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LA DEFINIZIONE DI CEDOLA
è il tagliando allegato al certificato rappresentativo dell’obbligazione che,
La cedola
staccato dal certificato, consente al possessore la riscossione degli interessi.
La cedola è pagata durante la vita del titolo e può avere diverse periodicità, le più
frequenti sono su base trimestrale, semestrale e annuale. L'interesse può
essere fisso (stabilito a priori) o variabile (solitamente indicizzato al Libor o
all'Euribor maggiorato di uno spread o ad altri tassi ufficiali e di norma aggiustato
semestralmente). Spesso, per incentivare la sottoscrizione, l'emissione avviene sotto la
pari, cioè il valore nominale (ovverosia il valore che verrà rimborsato a scadenza) è
maggiore rispetto al prezzo di sottoscrizione (che è quello che si paga per acquistare il
titolo): in questo modo aumenta il rendimento.
IL SIGNIFICATO DI ZERO COUPON
I titoli detti "zero coupon", invece, non pagano interessi sotto forma di cedole durante
la loro vita ed il rendimento è dato unicamente dalla differenza tra il valore nominale
ed il prezzo di sottoscrizione. Molto più raramente le obbligazioni vengono prezzate
alla pari (valore di emissione e valore nominale uguali) o sopra la pari (valore nominale
minore del prezzo di emissione). 57
LA NEGOZIAZIONE DELLE OBBLIGAZIONI: LE MODALITA'
possono essere negoziate a “corso o “tel Nel primo caso
Le obbligazioni secco” quel”.
i prezzi non sono rappresentativi della componente interessi maturata fino a quel
momento dall'obbligazione. Questo comporta che al momento della liquidazione del
contratto, al prezzo di mercato venga aggiunto il rateo di interessi (ammontare degli
interessi maturati ma non ancora riscossi) calcolato in automatico dal sistema. Sono
negoziate “corso le obbligazioni a tasso fisso e le obbligazioni a tasso variabile
secco”
il cui parametro di indicizzazione è rilevato prima dell’inizio di godimento della cedola
in corso. Nel secondo caso (tel quel), invece, il prezzo di negoziazione dello strumento
è rappresentativo anche degli interessi fino a quel momento maturati. Vengono trattate
“tel le obbligazioni
quel” zero coupon, le obbligazioni e le ABS(Asset Backed
Security) con cedola, anche pluriennale, la cui entità è quantificabile solo alla scadenza
della cedola, nonché le obbligazioni il cui capitale di rimborso è determinabile solo alla
scadenza.
IL REGIME FISCALE DELLE OBBLIGAZIONI
La tassazione delle obbligazioni in Italia è pari al 26% sia per quanto riguarda le
cedole, sia per quanto riguarda le eventuali plusvalenze (differenza di prezzo tra
acquisto e vendita).
I titoli di Stato italiani sono invece soggetti ad una aliquota fiscale più favorevole
(12,5%) così come le obbligazioni dei titoli pubblici territoriali come quelle emesse da
comuni, province e regioni, quelle emesse da organismi internazionali e le obbligazioni
di stato estere e territoriali emesse da quegli stati inclusi in una lista speciale (white
list) dal momento che garantiscono uno scambio di informazioni adeguato.
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Esempio 1 61
Esempio 2 62
Il Factoring consiste nel delegare a una figura esterna all’azienda la gestione del
portafoglio crediti di un’impresa soprattutto in casi di particolare difficoltà
nell’eseguire la fondamentale corretta gestione dello stesso. Specifichiamo anche
l’esistenza della legge 52 del 1991 che e dell’articolo 1260 del Codice Civile
disciplinano proprio l’attività del “factor”, ossia Società di intermediazione Finanziaria
e professionisti che si occupano, nello specifico, di gestione del credito e delle finanze
per conto terzi.
Ma, proprio ai fini della comparazione rea Leasing e Factoring, è utile capire come
l’attività di un Factor non sia solo quella di “ordinare” i conti di un’impresa, bensì
anche quella di ottimizzare l’impiego delle risorse. Sono svolti anche servizi di
consulenza a nome e per conto di un’azienda che si occupano di destinare con
efficienza le finanze. 63
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Copertura del fabbisogno finanziario: linee di credito ad hoc
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I Minibond
I minibond sono un innovativo strumento di finanziamento per le aziende non quotate
in Borsa. Con questo strumento le società possono reperire fondi dagli investitori
fornendo in cambio titoli di credito in favore di chi desidera credere nel loro progetto.
Le nuove obbligazioni studiate soprattutto per le PMI a caccia di liquidità sono facili
da emettere, meno complicate e meno costose.
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Le normative di riferimento sono contenute nel Decreto Legge 22 giugno 2012 n.83
("Decreto Sviluppo") e nelle successive integrazioni e modifiche apportate dal D.L. 18
ottobre 2012 n.179 ("Decreto Sviluppo Bis"), dal D.L. 23 dicembre 2013 n. 145 (piano
"Destinazione Italia") e nel più recente D.L. 24 giugno 2014 n. 91 ("Decreto
Competitività").
