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Opere scritte durante il suo esilio
Sono tre, due politico-filosofiche (De Repubblica e il De Legibus), e una retorica, scritta sotto forma di dialogo (De Oratore).
DE REPUBLICA
Opera in sei libri, di cui la prima parte frammentaria, la seconda ancora più frammentaria e la terza per intero (relativa al SOMNIUM SCIPIONIS).
Scritta sotto forma di dialogo, prende spunto dalla politeia di Platone. Ambienta quest'opera nel 129 a.C.
Il dialogo è fra Scipione Emiliano, Gaio Lelio, altri membri del circolo degli Scipioni e un certo Numanzia.
Il dialogo ha come argomento quello su quale sia la miglior forma politica. Scipione illustra le tre forme fondamentali di governo: l'aristocrazia, la democrazia, la monarchia.
Cicerone dice che queste tre forme sono accettabili, ma non sono perfette: prende come esempio Roma e la sua costituzione mista (che per lui è quella migliore, perché fonde gli elementi di queste tre forme: la monarchia, con due consoli, l'aristocrazia.
con il senato, i tribuni della plebe della democrazia). Infatti, per Cicerone non sono perfette perché: - La monarchia porta alla dittatura; - L'aristocrazia porta all'oligarchia; - La democrazia porta all'anarchia o alla demagogia. Nella seconda parte, Cicerone parla di come secondo lui deve essere il politico ideale. Le caratteristiche sono: - Capacità di governo e di mediazione; - Un buon spessore morale; - Senso dello stato; - Buona formazione culturale; - Moderazione. Per definire questa figura di cittadino ideale, Cicerone usa dei certi termini (fra cui princeps=cittadino esemplare. Per lui, un cittadino esemplare è Scipione Emiliano nel passato, mentre nel presente definisce se stesso un cittadino esemplare). Il suo pensiero politico è moderato, ma conservatore (infatti non vorrebbe dare le terre ai tribuni). Sosteneva la repubblica e riteneva inaccettabile sia un solo governo delle classi più basse e anche quello solo delle classi più alte. Proponeva laCONCORDIA ORDINUM: tipo di governo in cui classi più grandi e quelle più basse collaborano, potendo definirsi optimates oboni.
DE ORATORE è un dialogo, perché così possiamo notare il contrasto fra i due personaggi: Marco Antonio e Lucio Licinio, dove uno dice che bisogna possedere una buona cultura in filosofia per essere un buon oratore, mentre l'altro dice che bisogna semplicemente frequentare una buona scuola di retorica.
Il De Oratore, in tre libri, viene composto nel 55 a.c., ma è ambientato nel 91 a.c.
Notiamo il desiderio di Cicerone nel richiamare momenti e personaggi che precedevano la grande crisi politica e civile, come nostalgia di un'epoca che ha ancora molto da insegnare agli uomini delle altre generazioni.
Il tema del dialogo è la definizione dell'oratore ideale: un intellettuale completo, dotato di una vasta cultura.
A confrontarsi sono oratori impegnati in prima linea nell'attività forense.
DALLA GUERRA
CIVILE ALLA MORTE
Siamo nel 52, in cui avviene la Pro Milone, grande processo (anche per stile letterario). Nel 51 a.c., viene mandato proconsole in Cilicia, zona dell'Asia. Qui, come in Sicilia, si distingue per onestà. Ciò lo allontana da Roma in un momento cruciale, in quanto sta per scoppiare la guerra civile.
Quando torna a Roma, nel 49, si trova a dover scegliere fra due opzioni: stare dalla parte di Cesare o da quella di Pompeo.
Siamo a conoscenza di tutte queste cose grazie alle quasi 900 lettere scritte dallo stesso Cicerone.
Cicerone decide di schierarsi dalla parte di Pompeo, sapendo che è più forte Cesare. Si pensa l'abbia fatto o perché gli aveva fatto un favore o perché si illudeva che Pompeo fosse dalla parte dello Stato (infatti per Cicerone un politico deve pensare non ai propri interessi, ma a quelli dello Stato).
Non segue subito Pompeo in Grecia, ma rimane in Italia, sperando fino alla fine di far scendere a compromessi Cesare e Pompeo.
invano (sappiamo ciò sempre grazie alle lettere). Parte alla fine con lui in Grecia. Avviene la battaglia a Farsàlo. Quando vince Cesare, Cicerone, dalla parte dei vinti, rischia di venir ucciso. Qui entra in scena la Clementia di Cesare, che perdona tutti, incluso Cicerone. Cesare fa capire a Cicerone che potrebbe collaborare con lui durante la sua dittatura, ma l'oratore rifiuta perché ama la repubblica e si ritira a vita privata. Politicamente, si trova ai margini e continua la sua attività oratoria, dando vita alle sue più importanti opere. Nacquero le orazioni cesariane (perché Cesare non aveva perdonato tutti gli uomini di Pompeo e quindi Cicerone scriveva delle orazioni per salvarli tutti e convincere Cesare a perdonarli). Cicerone compone le sue ultime opere oratorie, composte in pochi mesi (46-44):
Orator: riprende un po' il contenuto del De Oratore, però si sofferma più sull'aspetto stilistico (di come debba essere lo
stile dell'oratoria) e sui doveri dell'oratore: docere (insegnare/dare delle prove), delectare (rendere interessante l'argomento), flectere/movere (far provare dei sentimenti);
Brutus: prende il nome da Bruto, amico di Cicerone. Si pensa che l'oratore fosse a conoscenza della morte di Cesare e che abbia festeggiato nelle idi di marzo. È importante quest'opera perché è la storia dell'oratoria latina (infatti parla di tutti i grandi oratori: Appio Claudio, Catone il Censore... e anche sé stesso) e anche perché ci dà informazioni anche sull'oratoria greca. Serve anche per far capire a Bruto, seguace dell'atticismo, che il miglior stile è quello rodiese.
