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Quasi com'uom che troppa voglia smaga

Cominciai, travagliato com'ero dal fortissimo desiderio di sapere: "O spirito predestinato alla felicità, esposto ai raggi della vita eterna, la cui dolcezza si può comprendere solo quando ottenuta, sarà per me motivo di gratitudine se mi volessi appagare con il tuo nome e la tua condizione".

Ed ella, pronta a parlare e sorridente: "La carità delle anime beate non si nega a un giusto desiderio, se non nella misura in cui aciò si nega quella carità che vuole simile a sé tutta la sua corte".

vaga = desiderosa | drizza'mi = mi indirizzai, mi rivolsi | smaga = consuma | grazioso = pieno di grazia, motivo di gratitudine | fia = sarà | corte = la schiera dei beati | quella che vuol simile a sé tutta sua corte = la carità divina

STILE: "Quasi com'uom che troppa voglia smaga" è una similitudine solo apparente: Dante è effettivamente un uomo consumato dalla voglia di sapere!

Non è un vero paragone. Una perifrasi "quella che vuol simile a sé..." per indicare la carità divina. CONCETTO CHIAVE: Dante si rivolge al volto che sembra più desideroso di parlare e chiede chi sia e perché si trovi là. L'ombra risponde che lo farà certamente. COMMENTO: L'ultima terzina è un modo un po' contorto dell'anima beata di dire che sicuramente risponderà a Dante. Infatti dice che la carità dei beati si adegua a quella divina, che non si nega affatto, se la preghiera è giusta. Questo canto è molto particolare, perché, come si può notare in questo passaggio, il linguaggio usato ricalca quello di Dante nelle sue opere stilnoviste, in cui cantava l'amore per Beatrice ("...dà per li occhi una dolcezza al core, che 'ntender no la può chi no la prova", da "Tanto gentile e tanto onesta pare", uno dei sonetti piùfamosi di Dante, scritto in onoredi Beatrice). Nota la somiglianza dei passaggi e ricorda che questo canto è iniziato propriocon un riferimento al "primo amore" di Dante nei confronti di Beatrice. Chiaramente, nelcaritasParadiso il linguaggio stilnovistico è trasposto in quello più spirituale della , la caritàdivina.

I' fui nel mondo vergine sorella; e se la mente tua ben s'é riguarda, non mi ti celerà l'esser più bella, ma riconoscerai ch'io son Piccarda, che, posta qui con questi altri beati, beata sono in la spera più tarda.

"In vita fui suora, e se la tua memoria cerca bene inPARAFRASI: [L'anima beata continua] se stessa, noterai che sono ora più bella, ma riconoscerai che sono Piccarda che, collocata qui con questi beati, sono beata nel cielopiù lento".

vergine sorella = suora | spera = sfera | spera più tarda = il cielo della Luna

STILE: La ripetizione a breve

distanza di "beati" e "beata" sottolinea la pienezza della gioia nella beatitudine.

CONCETTO CHIAVE: L'anima rivela di essere stata in vita una suora e, anche se ora è più bella (grazie al nuovo stato di beatitudine), Dante potrà facilmente riconoscere in lei Piccarda, beata nel cielo della Luna.

COMMENTO: Piccarda Donati era la sorella di Forese e Corso Donati, cugini della moglie di Dante (Gemma Donati). La bellezza di cui parla Piccarda è ovviamente non una bellezza puramente estetica, ma data all'anima dalla beatitudine. Quello della Luna è il cielo più lento perché essa in sole 24 ore ruota intorno alla Terra (il centro del Cosmo, secondo la cosmologia dell'epoca) e può muoversi più lentamente rispetto agli altri cieli più alti, che devono compiere lo stesso tragitto nello stesso tempo, ma sono più lontani (confronta mappa). Li nostri affetti, che solo infiammati son nel piacer de lo

Spirito Santo, letizian del suo ordine formati. 54 E questa sorte che par giù cotanto, però n’è data, perché fuor neglettili nostri voti, e vòti in alcun canto". 57 "I nostri desideri, che ardono soltanto di bearsi dello PARAFRASI: [Piccarda continua] Spirito Santo, sono felici del grado loro assegnato. E questa condizione, che appare così bassa, ci spetta perché i nostri voti furono in parte trascurati e incompiuti". affetti = desideri | n'è = ci è | vòti = vuoti STILE: L'accostamento di "voti" e "vòti" è una paranomasia, cioè una figura retorica che accosta due o più parole identiche dal punto di vista grafico, simili dal punto di vista fonico (della pronuncia) e diversi nel significato. CONCETTO CHIAVE: Piccarda riferisce che le anime del cielo della Luna sono tanto felici di essere beate e quindi toccate dallo Spirito Santo, che gioiscono anche

dell'ordine divino assegnato loro. Poi spiega che si trovano nell'ultimo cielo per via dei voti che hanno trascurato e incompiuto in vita.

