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OPEC
Risorse naturali e proprietari terrieri sovrani nel novecento
Prof. Giuliano Garavini
Abu Dhabi è diventato nel giro di 50 anni una sorta di “piccola Sparta”.
OPEC associato a:
1) Petrolio in termini negativi. È la fonte di energia primaria.
2) Idea della rendita: es. i sauditi sono gente ricca perché sono fortunati, prendono soldi sono
per stare lì. Questo sistema della rendita è odiato in quasi tutti i paesi del mondo. La rendita
è associata ad un contesto negativo.
Le società nazionali del petrolio solitamente non pubblicizzano i loro bilanci. Esse sono comunque
le più ricche e redditizie.
Le altre idee che circondano l’OPEC è la sua considerazione come il “cartello” dei produttori del
petrolio.
L’OPEC è un’organizzazione nella quale sono presenti persone di tutte le regioni e religioni del
mondo. Nasce nel 1960.
L’OPEC non
Negli anni ’60 esisteva già una sorta di cartello, era controllato da un gruppo molto piccolo di
società internazionali. C’erano sette grandi compagnie petrolifere internazionali che possedevano in
modo incrociato tutti i consorzi in cui si produceva petrolio in medio oriente e fuori dal
Medioriente. Queste compagnie avevano un così grosso controllo dell’esportazione del petrolio da
poter flettere le volontà dei governi: se un governo voleva più soldi, questi spostavano la
produzione. 10
Gli stati potevano aumentare le tasse in quanto proprietari dei terreni ove avvenivano le estrazioni.
Grazie a questo certi paesi sono riusciti a diventare ricchi.
L’OPEC è la prima ONG del 3° mondo.
Quando si parla di risorse naturali, anche le tipologie di scontri internazionali sono diversi. Ma se si
parla di risorse naturali: da un lato ci sono i proprietari terrieri globali che si sono organizzati
nell’OPEC. Grandi consumatori di energia (IEA) ed infine gli estrattori del petrolio che agiscono in
oligopolio.
02/12/19
Conferenza.
Mediterranean developments flows (from west and central Africa)
Dott.ssa Alessandra Testoni
Mixed migration routes to Europe
Comprende immigrati sia regolari che non. Comprende quindi una categoria eterogenea, con un
proprio grado di vulnerabilità. Sono persone che comunque sono esposte a rischi, lesioni dei diritti
umani.
Diverse categorie da considerare, tra cui anche quella dei minori non accompagnati.
Multidimensionalità.
Dall’Africa verso l’Europa sono sempre state 4 le grandi rotte migratorie:
1) Verso Israele, passando per l’Egitto e il Sinai (chiusa dal 2012).
2) Verso Sudafrica.
3) Verso Paesi Arabi attraverso lo Yemen (chiusa).
4) Central meditterranean road: quella che porta all’Europa. Questa è l’unica percorribile
attualmente. Si passa per il Mali (controllato dall’estremismo islamico), poi il Niger
(situazione migliore del precedente ma molto povero) ed infine Libia.
Il problema di questi viaggi è che sono lunghi, stancanti. Le Nazioni Unite stanno cercando sempre
più di impedirgli di arrivare in Libia. Le nuove politiche stanno cercando di creare degli HUB per
poi farli tornare a casa.
Returnes: persone che nel loro percorso migratorio sono tornati indietro. Questa categoria di
persone ha uno stigma sociale molto forte (la delusione di non essere tornati), questi molte volte
ripartono ancor più disperati di prima.
Ancora oggi la maggior parte delle persone che partono sono uomini.
Forte incremento dei morti in mare negli ultimi anni.
È molto chiaro che la maggior parte dei migranti africani restano in Africa, quelli che partono sono
circa il 15%.
-
La verità è che partono coloro i quali hanno la possibilità di farcela. Es. in Senegal raccolgono i
soldi in una festa locale per far partire 1 o 2 persone.
http://www.internazinale.it/storia/documentari-europa-africa
11
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L’UE negli ultimi anni ha adottato diversi strumenti legislativi per coordinare il fenomeno
migrazioni. Es. Accordi di La Valletta.
Global approach to migration and mobility. È la base su cui vengono avviati i primi processi di
cooperazione tra UE e paesi africani (viene fatto a livello regionale.).
2006 Processo di Rabat: comincia ad essere il primo quadro dell’Africa del Sud per individuare dei
temi comuni di cooperazione sulla migrazione, contro smuggling e traffiking.
L’Italia si fa promotrice per una cosa simile col Corno d’Africa.
Egitto, Etiopia, Eritrea, Sudan, UE: fanno una conferenza. Questo è interessante poiché si fa strada
l’idea che si ha la possibilità di lavorare in un quadro più chiaro.
2015 Agenda 2030 Dell’ONU.
2015 la migrazione in Europa viene ripensata grazie al meeting de La Valletta. Vennero riuniti i capi
di stato UE ed Africani. Cercarono di affrontare la migrazione non solo come un problema ma
anche come un’opportunità per l’Africa. I vari leader hanno asserito la necessità di un piano
d’azione molto preciso basato su 4 punti:
1) Affrontare le cause profonde della migrazione irregolare.
Sviluppare gli effetti positivi della migrazione [coinvolgere la diaspora: persone
immigrate negli anni 80’, avvenuta in altri modi]
Migliorare la cooperazione.
Richiedenti Asilo
Migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio.
