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N
un concetto più pesante. Consideriamo dove è il vettore della base canonica . Poiché
e = e e k-esimo
k k
ora ci muoviamo lungo la direzione si dice che la funzione è derivabile parzialmente in secondo se
e a k f
k
è derivabile in secondo la direzione e si pone
a e
k −
f (a + te ) f (a)
k
D f (a) = D .
f (a) = lim
e
k k t
t→0
(a) (b)
Derivata parziale sulla seconda I punti considerati man-
variabile delle funzione. tengono una coordinata fissa.
Figura 1.3: Derivata parziale.
In questo modo ci si muove lungo un segmento in cui i punti hanno una coordinata fissa e una variabile,
{(x, ∈ R},
se consideriamo avremo i punti vedi Figura 1.3b, riconducendoci quindi a una funzione
e a ); x
1 2
di una sola variabile quindi si ha la derivabilità parziale se la funzione è derivabile e la
g(x) = f (x, a ) g
2 {x ∈ R; ∈
derivata parziale è la derivata di il cui dominio risulta essere Passiamo ora al caso
g, (x, a ) A}.
2
⊂ R → R ∈ {x ∈ R; ∈
N M
generale: sia , , ,
A f : A a IntA, k = 1, 2, . . . , N g : (a , . . . , a , x, a , . . . , a )
1 n
k−1 k+1
→ R →
M allora è derivabile parzialmente in secondo l’indice
, x f , . . . , a ), f a k
A} (a , x, a , . . . , a
1 n
k−1 k+1 ′
se e solo se è derivabile in ; in tal caso Poiché la prima variabile si indica con la
g a D f (a) = g (a ). x
k k k
∂f ∂f
derivata parziale di indice si indica con secondo l’indice e così via.
1 (x, y), 2 (x, y)
∂x ∂y
⊂ R → R ∈ ∀k
N M
Sia , , derivabile parzialmente rispetto a si dice
A f : A a IntA, = 1, 2, . . . , N f k,
gradiente di ma poiché ogni derivata è a sua volta un
f (a) gradf (a) = (D f (a), D f (a), . . . , D f (a)),
1 2 N
vettore perché la funzione è vettoriale identifichiamo ogni derivata con un vettore colonna e otteniamo una
matrice: 2
···
D f (a) D f (a) D f (a)
1 1 2 1 1
N
···
D f (a) D f (a) D f (a)
1 2 2 2 2
N
.
.. .. ..
. . .
· · ·
D f (a) D f (a) D f (a)
1 2
M M N M
×
Questa matrice è il gradiente e si chiama matrice jacobiana: il primo nome si usa per le funzioni
M N
scalari ed è un vettore, il secondo per le funzioni vettoriali.
⊂ R → R ∀x ∈
N M
Sia aperto, , , derivabile parzialmente in secondo allora
A f : A k = 1, 2, . . . , N A f x k,
→ R →
M
si definisce la funzione derivata parziale Una funzione si dice di classe
k-esima D f : A , x D f (x).
k k
1 se:
C • Ci sono tutte le derivate parziali;
• Le derivate parziali sono continue.
1.3 Estremanti relativi e gradiente
Nell’Analisi 1 in un punto di massimo o minimo la derivata è nulla, ragionando in più variabili sia ha la
stessa cosa: in un punto di massimo o minimo si annullano tutte le derivate parziali e quindi il gradiente
⊂ R ∈ → R
N
diventa nullo, questi punti si dicono anche punti critici o stazionari. Sia ,
A a IntA, f : A
⇒
derivabile parzialmente in per ogni , allora estremante relativo per
a k = 1, 2, . . . , N a f gradf (a) = 0.
∀k
Dimostrazione Deve valere ma le derivate parziali sono derivate di fun-
= 1, 2, . . . , N D f (a) = 0
k {x ∈ R; → R, →
zioni ad una variabile, quindi si considera la funzione g : (a , . . . , a , x, a , . . . , a )} x
1 n
k−1 k+1
f (a , . . . , a , x, a ,
1 k−1 k+1 ′
e quindi e risulta che sia estremante relativo per la funzione per cui la derivata
. . . , a ) D f (a) = g (a ) a g,
n k k k
parziale secondo di in risulta essere nulla.
k f a
Come nell’Analisi 1 non vale il caso inverso, inoltre se il gradiente è nullo è più improbabile, rispetto
⇒
alle funzioni ad una variabile, che il punto sia estremante. Per si ha che
a N = 2 gradf (a , a ) = 0
1 2
∧ e poiché queste derivate determinano il piano tangente al grafico, si ha che
D f (a , a ) D f (a , a ) = 0
1 1 2 2 1 2
in questo punto è parallelo al piano In questa configurazione si possono avere tre casi:
xy.
• Nel punto si ha la cima di un “colle”, Figura 1.4a;
a
• Nel punto si ha il fondo di un “catino”, Figura 1.4b;
a
• Nel punto si ha una superficie a forma di sella, cosa che in genere accade la metà delle volte,
a
Figura 1.4c. (a) (b) (c)
“Colle”. “Catino”. “Sella”.
Figura 1.4: Diversi comportamenti del grafico in un estremante.
Il teorema è usato per individuare gli estremanti assoluti, e non relativi, come l’enunciato suggerirebbe.
Negli esercizi torna molto utile l’equazione segmentaria della retta: nel caso di una retta che non passa
3
per l’origine si ha ascissa dell’intersezione con l’asse e l’ordinata dell’intersezione con l’asse dando
p x q y
yq
xp
l’equzione per la retta in questione.
