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RIFORMARE LE POLITICHE DI WELFARE IN ITALIA

È possibile riformare le politiche di welfare in Italia? Nell’ultimo periodo hanno visto la luce nuovi spazi e nuove opportunità di azione politica a tal fine che però, per lo più, non vengono sfruttati. La sfida è quindi imparare a sfruttare al meglio le nuove opportunità e cercare di fare gioco di squadra sia a livello nazionale che internazionale.

Il testo analizza la proposta della Fondazione Gorieri che nel 2006 ha proposto un nuovo disegno per lo sviluppo dei servizi alla prima infanzia.

Il contesto e gli attori. La scarsa offerta di servizi alla prima infanzia costituisce un limite cruciale del welfare italiano rispetto a quanto offerto in altre nazioni UE (11,4% contro il 65% della Svezia). Questa scarsa offerta si accompagna anche a una disposizione eterogenea sul territorio degli asili. Per superare l’arretratezza bisogna seguire un nido: si passa dal 27% del Piemonte al 2% della Calabria.

strada tracciata dagli altri paesi europei, un cambio di prospettiva rispetto al tradizionale finanziamento locale, accompagnato dalla definizione di alcune regole base di qualità valide in tutto il paese e sostenuto da un efficace sistema di monitoraggio (come già accadeva in Germania e Spagna).

Nella primavera del 2006 l'allora candidato premier Romano Prodi fece proprio il tema degli asili e inserì nel suo programma l'impegno a realizzare 100.000 posti in più, così da elevare l'offerta dall'11,4% al 17,5% dei bambini. Dopo le elezioni l'esecutivo di centro-sinistra presentò un progetto di stanziamento di 100 milioni annui nel triennio 2007-2009 finalizzati alla realizzazione di un "Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi e quelli innovativi"; il così detto Piano Nidi. In realtà il piano venne caratterizzato da

scarne indicazioni e fondi ben al disotto di quanto previsto per un totale di 18.000 posti. Nonostante la Finanziaria del 2007 che stanziò ulteriori fondi per lo "sviluppo sociale" la situazione non cambiò. Lo scenario era caratterizzato da:

  1. una coalizione spezzettata in numerose sigle di partito e con un elevato tasso di conflittualità al suo interno.
  2. La frammentazione del welfare in troppi ministeri.

La proposta. La nuova proposta del Piano Nidi era quella di avere più risorse senza aumentare i costi, andando a gestire meglio quello che veniva già stanziato dal fondo per le famiglie e per le politiche sociali andando quindi ad incrementare il piano a 300.000 milioni annui. Si propose di stipulare tra stato, regioni e autonomie locali un "Patto per i nidi" di durata triennale, fondato su un rapporto di cooperazione tra i diversi livelli di governo. Lo stanziamento sarebbe arrivato dallo stato. Sul piano operativo le regioni ed

autonomie locali si sarebbe impegnate ad attuare la normativa, mentre a livello centrale ci si sarebbe occupati di creare una rete di monitoraggio e si sarebbero anche "strumenti all'aiuto dell'implementazione" costituiti. Una volta concluso il triennio si sarebbe stilato un bilancio dell'esperienza e, di conseguenza, deciso in che modo proseguire nel percorso di sviluppo. Gli obiettivi erano: - Definire i livelli essenziali di assistenza all'infanzia. - Offrire più servizi. - Assicurare un'equa distribuzione sul territorio. - Garantire un servizio di qualità. Il piano avrebbe anche garantito un incentivo all'occupazione femminile ed una conseguente crescita economica. Tuttavia sia la frammentazione politica che i vincoli derivanti dalla Finanziaria che dalla Costituzione limitavano l'intervento dello stato. A questo si sommava la storica inefficienza nelle politiche sociali che derivava anche da una scarsa conoscenza delladato il limitato numero di politiche approvate negli ultimi anni. La campagna autunnale. Da metà ottobre iniziò un intenso lavoro per far crescere consenso intorno all'obiettivo: far approvare l'emendamento durante la discussione parlamentare della alla proposta finanziaria. La promozione del disegno venne condotta anche a livello istituzionale toccando:
  • I ministeri che avrebbero dovuto finanziare la proposta.
  • Varie personalità politiche.
  • Vari esperti in servizi della prima infanzia e del welfare creando così una certa attenzione attorno alla proposta.
Il momento deciso giunse nella seconda metà di novembre quando la Finanziaria passò al vaglio della Camera e del Senato dove sarebbe stato votato un maxiemendamento per appoggiare il Piano Nidi. Il proseguo della legislatura. Prima della conclusione anticipata della legislatura nel marzo 2008, tra l'intesa raggiunta in Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie.

Locali a fine settembre 2007e la successiva Finanziaria, il «Piano nidi» assunse la sua forma definitiva. Le proiezioni del governo prodi stimavano: 531. Un servizio che fosse capace di coprire almeno il 14% del fabbisogno nazionale.

2. Una copertura del servizio che fosse almeno del 6,5% per ogni regione.

Dopo un certo confronto, venne deciso di non contemplare alcun criterio nazionale di qualità e che ogni servizio avrebbe dovuto rispettare i criteri già previsti a livello regionale. Il piano introdusse anche un sistema di monitoraggio. Tuttavia il piano passò subito in secondo piano: nonostante il 2007 fu l’anno “delle politiche della famiglia”, il dibattito politico venne catalizzato dal DICO (Diritti ed doveri delle persone stabilmente Conviventi).