Alla Valletta si crea un fondo fiduciario chiamato “Fondo fiduciario d’emergenza per l’Africa” che
diventa il braccio operativo di questo accordo politico. È un piano quinquennale. 1.8 miliardi dati
dalla cooperazione UE, ha permesso di invogliare i Paesi membri ad elargire (l’Italia diede 10
milioni). La cosa nuova di questo fondo è lo scopo, interessante è anche la governance. Questo
fondo ha permesso all’UE di lavorare in Africa per progetti a favore dell’immigrazione. Lo scopo
era quello di dare sostanza all’idea di contribuire ad una maggiore stabilità.
Favoriva:
1) Sviluppo economico. Ergo opportunità di lavoro. In particolari per i giovani e le donne.
2) Servizi di base: acqua, sanità.
3) Riconoscimenti confini.
4) Stabilità dei Paesi.
La governance era fatta ad HUB: Nord Africa, west Africa e Corno d’Africa. A Bruxelles avevano
creato dei tavoli specifici per ogni area.
2016 L’Europa cerca di fare una European Agenda for migration compact. Questo ha aspetti molto
vari. Si parte con un pacchetto su Etiopia, Niger, Mali, …. Si cerca di riorganizzare in questi paesi
la questione migratoria.
Il piano europeo per gli investimenti asserisce che metterà a disposizione 44 miliardi per sostenere
le imprese europee per investire in Africa. Aiuto agli investimenti in Africa. Non solo cooperazione
12
e sviluppo ma anche aiuto negli investimenti. Danno una mano alle imprese italiane a lavorare in
Africa.
L’Europa sul lavoro in africa dal 1025 in poi ha preso coscienza, ha capito che era la politica giusta
per riuscire a sviluppare l ‘africa non solo come deterrente alla migrazione ma anche come nuovo
mercato per le imprese EU.
Adis Abeba action agenda. Ivi viene indicato come uno dei metodi innovati per sviluppare lo
sviluppo la partnership tra pubblico e privato.
Eni oltre ad accordi sul petrolio firma anche accordi per la promozione sociale nel paese ove
opererà.
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Progetto in Etiopia per la diversificazione economica (cofinanziato dallo stato italiano), lo scopo era
ridurre l’impatto sul fenomeno migratorio. Un progetto di diversificazione economica è strutturato
attraverso delle analisi di mercato, si individuavano le aree di sviluppo e poi si strutturavano dei
progetti. Es. sull’agricoltura si costituivano dei consorzi agricoli, gli si davano fondi in modo tale da
renderli indipendenti ed aiutare i beneficiari a crescere come business man.
La cooperazione internazionale italiana è uscita dal MAE (che mantiene la pianificazione strategica)
diventando agenzia.
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I progetti in larga scala necessitano di molti fondi e sistemi di coordinamento.
Un gran problema è la mentalità delle persone che si trovano in Africa.
03/12/19
Conferenza alla triennale SRD
Il modello Indiano di cooperazione Sud-Sud Wider cooperation e soft power
Dott.ssa Alessandra Testoni
Ruolo dell’India (ma anche Emirati Arabi, Turchia…) in Africa.
Tutte le cooperazioni dopo la crisi dell’ONU stanno cerando nuovi finanziamenti e strumenti per
operare.
Tutti questi nuovi attori (“attori emergenti”) hanno modificato gli equilibri in Africa, cambiando le
“regole del gioco”; ha modificato il ruolo tra donatore e paese ricevente.
Nel sistema di cooperazione occidentale ci si rifà sempre alla conferenza di Parigi del 2005; sempre
una maggiore idea di lavorare assieme per avere un quadro comune, ogni paese rinunciava ad una
fetta di interesse privato per rispondere ad un quadro unitario. La cooperazione ufficiale-occidentale
è una cooperazione che cerca il più possibile di lavorare assieme e garantire una buona gestione
degli aiuti. Ma i fondi dei paesi tradizionali sono decresciuti v/s i fondi dei paesi emergenti che sono
sempre in crescita.
Nel 2011 c’è stato in Korea a Busan un foro su questo totem, è stato sancito il ruolo della South-
South cooperation, viene sancita la bontà di questa idea, come strumento innovativo rispetto i
donatori tradizionali. È il modello alternativo alla cooperazione tradizionale.
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Questo nuovo modello: ha valori diversi, unisce cooperazione e business [wider cooperation].
Caratteristiche:
1) Assenza di condizionalità politica,
2) Approccio business oriented. L’aiuto in senso stretto è minimo, la parte maggiore sono
prestiti agevolati per infrastrutture, per business di vario genere e accordi commerciali, forte
enfasi sullo sviluppo infrastrutturale. Tutti questi attori hanno delle banche di sviluppo che
erogano aiuti low cost.
3) Erogazione aiuti low cost.
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Il processo inizia a Bandu nel 1955 con l’inaugurazione della politica del non allineamento. Questi
si proponevano attivamente contro i 2 blocchi a favore della pace. Fortissima critica al
colonialismo.
Cos’è la cooperazione indiana in africa?
È molto particolare poiché è diversa rispetto a quella degli altri emergenti.
Caratteristiche:
1) Basate sulla stessa esperienza recente di sviluppo dell’India.
2) Senza condizionalità.
3) Demand driven.
4) Basata sul mutuo beneficio (win-win strategy)
5) Contribuisce al soft power indiano
6) Sostenibile (in senso finanziario) e inclusivo (bottom-up)
Già nel 1964 l’India aveva continuato ad essere un paese recettore di aiuti, crea il primo strumento
di cooperazione detto ITEC, si occupa di form