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|X|
Teorema 3 Sia X un insieme. Allora |P(X)| = 2 .
Sia A un sottoinsieme nell’universo X. L’insieme
c
A = X \ A c
si dice complementare di A in X. In particolare se A ∈ P(X) allora A ∈ P(X).
Si osservi poi che, per la stessa definizione,
c c
∅ = X, X = ∅.
Il seguente teorema è di fondamentale importanza in teoria degli insiemi.
Sia X un insieme. Allora
Teorema 4 (Leggi di De Morgan)
c c c
(A ∪ B) =A ∩ B (1.3)
c c c
(A ∩ B) =A ∪ B , (1.4)
per ogni A, B ∈ P(X).
Siano A e B due insiemi nell’universo X. Si chiama prodotto cartesiano
l’insieme A × B = {(a, b) : a ∈ A, b ∈ B}.
2
Se B = A si suole scrivere A al posto di A × A. Vale il seguente teorema, che
non dimostriamo.
Teorema 5 Siano A , B , A, B, C degli insiemi. Allora
1 1
A × B ⊆ A × B ⇐⇒ A ⊆ A e B ⊆ B,
1 1 1 1
A × (B ∪ C) = (A × B) ∪ (A × C),
A × (B ∩ C) = (A × B) ∩ (A × C),
(A ∪ B) × C = (A × C) ∪ (B × C),
(A ∩ B) × C = (A × C) ∩ (B × C).
5
1.1.2 Alcune nozioni di logica elementare
Un linguaggio è una terna (P, A, L) di tre strutture dette proposizioni, assiomi,
leggi rispettivamente. Le proposizioni P costituiscono le frasi del linguaggio, gli
assiomi A sono particolari frasi non deducibili da altre all’interno del linguaggio
dato e le leggi L sono le regole che permettono di combinare tra loro assiomi e
proposizioni al fine di generare nuove frasi.
Nelle varie branche della matematica, ognuna delle quali costituisce un lin-
guaggio, vi sono proposizioni, assiomi e leggi diverse: ad esempio in Geometria
Euclidea è noto che gli assiomi più comuni sono quelli di concetto di punto e
retta, che una tipica proposizione sia il Teorema di Pitagora e che le regole siano
ad esempio le leggi di congruenza o le leggi delle rette parallele.
In genere, in matematica le proposizioni si dividono in due classi distinte: le
Definizioni, le quali servono appunto a definire gli oggetti argomento di studio
e gli Asserti, i quali si dividono a loro volta in Lemmi, Proposizioni, Teoremi,
Corollari. Questi ultimi sono costituiti da due frasi: l’ipotesi I, che raccoglie
una serie di oggetti e proprietà definite in partenza, e la tesi T , una frase che
determina una ulteriore proprietà di tali oggetti e che si può dedurre logica-
mente dall’ipotesi attraverso la dimostrazione. La struttura formale di un as-
serto risulta quindi la seguente
I =⇒ T, I ⇐⇒ T. (1.5)
Nel primo caso, il simbolo =⇒ di implicazione logica sta ad indicare che dall’i-
potesi I si può pervenire, adoperando le leggi del linguaggio per costruire una
dimostrazione, alla tesi T . Nel secondo caso, il simbolo ⇐⇒ di doppia impli-
cazione, indica che le due frasi I e T sono tra loro logicamente equivalenti: ciò
vuol dire che non solo da I si può pervenire a T , ma i ruoli di tali frasi può
3
essere scambiato cosicché T divenga l’ipotesi da cui si può dimostrare la tesi I .
