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VIRUS ONCOGENI A RNA

Tra i virus ad RNA, solo i Retrovirus sono oncogeni, insieme al virus dell’epatite C, associato

appunto ad epatocarcinoma; tra il 18% dei tumori umani, un ruolo è giocato dal Papillomavirus.

I Retrovirus oncogeni possono trasformare con tre diversi meccanismi:

- TRASDUZIONALE , che è tipico dei virus oncogeni ACUTI, ovvero i Retrovirus che danno

tumore nel 100% degli animali che infettano, con un’insorgenza del tumore molto rapida

(poche settimane), ed il tumore che si origina è di tipo policlonale, perché si origina da più

cellule trasformate. I virus oncogeni acuti presentano un oncogene (V-Onc) nel loro

genoma, che è sempre il corrispettivo di un proto oncogene cellulare; il capostipite dei virus

oncogeni acuti è il virus del Sarcoma di Rous, tumore che colpisce i polli ed ha una

elevata mortalità. Il gene Sarc è presente anche nelle cellule di mammifero: gli oncogeni

virali sono un’acquisizione ancestrale dei virus, a causa di un fenomeno erroneo di

trascrizione cDNA in RNA virale. I virus, nel momento in cui infettano la cellula bersaglio,

esprimono anche l’oncogene virale, la cui espressione viene regolata dalle LTR (promotori

molto potenti), che determinano una overespressione del gene stesso e trasformazione

della cellula. Lo schema del virus del sarcoma di Rous è unico (gag, pol, env + oncogene),

in quanto gli altri possiedono l’oncogene virale in sostituzione di uno degli altri tre geni, e

sono quindi virus defettivi; nonostante ciò trasformano la cellula, perchè una volta integrato

nel genoma, l’oncogene viene espresso in qualsiasi cellula sia stata infettata e trasformata

dal virus.

- CIS ATTIVAZIONALE , detto anche INSERZIONALE, è tipico dei virus oncogeni CRONICI o

lenti, che danno tumori in una bassa percentuale di animali ed in tempi molto lunghi; il

tumore inoltre è monoclonale. I virus oncogeni cronici non hanno un oncogene nel loro

genoma, e per trasformare devono integrarsi in prossimità di un proto oncogene cellulare,

che si trova sotto il controllo delle LTR e viene così overespresso. Dal momento che

l’inserzione non è sito-specifica, l’evento è estremamente raro, quindi se avviene si ha in

una bassa percentuale di animali ed in una singola cellula. Uno dei problemi legati all’uso

dei vettori Retrovirali è l’oncogenesi inserzionale.

- TRANSATTIVAZIONALE , tipico del virus umano HTLV-1 (virus T-linfotropo umano), il quale

causa due tipi di patologie: una forma tumorale molto rara (leucemia a cellule T dell’adulto),

ed una patologia neurodegenerativa, simile alla sclerosi multipla, detta paraparesi spastica

tropicale. Questo virus ha un’epidemiologia caratteristica: ha una scarsa prevalenza in tutto

il mondo (1% della popolazione), tranne alcune regioni geografiche come il Giappone

(40%) e le regioni subtropicali come il Brasile ed alcune zone dell’Africa; infetta vari tipi di

cellule, ma la trasformazione oncogena si ha solo nei linfociti T. Il meccanismo con cui

trasforma, quello transattivazionale, non prevede l’integrazione in prossimità del proto

oncogene, bensì la produzione di proteine transattivanti appunto che, tornando nel nucleo,

attivano determinati proto oncogeni. HTLV-1, come HIV, è definito Retrovirus complesso

perché codifica, oltre che per i geni GAG, POL, ed ENV, per una serie di proteine

regolatorie che sono quelle coinvolte nel processo di trasformazione oncogena, e tra le

quali è molto importante la proteina TAX, che in HIV prende il nome di TAD, e che permette

al virus di fare a meno delle LTR in quanto è in grado di attivare in modo molto forte la

trascrizione. TAX determina l’inizio della trasformazione perché tornando nel nucleo

determina un aumento della trascrizione di 4 geni cellulari: IL-2 ed il suo recettore, IL-15 ed

il suo recettore. Entrambe queste citochine sono dei potenti promotori della replicazione dei

linfociti T, coinvolte nell’espansione dei linfociti T helper durante la risposta immunitaria; si

ha un loop autocrino e paracrino di queste citochine, perché le stesse cellule diventano più

sensibili all’azione di queste citochine dal momento che presentano molti più recettori

espressi sulla superficie. L’azione di TAX non si esaurisce a questo livello, in quanto si lega

alla p16, una proteina coinvolta nella pathway del retinoblastoma, determinando il

passaggio della cellula in fase S, ed inoltre inibisce la p53; in questa azione è supportata

dalla p12, che attiva la pathway di JAK/STAT, portando alla trascrizione di IL-2. Un aspetto

comune a tutti i virus oncogeni è il fatto che l’induzione di una proliferazione incontrollata

aumenta il numero di eventi mutazionali nel DNA cellulare (meccanismo indiretto).