OPERE FILOSOFICHE
In questi anni, Cicerone scrive anche opere filosofiche: alcune sotto forma di dialogo platonico, altre sotto forma di trattato.
Hortensius: qualche frammento, invito alla filosofia. Il protagonista è Ortensio;
Consolatio: non ci
è giunta, ma capiamo dal titolo che Cicerone cercava dalla filosofia una consolazione dopo la morte della figlia; Paradoxa stoicorum: dimostrazione dei paradossi contenuti in alcune tesi storiche; Academica: conoscenza, Cicerone spiega quale secondo lui è la filosofia meno arrogante; De finibus bonorum et malorum: confini fra il bene e il male. Qui condanna l'epicureismo; Tusculanae disputationes: discorsi fatti nella sua villa a Tuscolo, riguardo alla felicità. OPERE FILOSOFICO-RELIGIOSE De Natura Deorum: la natura degli dei; De divinatione: l'arte divinatoria (l'oracolo, gli indovini... Cicerone dà un giudizio negativo); De fato: sul destino (e di quanto la decisione dell'uomo fosse influenzata). PARERE DI CICERONE NELLE SUE OPERE FILOSOFICHE Mentre si sa qual è il suo parere riguardo alla politica, è incerto quello riguardo alla filosofia. Seguiva tutte le filosofie, tranne l'epicureismo (che rifiutava la politica). In generale,Cicerone è un seguace del probabilismo, secondo il quale la verità assoluta non è accessibile agli umani e dunque occorre scegliere l'opinione più probabile.
OPERE BREVII
Cato Maior de Senectute: parla degli anziani, infatti consiglia ai giovani di rivolgersi a loro, con più esperienza;
Laelius De Amicitia: sempre legato alla famiglia degli Scipioni, riguardante l'amicizia (in senso politico).
DE OFFICIIS
Ultima opera, considerata il testamento spirituale. Parla dei doveri di un buon cittadino e discute riguardo all'onesto e all'utile. Cicerone dedica quest'opera al figlio, in tre libri. Si tratta della traduzione latina di un concetto elaborato dallo storico greco Panezio.
DOPO LA MORTE DI CESARE
Riprende vigore politico, commettendo un errore: convinto che Ottaviano (uno degli eredi di Cesare, insieme a Marco Antonio) possa salvare la repubblica, si schiera dalla sua parte e si mette contro a Marco Antonio, scrivendo le famose 14
Philippicae (chiamate così non da lui, ma da altri dopo la sua morte, creando l'analogia con Demostene, che aveva scritto le vere Philippicae. "Come Filippo invade la Grecia e toglie la libertà ad Atene e a tutta la Grecia, così Marco Antonio vuole togliere la libertà a Roma").
Perché è stata una pessima scelta? Perché nel 43 a.C., Ottaviano si fece eleggere console. Invece di scontrarsi con Antonio, crea un'alleanza con lui, insieme a Marco Emilio Lepido, formando così il secondo triumvirato. Dunque Cicerone viene scritto nelle liste di proscrizione. Inizia così a venire ricercato e quindi a doversi nascondere nelle sue ville in Lazio e in Campania. Cicerone tentò di imbarcarsi a Gaeta, forse per raggiungere i cesaricidi. Alla fine non riesce a scappare per colpa del mare mosso e viene ucciso il 7 dicembre del 43 a.C.. Gli vennero mozzate la testa e le mani.
ULTIMA OPERA, L'EPISTOLOGRAFO
Con 900 lettere,
realmente spedite, Cicerone crea un nuovo genere letterario. Queste lettere vengono divise in: destinate ai familiari, agli amici, al fratello, ad Attico, a Bruto. Le più importanti sono quelle familiari e spedite ad Attico, facendoci conoscere sempre di più i pensieri di Cicerone. Queste lettere verranno poi lette da Petrarca, e riusciranno a commuoverlo (lo scrittore italiano, infatti, non si sarebbe mai aspettato un lato così triste dell'oratore romano). L'epistolario di Cicerone non era destinato alla pubblicazione: sono dunque lettere autentiche. Cicerone rivela chi è davvero, quali sono i suoi pensieri, le sue debolezze.
LE PAROLE E LE COSE
Cicerone nelle sue lettere non parla solo di politica, ma anche di problemi legati alla famiglia, in più consiglia libri o acquisti di statue e altre opere d'arte (per le sue ville), scrive lettere di raccomandazioni riguardo a certi individui della politica. Anche la lingua si adegua alla materia: è
vicina a una lingua usata in una conversazione quotidiana tra persone colte (ricca di ellissi, frasi fatte, formule e tante parole greche). LO STILE DI CICERONE La lingua di Cicerone è quella dell'intera civiltà letteraria latina. Periodi ampi con la concinnitas, ovvero la perfetta armonia fra le parti del discorso. Attenzione al numerus, la giusta sequenza di sillabe brevi e lunghe. Stile flessibile, innovazioni linguistiche, creatore del lessico intellettuale latino. Cicerone, considerato già dai suoi contemporanei un maestro di prosa oratoria, nei secoli successivi è diventato un modello normativo. Mostra un'eccezionale capacità di variare registro e stile della sua lingua. È un innovatore, questo perché sente la necessità di confrontarsi col greco, dunque crea neologismi. Ma dietro ci sono