Gli effetti della proposta. La proposta è divenuta abbastanza conosciuta tra gli addetti ai lavori anche se si è dimostrato un esercizio con un certo grado di aleatorietà.

si possono provare a ricostruire gli effetti sui decisori. Il Piano pare aver mutuato alcuni specifici contenuti dalla proposta Gorrieri:
  • Venne spostata solo una parte dei fondi inizialmente previsti dal Fondo famiglia al Fondo Nidi.
  • La versione finale prevede un cofinanziamento delle regioni (inizialmente prevista dalla proposta Gorrieri ma non discussa in parlamento).
  • Lo stesso dicasi per l'introduzione dei livelli essenziali, anch'essa mancante nella versione iniziale (ma presente nella proposta originale avanzata dalla Fondazione Gorrieri).
Gli attori di una riforma mancata. Dopo aver illustrato la storia della proposta Gorrieri si torna ora all'interrogativo sollevato all'inizio per discutere il ruolo che gli attori coinvolti in questa vicenda hanno effettivamente svolto a tal fine e quello che potrebbero svolgere, nei servizi alla prima infanzia così come negli altri settori del welfare bisognosi di sviluppo.

I politici. I principali attori

politiche sociali richiederebbe un impegno finanziario considerevole, ma frammentando le risorse in piccole politiche, i politici possono apparire attivi su diversi fronti senza dover affrontare la sfida di un'azione coordinata e di lungo termine. b) La competizione politica. La frammentazione delle risorse consente ai politici di rivendicare il merito per i risultati ottenuti in settori specifici, cercando di guadagnare consenso elettorale. In questo modo, possono presentarsi come i campioni di diverse cause, senza dover affrontare la complessità di una strategia globale. c) La pressione degli interessi particolari. Spesso, i politici sono soggetti a pressioni da parte di gruppi di interesse che cercano di ottenere finanziamenti per progetti specifici. Frammentando le risorse, i politici possono soddisfare le richieste di questi gruppi senza dover affrontare una valutazione complessiva delle priorità e delle necessità del paese nel suo insieme. In conclusione, la frammentazione delle risorse è spesso il risultato di una combinazione di motivazioni politiche, che possono portare a una mancanza di visione strategica e a una spesa pubblica inefficiente.aree di influenza. Frammentare le risorse permette di moltiplicare le aree di influenza di ogni singolo ministro, con effetti tanto più negativi quanto maggiore è il loro numero. Il rafforzamento delle reti di relazione. La moltiplicazione degli interventi incrementa le risorse (economiche e di status) a disposizione degli esponenti politici per alimentare le proprie reti di rapporti. Ogni piccolo fondo, infatti, porta abitualmente con sé osservatori o consulte da istituire, consulenze da assegnare, progetti da finanziare e così via. Questa categoria fa riferimento all'esigenza che in anche in Italia vi siano quelle che in UK sono definite come lobbisti. Le poverty lobby operano per sensibilizzare i decisori nei confronti delle categorie deboli, non di rado con buoni risultati. In Italia i governi hanno abitualmente una bassa capacità di decidere autonomamente e le scelte dipendono molto dall'abilità di chi rappresenta.

specifiche categorie o specifici ideali di influenzarli. I sindacati, da parte loro, nellaprecedente legislatura hanno concentrato gli sforzi sulla previdenza, con particolare riferimento54all’età di pensionamento ed all’importo dei trattamenti più contenuti. L’accordo siglato con ilgoverno nel luglio 2007, che ha eliminato il cosiddetto “scalone” ed ha innalzato le pensioni basse,testimonia l’efficacia dei sindacati nel condizionarne l’azione.Anche le regioni, i comuni, le provincie e le autonomie territoriali hanno giocato un ruolofondamentale: nei paesi con un’architettura istituzionale decentrata simile alla nostra, ad esempioGermania e Spagna, regioni e comuni hanno esercitato un ruolo importante nel promuovere riformenazionali per lo sviluppo dei nidi e dell’assistenza ai non autosufficienti. Gli enti decentrati sonotradizionalmente i principali responsabili di questi interventi, in Italia, invece, il ruolo

politici a livello comunale e regionale nel settore sociale faticano ancora a ottenere risultati significativi. Gli esperti hanno evidenziato che il Piano Nidi, la prima grande riforma dal 1971 su un tema importante come quello dei servizi per l'infanzia, ha presentato delle lacune, ma la proposta della Fondazione Gorrieri è stata l'unica che ha dimostrato fin da subito una preparazione operativa per migliorarlo. Allo stesso modo, negli anni passati, le proposte per la riforma dei servizi per l'infanzia sono state limitate. Questo quadro contrasta con l'importanza sempre crescente delle politiche sociali e con l'aumento delle risorse finanziarie destinate a studi e consulenze. Quali sono le cause di questa situazione? a) Una ridotta attenzione da parte del mondo accademico. Di solito, gli studi accademici sono di carattere monodisciplinare e raramente sviluppano proposte concrete. Allo stesso modo, anche i centri privati si sono allineati a questa mentalità. b) La mancanza di finanziatori indipendenti che stimolino questa attività. I principali a promuovere elaborazioni di proposte e valutazioni delle politiche realizzate sarebbero le
Dettagli
A.A. 2019-2020
80 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher angelo.mangiapane di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi e valutazione delle politiche pubbliche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Lippi Andrea.