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Le applicazioni lineari e le basi negli spazi vettoriali
Le funzioni interessanti tra gli spazi vettoriali, che si chiamano applicazioni lineari, sono quelle che "si comportano bene" rispetto alle due operazioni sopra citate, cioè quelle funzioni L : V → V per le quali si ha L(v + w) = L(v) + L(w) e L(cw) = cL(w) (chiaramente esistono anche le applicazioni lineari V → W tra spazi vettoriali diversi, ma per il nostro scopo non ci interessano).
Una base di V è un insieme {v1, ..., vn} di n vettori di V (a noi interessano solo gli spazi vettoriali a dimensione finita!) che ha la seguente speciale proprietà: qualsiasi vettore w ∈ V si può scrivere, in modo unico, come combinazione lineare di v1, ..., vn, cioè, detto altrimenti, esistono numeri reali w1, ..., wn (determinati univocamente da w, e che si dicono coordinate di w rispetto alla base B) tali che w = w1v1 + ... + wnvn.
Facciamo notare che si può dimostrare che ogni base di V ha sempre lo stesso
numero n di vettori: n, che risulta quindi essere una caratteristica intrinseca dello spazio V, si dice dimensione di V.
Fissata una base di V possiamo quindi associare ad ogni vettore una n-upla di numeri reali (le sue coordinate), e viceversa ad ogni n-upla di numeri reali (cioè ad ogni punto di R^n) corrisponde un preciso vettore di V:
Rn → w1...↔wn
Allo stesso modo, fissata una base, possiamo associare ad ogni applicazione lineare L: V → V una matrice quadrata An x n, e viceversa ad ogni matrice quadrata n x n corrisponde una precisa applicazione lineare:
A = a11...a1n... .... .↔L
an1...ann
Cambi di base
Uno spazio vettoriale V ha moltissime (infinite) basi: ad esempio, nel piano bidimensionale V = R2, qualsiasi coppia di vettori non paralleli costituisce una base di V! Ora, siccome l'associazione che abbiamo appena visto tra vettori e applicazioni lineari da un lato e n-uple di coordinate e
matrici dall'altroBdipendeva dall'aver scelto una certa base di V, è normale aspettarsi (come0Bin effetti accade) che, se scegliamo invece un'altra base di V, le coordinatedello stesso vettore w cosı̀ come la matrice associata alla stessa applicazioneB:lineare L siano diverse da quelle che gli associava la base
0 0 0w a . . . a1 11 1n... ... ....
0 .↔ ↔w L A =
0 0 0w a . . . an n1 nnB B
Tuttavia, date due basi e di V, è facile scoprire come passare1 2dalle coordinate w di un vettore w rispetto a un base alle coordinateB1w dello stesso vettore w rispetto all'altra, o dalla matrice A associataB B2 1a un'applicazione lineare L in una base alla matrice A associata alla stessaB2 ×L nell'altra base. Si riesce infatti a trovare una matrice invertibile B n ntale che:
2−1 −1 −1·w ·w ·w ·B ·w ·Bw = B , w = B , A = B , A = BB B B B B A
B A1 2 2 1 1 2 2 1·,(il simbolo che si può anche omettere, rappresenta l’usuale prodotto−1righe per colonne). Abbiamo inoltre visto come le matrici B e B hannoper colonne esattamente le coordinate dei vettori di una base rispetto all’altrabase. Come nota a margine, diciamo che non solo ogni matrice B che rapp-resenta un cambio di base è invertibile, ma anche che ogni matrice invertibile(cioè con determinante diverso da zero) rappresenta un opportuno cambio dibase.Ricordiamo qui che tra le infinite basi di uno spazio vettoriale V ce ne sonoalcune ”‘speciali”’, le basi ortonormali, che sono quelle costituite da vettorikv k ≡<tutti di lunghezza unitaria (cioè v , v >= 1 per i = 1, . . . , n) e tuttii i ifra loro ortogonali (cioè che hanno prodotto scalare nullo: < v , v >= 0 peri j6ogni i = j).3 Diagonalizzabilità, autovalori e autovettoriBUna matrice quadrata A, fissata una base di V , rappresenta
Un'applicazione lineare L : V → V. Scegliendo una diversa base di V, L sarà rappresentata da una diversa matrice quadrata A. Quello che ci chiediamo ora è se esiste una qualche base di V nella quale la matrice A associata alla nostra L sia diagonale, cioè abbia la particolare forma:
λ 0 . . . 0 0 λ . . . 0 . . . .. .. 0 . . . λ 0
(detto altrimenti, A ha tutti zeri tranne che sulla diagonale). La risposta in generale è che per alcune matrici non è possibile trovare nessuna base di V che le renda diagonali, mentre per altre matrici (dette appunto diagonalizzabili) si riesce a trovare una matrice B di cambio di base tale che B AB-1 sia una matrice diagonale A. Diremo in genere che l'applicazione lineare L è diagonalizzabile se in una opportuna base è rappresentata da una matrice diagonale A.