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3.3 C OSTO DEL LAVORO

Il lavoro è sempre stato un fattore produttivo molto importante. 100 anni fa le imprese erano a bassa inten-

sità di capitale e ad alta intensità di lavoro, ovvero si utilizzava in modo massiccio la manodopera. Oggi con il

progresso tecnologico si è sostituito il lavoro umano con quello delle macchine, quindi ci troviamo con im-

prese con alta intensità di capitale e bassa intensità di lavoro: i robot non fanno sciopero e lavorano anche la

notte, i dipendenti no. Stiamo parlando di un fattore produttivo da sempre fondamentale.

• In contabilità generale viene rilevato verso fine mese, quando si va a liquidare la retribuzione del

mese, andando a considerare tutti gli elementi costitutivi del lavoro, non solo il salario ma anche i

contributi. La tredicesima mensilità viene corrisposta nel mese di dicembre; chi ha anche la quattor-

dicesima percepisce la tredicesima verso giugno, 6 mesi prima. Va contabilizzato anche il TFR, conta-

bilizzato contestualmente alla chiusura dell’esercizio;

• In contabilità analitica non si può registrare il dato ogni mese perché se seguissi questa metrica il

costo del lavoro di dicembre schizzerebbe perché c’è la 12esima, tredicesima e TFR. In più con un’im-

presa chiusa per ferie indica che il mese di agosto c’è un costo senza che sia avvenuto alcun processo

produttivo. Bisogna quindi diversamente applicare il principio di competenza, non più su base an-

nuale. C’è poi un ulteriore problema: io pago il dipendente anche quando questo non lavora, anche

se sta facendo attività sindacali, se sta prendendo un permesso retribuito, se sta partecipando ad un

corso di formazione, ma per me è produttivo solo quando effettivamente lavora.

Supponiamo che un ente pubblico decida di rinnovare gli arredi: dopo aver fatto una gara di appalto chi è

interessato fa delle offerte. Se noi fossimo interessati alla gara dovremmo fare un preventivo, dove va anche

indicato il costo del lavoro. Per riempire questa casella bisogna stimare quante ore ad uomo servono divise

per tipologia di dipendenti. Questo va sotto il costo medio orario onnicomprensivo, dato dal rapporto tra

costo del lavoro complessivo (dividendo) che comprende tutto, tredicesima, quattordicesima, rilevato su

base annuale; e il divisore dovrebbe essere costituito dalle ore che si ritengono effettivamente lavorate, in

quando stiamo lavorando su via previsionale. A questa stima può supportare l’informazione relativa alla base

dati estrapolata da indagini statistiche che su base degli anni precedenti mi dice le ore effettivamente lavo-

rate. Con questo elemento si va mensilmente ad indicare quante ore sono state effettivamente lavorate,

quindi valorizzo questa quantità fisica consultiva con il dato stimato prima. Il dividendo non dovrebbe avere

grosse variazioni, mentre il divisore sì, quindi si potrebbero avere degli scostamenti. 9

4 C ONTABILITÀ DI MAGAZZINO

Quali sono i problemi che si pongono in contabilità analitica per valorizzare il consumo di materie prime? La

risposta a questa problematica ci porta a capire il funzionamento della contabilità di magazzino, valorizzando

i carichi e molto di più gli scarichi, le uscite di magazzino. Dato che il problema non riguarda solo le materie

prime, andiamo a guardare le fattispecie in cui si possono verificare queste situazioni nella redazione dei

bilanci.

Supponiamo di avere un’impresa mercantile che compra determinati beni in un determinato luogo che ri-

vende in un altro luogo. In questo caso quindi abbiamo delle merci (uno stesso bene può essere prodotto

finito, merce o bene durevole). Ogni volta che ho beni che entrano in un magazzino, stazionano qui per qual-

che tempo per poi uscire. Questo tipo di problema di valorizzazione degli scarichi riguarda i beni fungibili,

ovvero beni privi di identità specifica, un bene che si confonde con altri beni del tutto simili della stessa

specie, come il carburante. La tecnologia attraverso i codici a barre ha ridotto questo problema, ma non lo

ha azzerato. Il secondo, ancora più rilevante problema, era avere un particolare delle dinamiche dei prezzi,

dinamiche inflattive: lo stesso bene, comperato in momenti diversi, ha prezzi diversi, ma mischiato con i beni

che avevo precedentemente acquistato, non riesco ad identificare quale dei due sia costato di più.

Per la valutazione al costo dei beni fungibili sono disponibili tre metodi: l’LIFO, FIFO e costo medio ponderato.

Il tema della valutazione delle rimanenze riguarda anche le rielaborazioni di bilancio, ma se lo isolo si pone

come cadenza annuale, quando bisogna fare l’inventario. Inventario deriva da “invenio”, rinvenire, andare

materialmente a contare la roba in magazzino. L’esercizio di valorizzazione di questi beni invece avviene una

volta all’anno.

In contabilità analitica questo tipo di approccio non può essere accettato perché se voglio calcolare su base

mensile quanto costa una valigetta, devo sapere il costo su base mensile del cuoio utilizzato. Servono dati in

via continuativa, con una frequenza molto maggiore. Devo avere uno strumento che ogni volta che qualcosa

entra o esce dal magazzino ne quantifichi gli effetti: conoscenza di ciò che è presente in magazzino dopo ogni

movimento di carico e scarico. Se riesco a valorizzare quanto ho in magazzino vuol dire che ho valorizzato

fisicamente e economicamente quello che è entrato e quello che è uscito.