+ = 1
Nella ricerca degli estremanti assoluti si procede per esclusione individuando i possibili estremanti nei punti
dove il gradiente si annulla per i punti interni, quindi si passa a considerare la frontiera riconducendoci a
una funzione a una singola variabile e ancora si procede per i punti interni con la derivata prima e poi si
aggiungono quelli di frontiera.
1.4 Derivate di ordine superiore
⊂ R → R ∀x ∈
N M
Sia aperto, , , derivabile parzialmente in rispetto a
A f : A k, h = 1, 2, . . . , N Af x k
∈
lasciando così definita la funzione derivata parziale dico che è derivabile parzialmente
k-esima, a A, f
due volte in rispetto a e ad se è derivabile parzialmente in rispetto ad in tal caso poniamo
a k h D f a h,
k ∈
dico che è derivabile parzialmente due volte rispetto a e se è
D f (a) = D (D f )(a); f k h (∀x A)f
h,k h k → R →
M
derivabile parzialmente due volte rispetto a e in tal caso pongo Le
k h, D f : A , x D (D f )(x).
h,k h k
2
derivate parziali seconde sono quindi un numero pari a , ma alcune sono uguali fra loro quindi si riducono
N
2
di numero. Una funzione è di classe se:
C
• Ci sono dappertutto le derivate parziali seconde;
2
• Tutte le funzioni sono continue.
N
1.4.1 Teorema di Schwarz
⊂ R → R
N M 2
Sia aperto, di classe , , allora : se invertiamo
A f : A C h, k = 1, 2, . . . , N D f = D f
h,k k,h
l’ordine di derivazione quindi le derivate non cambiano.
Esempio 1.1 −
2 2
f (x, y) = x y + x y
∂f ∂f −
2
(x, y) = 2xy + 1 (x, y) = x 2y
∂x ∂y
( )
2 2
∂ f ∂ ∂f ∂ f
(x, y) = (x, y) = 2x (x, y) = 2x
∂y∂x ∂y ∂x ∂x∂y 3
Il teorema si può applicare anche alle derivate terze purché la funzione sia di classe , da qui si genera il
C
concetto di derivata rispetto a un multi-indice, un concetto che non tratteremo nel corso: se applichiamo una
1,2,1
volta la derivazione rispetto a due per e una per scriveremo , dato che l’ordine di derivazione
x, y z D f
non è importante, quindi si ha una derivata quarta.
1.5 Funzioni differenziabili −
Una funzione è differenziabile in un punto se l’incremento della funzione è approssimabile
f (a + h) f (a)
− ≈
da una trasformazione lineare applicata ad per piccoli: Le trasformazioni
h T (h) h f (a + h) f (a) T (h).
R → R
N M
lineari che consideriamo saranno del tipo , quindi non occorre rifarsi a spazi vettoriali generici.
T : ∀h, ∈ R ∈ R ∧ ∈
N
Ricordiamo che è lineare se
T T (αh+βk) = αT (h)+βT (k) k , α, β a m (R); T (h) = ah
×N
M
R N
dove è visto come vettore colonna e le colonne di sono i trasformati della base di .
h a
⊂ R → R ∈ ∃T R → R
N M N M
Sia , , si dice che è differenziabile se lineare tale che
A f : A a IntA, f :
− −
f (a + h) f (a) T (h)
lim = 0.
∥h∥
h→0 4
R → R
N M
Sia differenziabile in allora l’unica lineare si chiama derivata di in e si indica con
f a, T : f a
′ Abbiamo una diversità rispetto all’Analisi 1 in cui la derivata è un numero, ma solo apparente perché
f (a).
una trasformazione lineare è rappresentata da una matrice, che se e sono si riduce a un singolo
N M 1
numero. − − ≈ − ≈ −
Se pongo si ha e quindi o Il
a + h = x h = x a f (x) f (a) T (x a) f (x) f (a) + T (x a).
−
grafico di è approssimabile dal grafico di cioè il grafico di una trasformazione affine, una
f f (a) + T (x a),
trasformazione lineare traslata, che prende il nome di sottospazio affine di dimensione . Quindi ciò che
N
generalizza la derivabilità in una variabile non sono le derivate parziali, ma la differenziabilità: una funzione
è quindi differenziabile in un punto se esiste, nel caso di il piano tangente al grafico in quel punto.
N = 2, ′
f (a+h)−f (a)−f (a)(h)
⊂ R → R ∈
N M
Sia , , differenziabile in allora vale cioè
A f : A a IntA, f a, lim = 0,
h→0 ∥h∥
′ ′ ′
− − ≪ ⇒ − − ⇒ −
f (a + h) f (a) f (a)(h) h f (a + h) f (a) f (a)(h) = o(h) f (a + h) f (a) = f (a)(h) + o(h).
h→0
⊂ R → R ∈ ∃T R → R
N M N M
Sia , , allora è differenziabile in se e solo se lineare tale
A f : A a IntA, f a :
′
−
che in tal caso è unica e
f (a + h) f (a) = T (h) + o(h), T T = f (a).
R → R ⊂ R ∈ → R →
N M N M
Supponiamo lineare, , poiché è lineare il suo
T : A a IntA, f : A , x T (x), f ′
− −
incremento è quindi è differenziabile in e : la
T (a + h) T (a) = T (a) + T (h) T (a) = T (h), f a f (a) = T
derivata di una trasformazione lineare è la funzione stessa, in qualunque punto.
1.6 Differenziabilità e continuità
⊂ R → R ∈ ⇒
N M
Sia , , allora differenziabile continua.
A f : A a IntA, f f
Dim