Ma come si può ricavare, con passaggi logici, la tesi partendo da una ipotesi? I
metodi di dimostrazione sono i più svariati e cambiano da argomento ad argo-
mento. In generale, tuttavia, le dimostrazioni si suddividono in due grandi classi:
(i) dimostrazioni dirette: sono quelle nelle quali, utilizzando varie proprietà
degli oggetti in esame e partendo dalle proprietà enunciate nelle ipotesi, at-
traverso una catena di ragionamenti logici, si perviene direttamente alla tesi;
(ii) dimostrazione per assurdo: si suppone che la tesi possa essere falsa e,
attraverso una serie di procedimenti logici, si perviene ad un assurdo, ovvero a
determinare che l’ipotesi non possa essere correta. Dal momento che l’ipotesi
è una assunzione che facciamo liberamente, e che quindi non è soggetta a di-
mostrazioni e risulta sempre vera, ciò ci porta ad affermare che l’aver supposto
falsa la tesi è il motivo di tale assurdo e, quindi, la tesi deve essere vera.
Diamo una spiegazione logica della dimostrazione per assurdo. Supponiamo
di voler dimostrare l’asserto I =⇒ T per assurdo. Quindi assumiamo che T
T , che indichiamo con ¬T , risulta vera.
sia falsa: se ciò accade, la negazione di
A questo punto, si applica una legge fondamentale dei linguaggi, detta della
controimplicazione (I =⇒ T ) ⇐⇒ (¬T =⇒ ¬I). (1.6)
3 Le due frasi in (1.5) vanno lette: se I allora T ; I se e solo se T .
6
Tale legge afferma che se la frase I implica la T , allora è anche vero che la frase
¬T implica la ¬I. Un esempio banale di questo fatto è il seguente asserto vero:
Se Q è un quadrato allora i suoi lati sono uguali
la cui negazione
Se i lati non sono uguali allora Q non è un quadrato
è ancora un’asserto vero.
Utilizzando la (1.6), possiamo allora dedurre che il fatto che ¬T sia vera deve
implicare necessariamente che anche ¬I sia vera, ma allora I è falsa, ma ciò non
può essere in quanto I essendo la nostra ipotesi, deve essere necessariamente
vera. L’assurdo, come si può facilmente vedere nasce dall’aver supposto T falsa
e quindi si può concludere che T deve essere vera.
Chiudiamo questa parte, elencando quali siano le negazioni di alcune propo-
sizioni comuni: ¬[p(x) e q(x)] =¬p(x) o ¬q(x);
¬[p(x) o q(x)] =¬p(x) e ¬q(x);
¬[¬p(x)] =p(x);
¬[∀ x vale p(x)] =∃ x : vale ¬p(x);
¬[∃ x : vale p(x)] =∀ x : vale ¬p(x);
¬[∀ x (p(x) =⇒ q(x))] =∃ x : (p(x) e ¬q(x)).
1.2 Campi ordinati
Una questione fondamentale quando si opera con gli insiemi numerici è quella
4
di definire le operazioni binarie tra i suoi elementi.
Supponiamo note l’esistenza delle seguenti due operazioni binarie in un in-
sieme A:
• l’addizione + : A × A → A, (a, b) 7→ a + b;
la moltiplicazione · : A × A → A, (a, b) 7→ a · b.
•
Diremo che (A, +) è un gruppo additivo abeliano se soddisfa la seguente
proprietà, detta proprietà R :
1
1. ∀ a, b ∈ A a + b = b + a (commutativa);
2. ∀ a, b, c ∈ A (a + b) + c = a + (b + c) (associativa);
3. ∃ 0 ∈ A : ∀ a ∈ A a + 0 = a (elemento neutro);
4. ∀ a ∈ A ∃ − a ∈ A : a + (−a) = 0 (opposto).
4 Se A è un insieme, una operazione binaria su esso è una legge
∗ : A × A −→ A, (a, b) 7→ a ∗ b
che ad ogni coppia di elementi (a, b) associa un nuovo elemento c = a ∗ b di A.
7
Diremo che (A, ·) è un gruppo moltiplicativo abeliano se soddisfa la seguente
proprietà, detta proprietà R :
2
1. ∀ a, b ∈ A a · b = b · a (commutativa);
2. ∀ a, b, c ∈ A (a · b) · c = a · (b · c) (associativa);
3. ∃ 1 ∈ A : ∀ a ∈ A a · 1 = a (elemento neutro);
−1 −1
4. ∀ a ∈ A ∃ a ∈ A : a · a = 1 (reciproco).