1. Cosa sono?
I minibond sono obbligazioni o titoli di debito a medio-lungo termine emessi da
società italiane non quotate, tipicamente PMI, normalmente destinate a piani di
sviluppo, a operazioni di investimento straordinarie o di refinancing. Permettono
alle società non quotate di aprirsi al mercato dei capitali, riducendo la
dipendenza dal credito bancario. Come tutte le obbligazioni hanno un tasso
d’interesse riconosciuto sotto forma di cedola periodica, e una data di scadenza.
2. Chi può emetterli?
Il Decreto Destinazione Italia del 2013 stabilisce che gli emittenti devono essere
società italiane non quotate, diverse dalle banche e dalle microimprese (Borsa
Italiana richiede che le società abbiano fatto certificare da un revisione esterno
l’ultimo bilancio approvato). Il fatturato deve superare i 2 milioni di euro ovvero
l’organico deve essere composto da almeno 10 dipendenti. Al di là di quanto
statuito dalla normativa, va comunque sottolineato che il mini-bond non è uno
strumento di supporto alle aziende in crisi ma un'opportunità di finanziamento
sul mercato dei capitali per le aziende sane, con buone performance negli ultimi
esercizi e con precisi programmi di crescita per i prossimi anni, che per motivi
diversi decidono di fare a meno del credito bancario o, quantomeno, di integrarlo
con strumenti di debito alternativi.
3. Chi può sottoscriverli?
La sottoscrizione di queste obbligazioni è generalmente riservata a investitori
istituzionali professionali ed altri soggetti qualificati: banche, imprese di
investimento, SGR, società di gestione armonizzate, SICAV, intermediari
finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario e le
banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento anche aventi sede
legale in uno Stato extracomunitario, purché autorizzate alla prestazione di
servizi nel territorio della Repubblica.
4. Chi lo ha già fatto?
In Italia operano più di 10mila imprese con fatturato superiore ai 5 milioni e utili
medi del 10 per cento e come tali sono pronte ad accedere a questo interessante
del credito. Al 31 dicembre 2016 l’Osservatorio sui
mercato alternativo
minibond del Politecnico di Milano ha registrato 221 operazioni per un
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controvalore di 8,6 miliardi di euro. Rispetto al 2015, nel 2016 è aumentata la
proporzione delle PMI, passando dal 48,3% al 73,9%.
5. Il ruolo delle banche e gli attori della filiera
Non è necessario appoggiarsi a una banca per emettere un minibond. La ricerca
passa poi a identificare i diversi attori che stanno popolando il mercato dei mini-
bond, affiancando imprese emittenti e investitori istituzionali (ricordiamo che i
mini-bond non sono oggi accessibili agli investitori retail).
L’advisor è un consulente destinato ad affiancare l’impresa nella decisione
strategica iniziale, nell’analisi del business plan, dell’information memorandum
e nella definizione di tempi e modalità dell’emissione. I consulenti legali si
occupano di verificare gli aspetti formali e di compliance rispetto ai contratti e
ai regolamenti o prospetti del prestito.
L’arranger si occupa invece del collocamento dei titoli sul mercato,
individuando i potenziali investitori e occupandosi del ‘fine tuning’ rispetto alla
definizione dei rendimenti offerti.
La società di rating è un altro attore di riferimento nell’emissione di giudizi
indipendenti sulla solvibilità dell’emittente.
Numerosi sono anche i portali informativi e le iniziative implementate sul
territorio nate negli ultimi mesi per diffondere la conoscenza dei mini-bond. Per
il futuro si può immaginare, come sta già avvenendo in altri comparti del mercato
del capitale, una progressiva disintermediazione che porterà gli investitori ad un
contatto sempre più diretto con il mercato.
6. Quali costi ci sono per aziende e risparmiatore?
I costi per le società emittenti sono volutamente molto bassi, non essendo
In generale il costo si aggira tra l’1% e il 2,5% per
previste commissioni.
l’emissione complessiva e l’eventuale quotazione del minibond: il costo annuale
indicativo va da 5 mila a 15 mila euro. Con altri 20 mila euro è possibile farsi
assegnare un rating dalle società specializzate: il rating, come abbiamo detto,
non è obbligatorio ma il suo conferimento, specie se elevato, rende più appetibile
l’emissione e consente alla società di indebitarsi a tassi più bassi.
Componenti di costo
• TASSO di INTERESSE (trimestrale/semestrale/annuale). Dipende dai tassi di
mercato, dal merito di credito e dall’eventuale rating dell’emittente, da eventuali
garanzie richieste dall’investitore, dallo spread, dal premio per il rischio, dal
premio per illiquidità e dalla natura del titolo.
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• COSTI LEGALI (una tantum): redazione del verbale relativo alla delibera di
emissione, redazione del contratto di sottoscrizione dei minibond, validazione
del term sheet, redazione del contratto di conferimento di banca agente relativi
ai pagamenti sui minibond e in caso di ammissione su ExtraMOT assistenza per
l’eventuale processo di ammissione e per la redazione del documento di
ammissione.
• Richiesta del codice ISIN
Business Plan (predisposto dall’emittente con l’aiuto di un Advisor)
•
• Rating
Gestione del sito internet e in generale dell’informativa richiesta dall’investitore
• e/o dall’eventuale borsa di negoziazione
• Report informativo periodico
• Fee di collocamento
Corrispettivi per quotazione (€ 2.500 u