anti-economiche o di continuazione.
Dell'impresa senza una sua opportuna revisione. Un vero e proprio studio in termini sistemici dei rischi si ebbe con il Sassi. L'Autore evidenziò che i rischi costituiscono un sistema che come tale deve essere analizzato e valutato. Essi rappresentano la combinazione dei fattori interni ed esterni all'impresa e dei rapporti che tra questi possono stabilirsi. Nell'ambito di questo sistema dei rischi, assume rilievo il rischio economico generale poiché influisce sulla vita aziendale.
Rischio, incertezza e grado di conoscenza di un fenomeno. L'attenuazione della complessità, quindi anche il contenimento dei rischi, deriva da due condizioni: una soggettiva ed una oggettiva. La prima discende dalla capacità di comportamento del soggetto osservatore rispetto ai fenomeni indagati. Possiamo distinguere tre categorie di fenomeni: deterministici, che dipendono da condizioni già esistenti e legati ad un rapporto di causa-effetto odi
possiamo identificare tre tipologie principali: 1. Rischi sinergici-probabilistici: sono causati da eventi indipendenti tra loro, ma misurabili. Questi rischi possono derivare da diverse cause, ma possono essere quantificati utilizzando metodi statistici o modelli matematici. 2. Rischi entelechiani: si riferiscono a fenomeni nuovi e esterni all'impresa, che possono rompere l'equilibrio esistente e non sono facilmente riconducibili a circostanze definite. Questi rischi sono imprevedibili e possono avere un impatto significativo sull'impresa. 3. Rischi di incertezza probabile o casi di rischio intermedio: si verificano quando si considerano fenomeni che non possono essere completamente misurati utilizzando i metodi tradizionali, ma che mostrano andamenti simili a fenomeni conosciuti e calcolabili. Questi rischi possono essere considerati come una forma di incertezza misurabile. Inoltre, possiamo distinguere i rischi in base alla loro natura degli eventi che li causano.abbiamo:
- rischi connessi con eventi ipotizzabili, quindi prevedibili e misurabili
- rischi connessi con eventi poco ipotizzabili per i quali la prevedibilità è legata a valori probabilistici
- rischi connessi con eventi non prevedibili quindi ignoti e non quantificabili
Entrambi le distinzioni hanno la conoscenza come elemento in comune.
Se il rischio è la condizione cui soggiace l'impresa e deriva dal manifestarsi di fenomeni interni ed esterni ad essa, allora la conoscenza del fenomeno può limitare il verificarsi di un dato rischio o comunque può agevolare il contenimento dei danni che esso cagiona.
Possiamo così distinguere i rischi aleatori dai rischi di non conoscenza. I primi sono rischi che l'organo di governo è in grado di prevedere, poiché, conoscendo il fenomeno può stabilire l'eventualità che esso si verifichi e operare affinché vi sia un'adeguata copertura degli effetti dannosi.
per l'impresa. I rischi di non conoscenza derivano da fenomeni assolutamente ignorati, per carenza informativa o per oggettiva impossibilità. L'approccio sistemico-vitale interpreta la conoscenza come elemento fondamentale per il contenimento dei danni cagionati dagli eventi rischiosi. 3. Il governo del rischio Tre momenti appaiono di fondamentale importanza nella ricerca della sopravvivenza delle imprese. Sono: - la selezione - la misurazione - la gestione 3.1 La selezione La definizione del contesto consente la conoscenza dei fenomeni selezionati. L'identificazione dei rischi discende dalla capacità di comportamento dell'organo di governo dei fenomeni e dalla possibilità di prevedere il loro futuro andamento. Si deve realizzare un'attività di analisi volta a selezionare i fenomeni e ad indagarli cercando di comprenderne il funzionamento e le eventuali relazioni causa-effetto. Si deve cercare di realizzare una vera e propria cultura delrischio che muove dalla conoscenza utile a trasformare i rischi di non conoscenza in rischi aleatori nei cui confronti l'impresa può realizzare idonei comportamenti volti al loro fronteggiamento. Un ulteriore obiettivo dell'organo di governo è rappresentato dalla necessità di circolarizzazione della conoscenza e della cultura del rischio che consente di diffondere a tutti i sub-sistemi l'importanza della prevenzione. La diffusione delle informazioni costituisce il presupposto essenziale della creazione di conoscenza grazie alla quale si perviene alla reale valorizzazione di questa risorsa invisibile che appare di fondamentale utilità in contesti complessi. Le variabili essenziali per competere e sopravvivere in contesti economici complessi sono: - la consapevolezza della complessità ambientale intesa come cognizione diffusa delle interrelazioni reali o potenziali di molteplici fenomeni - la conoscenza all'interno del sistema che quandoè diffusa amplifica le sue potenzialità diventandoun’attività strategicaLe imprese collocabili nel primo quadrante, dove vi è una scarsa consapevolezza e scarsa dimensioneconoscitiva con alti rischi aleatori e di non conoscenza e assenza di trasformazione del rischio aleatorio inrischio di non conoscenza, possono definirsi come realtà statiche, ovvero ancorate a situazioni pregressenelle quali il livello di complessità era ridotto e non si richiedevano conoscenze diffuse poiché i rischigenerali risultavano modesti e con manifestazioni diradate nel tempo. Questa imprese appaiono vicine alle“imprese chiuse” per via della loro scarsa propensione verso l’innovazione e per l’assenza di modelli estrumenti di conoscenza dell’ambiente esterno e delle dinamiche interne.
Il secondo quadrante si caratterizza per un’alta consapevolezza della complessità che non stimola processidi arricchimento della
conoscenza poiché non la diffonde nei vari livelli. Questo modello d'impresa, che potrebbe essere definita gerarchica per l'assetto organizzativo, si caratterizza per l'esistenza di percorsi di apprendimento incompleti in quanto, pur percependo la complessità, non è in grado di comprenderla e adattarsi. Nel momento in cui si interpreta la complessità ambientale, sussiste una scarsa percezione delle caratteristiche essenziali dell'azienda a causa del modesto feedback tra struttura operativa ed organo di governo.
Nel terzo quadrante possono collocarsi quelle imprese che hanno una conoscenza generica dei fenomeni ancorata a modelli conoscitivi validi per contesti non complessi. Queste imprese, definibili lineari, non riescono a diffonderne l'importanza all'intera struttura e non possono creare la consapevolezza del fenomeno da cui discende la percezione dell'utilità conoscitiva. Le imprese lineari possono sopravvivere
imprese del quarto quadrante, che sono definite come innovatrici, hanno maggiori probabilità di successo e di permanenza sul mercato grazie alla loro consapevolezza della complessità e alla loro elevata conoscenza che consente loro di attenuare i rischi. La misurazione del rischio può essere effettuata utilizzando una tecnica qualitativa che tiene conto della frequenza e della gravità del fenomeno. La gravità può essere misurata in base alla probabilità, alla possibilità o alla speranza di subire una perdita economica. La gestione del rischio è un aspetto fondamentale per le imprese.Tecniche di difesa dal rischio possono operare sui singoli fattori di rischio oppure sulla dimensione delle conseguenze. Si distinguono le tecniche di fronteggiamento.