58 - 90 PICCARDA SPIEGA A DANTE I VARI GRADI DI BEATITUDINE. Dante le risponde che la nuova bellezza di Piccarda beata gli aveva impedito di riconoscerla, poi le chiede se le anime del cielo della luna non sentano il bisogno di trovarsi in un cielo più alto. Piccarda sorride insieme alle altre anime e risponde che i beati vogliono ciò che Dio vuole: è proprio nell'adeguarsi della volontà alla volontà divina che sta la beatitudine! Ond'io a lei: "Ne' mirabili aspetti vostri risplende non so che divino che vi trasmuta da' primi concetti: però non fui a rimembrar festino; ma or m'aiuta ciò che tu mi dici, sì che raffigurar m'è più latino." E io a lei: "Nel bell'aspetto vostro risplende un lume celestiale altrimenti non PARAFRASI: descrivibile,

Che vi fa diversi dalle precedenti immagini impresse nella mente: per questo motivo non fui veloce a ricordare. Ma ora quello che mi hai detto mi ha aiutato, così che ora è più facile riconoscerti.

Primi concetti = le immagini impresse nella mente di una Piccarda viva | festino = un latinismo, significa "veloce" | mi è più latino = è per me più semplice (il latino era praticamente la lingua madre di Dante e quindi una lingua facile per lui da comprendere).

CONCETTO CHIAVE: Dante dice a Piccarda che il suo nuovo, migliorato, aspetto gli ha reso non immediato il riconoscimento. Ma ora che Piccarda si è presentata, riesce a collegarla ai suoi ricordi.

Ma dimmi: voi che siete qui felici, desiderate voi più alto loco per più vedere e per più farvi amici?".

Con quelle altr'ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, ch'arder parea d'amor nel primo foco: "Frate, la

La nostra volontà quieta e virtù di carità, che fa volerne solo ciò che abbiamo, e d'altro non ci asseta.

"Ma dimmi: voi che siete felici qui, non desiderate di stare in un cielo più alto, per godere più largamente della visione di Dio e per rendere più stretto l'amore fra lui e voi?"

Lei, prima, sorrise insieme alle altre anime, poi mi rispose tanto lieta, che sembrava accendersi nell'innamoramento:

"Fratello, la virtù della carità divina appaga la nostra volontà facendoci desiderare solo ciò che abbiamo e non ci rende desiderosi d'altro".

da indi = poi | pria = prima | primo foco = alcuni critici leggono un significato più terreno e lo intendono come i primi momenti di una storia d'amore, quando l'innamoramento è al suo culmine. Altri critici intendono come metafora "primo foco" = Dio, sacrificando la concretezza del paragone.

ma al contempo rendendo più spirituale il passaggio | quieta = appaga | non ci asseta = non ci rende desiderosi

STILE: Oltre alla possibile metafora che ho appena spiegato, nota l'allitterazione dei suoni "s sibilante" che parte con la fine dell'ultima terzina (aSSeta) e continua nelle terzine successive con "diSiaSSimo", "eSSer", "Superne", e sotto ancora "eSSere" e "neceSSe".

CONCETTO CHIAVE: Dante chiede a Piccarda se non desidererebbero essere staticollocati più vicino a Dio, in un cielo più alto, ma la beata risponde che la carità divina fa sì che i beati siano appagati di quello che hanno e non desiderino di più.

COMMENTO: Attenzione al sorriso di Piccarda. Sembra che tutti si prendano un po' gioco dell'ingenuità di Dante, ma in realtà il sorriso della beata e dei suoi compagni è dovuto alla gioia che prova nel poter rinnovare l'affermazione

della propria adesione al volere divino! Nota anche in questo passaggio il discorso sulla carità divina, portato con un linguaggio sottratto a quello stilnovistico e ai temi amorosi (vedi: "ch'arder parea d'amor nel primo foco") Se disiassimo esser più superne, foran discordi li nostri disiri dal voler di colui che qui ne cerne; 75 che vedrai non capere in questi giri, s'essere in carità è qui necesse, e se la sua natura ben rimiri. 78 "Se desiderassimo trovarci più in alto, i nostri desideri sarebbero discordi dal volere di colui che ci ha collocato qui il che, come vedrai, non succede nelle sfere celesti, se qui è necessario vivere nella carità e se ben valuti la natura di questa carità". disiassimo = desiderassimo | foran = sarebbero | ne cerne = ci distribuisce | non capere = non contiene | necesse = necessario STILE: necesse = latino, significa

"necessario""colui che qui ne cerne" è una delle tante perifrasi che Dante usa per indicare Dio.

CONCETTO CHIAVE: Piccarda continua la spiegazione e comunica a Dante che il volere delle anime, per necessità ontologica che vuole il Paradiso essere un luogo in cui si vive nella piena carità divina, si assimila automaticamente alla volontà di Dio. Una discrepanza non può esistere.

COMMENTO: La beatitudine celeste, attenzione, non è però descritta da Dante come qualcosa che annulla l'amore soggettivo e volontario delle anime verso Dio. Semplicemente per definizione il cielo non può accogliere desideri dissonanti. Piccarda chiede a Dante di riflettere sulla natura della carità (dell'amore) in cui si vive in Paradiso. Questo amore è quello fra i beati e Dio, che sta proprio nella piena conformità del volere umano a quello divino! Ciò

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A.A. 2019-2020
21 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher drollentigo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Rossi Luca Carlo.