Se l’insieme A è dotato di entrambe le operazioni binarie, e se alla proprietà
R aggiungiamo la seguente condizione
2 5. ∀ a, b, c ∈ A (a + b) · c = a · c + b · c distributiva,
diremo che (A, +, ·) è un campo. Osserviamo allora che gli insiemi Q e R dei
numeri razionali e reali sono entrambi campi. Questo fa intuire che la differenza
tra questi due insiemi risiede in una qualche proprietà di R che Q non possiede.
I numeri razionali (come anche i reali) possono essere disposti su di una retta:
per fare ciò basta fissare un punto della retta come 0 dei razionali, un punto
distinto (alla sua destra) come 1 e procedere a segnare la posizione dei numeri
interi spostandosi di tanti segmenti della lunghezza del segmento 01 quanto è
la quantità intera da indicare, a destra di zero per i positivi, a sinsitra per i
negativi. Per segnare, invece, i numeri razionali, si può osservare che ognuno di
essi si ottiene come somma tra una frazione compresa tra 0 e 1 ed un numero
intero: per determinare allora la posizione di 5/2 = 2 + 1/2 basterà fissare il
punto 1/2 a metà tra 0 e 1 e poi spostarsi verso destra, a partire da esso, di due
segmenti pari al segmento 01.
Tale procedimento permette di ordinare tutti i numeri razionali sulla retta in
una successione dal più piccolo al più grande. Tale ordinamento viene effettuato
dalla relazione di “≤”la quale è una relazione d’ordine, cioè soddisfa le seguenti
proprietà:
• riflessiva: ∀ a, a ≤ a;
• antisimmetrica: ∀ a, b, a ≤ b e b ≤ a =⇒ a = b;
• transitiva: ∀ a, b, c, a ≤ b, b ≤ c =⇒ a ≤ c.
Osserviamo poi che, presi comunque due numeri a, b è sempre possibile con-
frontarli per mezzo della relazione “≤”: infatti, per qualsiasi coppia di numeri
distinti possono presentarsi solo i due casi a ≤ b oppure b ≤ a e mai entrambi
(si avrebbe uguaglianza, altrimenti) e tale confronto si può fare per qualsiasi
coppia. Questo fatto si esprime dicendo che la relazione di minore o uguale una
relazione d’ordine totale.
Diciamo allora che un campo (A, +, ·) gode della proprietà R se su esso è
3
definita la relazione d’ordine totale ≤ compatibile con le operazioni, e cioè:
∀ a, b, c se a ≤ b allora a + c ≤ b + c;
•
• ∀ a, b, c, c > 0, se a ≤ b allora a · c ≤ b · c.
Un insieme si dice campo ordinato se soddisfa alle proprietà R , R , R . Se
1 2 3
ne deduce che sia Q che R sono ampi ordinati e che, quindi, la proprietà R non
3
è ancora sufficiente a differenziare questi due insiemi.
8
1.2.1 I numeri reali
Ritorniamo alla costruzione fatta (per via geometrica) dell’insieme Q e facciamo
la seguente considerazione: sul segmento 01 costruiamo il quadrato di latto 1 e
sia d la misura della sua diagonale. Possiamo riportare il segmento di lunghezza
d sulla retta su cui abbiamo segnato tutti i numeri razionali e fare una scoperta
sorprendente: il numero corrispondente al valore esatto di d non appartiene ai
√
razionali! Dalla geometria Euclidea sappiamo che d = 2. Quello che vogliamo
dimostrare è il seguente fatto.
√
Proposizione 1 2 ∈
/ Q. √
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che 2 ∈ Q, cioè che esistano a, b
√ √
primi tra loro (M.C.D(a, b) = 1) tali che 2 = a/b. Ne segue che a = 2b.
Abbiamo allora, supponendo anche a, b entrambi positivi
√ 2 2
a = 2b ⇔ a = 2b .
2
Ora, l’ultima uguaglianza afferma che a è un numero pari. Ma ciò vuol dire
che anche a è pari, poic