VIRUS ONCOGENI A DNA

Sono virus in cui non è presente un oncogene o un proto oncogene cellulare, ma solitamente le

proteine oncogene sono legate alla replicazione del DNA virale che, ad un certo momento, per

cause diverse, anzichè indurre la replicazione del genoma virale, portano a proliferazione della

cellula perché inducono la replicazione solo del DNA cellulare. Spesso questo è legato

all’interazione con i prodotti dei geni oncosoppressori cellulari, oppure con proteine che

interagendo con il DNA ne stimolano la duplicazione. Come modello di oncogenesi ad opera dei

virus a DNA si sfrutta l’SV40, Polyomavirus che nel suo ospite naturale (scimmia) dà ciclo litico,

mentre in molti altri mammiferi determina trasformazione oncogena sia in vivo che in vitro. Perché

succede questo? Se le cellule sono di scimmia, queste sono permissive e si ha il compimento

dell’intero ciclo replicativo virale, mentre le cellule di altre specie sono semi permissive, infatti non

permettono la conclusione del ciclo (ciclo abortivo) ed il DNA virale non si duplica, ma vengono

espresse solo le proteine precoci, antigene T e t, essenziali per la trascrizione virale e per

l’interazione con la p53 e conseguente induzione della fase S (antigene T). Infettando colture

cellulari non di scimmia con SV40 si osserva l’acquisizione dei caratteri morfologici del processo

della trasformazione, ma dopo un po’ di tempo tornano al fenotipo normale, e solo poche cellule

mantengono il fenotipo trasformato. Inizialmente, in tutte le cellule infettate si ha l’espressione di T,

che porta a proliferazione cellulare incontrollata; nella maggior parte delle cellule il DNA virale

viene degradato e cessa l’espressione di T tornando al fenotipo normale, mentre nelle cellule che

mantengono il fenotipo trasformato (che daranno poi origine ai cloni tumorali, che se vengono

trasferiti in animali danno origine a tumori appunto) è avvenuta l’integrazione del genoma virale, e

questo non è un processo normale nella fisiologia dei virus a DNA (non è vantaggioso per il DNA

virale). Questo fenomeno richiede il riarrangiamento del DNA virale per essere integrato, ed infatti

si trovano solo porzioni più o meno grosse di esso; nel caso di SV40 è necessaria l’integrazione

della sequenza genomica codificante per l’antigene T.

Il Papillomavirus (HPV) è stato il primo virus per il quale è stata dimostrata un’associazione con il

tumore della cervice uterina, il terzo tumore nella donna per incidenza, sebbene determini altri tipi

di tumori umani più o meno aggressivi, come altri tumori dell’area ano-genitale in associazione ad

altre concause. HPV infetta anche la cute e può dare carcinomi cutanei squamosi, frequenti negli

immunodepressi; nella regione testa-collo invece questo virus determina circa il 25% dei tumori.

HPV appartiene alla famiglia Papillomaviridae (simile ai Polyomavirus); sono virus nudi ed il loro

genoma è di circa 8 kbp, nonché siano estremamente resistenti nell’ambiente, e perciò si

trasmettono anche mediante il contatto con superfici infettate. Il loro genoma è un dsDNA circolare

chiuso, sono specie-specifici, e quelli umani sono oltre 100, classificati per omologia di sequenza.

HPV sono virus epitelio-tropici, e non infettano i tessuti sottostanti (non danno viremia), ma gli

epiteli di tutti i tipi (epidermide, mucose etc.); i vari Papillomavirus sono associati a patologie

diverse, sebbene diano tutti delle lesioni proliferative esofitiche (sporgenti). A seconda del tipo di

epitelio coinvolto le patologie hanno nomi diversi:

- VERRUCHE, lesioni a livello della cute (epidermodisplasia verruciforme)

- PAPILLOMI, lesioni a livello di tutte le mucose eccetto quella genitale (occhio, laringe etc.)

- CONDILOMI, lesioni della mucosa genitale

I CONDILOMI genitali sono la malattia a trasmissione sessuale più diffusa: circa il 50% degli

individui va incontro a lesioni di questo tipo nel corso della loro vita, e nel caso delle donne, oltre

l’80% lo acquisisce prima dei 15 anni, e questo è importante perché lo sviluppo del tumore richiede

tempi molto lunghi (15-20 anni), quindi più precocemente si entra a contatto col virus, prima

insorge il tumore. Circa il 10% della popolazione ha una infezione in corso. Tutti i Papillomavirus

inducono proliferazione cellulare che, nella maggior parte dei casi, rimane nella condizione

benigna di condiloma che giunge a guarigione spontanea nell’arco di 6-12 mesi, mentre per alcuni

genotipi di virus questo non avviene, e l’infezione permane con trasformazione maligna e

passaggio da condiloma a CARCINOMA. Alcuni genotipi, in particolare, vengono definiti ad “alto

rischio oncogeno” e sono stati classificati come ONCOGENI DI 1^ CLASSE; quelli più comuni

sono il 16 (il più importante, responsabile della maggior parte dei carcinomi della cervice uterina) e

18, ma anche il 31, 33 e 45. Tra i Papillomavirus a basso rischio oncogeno, invece, i più comuni

sono il 6 e l’11. I Papillomavirus ad alto rischio oncogeno sono in grado di evadere la risposta

immunitaria con diversi meccanismi, il sistema immunitario non riesce ad eradicare l’infezione, e si

ha quindi l’insorgenza di una infezione persistente che porta a lesioni che diventano di grado

sempre più alto, finchè nell’arco di 15 anni si forma il carcinoma in situ ed il carcinoma invasivo. In

questa progressione sono necessari dei co-carcinogeni come ad esempio una certa

predisposizione genica, il sistema immunitario compromesso, sbalzi ormonali (le donne che hanno

avuto più gravidanze sono più suscettibili), fumo etc. Nell’arco di alcuni anni la trasformazione

diventa carcinogenesi, con l’insorgenza di carcinomi intraepiteliali (CIN), lesioni precancerose,

carcinomi in situ e carcinomi invasivi (superamento della lamina basale).

Il genoma di HPV è a DNA a doppio filamento circolare chiuso che, a parte una piccola regione di

controllo detta LCR, presenta sei geni precoci (indicati da E1 ad E7 i

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
7 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Airaliz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Virologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Cermelli Claudio.