• LIFO (last in, first out): faccio in modo che la roba che si ha in magazzino sia la più remota. Se c’è una

dinamica inflattiva, se i prezzi crescono, i beni più remoti sono quelli che hanno un costo più basso.

Questa metodica in periodo di inflazione produce l’effetto di: a conto economico ho un effetto che

mi corregge l’inflazione, perché a ricavi di vendita aggiornati io corredo i costi più aggiornati che ho

sostenuto, che con inflazione sono più alti, quindi ho corretto un effetto potenzialmente estorsivo.

Ciò che rimane in magazzino viene valorizzato a valori più remoti, più bassi, quindi con il LIFO ho una

sistematica sottovalutazione delle rimanenze. È sempre stato uno dei metodi fiscalmente ammessi:

con prezzi crescenti è molto buono perché non droga il reddito. Distorsione riguarda lo stato patri-

moniale;

• FIFO (first in first out): un bene che è entrato per primo è anche quello uscito per primo, quindi in

rimanenza rimangono i più recenti. Quindi se c’è inflazione succede che il risultato economico è aiu-

tato, perché corredo a ricavi di vendita aggiornati dei costi di ciò che ho prodotto sottostimati. Il

risultato economico è sovrastimato, quindi la distorsione riguarda il conto economico. Se la distor-

sione riguarda il conto economico però la rilevazione è più corretta, sempre nel caso di inflazione.

Con deflazione tutto va invertito;

• Costo medio ponderato. Trovo una modalità che identifichi il costo medio delle mie rimanenze. A

conto economico avrò un costo più basso rispetto a quello determinato con il metodo LIFO, ma più

alto del FIFO. A Stato Patrimoniale attribuisco un valore delle mie rimanenze non così corretto come

il FIFO, ma più corretto del LIFO. 10

4.1.1.1 Esempio

Studiamo il caso di un’impresa mercantile

METODO LIFO

3 Gennaio

Ho acquistato 1000 pezzi a costo unitario 10.

Quindi 1000 x 10 = 10.000

Magazzino:

1000 pezzi con un valore unitario pari a 10. Il mio magazzino complessivamente vale 10.000

7 Gennaio

Acquisto altri 1000 pezzi a costo unitario 12.

Quindi 1000 x 12 = 12.000

Magazzino:

ho quindi 2000 pezzi con un valore complessivo di 22.000

10 Gennaio

Vendo 500 pezzi al prezzo di 12. Il totale è 6000

Supponiamo di aver adottato come metodo il LIFO. Ogni volta quindi che ho uno scarico, valorizza sia lo

scarico che il magazzino.

In magazzino avrò 1500 pezzi con un controvalore di 16.000.

14 Gennaio

Riesco a vendere altri 1000 pezzi:

• Le prime 500 appartengano al secondo lotto quindi con un valore di 12, quindi 6.000

• Le seconde 500 appartengono al primo lotto quindi con un valore di 10, quindi 5.000

• Valore complessivo 11.000

In magazzino quindi mi rimangono solo beni relativi al primo lotto e quindi valutati 10. Il valore quindi sarà

di 5.000

20 Gennaio

Acquisto un terzo lotto di 2000 pezzi a valore unitario di 13. Il valore totale è di 26.000

Magazzino:

• primo lotto 500 x 10 = 5.000

• terzo lotto 2000 x 13 = 26.000

• totale: 2500 = 31.000

Se applico il LIFO ho una sottostima delle rimanenze, se applico il FIFO ho una valutazione delle rimanenze più

aggiornata.

Valore delle rimanenze finali del metodo FIFO: 32.000 quindi più alto del metodo LIFO

METODO LIFO: riduco al minimo il rischio di sovrastimare il mio risultato economico. 11

5 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI

5.1 PRIMA CLASSIFICAZIONE

La prima classificazione si basa su un criterio oggettivo, collegato all’esistenza o alla non esistenza di un rap-

porto di inerenza tra il costo e l’oggetto di riferimento.

• Costi comuni: se non è inerente;

• Costi speciali: se è inerente.

5.2 SECONDA CLASSIFICAZIONE

Nella seconda classificazione non è solo oggettivo ma anche veicolata da delle scelte, ha un’area soggettiva.

• Costi diretti: quel costo necessariamente deve essere anche speciale;

• Costi indiretti: in questo caso può essere sia comune che speciale.

Imputo i costi indiretti ai diversi prodotti sulla base di determinati coefficienti

6 MODALITA’ DI RIPARTIZIONE DEI COSTI INDIRETTI

6.1 I CENTRI DI COSTO

La metodica che prevede l’utilizzo dei centri di costo, al fine di imputare i costi indiretti ai prodotti, rappre-

senta, nella sostanza, un’evoluzione del metodo della base multipla aziendale. I centri di costo, pur non es-

sendo necessari in ogni realtà aziendale, costituiscono, nella dottrina contabile europea, la risposta tradizio-

nale più frequentemente accolta dalle imprese per dare soluzione al problema della ripartizione dei costi

indiretti sui prodotti.

Il centro di costo può essere definito come un’entità che individua una porzione dell’attività aziendale omo-

genea sotto un predefinito aspetto. I centri di costo possono essere intesi sia come entità contabili, sia come

entità organizzative. Tale distinzione non è antitetica, in quanto tutte le unità organizzative sono anche entità

contabili, mentre non tutte le entità contabili rappresentano unità organizzative.

• Centri di costo, visione contabile: sono una metodologia che può essere utilizzata per deter

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A.A. 2016-2017
30 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Federico ® di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi di bilancio e analisi dei costi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tieghi Marco.